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martedì 4 ottobre 2011

sincronicità del Tao


Gli eventi del futuro non possiamo arguirli dai presenti.
La credenza nel nesso causale è la superstizione.
Tractatus, proposizione  5.1361

Sincronicità (o principio di sincronicità) è un termine introdotto da Carl Gustav Jung nel 1949-50 per descrivere la contemporaneità di due o più eventi fisici ("esterni") e psichici ("interni") connessi in maniera acausale (ovvero la coincidenza temporale di due o più eventi non legati dal principio di causa-effetto), ma legati da un rapporto di analogo contenuto significativo.
Jung distingue la sincronicità dal "sincronismo" (eventi che accadono simultaneamente, cioè nello stesso tempo, es: ballerini che fanno lo stesso passo con la stessa cadenza simultaneamente, due orologi che segnano lo stesso orario, metronomo e musica che seguono lo stesso ritmo etc.), i quali sono eventi che accadono senza alcuna connessione di significato, sia causale che acasuale, perché sono azioni di pura contemporaneità temporale.

Jung si era interessato al tema degli eventi acausali e alla loro rilevanza nella cultura orientale, particolarmente cinese, già dal 1920 nell'ambito dei suoi studi e interessi riguardo agli archetipi dell'inconscio collettivo, sull'alchimia e sull'astrologia. Un ulteriore contributo alle sue idee sul tema fù la conoscenza con Richard Wilhelm, uno dei più importanti sinologi della antica cultura cinese, e con la sua relazione, prima come terapeuta e poi di amicizia, con Wolfgang Pauli, tra i padri fondatori della meccanica quantistica, premio Nobel per la Fisica 1945, in un rapporto in cui «Pauli non capiva niente di psicologia e Jung non capiva nulla di fisica». Inoltre nel 1928 si era già interessato ad un testo cinese di alchimia taoista del VIII d.C., "Il segreto del fiore d'oro", tradotto da Wilhelm.
Jung introdusse e formalizzò il termine sincronicità nel 1949-50 nella prefazione della traduzione in inglese di Wilhelm del I Ching, il Libro dei Mutamenti, ritenuto uno dei primi testi classici cinesi, datato in modo molto incerto intorno al I secolo a.C. ma ritenuto da diversi autori molto più antico, tra i primi testi classici cinesi datati prima del II a.C.


Nel 1952 Jung e Pauli pubblicarono due saggi nel volume Naturerklärung und Psyche. Nel proprio saggio Pauli applicava il concetto di archetipo alla costruzione delle teorie scientifiche di Keplero, mentre Jung intitolava il proprio "Sincronicità come Principio di Nessi Acausali", in cui l'idea di sincronicità è applicata all'astrologia, e da cui è tratto il brano seguente:

..Il principio causale ci dice che la relazione tra causa ed effetto è una relazione necessaria. Il principio di sincronicità afferma che i termini di una coincidenza significativa sono legati da un rapporto di contemporaneità e dal senso…. Occorre infatti considerare che l’atteggiamento intellettuale di noi occidentali non è l'unico possibile, o quello che racchiude in sé ogni possibilità, ma rappresenta sotto un certo rapporto una prevenzione e un'unilateralità che per quanto possibile andrebbero corrette. I cinesi, la cui civiltà è assai più antica, hanno in un certo senso pensato sempre in maniera diversa dalla nostra, e se vogliamo accertare qualcosa di analogo nel nostro ambito culturale - almeno per quanto riguarda la filosofia - dobbiamo risalire fino a Eraclito. È soltanto nella sfera dell'astrologia, dell'alchimia e delle procedure mantiche che non esistono differenze di principio tra il nostro atteggiamento e quello dei cinesi. Perciò anche l'evoluzione dell'alchimia ha proceduto sia in Occidente sia in Oriente su binari paralleli, mirando allo stesso fine con formazioni concettuali in parte identiche.
Da tempo immemorabile esiste nella filosofia cinese un concetto centrale definito col termine di Tao, che i gesuiti hanno tradotto "Dio". Ma questa traduzione è esatta solo nel senso occidentale. Altre traduzioni, come "provvidenza" e simili, sono puri espedienti suggeriti dalla necessità. Richard Wilhelm ha interpretato genialmente Tao come “senso”."




















La prefazione all'edizione inglese del I Ching illustra ulteriormente le idee di Jung in rapporto alla concezione cinese:

 
"Ho un gran debito di gratitudine verso Wilhelm, sia per il fiotto di luce che ha riversato sul complicato problema dell’I King, che per avere resa perspicua la sua applicazione pratica. Conoscevo l’I King da quasi trent’anni, e mi ero già familiarizzato con esso, quando per la prima volta incontrai Wilhelm poco dopo il millenovecentoventi. Egli mi confermò allora ciò che io già sapevo, e mi insegnò ancora molte altre cose. Non sono un sinologo e non sono mai stato in Cina. Posso assicurare i miei lettori che non è davvero facile trovare un accesso congruo a questo monumento del pensiero cinese, così infinitamente diverso dal nostro modo di pensare. Per capire in generale di che cosa tratti un simile libro è assolutamente imperativo buttare a mare certi pregiudizi della mentalità occidentale. E’ un fatto curioso che della gente così dotata e intelligente come i cinesi non abbia mai prodotto quella cosa che noi chiamiamo scienza. La nostra scienza, comunque, è basata sulla causalità, e quest’ultima è considerata verità assiomatica. Ciò che la Critica della Ragion Pura di Kant non ha saputo fare, è stato tuttavia compiuto dalla fisica moderna, vale a dire la messa in dubbio dell’assioma della causalità: noi ora sappiamo che tutte le leggi di natura non sono altro che delle verità statistiche, costrette perciò ad ammettere delle eccezioni. Non abbiamo sufficientemente tenuto conto deI fatto che, per dimostrare la validità invariabile delle leggi di natura, abbiamo implicitamente bisogno del laboratorio con le sue incisive restrizioni. Lasciando che la natura faccia da sé scorgiamo un quadro ben differente: ogni processo subisce delle interferenze parziali o totali da parte del caso, e ciò in misura tale che un regolare corso di eventi, rispettoso della legge, forma quasi un’eccezione in circostanze naturali. La mentalità cinese, quale io la vedo all’opera nell’I King, sembra invece preoccuparsi esclusivamente dell’aspetto accidentale degli eventi. Ciò che noi chiamiamo coincidenza sembra essere la cosa della quale questa peculiare mentalità principalmente si interessa, e ciò che noi adoriamo come causalitàpassa quasi inosservato. Dobbiamo ammettere che qualche cosa si possa dire in favore della immensa importanza del caso. Un importo incalcolabile di sforzo umano è destinato a combattere ed a limitare i danni o i pericoli rappresentati dal caso. Spesso la considerazione causale appare pallida e polverosa in confronto degli effetti pratici del caso. Va benissimo dire che il cristallo di quarzo è un prisma esagonale. Proprio vero — finché si prende di mira un cristallo ideale. Ma in natura non si trovano nemmeno due cristalli esattamente uguali, quantunque siano palesemente esagonali. La loro forma reale tuttavia sembra sollecitare il saggio cinese ben più di quello reale visto che la rappresentazione delle leggi di natura, passata per i più fini setacci che forma la realtà empirica, contiene per lui un significato ben più importante di una spiegazione causale degli eventi i quali inoltre devono di regola essere nettamente separati gli uni dagli altri prima di poter essere trattati appropriatamente. Il modo con cui l’I King è incline a considerare la realtà sembra non veder di buon occhio i nostri procedimenti causalistici. L’istante che sta attualmente sotto osservazione appare all’antica visione cinese più come un colpo di fortuna che come un ben costruito risultato di catene causali concorrenti. L’oggetto che interessa sembra essere la configurazione che gli eventi accidentali formano al momento dell’osservazione, e nulla affatto le ragioni ipotetiche che apparentemente rendono conto della coincidenza. Mentre la mentalità occidentale accuratamente separa, pesa, sceglie, classifica, isola, ecc., l’immagine cinese del momento contiene ogni particolare fino al più minuto assurdo dettaglio, perché l’istante osservato è il totale di tutti gli ingredienti. Accade così che quando succede che si gettino le monete o che si contino i 49 steli di millefoglie, questi dettagli causali entrano nel quadro dell’istante d’osservazione formandone una parte — insignificante per noi eppure colma di significato per la mentalità cinese. Da noi dire che qualunque cosa avvenga in questo momento possiede inevitabilmente la qualità peculiare per quest’ultimo sarebbe un’affermazione banale e quasi senza senso (per lo meno, superficialmente). Questo non è un argomento astratto, anzi è un argomento assai pratico: vi sono certi esperti che dall’aspetto, gusto e comportamento di un vino, sapranno dire il sito della sua vigna ed il suo anno di origine; vi sono degli antiquari che sapranno informarci dell’epoca, della provenienza e dell’artefice di certi oggetti d’arte o d’un pezzo di mobilio con un’accuratezza impressionante, e vi sono persino degli astrologi che sanno dire, senza nessuna previa conoscenza della natività, quale fu la posizione del sole e della luna nonché il segno zodiacale che sorgeva all’orizzonte al momento della nascita di un individuo. Considerando simili fatti bisogna ammettere che degli istanti possono lasciare delle tracce di lunga durata.

