mercoledì 28 settembre 2011

Politica (7 di Spade)


Riconosci quest'uomo? Tutti noi, tranne forse i più innocenti e sinceri, abbiamo un politicante in agguato da qualche parte nella nostra mente. Di fatto, la mente è un politicante. Per sua stessa natura, pianifica e organizza, e cerca di manipolare le situazioni e le persone in modo da ottenere ciò che vuole. Nella carta, la mente è raffigurata dal serpente coperto di nuvole che parla con lingua biforcuta. La cosa importante da mettere a fuoco, per ciò che riguarda questa carta, è che entrambi i volti sono falsi. Il volto dolce, innocente, che invita alla fiducia è una maschera; come pure è una maschera il maligno, ghignante volto del politico che sembra dire: "Ti farò fare quello che voglio". I politicanti non hanno volti reali: l'intero gioco è una menzogna. Osservati con attenzione per vedere se non hai giocato anche tu questo gioco. Ciò che vedrai potrà essere doloroso, ma non tanto quanto potrebbe esserlo proseguire nel gioco. Alla fine, non fa l'interesse di nessuno, men che meno il tuo. Qualsiasi cosa otterrai in questo modo, si trasformerà in polvere nelle tue mani.

Chiunque sia abile nel fingere, qualsiasi ipocrita, diventerà il tuo leader politico, nella sfera politica, il tuo sacerdote, nella sfera religiosa. Tutto ciò che gli occorre è essere un ipocrita, avere astuzia, mettere su una facciata dietro cui nascondersi. I tuoi uomini politici vivono vite doppie, i tuoi preti hanno una doppia vita - una di facciata e una occulta, e quest'ultima è la loro vera vita. Quei sorrisi di facciata sono del tutto falsi, quei volti apparentemente tanto innocenti sono stati coltivati. Se vuoi vedere la realtà del politico, devi sbirciarlo dal retro. Là appare nella sua nudità, così com'è, e lo stesso vale per il prete. Questi due tipi di persone astute hanno dominato l'umanità. Fin dall'inizio hanno scoperto che, se si vuole dominare l'umanità, occorre indebolirla, farla sentire in colpa, indegna. Occorre distruggere la sua dignità, sottrarle ogni gloria, umiliarla. Ed essi hanno trovato tali e tante vie sottili di umiliazione che è difficile percepirle; in pratica lasciano che sia tu stesso a umiliarti, a distruggerti. Ti hanno insegnato una sorta di lento suicidio.

martedì 27 settembre 2011

l'Occidente del Tao


Giorgio Gaber ed Adriano Sofri, pur seguendo l'un l'altro negli anni le reciproche vicende,  non si erano mai incontrati. Questo primo, e purtroppo unico, incontro nel carcere di Pisa nel 2000 è stato organizzato dall'amico comune Majid Andrea Valcarenghi, direttore e fondatore di Re Nudo.

"Gaber e Sofri (prima parte)"

di Antonio Priolo, da Re Nudo, marzo 2001

Il nostro Occidente

Adriano Sofri: Noi abbiamo in Occidente una popolazione vecchia, cui apparteniamo anche noi, ahimé, cioè è longeva, rincoglionita, visto il consumismo di cosi rapido riciclo, rincoglionita dal ritorno di superstizione, il più pacchiano, il più triviale e il più dilagante. Questa popolazione è spaventata dall’eventualità che tutto questo le sia minacciato, dal mondo giovane. A me sembra che la cosa sconfortante del mondo moderno sia esattamente questa specie di instupidimento di persone che la sanno molto più lunga, in teoria, per un verso, e per l’altro verso l’incattivimento preventivo, per cosi dire, di avarizia, di chiusura preventiva delle stesse persone. Dunque questo mi fa pensare che il mondo è brutto, e la discussione non so se ha senso se non a partire dal fatto che il mondo è spacciato...

Giorgio Gaber: Certo, su questo siamo d’accordo... 

Adriano: Certo, e la differenza non è tra catastrofisti ed ottimisti, secondo me, ma fra chi, pensando che il mondo sia spacciato, continua a lavarsi la faccia, a tagliarsi le unghie, come si fa con i malati terminali quando ci si prende cura di loro, e chi invece molla e diventa barbone subito, accelera l’agonia. Noi stiamo parlando tra persone che sanno che il mondo è spacciato e si tagliano ancora le unghie. A me sembra molto triste il fatto che un territorio, per me, forse, a differenza che per te [rivolgendosi a Majid, ndr], come l’Europa, assolutamente privilegiato dal punto di vista culturale, civile e morale, sia attraversato da una cattiveria e da una paura che rischiano di travolgerla: in Italia forse è ancora meno forte che in altri paesi, ma questa cosa avviene in Danimarca, visto il risultato del referendum [sull’ingresso nell’Euro, ndr], in Norvegia, che io conosco, conoscevo bene e amo molto, io ho una compagna norvegese; in Norvegia c’è l’affermazione di un partito apertamente fascista, come si può dire fascista di un paese scandinavo, il Partito Contadino, che ha preso il 30-35%. Cose di questo genere attraversano tutta l’Europa e tolgono l’unica specie di rassicurazione che fino ad oggi abbiamo avuto rispetto a questi anni lunghi d’incubazione di questo incattivimento, che era l’idea che l’unità europea, l’ingresso in Europa, avrebbero fatto argine agli estremismi e agli integralismi più fanatici. Ora il problema è che rischia di cedere, l’Europa, di fronte a tutto questo: una volta che cede la Germania, per intenderci, siamo fritti, come sempre per altro. Ma ci sono molti segni, molti scricchiolii di questo genere. L’Europa centro-orientale che adesso deve entrare nell’Unione, ad esempio: avrete visto le elezioni in Romania, che sono state poco commentate ma avrebbero meritato un’attenzione molto maggiore dal punto di vista esemplare. Nelle elezioni in Romania, che, come sapete, è un Paese dove la miseria è veramente brutale ed abbrutente per le persone – come rivela il carattere dell’immigrazione che riceviamo dalla Romania, persone anche con un livello d’istruzione alto perché li funzionava l’istruzione pubblica, – i concorrenti elettorali erano un partito apertamente nazista, che dichiarava di voler fare i ghetti chiusi con i muri per gli zingari, gli ebrei, gli ungheresi della Voivodina, di concentrarli tutti in un ghetto, ma non metaforico, che era il principale concorrente della coalizione al potere, e poi c’era un partito capeggiato da un ex alto burocrate della nomenklatura di Ceausescu. Per fortuna hanno vinto gli ex comunisti dell’apparato, capisci? L’alternativa era tra la vittoria di un raggruppamento nazista e uno di ex stalinisti. È stato visto come uno scampato pericolo, capite? Questi sono paesi che stanno giustamente per entrare nell’Unione Europea. Dunque questa cosa che abbiamo scoperto da tanto tempo, che non c’è progresso, che ci sono continui andate e ritorni, a me mi viene da pensare che, forse senza accorgercene, da un po’ di anni siamo entrati in una di queste fasi di regressione che segnarono l’avvento dei fascismi, dei totalitarismi, l’altra volta. Non significa, questo, il ritorno di quei fascismi e di quei totalitarismi che non hanno nessuna possibilità.