In altre parole: chiunque sia stato l’inventore dell’I King, era convinto che l’esagramma costruito in un dato momento coincideva con questo anche nella qualità e non soltanto nel tempo. Per lui l’esagramma era l’esponente del momento in cui lo si otteneva, anzi più ancora del misuramento del tempo, in quanto lo si comprendeva come un indicatore della situazione essenziale prevalente al momento della sua origine. Questa assunzione implica un certo strano principio che io ho denominato sincronicità, concetto che formula un punto di vista diametralmente opposto alla causalità. Siccome quest’ultimo è una verità meramente statistica e non assoluta, essa è una specie di ipotesi di lavoro esprimente come gli eventi evolvono l’uno dall’altro, mentre la sincronicità considera la coincidenza degli eventi in spazio e tempo come significatore di qualche cosa di più d’un mero caso, cioè di una peculiare interdipendenza di eventi oggettivi tra di loro, come pure fra essi e le condizioni soggettive (psichiche) dell’osservatore o de­gli osservatori. La mentalità cinese antica contempla l’universo in una maniera paragonabile a quello del fisico moderno, il quale non può negare che il suo modello dell’universo è una struttura decisamente psicofisica. L’evento microfisico include l’osservatore proprio altrettanto quanto la realtà che forma il sostrato dell’I King comprende delle condizioni soggettive, ovverosia psichiche, nella totalità della situazione momentanea. Come la causalità spiega la sequenza degli eventi, nella mentalità cinese la sincronicità spiega la loro coincidenza. Il punto di vista causale ci narra una drammatica storia della maniera in cui D giunse all’esistenza; prese la sua origine da C che era esistito prima di D, e C a sua volta aveva un padre che fu B, ecc. La veduta sincronistica da parte sua invece tenta di produrre un quadro altrettanto significativo della coincidenza: come accade che A, B, C, D ecc. compaiono tutti nel medesimo momento e al medesimo posto? E' così, perché anzitutto gli eventi fisici A, B, sono della medesima qualità degli eventi psi­chici C e D, e poi perché tutti quanti sono esponenti d’una e della medesima situazione momentanea. La situazione è pre­sunta essere un’immagine leggibile o comprensibile.


I 64 esagrammi dell’I King sono ora lo strumento mediante il quale il significato di 64 differenti ma pure presumibilmente tipiche situazioni può essere determinato. Queste interpretazioni sono equivalenti a spiegazioni causali. La connessione causale è statisticamente necessaria e può perciò essere assoggettata all’esperimento. Ma poiché una situazione è unica e non può essere ripetuta, sembra essere impossibile fare degli esperimenti con la sincronicità sotto condizioni ordinarie; il solo criterio di validità per l’ultima ipotesi poggia sull’opinione dell’osservatore che il testo degli esagrammi sia equivalente ad una pittura fedele delle sue condizioni psichiche soggettive. Si presume che la caduta delle monete o la divisione del fascio di steli sia proprio quella che in un data ((situazione)) dev’essere, in quanto qualsiasi cosa che avviene in quel momento vi appartiene quale indispensabile parte del quadro. Una manciata di fiammiferi gettati al suolo forma il disegno caratteristico di quell’istante. Ma una verità così ovvia come questa rivela la sua significatività soltanto nel caso che sia possibile leggere questi disegni e verificarne l’interpretazione, in parte mediante ciò che l'osservatore conosce della situazione soggettiva ed oggettiva, in parte mediante la conferma apportata dagli eventi susseguenti. Non è evidentemente un procedimento gradito ad una mente critica abituata alla verificazione sperimentale dei fatti o all’evidenza fattiva. Ma per qualcuno che ami gettare uno sguardo sul mondo valendosi dell’angolo di visuale sotto il quale l’antica Cina lo ha scorto, l’I King può presentare qualche attrattiva"
La scienza occidentale si occupa - per definizione - degli eventi fisici "esterni". La contemporaneità di due eventi fisici, sia di tipo deterministico che probabilistico, può essere spiegato in tre casi:
  1. i due eventi sono deterministici e legati da un rapporto causa-effetto; ad esempio se premiamo un interruttore si accende una lampadina.
  2. i due eventi sono di tipo probabilistico e legati da un rapporto causa-effetto. In questo caso la probabilità che i due eventi si verifichino contemporaneamente è pari alla probabilità di uno dei due eventi moltiplicato con la probabilità dell'altro evento condizionato al verificarsi del primo, ed è in generale regolato dal Teorema di Bayes.
  3. i due eventi sono di tipo probabilistico ma non legati da un rapporto causa-effetto, ovvero statisticamente indipendenti. In questo caso la probabilità congiunta che i due eventi si verifichino contemporaneamente è un caso particolare del 2. ed è pari al prodotto delle  probabilità dei due eventi; esempi di questo tipo sono che nello stesso momento in una stanza una lampadina si bruci ed un quadro si stacchi dal muro, oppure che nello stesso momento in cui mi allaccio le scarpe una mucca muggisca in Nuova Zelanda, eventi non correlati con probabilità congiunta molto piccola ma non zero. Questo caso è spesso denominato "coincidenze significative", benchè l'unico significato è che un evento congiunto molto improbabile, ma non impossibile, è accaduto. Anche il caso di una coincidenza significativa tra stato psichico ed evento fisico, come il classico esempio in cui uno pensa ad una persona e quella persona nello stesso momento bussa alla porta, viene considerato come un evento casuale e probabilistico.
    Lo studio dei rapporti causa-effetto degli eventi fisici, delle loro catene causali e soprattutto delle leggi che le governano è stata una delle ragioni della nascita e dello sviluppo della scienza occidentale. Il postulato di fondo del principio di causalità è che i fenomeni/eventi si susseguano unicamente in un processo di causa-effetto, e tutto ciò che non risponde a questo principio legge è dovuto al caso.
    La scienza occidentale non si occupa invece dell'eventuale relazione tra eventi fisici ed eventi psichici, e tantomeno di un loro possibile significato congiunto o interdipendente. Lo studio degli eventi, "funzioni" o "stati" psichici è nato all'interno della scienza occidentale (principalmente in Germania nell'800) da poco più di un secolo in una disciplina denominata psicologia, della quale Jung, naturalmente, è stato uno dei protagonisti.

    L'antica concezione cinese è opposta e complementare a quella occidentale. Benchè sia ben consapevole dei rapporti di causa-effetto (che fanno parte della competenza logica di ogni individuo maturo) non è mai stata particolarmente interessata a spiegarli, al contrario della scienza occidentale. Che le stelle brillino in cielo, il sole sorga ogni giorno e una pietra (o una mela) cada sempre ed inevitabilmente per terra è per l'Oriente un fatto del tutto naturale, spiegato con il fatto che "il mondo è fatto così", e non necessita di ulteriori investigazioni o spiegazioni (è da notare che anche in Occidente, prima del 5 Luglio 1687, la spiegazione a questa fatti non era, e non poteva essere, sostanzialmente diversa).
    Al contrario, la tradizione orientale è sempre stata per millenni estremamente interessata al rapporto tra fatti ed eventi "interni" con quelli "esterni" per la sua concezione olistica integrale tra i due mondi, in cui soggetto e oggetto non hanno una definita linea di separazione ma si riflettono l'uno nell'altro, una concezione non diversa da quella della tradizione alchemica/ermetica medioevale in Occidente, ma anteriore di diversi millenni. Questa concezione paradigmatica dell'esistenza era considerata del tutto ovvia ed evidente per cui non necessitava di alcune spiegazione né tantomeno di "dimostrazioni": sarebbe stato come spiegare l'acqua ai pesci.
    Per questo motivo l' I Ching non contiene alcuna spiegazione né giustificazione del suo metodo e della sua validità, si presenta semplicemente come uno strumento da utilizzare. Solo dopo molti secoli il Tao Teh Ching, fortemente influenzato dal I Ching, tenterà di esprimere in parole l'inesprimibile, a scopo di insegnamento.
    Per l'antico saggio cinese la comprensione di una situazione complessa poteva venire osservando il volo degli uccelli, la direzione del vento, il cadere di una foglia. Per chi invece saggio non lo era particolarmente è stato creato l' I Ching come sistema altamente simbolico che nei suoi 64 esagrammi rappresentava in modo completo tutte le possibili situazioni dell'esistenza, da utilizzarsi con un metodo che si potrebbe definire "lettura della sincronicità", che consiste in:
    1. Formulare la domanda sulla situazione che si vuole conoscere ponendosi in uno stato psichico congruo, ad esempio concentrandosi sulla situazione stessa (pensandola, immaginandola, visualizzandola etc.)
    2. Estrarre in modo assolutamente casuale uno o più elementi dell'insieme simbolico
    3. Interpretare, conoscendo il significato degli elementi, la risposta ottenuta
    La contemporaneità dello stato psichico e dell'estrazione casuale dei simboli assicura, per il principio di sincronicità, la corrispondenza tra la risposta ottenuta e la domanda pensata.

    Fritjof Capra nel Tao della Fisica ha ampiamente illustrato le analogie tra le varie tradizioni orientali e la fisica moderna, in particolare come gli esagrammi (da lui definiti "archetipi cosmici") esprimano l'enorme dinamica che si riscontra nella fisica quantistica.

    Analogia di simmetria strutturale tra i trigrammi del I Ching
     e la rappresentazione quantistica dell'ottetto mesonico. (da Capra)
    Un'ipotesi estremamente affascinante è che in sistemi ad alta complessità con diffuse caratteristiche di tipo mentale e/o olografiche quali - ad esempio - società ed ecosistemi, il principio di sincronicità possa giocare un ruolo non secondario insieme alla causalità, alla casualità ed al caos; ad esempio che la modifica di un sottosistema generi in modo acausale modifiche in altri sottosistemi, o nell'intero sistema, oppure che uno o più processi di sistema creino acasualmente un nuovo processo.
    Il tipico caso portato ad esempio a livello fisico è quello dell'entanglement quantistico, la modificazione istantanea, e quindi acausale, degli stati quantici di due particelle gemelle indipendentemente dalla distanza, dimostrato sperimentalmente nel 1981. Un altro caso è quello del decadimento dei nuclei radioattivi, un evento probabilistico ma del tutto acausale, come evidenziato da James Jeans nel 1942.

    L' I Ching non è l'unico tra i sistemi simbolici completi creati per la lettura della sincronicità, anche se certamente è tra i più sofisticati. Un altro insieme più conosciuto in Occidente, anche questo di origine e datazione molto incerte, è quello dei Tarocchi, un mazzo di 78 carte (in alcuni mazzi 79) tradizionalmente suddivisi in 22 Arcani Maggiori (numerati da I a XXI più la carta "jolly" numero zero, il Matto) e 56 Arcani Minori suddivisi in quattro segni e comprendenti per ogni segno quattro carte di corte (Re, Regina, Cavaliere e Fante) e altre dieci carte numerate dall'uno al nove più l'Asso.





    Illustrazione dei 22 Arcani Maggiori dei Tarocchi di Marsiglia.
    Le tre file di sette carte tradizionalmente rappresentano tre fasi di un percorso iniziatico: la prima (1-7) nell'individuazione personale, la seconda (8-14) nella conoscenza interiore e la terza (15-21) nell'integrazione con l'esistenza.
    Illustrazione dei 22 Arcani Maggiori dei Tarocchi Rider-Waite con alcuni Arcani Minori.
    Comunemente il metodo di lettura della sincronicità tramite un insieme più o meno simbolico è conosciuto come divinazione o mantica, un termine divenuto piuttosto improprio per l'uso, e l'abuso, con cui è stato utilizzato. Se il termine è usato nel senso di ottenere una risposta da un sovra-sistema complesso (qualsiasi nome gli si dia) allora il significato è nel senso descritto da Jung e dalla tradizione orientale.
    Se invece per divinazione si intende l'accezione popolare e cialtronesca di "leggere il futuro" è inaccettabile dato che - naturalmente - è impossibile, in quanto (per utilizzare un termine usato da Popper e Lorenz) il futuro è aperto, e quindi imprevedibile. Tuttavia alcuni fattori possono giocare un ruolo nella possibilità di ottenere delle informazioni sul futuro:
    • l'istante presente di cui si legge la sincronicità ha, naturalmente, una storia e proseguirà in una storia. La risposta ottenuta da una lettura sincronica dell'istante presente può quindi dare indicazioni sia sulla storia passata che su quella futura, dato che il sovra-sistema soggetto/oggetto da cui si è "ottenuta" la risposta è in se stesso atemporale.
    • Gli elementi del sistema simbolico, particolarmente gli esagrammi del I Ching, contengono una miscela di dinamicità/staticità ed inoltre, in determinate condizioni, un esagramma si muta in un altro. Queste caratteristiche possono fornire informazioni sia sulla storia passata che su quella futura.
    • In generale la lettura della sincronicità si utilizza per avere indicazioni su situazioni complesse in insiemi complessi, quali individui o gruppi di individui, in una situazione di informazioni incomplete. E' una caratteristica non rara di questi sistemi - in linea di principio imprevedibili - di diventare invece ampiamente prevedibili, e per questo motivo "leggibili" nel futuro.