Giorgio: Forse sono stati i periodi più alti quelli delle socialdemocrazie, da un punto di vista della qualità dei rapporti, rivisti adesso da lontano.

Adriano: Credo di si, e non soltanto gli anni della socialdemocrazia, ma anche della Democrazia Cristiana, perché in Germania e in Italia è questo.

Giorgio: Io mi riferivo alle socialdemocrazie nordiche.

Adriano: Sì, ma c’era anche una coincidenza collaterale: quel periodo dalla ricostruzione alla prima costruzione europea, che noi vedevamo come loscamente mediocre, perciò lo odiavamo tanto, perché era mediocre, quando ci sembrava che le cose mediocri fossero le peggiori, e invece ce ne sono di molto peggiori che di mediocri. Comunque succedono cose nuove e così travolgenti che uno sa di non poterle maneggiare neanche mentalmente, come tutte le questioni scientifiche, genetiche, il genoma. Cose fantastiche, e al tempo quelle vecchie e peggiori non spariscono affatto ma si ringalluzziscono.

Majid Valcarenghi: Secondo me c’è un appiattimento mortale; dicevo prima a Giorgio che come nei grandi media ci sono solo alcuni giullari, come Grillo o a “Striscia la notizia”, che attraverso la battuta riescono a dire qualcosa, sulla stampa ci sono i vecchi saggi come Montanelli, Ceronetti, Bobbio, le sole persone che dicono qualcosa rompendo gli equilibri, i patti non scritti e conformi, tu li avrai seguiti...

Adriano: Io seguo tutto perché sono in galera, ti posso dire tutto sull’ultimo fidanzato di Anna Falchi come sulla politica internazionale...

Giorgio: A proposito, Montanelli come s’è espresso sul tuo caso?

Adriano: Ciclicamente, cioè dicendo cose di volta in volta a favore o contro, impermalosendosi quando gli sembrava che io dicessi cose sgradevoli; sostanzialmente alla fine diceva che bisognava darmi la grazia, chiudere tutto questo, ma insomma con un andamento molto alterno. È molto scandalizzato dalla mia arroganza, superbia, alterigia

Giorgio: Anche io sono molto incazzato per il fatto che tu abbia accettato bene o male questa giustizia italiana di merda. Avrei fatto il tifo che tu te ne fossi andato. Umanamente questo te lo devo dire.

Adriano: Ma io non l’ho accettata questa giustizia...

Giorgio: Mi hanno detto che su queste cose non transigi.

Adriano: Ma no, transigo tra me e me ma fuori fingo di non transigere sennò non riuscirei più, avrei dei problemi all’anca insuperabili; pagherebbe il corpo.

Giorgio: Io ho sentito questo tuo discorso molto interessante, ma in questo periodo m'è venuto in mente una cosa di Pasolini che tu certamente ricorderai, quando dice che non ci può essere progresso senza sviluppo, ma che ci può essere sviluppo senza progresso. E mi pare che siamo esattamente in questa condizione, cioè tutto si sviluppa ma l'uomo peggiora: è la sensazione che io ho anche da un "Grande Fratello" europeo che non è più un fatto d'imbecillità generale, il sistema sta diventando imbecille. Questo mi porta a dire, e questa è la domanda che mi pongo anch'io per il mestiere che faccio, se c'è un abbandono totale del senso delle cose, e questo lo possiamo riferire anche a quella scienza che tu hai nominato, che va nel senso di cambiarti un braccio ma di non toglierti un raffreddore. È come se il senso volesse dire che c'è qualcosa che migliora la persona; ecco, non c'è più nulla che migliora la persona. Avrai seguito naturalmente alcuni avvenimenti, non so, due milioni e mezzo di giovani dal papa; io non sono credente, però sento che anche quel fenomeno è di consumo, non è di fede come fatto intimo o come fatto di crescita, che posso accettare, che non mi riguarda ma che posso accettare. L'ascolto di "Padre Pio", l'ascolto del "Grande Fratello", per me sono fenomeni simili, e mi fanno capire che c'è una produzione consumistica che ormai ha perso completamente di vista qualsiasi senso dell'arricchimento dell'individuo; ecco questo mi rende sgomento di fronte a tutto e mi fa paura e mi fa vivere peggio perché la gente non mi piace, proprio la gente, faccio fatica! Adesso quando sono entrato in questo carcere e questi qui alla porta sono stati gentili, mi sono sorpreso, c'è ancora qualcuno che è gentile; la qualità delle persone mi sembra che stia scadendo sempre di più, nell'ottica del discorso di Pasolini, per cui c'è uno sviluppo ormai paradossale ed un progresso totalmente nullo. Questo è un altro punto di vista che non si discosta molto da quello che dicevi tu prima, ma a me che mi occupo più delle facce della gente che della politica, perché non ne avrei la competenza, mi fa star male, mi fa sentire inutile. Mi sembra quasi che questa mancanza di senso non sia neanche colpa di questo o di quell'altro, ma mi sembra che sia proprio incapacità di affrontare un mercato che si sta sviluppando da solo ormai e che va in una direzione e nessuno sa dare risposte; neanche quelli che vorrebbero opporsi ma neanche quelli che vorrebbero aiutarlo, perché anche loro sono vittime di un meccanismo che sta andando da solo, un meccanismo invincibile. Questa è la mia sensazione. In tutte le vicende a cui assistiamo, compresa la tua, s'intravvede dietro qualcosa di sporco, di oscuro, capisci poco; alla fine magari dico "Sofri è innocente e Marino è un testa di cazzo, basta guardarlo in faccia", e mi fermo lì perché se vado avanti e mi perdo in tutte le cose faccio ancora più fatica a capire. Ti devi fermare ad una impressione iniziale. Non sono andato a vedere lo spettacolo di Fo, mi ha dato fastidio, non mi piace, cerchiamo di emozionarci diversamente, poi non so se ti abbia fatto male o ti abbia fatto bene…

Adriano: Non lo so nemmeno io però gli sono molto grato perché lui è anche una persona molto affettuosa e generosa, e questa cosa prevale in me su qualsiasi valutazione delle convenienze, criterio che ho ormai abbandonato da molto tempo in qualunque campo compresa la mia miserabile storia di cui adesso non vale la pena di parlare. Io sono sempre esitante rispetto a questi sentimenti che provo fortissimi sulla questione del progresso, che è ormai ben risolta, è chiaro che non c'è nessun progresso, è risolta da Leopardi, non c'era nemmeno bisogno di arrivare ai nostri giorni.

Giorgio: E no, perché la razza a cui io mi sono affezionato, perché sono un po' più grande di voi… mi sono affezionato che voi eravate già una generazione successiva, e io sentivo questa voglia di senso, e non stiamo parlando di secoli fa…

Adriano: Certo, è una cosa che si è consumata nel giro delle nostre vite.

Giorgio: Devo dirti che, avendo ancora i teatri tutti esauriti quando ho la gamba a posto, forse un bisogno di senso c'è.

Adriano: Sì, ma anche i due milioni di ragazzi che vanno dal papa hanno, insieme alle cose che dicevi tu, un fortissimo bisogno di senso e di trovarlo in comune, cosa che ogni generazione cerca con strumenti diversi; e anche i loro comportamenti erano contemporaneamente gregari e al tempo stesso indipendenti.

Giorgio: Ecco, è su questa autonomia che io ho delle riserve. Ricordo una frase di Canetti che diceva che il palco del teatro distrugge la massa, cioè nel teatro ognuno è seduto ed è in qualche modo individuo di fronte a quello che sta succedendo, è per questo che ho scelto il teatro. La manifestazione di piazza crea la massa e annulla gli individui. Io ho sempre avuto paura di queste cose. Tuttora quando vedo, e le vedrai anche tu in televisione, queste adunate rispetto a certi gruppi musicali, o, che so, a Pavarotti, e vengono ripresi, e ti salutano, ho un restringimento di cuore, ho la sensazione che questi non siano individui ma siano inseriti in un processo di massa. Ecco perché il processo di massa anche della fede non mi suona come una prova di senso, ma mi suona come adesione acritica. Lo so che in qualche modo le masse una volta contavano…

Adriano: In quella nostra mitizzazione delle masse, compresa la parola sulla quale ho poi recuperato una bella citazione di Leopardi che ho usato recentemente "Le masse, questa leggiadra paroletta moderna" diceva sarcasticamente Leopardi, quindi come vedi già allora, in noi (fatte salve tutte le cazzate che non vale la pena di deplorare più, anche quello è consumato) c'era una fortissima ispirazione individualista dentro quel culto della partecipazione comune, collettiva; quando noi abbiamo fatto fallimento e dichiarato fallimento, ci siamo sciolti, è perché questa specie di fusione, lungi dall'accrescere, dall'arricchire la personalità individuale e la libertà individuale, le stava alienando e impoverendo, questa è stata la vera ragione per cui siamo andati a casa, no?

Giorgio: Settantasette?

Adriano: Settantasei, ma io Lotta Continua l'avrei già voluta sciogliere nel Settantacinque.

Giorgio: Io seguivo da lontano, c'era anche la questione femminile?

Adriano: La questione femminile è stata cruciale per farci capire quelle cose lì perché le donne che si muovevano come un sol uomo con plotoni organizzati… Era però il principale modo di buttarci addosso questa specie di fallimento, questa specie di fondo toccato da una cosa che all'inizio era la più promettente e la più bella per noi giovani, compresi quelli che vanno dal papa, per questo io continuo ad avere una specie di paternalistica simpatia. Questa sorta di generosissimo mimetismo sociale che contraddistingueva la nostra militanza politica: la scelta di fare politica non aveva nulla a che fare con la professione politica, l'idea che ciascuno potesse diventare ciascun altro, confondersi con gli altri e attraverso questo diventare più ricco personalmente; questo cosiddetto Sessantotto, che è successo in tutti altri anni, aveva una cosa molto bella, nella quale io ero un vero campione, una specie di caso clinico, un po' diversamente da me ma in modo forse ancora più magistrale, nel senso del talento circense, lo era Mauro Rostagno che era un suo intimo amico [rivolgendosi a Majid, n.d.r.].

Giorgio: Anch'io lo conoscevo.

Adriano: …e cioè persone giovani, di quelle quindi che non hanno bisogno di stabilire una distanza fisica fra sé e gli altri, anzi si danno gomitate, si abbracciano, si stanno addosso perché sanno di non assomigliare agli altri, mentre noi vecchi temiamo… Io se non avessi una cella privata, ho un buggigattolo, la cella più brutta del carcere dove però sono solo, sarei un uomo finito, mi taglierei come i ragazzi arabi. Allora in quella nostra scelta questo mimetismo sociale, questo somigliare all'altro come una identificazione che ci metteva cinque minuti a compiersi, parlare con l'altro, diventare l'altro, era un'esperienza straordinaria rispetto alla rigidità dei ruoli che questa società attribuiva, non so "tu sei nato lì e farai solo questo, l'universitario, il sottotenente di marina, la sposa fedele e madre", in questo mimetismo sociale di cui Lotta Continua era veramente la più alta espressione, che insegnava anche ai suoi adepti con l'esempio, al di là della linea politica e dei contenuti, c'era una fortissima ricchezza individuale, cioè s'imparavano le lingue, s'imparavano le facce, capite? Poi questa cosa decade e si tramuta esattamente nel contrario. Cioè alla fine non sai più chi sei, somigli a tutti e quindi più a nessuno, ti comporti in modo conformista, gregario; dunque quando arrivano le donne e ti sbattono in faccia questa realtà gergale, militante, manesca, tutte cose che caratterizzavano questa degenerazione quasi fisiologica di questa parabola, e soprattutto ti dicono che tu non puoi diventare donna, puoi diventare operaio, immigrato, tedesco, sardo, ma non puoi diventare donna, anche se qualcuno ci ha provato. E dunque perché non torni a chiederti chi sei? Questa è stata la cosa molto bella del femminismo, che io considero di tutte le esperienze della mia vita la più preziosa, quella a cui devo di più, umanamente, anche teoricamente, culturalmente.