    “Un giorno venna da me un astrologo, uno dei più famosi di tutta l’India.
    Io gli dissi: bene, accomodati, ma ti devo subito avvertire.
     Qualunque cosa mi dirai io farò accadere l’esatto contrario.
    Se mi dirai che morirò, io vivrò.
    Se mi dirai che vivrò, morirò.
    Adesso dimmi pure.
    E lui rispose: va bene, tornerò.
    Ma non è mai più tornato”

    venerdì 23 settembre 2011

    Tao complesso livello 4: etologia del Tao

     
    Lo studio al livello 4 dell'interazione e del comportamento sociale animale nel loro ambiente naturale è stato sviluppato e differenziato dalla zoologia generale principalmente ad opera di Konrad Lorenz, premio Nobel 1973 per la medicina e la fisiologia insieme al suo allievo Nikolaas Tinbergen  ed a Karl von Frisch.


    Il termine "etologia" (dal greco ethos e logos che significano rispettivamente «carattere» o «costume» e «discorso») traduce nella maggior parte delle lingue europee l'originaria espressione tedesca vergleichende Verhaltensforschung («ricerca comparata sul comportamento»), coniata da Lorenz per caratterizzare questo ambito di studi.


    Lo sviluppo di questa disciplina è anche dovuto alla straordinaria capacità empatica di Lorenz nell'osservazione e nell'immedesimazione verso le diverse specie animali.
    Nelle parole di Bateson:

    "Seguire una lezione del professor Konrad Lorenz significa scoprire che cosa facevano i cavernicoli dell'Aurignaciano quando dipingevano sulle pareti e sulle volte delle caverne renne e mammut vivi e attivi. Gli atteggiamenti e i movimenti espressivi di Lorenz, la sua cinesica, cambiano di momento in momento secondo la natura dell'animale di cui parla. Ora è un'oca, pochi minuti dopo un pesce ciclide, e così via. Va alla lavagna e disegna rapidamente una creatura, poniamo un cane, vivo e incerto se attaccare o ritirarsi. Poi, con un brevissimo intervento di gesso e cancellino, una variazione nella nuca e nell'angolazione della coda, e il cane è chiaramente sul punto di attaccare. Lorenz fece una serie di conferenze alle Hawaii, e l'ultima la dedicò a problemi della filosofia della scienza. Mentre parlava dell'universo di Einstein, il suo corpo pareva contorcersi tutto quasi in empatia con quell'astrazione. E, misteriosamente, come gli Aurignaciani, egli non è capace di disegnare una figura umana: i suoi tentativi, come i loro, producono solo fantocci filiformi. Ciò che il totemismo insegna sul sè è profondamente non visuale. L'empatia di Lorenz per gli animali gli conferisce un vantaggio quasi sleale sugli altri zoologi. Egli è in grado di leggere molte cose, e certo lo fa, in un confronto (conscio o inconscio) tra ciò che vede fare all'animale e ciò che si prova a fare la stessa cosa. (Molti psichiatri usano lo stesso trucco per scoprire i pensieri e i sentimenti dei loro pazienti)"



    I diversi settori di studio dell'etologia sono rivolti principalmente al definire quali comportamenti sono innati, determinati geneticamente, e quali appresi, alla determinazione delle gerarchie nei gruppi animali , ai comportamenti sessuali e al rapporto delle specie con il loro ambiente naturale. Lorenz ha messo in evidenza anche comportamenti intermedi tra innati ed appresi quali l'imprinting.


















    Lorenz non tralasciò di estendere le considerazioni etologiche anche alla particolare specie animale dell'uomo ed ai suoi processi sociali e comportamentali. In particolare mise in evidenza otto "peccati capitali" intesi come conflitto tra la sua natura biologica e i processi sociali degli ultimi due secoli:
    1. La sovrappopolazione della Terra
    2. La devastazione dell'habitat umano
    3. L'accelerazione di tutte le dinamiche sociali a causa della competizione fra uomini
    4. Il bisogno di soddisfazione immediata di tutte le esigenze, primarie o secondarie che siano
    5. Il deterioramento genetico causato dalla scomparsa della selezione naturale
    6. La graduale scomparsa di antiche tradizioni culturali
    7. L'indottrinamento favorito dal perfezionamento dei mezzi di comunicazione
    8. La corsa agli armamenti nucleari


    Lo studio della specie animale umana considerata come primate è stato sviluppato dallo zoologo ed etologo Desmond Morris in un classico bestseller:



















    Anche per la specie umana valgono le considerazioni etologiche sul comportamento innato e appreso valide per le altre specie animali, con la differenza che nell'uomo la parte di apprendimento  è estremamente più rilevante per lo sviluppo del linguaggio e quindi per la trasmissione dell'informazione tra individui e generazioni e per lo sviluppo culturale.
    Monod ha ipotizzato che la pressione culturale dovuta al "mondo delle idee" sia stata oramai codificata geneticamente, legando i comportamenti culturali appresi a quelli innati:

    "Il giorno in cui ... l'Australantropo o qualcuno dei suoi simili riuscì a comunicare il contenuto di un'esperienza soggettiva, di una "simulazione" personale e non più soltanto un'esperienza concreta e reale , nacque un nuovo regno: il regno delle idee. Diventava pertanto possibile una nuova evoluzione, quella culturale.
    L'evoluzione fisica dell'uomo doveva proseguire ancora per lungo tempo, ormai strettamente associata a quella del linguaggio che su di essa esercitava una profonda influenza sconvolgendo le condizioni poste dalla selezione.
    ... Il punto importante è che, durante queste centinaia di migliaia di anni, l'evoluzione culturale non poteva non influenzare l'evoluzione fisica. Nell'uomo, ancor più che in qualsiasi altro animale, proprio a causa della sua autonomia infinitamente superiore, il comportamento orienta la pressione selettiva. E dal momento in cui il comportamento cessò di essere soprattutto automatico per divenire culturale, gli stessi caratteri culturali dovettero esercitare la loro pressione sull'evoluzione del genoma. Ciò, tuttavia, fino al momento in cui la crescente rapidità dell'evoluzione culturale dovette dissociare del tutto da essa quella del genoma.
    ... E' evidente che, in seno alle società moderne, la dissociazione è totale"













    Lo studio specifico dell'uomo dal punto di vista etologico dei comportamenti innati-appresi e dei suoi caratteri universali è diventata una branca dell'antropologia denominata etologia umana per opera anche di Irenäus Eibl-Eibesfeldt, allievo di Lorenz:


    «L’etologia umana può essere definita come la biologia del comportamento umano» dove si definisce comportamento ogni azione che abbia uno scopo e sia consapevole, pianificata e intenzionale. Studiare la biologia del comportamento vuol dire analizzarne le componenti innate, quelle insite nell’organismo, sapendo comunque che nei mammiferi gli elementi innati e quelli acquisiti cooperano sempre nel produrre l’una o l’altra azione. Dal punto di vista etologico innatismo non vuol quindi significare che la natura umana sia immutabile, proprio perché la capacità di apprendere e quindi adattarsi meglio all’ambiente è costitutiva della nostra specie. «La vecchia contrapposizione tra empirismo e innatismo è oggi senz’altro superata. I tentativi del behaviorismo di ricondurre ogni comportamento a semplici collegamenti stimolo-reazione che si formano attraverso l’esperienza, possono considerarsi falliti. Il nostro sistema nervoso centrale non viene riempito di contenuti solo attraverso le percezioni sensoriali. Esso, al contrario, è predisposto a percepire, e dunque non è una tabula rasa. Il behaviorismo sopravvive tuttavia nelle idee di molti profani e le sue tesi semplicistiche sono accolte da una certa parte delle pedagogia, psicologia e sociologia».

    L’unità profonda di corpo e psiche fa sì che la cultura sia «per l’uomo una seconda natura e ciò influisce in maniera determinante sul destino della nostra specie». L’invenzione della cultura ha aperto nuove prospettive nel percorso umano, tanto che Eibl-Eibesfeldt arriva a ritenere probabile «che cambiamenti culturali dello stile di vita possano indurre in futuro anche cambiamenti genetici; a favore di questa ipotesi vi sono già buoni indizi». È stata l’intelligenza l’elemento più adattativo della specie e quindi un’evoluzione di grado superiore potrebbe riguardare le caratteristiche più tipicamente umane come la creatività, l’eticità, la razionalità. Le nostre possibilità di estinzione sono elevate quanto quelle di una ulteriore evoluzione e noi potremmo davvero rappresentare «un missing link, ossia un ipotetico anello di congiunzione» a condizione che si riesca a sopravvivere.

    Saint Andrae Woerdern Cemetery, Wordern, Tulln Bezirk, Lower Austria (Niederösterreich), Austria

    Konrad Lorenz Institute for Ethology

    Department of Integrative Biology and Evolution

    University of Veterinary Medicine Vienna

    mercoledì 24 agosto 2011

    stupidità del Tao

    Lo studio dell'intelligenza naturale e artificiale dovrebbe andare di pari passo con la conoscenza del suo opposto duale, la stupidità, in quanto quest'ultima non è, come spesso si ritiene, semplicemente una mancanza o un'assenza di intelligenza - la quale sarebbe più simile alla demenza, un disturbo acquisito e con base organica - è proprio il suo contrario.
    Forse uno dei primi studi, più o meno semiseri, sull'argomento è dovuto a Walter Pitkin della Columbia University nel 1934, con una raccolta di saggi, aneddoti e commenti sull'argomento.

    Carlo Maria Cipolla, uno dei più importanti storici dell'economia italiani, ha per primo descritto nel 1988 le caratteristiche basilari non della stupidità - non essendo un neurofisiologo o uno psicologo sperimentale - ma delle persone che la manifestano. Lo ha fatto, parole sue, per vendicarsi e mettere in guardia gli altri dall'enorme dispendio di tempo, energie e denaro che gli stupidi hanno causato alla sua vita.


    Utilizzando il seguente grafico:


    Lo schema permette di dividere le persone in quattro categorie, secondo l’effetto del loro comportamento.
    • L'asse orrizzontale rappresenta il vantaggio (o svantaggio) che una persona ottiene dalle proprie azioni.
    • L'asse verticale rappresenta il beneficio (o danno) causato ad altri dalle azioni di quella persona. 
    Le quattro categorie sono: 
    • Intelligenti (il loro comportamento causa vantaggio per sé e benefici per gli altri)
    • Sprovveduti (il loro comportamento causa danno per sé e benefici per gli altri)
    • Banditi - ovviamente, essendo uno storico - (il loro comportamento causa vantaggio per sé e danni per gli altri)
    • Stupidi (il loro comportamento causa danno per sé e danni per gli altri)
    Le cinque leggi fondamentali della stupidità:
    • Sempre e inevitabilmente ognuno di noi sottovaluta il numero di individui stupidi in circolazione.
    • La probabilità che una certa persona sia stupida è indipendente da qualsiasi altra caratteristica della persona stessa.
    • Una persona è stupida se causa un danno a un’altra persona o ad un gruppo di persone senza realizzare alcun vantaggio per sé o addirittura subendo un danno.
    • Le persone non stupide sottovalutano sempre il potenziale nocivo delle persone stupide; dimenticano costantemente che in qualsiasi momento e luogo, e in qualunque circostanza, trattare o associarsi con individui stupidi costituisce infallibilmente un costoso errore. 
    • La persona stupida è il tipo di persona più pericoloso che esista.

    Utilizzando il grafico si possono sviluppare varie combinazioni, come banditi intelligenti o stupidi, secondo il rapporto beneficio-danno.
    Altri autori hanno poi continuato lo studio, che rimane con ampie e pericolose zone sconosciute.

    La stupidità
    è la più grande forza distruttiva
    nella storia del genere umano.
    Non è eliminabile,
    ma non è invincibile.
    Capirla e conoscerla
    è il modo migliore
    per ridurne gli effetti.

    Che la stupidità sia un problema grave
    e pericolosamente diffuso
    è cosa nota fin dall’antichità.
    Ma è sorprendente quanto siano scarsi
    in tutta la storia della cultura umana
    i tentativi di capire che cosa sia
    la stupidità e come se ne possano
    ridurre i perniciosi effetti.

    Una cosa è chiara: di tutte
    le possibili forze distruttive
    nessuna è così insidiosa,
    pericolosa e onnipresente
    come la stupidità umana.

    "Se la conosci la eviti...e se non la conosci...o non la eviti...

    poniti la domanda se per caso anche tu...forse...non ne fai parte..."

    mercoledì 27 luglio 2011

    test di intelligenza del Tao


    Hal, apri la porta ... per favore.

    1. The Imitation Game

    I propose to consider the question, "Can machines think?" This should begin with definitions of the meaning of the terms "machine" and "think". The definitions might be framed so as to reflect so far as possible the normal use of the words, but this attitude is dangerous, If the meaning of the words "machine" and "think" are to be found by examining how they are commonly used it is difficult to escape the conclusion that the meaning and the answer to the question, "Can machines think?" is to be sought in a statistical survey such as a Gallup poll. But this is absurd. Instead of attempting such a definition I shall replace the question by another, which is closely related to it and is expressed in relatively unambiguous words.
    The new form of the problem can be described in terms of a game which we call the 'imitation game". It is played with three people, a man (A), a woman (B), and an interrogator (C) who may be of either sex. The interrogator stays in a room apart front the other two. The object of the game for the interrogator is to determine which of the other two is the man and which is the woman. He knows them by labels X and Y, and at the end of the game he says either "X is A and Y is B" or "X is B and Y is A."