Giorgio: Io nel '76 facevo uno spettacolo che si chiamava "Libertà obbligatoria" che riecheggiava questi temi di cui stai parlando. A quel punto ebbi il coraggio, o per lo meno la spudoratezza, di usare la parola "noi", cosa che prima non ero riuscito a fare fisicamente. Ecco, nel Settantasei uso la parola "noi", nel Settantotto non ce la faccio più ad usarla, e parlo in prima persona. Quello è stato proprio un momento cruciale, io ho odiato il Settantasette…

Adriano: Anch'io, il Settantasette è uno dei miei vanti; cioè io dissi nel Settantasette, e confermo, che era una di quelle circostanze in cui mi sarebbe piaciuto poter dire ai miei nipoti "io non c'ero". Questi sabato pomeriggio di Roma su Cossiga, i ragazzini con le pistole in tasca, erano giorni molto brutti, veramente.

Giorgio: Io facevo il cantante ed ero già affermato…

Adriano: E lo so bene, io le so le tue canzoni.

Giorgio: Ombretta studiava russo e cinese alla Statale, russo e cinese guardacaso, alla Statale, ed io andavo a prenderla, però andavo a prenderla con la macchina che avevo, che era una macchina da cantante, che era una Jaguar 4200, e la sensazione che ebbi allora fu una sensazione di mio disagio; non gliene fregava niente a nessuno che io avessi la Jaguar perché ritenevano che i valori fossero degli altri, e questo mi mise un po' nella merda. Questo succedeva nel '69 all'Università. Quando poi invece ho visto scritto sui muri "liquori gratis" ho capito che volevano anche loro la fettina di merda e questo non mi è piaciuto più, perché culturalmente non erano diversi dagli altri.

Adriano: io mi ricordo il lusso, i ragazzi del Settantasette inventarono il concetto di "abbiamo diritto al lusso", che era una bella idea se a dirla era un barbone, ma che in bocca a loro diventava una scempiaggine.






MeTA(O)logo: e allora? questo Tao?

"O, reason not the need: our basest beggars Are in the poorest things superfluous: Allow not nature more than nature needs, Man's life is cheap as beast's".

Oh, non calcolatemi il bisogno
I nostri mendicanti più meschini
nella cosa più povera hanno il superfluo;
negate alla natura più del suo bisogno
e la vita dell'uomo è vile quanto quella di una bestia.
Shakespeare, "King Lear", II, 4.