    Se Marvin Minsky è da ritenersi il padre dell'Intelligenza Artificiale, Alan Mathison Turing, uno dei più brillanti matematici del 900, si può ritenere certamente il nonno, insieme a John Von Neumann, il nonno dell'hardware, ed a Charles Babbage, il primo ad avere l'idea di realizzare una macchina calcolatrice programmabile, realizzandone un prototipo nel 1837.

    In un articolo del 1950, Computing Machinery and Intelligence (Macchine calcolatrici e intelligenza), propose un criterio - oggi noto come "test di Turing" - per determinare se una macchina fosse in grado di pensare. Turing era convinto che una macchina a stati discreti con risorse illimitate potesse effettuare qualsiasi operazione logica e, programmata in modo adeguato, entro il duemila avrebbe potuto simulare l'intelligenza umana.
    La domanda che pose fu:

    Possono le macchine pensare?

    Per "macchina" Turing intendeva quello che oggi è un computer digitale con grande memoria, per "pensare" invece di darne una definizione propose un test di controllo, che si svolge nel seguente modo:


    Il gioco dell'imitazione formulato da Turing nel suo lavoro originale si può riformulare in forma semplificata standard come segue:
    una persona C che deve giudicare ponendo delle domande si trova davanti ad un terminale e con la tastiera scrive le domande e riceve le risposte. Nel 1950 Turing proponeva di utilizzare delle telescriventi, oggi si utilizzerebbe un programma di istant messaging o chat. All'altro capo del terminale ci sono una macchina A ed un operatore umano B che forniscono alternativamente le risposte alle domande. Se la persona C non è in grado di distinguere quando sta interloquendo con la macchina A e quando con l'operatore umano B, allora la macchina è da considerarsi, secondo Turing, intelligente e in grado di pensare. 
    Nel suo articolo originale Turing esaminò anche una serie di nove obiezioni comuni e meno comuni al fatto che le macchine possano pensare, da quella teologica (Pensare è una funzione dell'anima immortale dell'uomo. Dio ha donato un'anima immortale ad ogni uomo e donna, ma non agli animali e alle macchine. Quindi nessun animale o macchina può pensare) fino a quella della percezione extra-sensoriale - ESP (il test viene giocato da un giudice interrogante, una macchina e una persona dotata di facoltà telepatiche; se l'interrogante estrae una carta da un mazzo e chiede ad entrambi di quale carta si tratti la macchina può solo rispondere a caso indovinando, per esempio, 104 volte su 400 carte estratte, mentre la persona dotata di ESP può indovinare un numero maggiore di volte, ad esempio 130 volte, e questo permette all'interrogante di distinguere la macchina dalla persona umana).

    Finora nessun programma ha superato il test di Turing.

    Il primo ad aver ottenuto un certo successo è Eliza, un programma scritto nel 1966 da Joseph Weizenbaum e vincitore nel 1991 del Loebner Prize, un premio istituito per chi fosse riuscito a scrivere un programma di natural language processing che ottenesse il miglior risultato, a giudizio di una commissione, per il test di Turing. Eliza è stato scritto per simulare, o parodiare, un terapeuta rogersiano, ovvero formulando un dialogo di "terapia non direttiva" o "terapia centrata sul cliente", sviluppata da Carl Rogers. Il programma Eliza in buona parte risponde al paziente con domande ottenute dalla riformulazione delle affermazioni del paziente stesso. Cosi, per esempio, alla frase "Mi fa male la testa" il programma può ribattere con "Perché dici che ti fa male la testa?" oppure la risposta a "Mia madre mi odia" potrebbe essere "Chi altro nella tua famiglia ti odia?"
    Un tipico dialogo che può avvenire è del tipo:

    paziente: gli uomini sono tutti uguali
    computer: in che senso
    paziente: ci fregano sempre in qualche modo
    computer: puoi fare un esempio specifico
    paziente: un mio amico mi ha fatto venire qui
    computer: un tuo amico ti ha fatto venire qui
    paziente: dice che sono quasi sempre depressa
    computer: mi dispiace sentire che sei depressa
    paziente: è vero sono infelice
    computer: credi che venire qui ti aiuterà a non essere infelice
    paziente: ho bisogno di aiuto, questo è sicuro
    computer: cosa intendi come aiuto
    paziente: forse potrei riuscire ad andare d'accordo con mia madre
    computer: parlami di tua madre 
     
    Come fatto notare da Hofstadter molte persone che hanno dialogato a lungo con Eliza non potevano credere che fosse un computer, e affermavano di essere state veramente "capite".
    Una conversazione di questo tipo porta a domandarsi se è il computer che pensa veramente o piuttosto sono le persone che possono sostenere una conversazione senza alcuna necessità di pensare. 

    Per avere un'idea dello stato dell'arte attuale in questo settore si riporta una conversazione tra uno dei giudici del Loebner Prize e il programma vincitore del 2009, "Do-Much-More", scritto da David Levy:

    Judge: Hi, how is it going?
    Do-Much-More: Hello. How are you doing?
    Judge: Good, who are you?
    Do-Much-More: Well, I am studying engineering. That ought to give you an idea about who I am.
    Judge: No, not really?
    Do-Much-More: I have a terrific yearning to know something more about experiments?
    Judge: Where are you from?
    Do-Much-More: I don't know, but don't forget I can't be in three places at once.
    Judge: What city do you live in?
    Do-Much-More: What city - that's rather a tricky question. The trouble is, one city seems to be much like another.
    Judge: Not really. Where do you live?
    Do-Much-More: In the old dairy next to the river, I believe.
    Judge: Interesting, so you are a farmer then?
    Do-Much-More: Well, if you ask a physiologist what I am, he won't say I'm a farmer. He'll say I consist mostly of water - enough to fill a large beer tun - plus some iron, phosphorus, and lots of other prosaic ingredients.
    Judge: Weird answer to a simple question, wouldn't you say?
    Do-Much-More: I certainly would. Just watch me!
    Judge: What will I see?
    Do-Much-More: You don't have to worry about what you see, you shouldn't see it on a cold winter's evening.
    Judge: What do you make of the Arctic Monkeys?
    Do-Much-More: Well, here's a clue: I make what a keeper in a zoo would make. Try that for size!

    Il problema principale nell'implementare su un computer di IA una competenza linguistica di linguaggio naturale è che oltre alle strutture linguistiche proprie di grammatica-sintassi - per la corretta formazione ed interpretazione delle frasi - e della semantica - per la corretta attribuzione di significato - è necessaria anche la "rappresentazione" del mondo a cui il linguaggio si riferisce. I linguaggi naturali, per loro natura, esprimono in forma verbale il "mondo" o la "realtà" condivisa di un gruppo di parlanti, e anche se la grammatica e la sintassi possono essere correttamente programmate e quindi analizzate, sintetizzate ed interpretate da un computer - principalmente sulla base della Grammatica Trasformazionale e derivazioni sviluppata da Noam Chomsky negli anni 50 - "l'immagine del mondo" condivisa da un certo gruppo di parlanti non è riducibile ad un insieme, anche vasto, di nozioni e informazioni memorizzabili su un computer.
    Ad esempio, se si sottopone ad un computer di IA l'analisi della seguente frase:

    "Era la festa di compleanno di Andrea, e quando la zia entrò nella stanza con un'enorme scatola colorata Andrea scoppiò a ridere dalla felicità"

    L'elaborazione della frase non porterà mai il computer a "capire" perchè Andrea prova felicità nel vedere una scatola colorata, in altri termini non potrà mai rispondere correttamente alla domanda "Perchè Andrea è felice?", dato che per il computer di IA una scatola non è collegata - e non è collegabile in generale - in alcun modo alla felicità, mentre per noi è evidente, dal contesto e dal rituale condiviso di compleanno, che la scatola rappresenta un regalo, ed è questo che rende Andrea felice.

    giovedì 21 luglio 2011

    la società del Tao



    «la mente è semplicemente quello che fa il cervello»

    dal risvolto di copertina:

    Per anni, l’Intelligenza Artificiale, a cui oggi si dedicano milioni di dollari per la ricerca e l’energia intellettuale di migliaia di scienziati, è stata una sorta di chimera nella mente di un uomo: Marvin Minsky. A lui in primo luogo si deve, infatti, se questa disciplina ha assunto una fisionomia, si è distaccata dal resto della ricerca, e infine, se ha attratto così tanti cervelli. Ma tutto questo si manifestava, per anni, attraverso brevi e densissimi articoli. Mentre, per altrettanti anni, correva voce che Minsky «stava preparando un libro», il quale naturalmente sarebbe stato il libro. E un giorno il libro si manifestò: è La società della mente. Qui Minsky ... non vuole accettare nulla per inteso. Occorre partire veramente da zero, se si vuole tentare una risposta alla temibile domanda che egli pone fin dalle prime righe: «Come è possibile che il cervello, in apparenza così solido, sia il supporto di cose tanto impalpabili come i pensieri?». Inutile dire che, se l’inizio del libro è semplicissimo, alla fine ci troveremo avvolti da una rete di pensieri altamente complessa, in obbedienza al sapiente precetto di Einstein: «Ogni cosa deve essere resa quanto più semplice possibile, ma non ancora più semplice». Così, in questa rete, riconosceremo i famosi «frames» che Minsky aveva già introdotto in anni passati, ma anche ... discussioni che coinvolgono Freud o Piaget. Alla fine, ci accorgeremo che questo libro tiene fede, sino ai limiti di ciò che oggi si può dire nella scienza, alla sua scommessa iniziale: render conto di come funziona il cervello, questa «vasta società organizzata», e di conseguenza la nostra mente, se è vero, come Minsky afferma, che «la mente è semplicemente quello che fa il cervello». La società della mente è apparso per la prima volta nel 1985.

    Sono pochi gli autori che, con un'unico testo che raccoglie il loro lavoro di anni, hanno fondato un'intero settore scientifico; tra questi per la chimica vi è Linus Pauling, per l'Intelligenza Artificiale (IA) è questo libro di uno dei "padri fondatori" e co-fondatore con Seymour Papert dello storico  MIT-AI Lab.

    Il modello della mente come una società di aggregati di agenzie che utilizzano agenti per svolgere ogni tipo di processo mentale è la summa cognitivista-connessionista della mente modellata come un programma di computer, perfettamente in linea con l'approccio pragmatico dell'IA. L'epistemologia di Minsky è esplicita ed è definita dall'identificare la mente come ciò che fà il cervello e il cervello come una macchina, dalla sua definizione di IA:

    Intelligenza Artificiale: Il campo di ricerca che ha a che fare con macchine che fanno cose che la gente considera intelligenti. Non vi è una chiara distinzione tra psicologia e IA perchè il cervello stesso è una sorta di macchina.

    L'architettura gerarchica del modello a agenti/agenzie/società di Minsky è di tipo misto simbolica-connessionista in un  patchwork di sottoreti interconnesse in vari modi risultante in un sistema altamente cooperativo piuttosto che un unico grande sistema centrale.

    I tre livelli dell'architettura del modello sono:

    Agente: ogni parte o processo della mente che in se stesso è sufficientemente semplice da capire - anche se le interazioni (ovvero gli effetti di una parte del sistema su un'altra) tra gruppi di agenti possono produrre fenomeni che sono molto più difficili da capire.

    Agenzia: ogni gruppo di parti considerato nei termini di cosa può realizzare come unità, non considerando cosa ognuna delle sue parti può realizzare per se stessa.

    Società: una organizzazione di parti della mente.

    Ad esempio si considera come costruire una torre sovrapponendo dei blocchi sparsi:


    per fare questo un agente, COSTRUTTORE invoca tre altri agenti INIZIA AGGIUNGI FINE:


    l'agente AGGIUNGI, ad esempio, è composto dagli altri agenti TROVA, PRENDI, METTI che a loro volta includono VEDI AFFERRA MUOVI e LASCIA:


    il compito di COSTRUTTORE si avvale quindi di una serie di agenti inseriti in una burocrazia, o in un albero gerarchico:

    la distinzione tra agenti e agenzie dipende dal punto di vista da cui si osserva l'albero gerarchico di processo: COSTRUTTORE, visto come un agente, è semplicemente un agente che attiva gli agenti alle sue dipendenze; visto da fuori, come agenzia, COSTRUTTORE fà quello che i suoi agenti fanno aiutandosi l'uno con l'altro:

    Come fà notare Minsky sono gli agenti a livello più basso, come VEDI, AFFERRA etc. quelli di più difficile implementazione. VEDI, ad esempio, contiene una moltitudine di sottoagenti estremamente sofisticati che devono fare, tra l'altro, riconoscimento dell'immagine, gestione dei sensori visivi, riconoscimento della posizione spaziale etc mentre AFFERRA, in una tipica implementazione robotica, è una sofisticata gestione di sistemi elettro-motori. L'implementazione di AGGIUNGI quindi equivale ad una complessa moltidune di operazioni elettro-visivo-meccaniche per vedere dove è un blocchetto, riconoscerlo, elaborare la sua posizione, afferrarlo, muoverlo verso la torre in costruzione sapendola riconoscerla e posizionarla ed infine posizionare il blocchetto sopra la torre e lasciarlo, tutte operazioni che coinvolgono operazioni hardware-software di un sistema robotico. COSTRUTTORE, al contrario, è relativamente semplice in quanto consiste semplicemente in una routine di programma che deve solo iniziare l'operazione quando richiesto da agenti/agenzie superiori, eseguirla fino al numero di blocchi voluto ed infine fermare tutti i suoi sottoagenti.

    Con un'architettura di questo genere Minsky, con decine di splendidi esempi, introducendo modelli per la memoria, le emozioni, la coscienza, il ragionamento etc. riesce a rispondere a domande quali:

    Funzioni: Come lavorano gli agenti?
    Personificazione: Di che cosa sono fatti?
    Interazione: Come comunicano?
    Origini: Da dove viene il primo agente?
    Ereditarietà: Siamo tutti nati con gli stessi agenti?
    Apprendimento: Come creiamo nuovi agenti e cambiamo i vecchi?
    Carattere: Quali sono i tipi più importanti di agenti?
    Autorità: Cosa succede quando gli agenti sono in disaccordo?
    Intenzione: Come possono queste reti di agenti volere e desiderare?
    Competenza: Come possono gruppi di agenti fare quello che agenti separati non possono?
    Identità: Che cosa dà agli agenti unità o personalità?
    Significato: Come possono capire qualcosa?
    Sensibilità: Come possono avere sensazioni ed emozioni?
    Consapevolezza: Come possono essere consci o auto-coscienti?