Figlia. E allora? Ci parli di quattro o cinque importanti presupposti e di grandi sistemi stocastici; e partendo di lì noi dovremmo immaginare come "è" il mondo? Ma...
Padre. No, no. Ti ho anche parlato dei limiti dell'immaginazione. Dovresti quindi sapere che non puoi immaginare il mondo come "è". (Perchè‚ poi sottolineare questa paroletta?). E ti ho parlato del potere di autoconvalida delle idee: ti ho detto che il mondo in parte diviene - viene ad essere - come è immaginato.
F. E questa sarebbe l'evoluzione? Questo continuo muoversi e fluire delle idee per mettere d'accordo tutte le idee? Ma non sarà mai possibile.
P. Sì, è vero. Tutto si muove e ruota intorno alle verità. “Cinque più sette continuerà a far dodici”. Nel mondo delle idee, i numeri continueranno ad essere in contrapposizione con le quantità. Probabilmente la gente continuerà a usare i "numerali" come nomi sia per le quantità sia per i numeri. E continuerà a lasciarsi fuorviare dalle proprie cattive abitudini, e così via. Però, sì, la tua immagine dell'evoluzione è esatta. E ciò che Darwin chiamava “selezione naturale” è l'affiorare della tautologia o presupposto secondo cui ciò che resta vero più a lungo resta appunto vero più a lungo di ciò che non resta vero altrettanto a lungo.
F. Sì, lo so che ti piace declamare questa frase. Ma le verità restano vere per sempre? E queste cose che tu chiami "verità" sono tutte tautologiche?
P. Piano, piano. Ci sono almeno tre domande, tutte legate fra loro. Al tempo. Primo, "no". Le nostre opinioni sulle verità possono benissimo cambiare. Secondo, se le verità che sant'Agostino chiamava verità "eterne" siano vere per sempre a prescindere dalle nostre opinioni, questo io non posso saperlo.
F. Ma puoi "sapere" se è tutto tautologico?
P. No, naturalmente. Ma una volta fatta la domanda, non posso evitare di avere un'opinione.
F. Allora, lo è?
P. Lo è che cosa? F. Tautologico?
P. E va bene. La mia opinione è che la Creatura, il mondo dei processi mentali, è sia tautologica sia ecologica. Voglio dire che è una tautologia capace di guarire lentamente da sola. Se la si lascia stare, qualunque ampia porzione di Creatura tende a stabilizzarsi verso la tautologia, cioè verso una "coerenza interna" di idee e di processi. Ma ogni tanto la coerenza si lacera, la tautologia si infrange come la superficie di uno stagno quando vi si getta un sasso. Poi, lentamente ma immediatamente, la tautologia comincia a guarire. E la guarigione può essere spietata: nel corso di questo processo possono venire sterminate intere specie.
F. Ma, papà, potresti derivare la coerenza dall'idea che essa ricomincia sempre a guarire.
P. Ecco dunque, la tautologia non è infranta, è solo spinta al livello di astrazione successivo, al successivo tipo logico. Ecco.
F. Ma quanti livelli ci sono?
P. No, questo non posso saperlo. Non posso sapere né se si tratti in ultima analisi di una tautologia né quanti livelli logici possegga. Io mi ci trovo dentro e perciò non posso conoscere i suoi limiti esterni - ammesso che ne abbia.
F. Mi pare deprimente. Ma il punto della faccenda qual è?
P. No, no: se tu fossi innamorata non faresti questa domanda.
F. Vuoi dire che è l'amore?
P. Ma no. Il mio no era un commento alla tua domanda, non una risposta. E' una domanda che va bene per un industriale occidentale e per un ingegnere. Tutto questo libro riguarda appunto l'errore insito nella tua domanda.
F. Questo nel libro non l'hai mai detto.
P. Ci sono milioni di cose che non ho mai detto. Ma risponderò alla tua domanda: possiede milioni - un numero infinito - di “punti”, come li chiami tu.
F. Ma allora è come se non ne avesse nessuno... Papà, è una sfera?
P. Ma sì, come metafora può andare. Una sfera multidimensionale, forse.
F. Mmm... una tautologia che guarisce da sola, che è anche una sfera, una sfera multidimensionale.
F. E a questo punto?
P. Ma ti ripeto che non c'è un “questo punto”. Milioni di punti o nessuno.
F. E allora perchè‚ scrivere questo libro?
P. E' diverso. Questo libro, o tu e io che parliamo, eccetera... questi sono soltanto pezzetti del più grande universo. La tautologia complessiva che guarisce da sola non ha 'punti' che tu possa contare. Ma quando la suddividi in tanti pezzetti, la cosa è diversa. Quando l'universo viene dissezionato compare il 'fine'. Quello che Paley chiamava “disegno” e Darwin chiamava “adattamento”.
F. Un prodotto della dissezione e basta? Ma a che serve la dissezione? Tutto questo libro è una dissezione. A che serve?
P. Sì, in parte è una dissezione, in parte è una sintesi. E penso che a un macroscopio abbastanza grosso nessuna idea può essere sbagliata, nessuna finalità distruttiva, nessuna dissezione fuorviante.
F. Tu hai detto che noi ci limitiamo a "creare" le parti di una totalità.
P. No, ho detto che le parti sono "utili" quando vogliamo descrivere delle totalità.
F. Allora tu vuoi descrivere delle totalità? Ma quando l'hai fatto, che cosa ci hai guadagnato?
P. E va bene, diciamo che noi viviamo, come ho detto, in una tautologia che guarisce da sola, la quale più o meno sovente viene lacerata in modo più o meno grave. Così sembra che vadano le cose nella nostra zona di spazio-tempo. Direi anche che qualche lacerazione del sistema ecologico tautologico sia addirittura - in un certo modo - positiva. Può darsi che la sua capacità di guarire da solo abbia bisogno di esercitarsi, come dice Tennyson, “affinchè‚ una sola buona consuetudine non abbia a corrompere il mondo”.
E, naturalmente, la morte ha questo lato positivo: per quanto un uomo sia buono, se resta in circolazione per troppo tempo diventa un pernicioso inconveniente. La lavagna su cui si accumulano tutte le informazioni dev'essere cancellata, e i suoi eleganti caratteri devono essere ridotti a una disordinata polvere di gesso.
F. Ma...
P. E così via. All'interno dell'ecologia più grande e più duratura ci sono sottocicli di vita e di morte. Ma che dire della morte del sistema più ampio? Della "nostra" biosfera? Forse agli occhi del cielo o di Shiva, ciò non ha importanza. Ma noi non ne conosciamo altre.
F. Ma il tuo libro ne fa parte.
P. E' naturale. Però, sì, capisco che cosa vuoi dire, e naturalmente hai ragione. Né il cervo né il leone di montagna hanno bisogno di una giustificazione per esistere, e neppure il mio libro, in quanto parte della biosfera, ha bisogno di una giustificazione. Neanche se ho torto marcio!
F. Possono aver "torto" il cervo o il leone di montagna?
P. Qualunque specie può finire in un vicolo cieco evolutivo e immagino che questa specie commetta un qualche errore, per così dire, se è complice della propria estinzione. Oggi la specie umana, come tutti sappiamo, può distruggere se stessa da un momento all'altro.
F. E allora? Perchè‚ scrivere il libro?
P. Be', in ciò vi è anche un po' di orgoglio, il desiderio che se stiamo tutti marciando imperterriti verso il mare come tanti lemming, vi sia almeno un lemming che prenda appunti e dica: “Io ve l'avevo detto”. Credere di poter arrestare la corsa verso il mare sarebbe una presunzione ancora più grande che dire: “Io ve l'avevo detto”.
F. Mi sembra che tu stia dicendo delle sciocchezze, papà. Non ti vedo come l'unico lemming intelligente che prende appunti sull'autodistruzione degli altri. Non è da te... ecco. Nessuno comprerà il libro di un lemming sardonico.
P. Già, ma... E' bello vedere che il proprio libro si vende, però è sempre una sorpresa, credo. In ogni caso non è di questo che stiamo parlando ora. (E ti sorprenderebbe sapere quanti libri di lemming sardonici in realtà si vendono molto bene).
F. E allora?
P. Dopo aver rimuginato queste idee per cinquant'anni, ho cominciato pian piano a vedere chiaramente che la stupidità non è necessaria. Ho sempre odiato la stupidità e ho sempre pensato che fosse una condizione necessaria della religione. Ma sembra che non sia così.
F. Oh, allora è "questo" l'argomento del libro?
P. Vedi, si predica la "fede" e si predica l'"abbandono". Ma io volevo la "chiarezza". Tu potresti dire che la fede e l'abbandono sono necessari per sostenere la ricerca della chiarezza, ma io ho cercato di evitare il genere di fede che porta a nascondere le lacune della chiarezza.
F. Continua.
P. Be', ci sono state delle svolte. Una fu quando capii che l'idea di magia di Frazer era alla rovescia, o al contrario. Sai, l'idea tradizionale è che la religione si sia sviluppata dalla magia, ma io penso che sia stato il contrario... che la magia sia una sorta di religione degenere.
F. Allora che cosa "non" credi?
P. Be', per esempio non credo che lo scopo originale della danza della pioggia fosse quello di 'far mandare' la pioggia. Ho il sospetto che questo sia un fraintendimento degenere di un bisogno religioso molto più profondo: affermare l'appartenenza a quella che possiamo chiamare la "tautologia ecologica", le verità eterne della vita e dell'ambiente. C'è sempre la tendenza - il bisogno, quasi - di volgarizzare la religione, di trasformarla in spettacolo, in politica, in magia, in 'potere'.
F. E la percezione extrasensoriale? E la materializzazione? E l'esperienza extracorporea? E lo spiritismo?
P. Tutti sintomi, tentativi sbagliati di compiere sforzi ingegnosi per sfuggire a un rozzo materialismo che sta diventando intollerabile. Il miracolo è l'idea che il materialista ha di come sfuggire al proprio materialismo.
F. Non c'è via di fuga? Non capisco.
P. Oh, sì. Ma vedi, la magia in realtà è solo una specie di pseudoscienza. E come la scienza applicata, essa propone sempre la possibilità del "controllo". Perciò non si può sfuggire a quel modo di pensare ricorrendo a sequenze che contengono quello stesso modo di pensare.
F. Come si sfugge, allora?
P. Ah, già. La risposta al rozzo materialismo non sono i miracoli, ma la bellezza... oppure, naturalmente, la bruttezza. Poche battute di una sinfonia di Beethoven, una variazione Goldberg, un organismo, un gatto o un cactus, il ventinovesimo sonetto di Shakespeare o i serpenti marini del Vecchio Marinaio. Ricordi? Egli “li benedisse, inconsapevole” e l'Albatros che aveva al collo cadde in mare.
F. Ma tu non l'hai scritto, questo libro. Ecco cosa avresti dovuto scrivere, un libro sull'Albatros e la Sinfonia.
P. Già. Ma vedi, non potevo: prima dovevo scrivere questo. Ora, dopo tutte le discussioni sulla mente e la tautologia e le differenze immanenti e così via, comincio ad essere pronto per le sinfonie e gli albatros...
F. Continua.
P. No, vedi, non è possibile rappresentare bellezza-e-bruttezza su un foglio di carta piatto. Certo, un disegno può essere bello ed essere su un foglio piatto, ma non è di questo che parlo. La domanda è: su quale superficie deve essere proiettata una "teoria" estetica? Se me lo chiedi oggi, posso tentare una risposta; ma due anni fa, quando questo libro non era stato ancora scritto, non avrei potuto.
F. Bene, e quale sarebbe la tua risposta, oggi?
P. E poi vi è la "coscienza", che in questo libro non ho nemmeno toccato - o che ho toccato solo una volta o due. La coscienza e l'estetica sono i grandi problemi non toccati.
F. Ma nelle biblioteche ci sono sale intere piene di libri su questi problemi “non toccati”.
P. No, no, ciò che non è stato toccato è la domanda: su che genere di superficie si dovranno proiettare l''estetica' e la 'coscienza'?
F. Non capisco.
P. Voglio dire qualcosa del genere: la 'coscienza' e l''estetica' (qualunque sia il significato di queste parole) o sono entrambe caratteristiche presenti in tutte le "menti" (così come sono state definite in questo libro), oppure sono emanazioni... tarde creazioni fantasiose di queste menti. In entrambi i casi, è la definizione primaria di mente che deve accogliere le teorie dell'estetica e della coscienza. E' su questa definizione primaria che dev'essere proiettato il passaggio successivo. La terminologia per trattare la bellezza-bruttezza e la terminologia per la coscienza devono essere elaborate a partire dalle idee contenute in questo libro o da idee simili (o proiettate su queste idee). Semplice, no?
F. Semplice?
P. Sì, semplice. Voglio dire: la proposizione che questo è quanto si deve fare è semplice e chiara. Non voglio dire che sarà semplice "farlo".
F. Bene. Come cominceresti?
P. "Il n'y a que le premier pas qui co–te". La difficoltà sta nel primo passo.
F. Va bene, lascia perdere. "Da dove" cominceresti?
P. Dev'esserci un motivo se a queste domande non è mai stata data risposta. Cioè, come prima indicazione per una risposta potremmo considerare proprio questo: il fatto storico che tanti uomini abbiano provato e non ci siano riusciti. La risposta dev'essere in qualche modo nascosta. Dev'essere così: il fatto stesso di porre queste domande porta l'investigatore fuori strada, su una pista falsa.
F. Ebbene?
P. Allora consideriamo le ovvietà 'da scolaretto' che ho raccolto in questo libro, per vedere se per caso è lì che si nascondono le risposte alle domande sulla coscienza o l'estetica. Sono certo che una persona o una poesia o un vaso... o un paesaggio...
F. Perchè non fai un elenco di quelli che chiami i punti 'da scolaretto'? Dopo potremmo mettere a confronto con questo elenco le idee di 'coscienza' e di 'bellezza'.
P. Ecco un elenco. In primo luogo c'erano i sei criteri di "mente":