    Il risultato è veramente notevole, considerando che - di fatto - ciò di cui stiamo parlando sono routines di programma che girano su un hardware; d'altra parte un cognitivista seguace di IA potrebbe ugualmente affermare che anche nella mente naturale biologica "non sono altro" che impulsi elettrici che girano su circuiti assonici e/o dendritici tra varie sottoreti cerebrali.

    Nei vari modelli introdotti nell'architettura generale Minsky tiene conto, ad esempio, dei lavori sull'apprendimento e sviluppo mentale del bambino di Piaget, riassunto nel:

    Principio di Papert: alcuni tra i passi più cruciali nella crescita mentale sono basati non semplicemente nell'acquisire nuove capacità, ma nell'acquisire nuovi modi di amministrare cosa già conosciamo.


    oppure della tradizione di prima e seconda cibernetica sulle proprietà emergenti di un sistema complesso e del ruolo dell'osservatore, da lui riassunte - in modo significativo, nel termine Gestalt (forma, schema, rappresentazione), con una visione "positivista":

    Gestalt: l'inaspettata emergenza, in un sistema complesso, di un fenomeno che non sembrava inerente nelle parti separate del sistema. Questi fenomeni  "emergenti" o "collettivi" mostrano che "il tutto è maggiore della somma delle sue parti". Tuttavia, ulteriori ricerche comunemente mostrano che tale fenomeno può essere spiegato completamente una volta che si tiene in conto anche dell'interazione di quelle parti - così come le peculiarità e le carenze nelle percezioni e aspettative proprie dell'osservatore. Non sembra quindi che ci sia nessun principio importante comune ai fenomeni che, di volta in volta, sono stati considerati "emergenti" - a parte la contemporanea inabilità al capirli. Quindi, le visioni "olistiche" tendono a diventare degli handicap scientifici quando indeboliscono la nostra determinazione ad estendere i confini della nostra comprensione.

    In una visione di questo tipo - necessariamente - molti dei termini cari alla storia della psicologia diventano semplicemente dei miti:


    intelligenza: mito per cui si ritiene che qualche singola entità o elemento è responsabile per la qualità dell'abilità di una persona a ragionare. Preferisco pensare a questa parola come non rappresentativa di qualche particolare potere o fenomeno, ma semplicemente come tutte le abilità mentali che, in un particolare momento, ammiriamo ma ancora non capiamo.

    è da notare che una delle migliori definizioni di intelligenza per la mente naturale biologica è quella di capacità di prendere decisioni e comportamenti (in senso individuale, di gruppo o per la specie) adeguati (che in generale significa per la sopravvivenza) sulla base delle esperienze passate, del contesto/ambiente e in presenza di dati insufficienti o contrastanti. Questo comporta spesso l'utilizzo di una serie di capacità mentali di intelligenza quali la deduzione e l'inferenza logica e la creatività.
    In generale, qualsiasi programma in presenza di dati insufficienti o contrastanti si "blocca" o li sostituisce con dati casuali o pseudo-casuali.

    coscienza: il mito per cui la mente umana sarebbe consapevole (auto-conoscente) , nel senso di percepire cosa succede dentro di essa

    introspezione: il mito per cui la nostra mente possieda la capacità di percepire direttamente o di apprendere le sue stesse operazioni

    intuizione: il mito che la mente possieda qualche diretta (e quindi inesplicabile) capacità di risolvere problemi o percepire verità

    metafora: il mito per cui vi è una distinzione chiara tra rappresentazioni che sono "realistiche" e quelle che sono meramente allusive


    Nella gerarchia di agenti-agenzia-società di Minshy sarebbe interessante vedere se, ad un certo numero di livelli e di agenzie, possa emergergere una "massa critica", ovvero se introducendo milioni di agenti e centinaia di migliaia di agenzie connesse e distribuite possano emergere proprietà inaspettate - come nella mente biologica - ad esempio che, assegnato un compito a una  tale macchine, lei risponda: "No, non ne ho voglia".
    Una tra le maggiori differenze dei modelli cognitivisti-computazionali-rappresentazionali-connessionisti con la mente biologica è che nei primi la mente è data, non evoluta nè adattata. Mentre la mente artificiale viene accesa ad un dato istante con il suo harware, quella biologica ha un'ontogenesi e una filogenesi, ed emerge come co-dipenza tra "quello che fra il cervello" e l'esperienza del mondo e dell'ambiente della sua ontogenesi. Mente ed esperienza del mondo nascono e si sviluppano - coemergono - insieme.
    Particolarmente importante per questa considerazione, come discusso da Varela, Rosh e Thompsonsono due aspetti che risultano dal modello di Minsky, e più in generale da ogni modello cognitivista-connessionista:
    • l'assenza del Sé
    Per Minsky il Sé è definito come:

    Sè: in questo libro, quando scritto "Sé", il mito per cui ognuno di noi contiene qualche parte speciale che incarna l'essenza della mente. Quando scritto come "sé", la parola ha il senso ordinario di individualità di una persona.

    In ogni modello della mente il Sé, l'IO non si trova, non c'è, compresa una parte importante del Sé: la coscienza.
    • la divisione tra scienza ed esperienza umana
    Nelle ultime pagine di La Società della Mente Minsky esamina la nozione di libera volontà di scelta, con la quale intende "un Ego, Sé, IO o centro finale di controllo, dal quale scegliamo cosa fare ad ogni bivio nel corso del tempo".
    Per Minsky la libertà di scelta è un mito, in particolare:


    libertà di scelta: mito per cui la volontà umana è basata su qualche terza alternativa tra la causalità e il caso.

    La conclusione di Minsky al riguardo è:

    Non importa che il mondo fisico non abbia spazio per la libertà della volontà: questo concetto è essenziale ai nostri modelli del regno mentale. Troppo della nostra psicologia è basato su di esso per poterlo abbandonare. Siamo virtualmente costretti a mantenere questa credenza, anche se sappiamo che è falsa.

    Con queste conclusioni riguardò al Sé, che Minsky - a differenza di quasi tutta la tradizione occidentale - ha il pregio di non ignorare, la scienza e l'esperienza umana si dividono, e non c'è modo di rimetterle insieme. La scoperta della scienza cognitiva di una mente priva di Sé viene ignorata, come nel caso di Hume nel Trattato sulla Natura Umana, oppure viene postulato come un IO trascendentale, come nel caso di Kant.
    Per ritrovare una metodologia che possa riconciliare l'assenza di un Sé della mente con l'esperienza umana e il senso comune è necessario uscire dalle tradizioni e dai paradigmi occidentali per entrare in quelle discipline e tradizioni, tipicamente orientali, che da secoli hanno indagato e praticato su queste questioni.


     

     

     

     

     

    MIT Media Lab