1. Fatta di parti che non sono in sè mentali. La 'mente' è immanente in certi generi di "organizzazione" delle parti.
2. Le parti sono attivate da eventi nel tempo. Le differenze, bench‚ statiche nel mondo esterno, possono generare eventi se "tu" ti muovi rispetto ad esse.
3. Energia collaterale. Lo stimolo (in quanto differenza) non può fornire alcuna energia, ma ciò che reagisce ad esso possiede un'energia, di solito fornita dal metabolismo.
4. Poi le cause-ed-effetti si dispongono in catene circolari (o più complesse).
5. Tutti i messaggi sono codificati.
6. Da ultimo c'è il fatto più importante: i tipi logici.

Tutti questi punti sono abbastanza ben definiti e si sostengono l'un l'altro piuttosto bene. Forse l'elenco è ridondante e potrebbe essere ridotto, ma in questo momento ciò non ha importanza. Al di là di questi sei punti c'è il resto del libro, il quale riguarda diversi generi di quella che ho chiamato "doppia descrizione" e che vanno dalla visione binoculare all'effetto combinato dei 'grandi' processi stocastici e all'effetto combinato della 'calibrazione' e della 'retroazione'. Chiamiamoli anche 'rigore e immaginazione' o 'pensiero e azione'.
Ecco tutto.
F. Benissimo. E dove sistemeresti i fenomeni della bellezza, della bruttezza e della coscienza?
P. E non dimenticare il "sacro". Ecco un altro argomento che non è stato trattato nel libro.
F. Per favore, papà, smettila: come ci avviciniamo a una possibile domanda, tu subito ti scansi. C'è sempre un'altra domanda, a quanto pare. Se tu potessi rispondere a "una" domanda. Una sola.
P. No, non capisci. Che cosa dice E.E. Cummings? “Sempre la più bella risposta a chi fa la domanda più difficile”. Qualcosa del genere. Vedi, io non faccio ogni volta una domanda diversa, io rendo più ampia la stessa domanda. Il "sacro" (checchè ciò significhi) è certamente collegato (in qualche modo) al "bello" (checchè ciò significhi). E se riuscissimo a dire come sono collegati, riusciremmo forse a stabilire il significato delle parole. O forse ciò non sarebbe mai necessario. Ogni volta che aggiungiamo alla domanda un pezzo ad essa collegato otteniamo più indicazioni sul genere di risposta che dovremmo aspettarci.
F. Quindi adesso abbiamo sei pezzi della domanda?
P. Sei?
F. Sì. All'inizio di questa conversazione erano due; ora sono sei. C'è la coscienza, la bellezza e il sacro, poi c'è la relazione tra coscienza e bellezza, la relazione tra bellezza e sacro e la relazione tra sacro e coscienza. In tutto, sei.
P. No. Sette. Dimentichi il libro. I tuoi sei pezzi presi insieme costituiscono una specie di domanda triangolare, e questo triangolo dev'essere in relazione con ciò che si trova in questo libro.
F. D'accordo. Continua, per favore.
P. Penso che il mio prossimo libro mi piacerebbe chiamarlo "Là dove gli angeli temono di posare il piede", perchè‚ è lì che tutti vogliono che io mi precipiti (*). E' mostruoso... volgare, riduzionista, sacrilego... chiamalo come vuoi... arrivare a precipizio con una domanda troppo semplificata. E' un peccato contro tutti e tre i nostri nuovi princìpi: contro l'estetica, contro la coscienza, contro il sacro.
F. Ma dove?
P. Già, ecco. Questa domanda dimostra la stretta relazione tra coscienza, bellezza e sacro. La domanda troppo semplice e la risposta volgare vengono dalla coscienza che corre intorno come un cane con la lingua penzoloni - alla lettera il cinismo. Essere consci della natura del sacro o della natura della bellezza è la follia del riduzionismo.
F. E c'entra tutto con questo libro?
P. Sì. Proprio così. ... l'elenco dei criteri, se fosse l'unico, sarebbe grossolano: sarebbe una risposta volgare a una domanda troppo semplificata. O una risposta troppo semplificata a una domanda volgare. Ma è propriol'elaborazione della discussione sulla 'doppia descrizione', su 'struttura e processo' e sui sistemi stocastici doppi, è questa elaborazione che impedisce al libro di cadere nella volgarità. Almeno lo spero.
F. E il prossimo libro?
P. Comincerà da una mappa della regione "dove gli angeli temono di posare il piede".
F. Una mappa volgare?
P. Forse. Ma non so che cosa verrà dopo la mappa e la racchiuderà in una domanda più vasta e più difficile.

NOTA
(*) Allusione a un famoso verso di Alexander Pope: "For fools rush in where angels fear to tread ". ( “Gli stolti si precipitano là dove gli angeli temono di posare il piede”).

lunedì 26 settembre 2011

più veloci del Tao?

 
Measurement of the neutrino velocity with the OPERA detector in the CNGS beam

The OPERA Collaboration: T. Adam, N. Agafonova, A. Aleksandrov, O. Altinok, P. Alvarez Sanchez, S. Aoki, A. Ariga, T. Ariga, D. Autiero, A. Badertscher, A. Ben Dhahbi, A. Bertolin, C. Bozza, T. Brugiére, F. Brunet, G. Brunetti, S. Buontempo, F. Cavanna, A. Cazes, L. Chaussard, M. Chernyavskiy, V. Chiarella, A. Chukanov, G. Colosimo, M. Crespi, N. D'Ambrosios, Y. Déclais, P. del Amo Sanchez, G. De Lellis, M. De Serio, F. Di Capua, F. Cavanna, A. Di Crescenzo, D. Di Ferdinando, N. Di Marco, S. Dmitrievsky, M. Dracos, D. Duchesneau, S. Dusini, J. Ebert, I. Eftimiopolous, O. Egorov, A. Ereditato, L.S. Esposito, J. Favier, T. Ferber, R.A. Fini, T. Fukuda, A. Garfagnini, G. Giacomelli, C. Girerd, M. Giorgini, M. Giovannozzi, J. Goldberga, C. Göllnitz, L. Goncharova, Y. Gornushkin, et al. (117 additional authors not shown)

(Submitted on 22 Sep 2011)

The OPERA neutrino experiment at the underground Gran Sasso Laboratory has measured the velocity of neutrinos from the CERN CNGS beam over a baseline of about 730 km with much higher accuracy than previous studies conducted with accelerator neutrinos. The measurement is based on high-statistics data taken by OPERA in the years 2009, 2010 and 2011. Dedicated upgrades of the CNGS timing system and of the OPERA detector, as well as a high precision geodesy campaign for the measurement of the neutrino baseline, allowed reaching comparable systematic and statistical accuracies. An early arrival time of CNGS muon neutrinos with respect to the one computed assuming the speed of light in vacuum of (60.7 \pm 6.9 (stat.) \pm 7.4 (sys.)) ns was measured. This anomaly corresponds to a relative difference of the muon neutrino velocity with respect to the speed of light (v-c)/c = (2.48 \pm 0.28 (stat.) \pm 0.30 (sys.)) \times 10-5.

Subjects: High Energy Physics - Experiment (hep-ex)
Cite as: arXiv:1109.4897v1 [hep-ex]
Submission history
From: Pasquale Migliozzi Dr.
[v1] Thu, 22 Sep 2011 17:59:33 GMT

arXiv.org

 

 

il Te del Tao: XXI - SVUOTARE IL CUORE



XXI - SVUOTARE IL CUORE

Il contenere di chi ha la virtù del vuoto
solo al Tao s'adegua.
Per le creature il Tao
è indistinto e indeterminato.
Oh, come indeterminato e indistinto
nel suo seno racchiude le immagini!
Oh, come indistinto e indeterminato
nel suo seno racchiude gli archetipi!
Oh, come profondo e misterioso
nel suo seno racchiude l'essenza dell'essere!
Questa essenza è assai genuina
nel suo seno ne racchiude la conferma.
Dai tempi antichi sino ad oggi
il suo nome non passa
e così acconsente a tutti gli inizi.
Da che conosco il modo di tutti gli inizi?
Da questo.

Van den Budenmayer Concerto in Tao minor



venerdì 23 settembre 2011

Tao complesso livello 4: etologia del Tao

 
Lo studio al livello 4 dell'interazione e del comportamento sociale animale nel loro ambiente naturale è stato sviluppato e differenziato dalla zoologia generale principalmente ad opera di Konrad Lorenz, premio Nobel 1973 per la medicina e la fisiologia insieme al suo allievo Nikolaas Tinbergen  ed a Karl von Frisch.


Il termine "etologia" (dal greco ethos e logos che significano rispettivamente «carattere» o «costume» e «discorso») traduce nella maggior parte delle lingue europee l'originaria espressione tedesca vergleichende Verhaltensforschung («ricerca comparata sul comportamento»), coniata da Lorenz per caratterizzare questo ambito di studi.


Lo sviluppo di questa disciplina è anche dovuto alla straordinaria capacità empatica di Lorenz nell'osservazione e nell'immedesimazione verso le diverse specie animali.
Nelle parole di Bateson:

"Seguire una lezione del professor Konrad Lorenz significa scoprire che cosa facevano i cavernicoli dell'Aurignaciano quando dipingevano sulle pareti e sulle volte delle caverne renne e mammut vivi e attivi. Gli atteggiamenti e i movimenti espressivi di Lorenz, la sua cinesica, cambiano di momento in momento secondo la natura dell'animale di cui parla. Ora è un'oca, pochi minuti dopo un pesce ciclide, e così via. Va alla lavagna e disegna rapidamente una creatura, poniamo un cane, vivo e incerto se attaccare o ritirarsi. Poi, con un brevissimo intervento di gesso e cancellino, una variazione nella nuca e nell'angolazione della coda, e il cane è chiaramente sul punto di attaccare. Lorenz fece una serie di conferenze alle Hawaii, e l'ultima la dedicò a problemi della filosofia della scienza. Mentre parlava dell'universo di Einstein, il suo corpo pareva contorcersi tutto quasi in empatia con quell'astrazione. E, misteriosamente, come gli Aurignaciani, egli non è capace di disegnare una figura umana: i suoi tentativi, come i loro, producono solo fantocci filiformi. Ciò che il totemismo insegna sul sè è profondamente non visuale. L'empatia di Lorenz per gli animali gli conferisce un vantaggio quasi sleale sugli altri zoologi. Egli è in grado di leggere molte cose, e certo lo fa, in un confronto (conscio o inconscio) tra ciò che vede fare all'animale e ciò che si prova a fare la stessa cosa. (Molti psichiatri usano lo stesso trucco per scoprire i pensieri e i sentimenti dei loro pazienti)"



I diversi settori di studio dell'etologia sono rivolti principalmente al definire quali comportamenti sono innati, determinati geneticamente, e quali appresi, alla determinazione delle gerarchie nei gruppi animali , ai comportamenti sessuali e al rapporto delle specie con il loro ambiente naturale. Lorenz ha messo in evidenza anche comportamenti intermedi tra innati ed appresi quali l'imprinting.


















Lorenz non tralasciò di estendere le considerazioni etologiche anche alla particolare specie animale dell'uomo ed ai suoi processi sociali e comportamentali. In particolare mise in evidenza otto "peccati capitali" intesi come conflitto tra la sua natura biologica e i processi sociali degli ultimi due secoli:
  1. La sovrappopolazione della Terra
  2. La devastazione dell'habitat umano
  3. L'accelerazione di tutte le dinamiche sociali a causa della competizione fra uomini
  4. Il bisogno di soddisfazione immediata di tutte le esigenze, primarie o secondarie che siano
  5. Il deterioramento genetico causato dalla scomparsa della selezione naturale
  6. La graduale scomparsa di antiche tradizioni culturali
  7. L'indottrinamento favorito dal perfezionamento dei mezzi di comunicazione
  8. La corsa agli armamenti nucleari


Lo studio della specie animale umana considerata come primate è stato sviluppato dallo zoologo ed etologo Desmond Morris in un classico bestseller:



















Anche per la specie umana valgono le considerazioni etologiche sul comportamento innato e appreso valide per le altre specie animali, con la differenza che nell'uomo la parte di apprendimento  è estremamente più rilevante per lo sviluppo del linguaggio e quindi per la trasmissione dell'informazione tra individui e generazioni e per lo sviluppo culturale.
Monod ha ipotizzato che la pressione culturale dovuta al "mondo delle idee" sia stata oramai codificata geneticamente, legando i comportamenti culturali appresi a quelli innati:

"Il giorno in cui ... l'Australantropo o qualcuno dei suoi simili riuscì a comunicare il contenuto di un'esperienza soggettiva, di una "simulazione" personale e non più soltanto un'esperienza concreta e reale , nacque un nuovo regno: il regno delle idee. Diventava pertanto possibile una nuova evoluzione, quella culturale.
L'evoluzione fisica dell'uomo doveva proseguire ancora per lungo tempo, ormai strettamente associata a quella del linguaggio che su di essa esercitava una profonda influenza sconvolgendo le condizioni poste dalla selezione.
... Il punto importante è che, durante queste centinaia di migliaia di anni, l'evoluzione culturale non poteva non influenzare l'evoluzione fisica. Nell'uomo, ancor più che in qualsiasi altro animale, proprio a causa della sua autonomia infinitamente superiore, il comportamento orienta la pressione selettiva. E dal momento in cui il comportamento cessò di essere soprattutto automatico per divenire culturale, gli stessi caratteri culturali dovettero esercitare la loro pressione sull'evoluzione del genoma. Ciò, tuttavia, fino al momento in cui la crescente rapidità dell'evoluzione culturale dovette dissociare del tutto da essa quella del genoma.
... E' evidente che, in seno alle società moderne, la dissociazione è totale"













Lo studio specifico dell'uomo dal punto di vista etologico dei comportamenti innati-appresi e dei suoi caratteri universali è diventata una branca dell'antropologia denominata etologia umana per opera anche di Irenäus Eibl-Eibesfeldt, allievo di Lorenz:


«L’etologia umana può essere definita come la biologia del comportamento umano» dove si definisce comportamento ogni azione che abbia uno scopo e sia consapevole, pianificata e intenzionale. Studiare la biologia del comportamento vuol dire analizzarne le componenti innate, quelle insite nell’organismo, sapendo comunque che nei mammiferi gli elementi innati e quelli acquisiti cooperano sempre nel produrre l’una o l’altra azione. Dal punto di vista etologico innatismo non vuol quindi significare che la natura umana sia immutabile, proprio perché la capacità di apprendere e quindi adattarsi meglio all’ambiente è costitutiva della nostra specie. «La vecchia contrapposizione tra empirismo e innatismo è oggi senz’altro superata. I tentativi del behaviorismo di ricondurre ogni comportamento a semplici collegamenti stimolo-reazione che si formano attraverso l’esperienza, possono considerarsi falliti. Il nostro sistema nervoso centrale non viene riempito di contenuti solo attraverso le percezioni sensoriali. Esso, al contrario, è predisposto a percepire, e dunque non è una tabula rasa. Il behaviorismo sopravvive tuttavia nelle idee di molti profani e le sue tesi semplicistiche sono accolte da una certa parte delle pedagogia, psicologia e sociologia».

L’unità profonda di corpo e psiche fa sì che la cultura sia «per l’uomo una seconda natura e ciò influisce in maniera determinante sul destino della nostra specie». L’invenzione della cultura ha aperto nuove prospettive nel percorso umano, tanto che Eibl-Eibesfeldt arriva a ritenere probabile «che cambiamenti culturali dello stile di vita possano indurre in futuro anche cambiamenti genetici; a favore di questa ipotesi vi sono già buoni indizi». È stata l’intelligenza l’elemento più adattativo della specie e quindi un’evoluzione di grado superiore potrebbe riguardare le caratteristiche più tipicamente umane come la creatività, l’eticità, la razionalità. Le nostre possibilità di estinzione sono elevate quanto quelle di una ulteriore evoluzione e noi potremmo davvero rappresentare «un missing link, ossia un ipotetico anello di congiunzione» a condizione che si riesca a sopravvivere.

Saint Andrae Woerdern Cemetery, Wordern, Tulln Bezirk, Lower Austria (Niederösterreich), Austria

Konrad Lorenz Institute for Ethology

Department of Integrative Biology and Evolution

University of Veterinary Medicine Vienna