lunedì 16 gennaio 2012

pleroma e cratura del Tao

Mandala di Jung intitolato Systema munditotius elaborato nel 1916, simbolicamente correlato alla visione cosmogonica dei Septem Sermones

Bateson utilizzò molto spesso una distinzione definita come Pleroma/Creatura, tratta da uno scritto di C.G. Jung del 1913-1917 ispirato agli gnostici. Jung non rivelò mai la chiave dell'anagramma che conclude l'opera.

"C.G. Jung scrisse un libriccino assai curioso intitolato Septem Sermones ad Mortuos, Sette sermoni ai morti. Lo firmò ‘Basilide’, famoso gnostico alessandrino del II secolo.
Nei suoi Ricordi, sogni, riflessioni, ]ung ci dice che la sua casa era piena di fantasmi, che erano molto rumorosi e che disturbavano lui, disturbavano sua moglie e disturbavano i bambini. Nel gergo corrente della psichiatria, potremmo dire che tutti in quella casa erano pazzi da legare, e ne avevano ottime ragioni. Se s'intorbida la propria epistemologia, si diviene psicopatici, e Jung stava attraversando una crisi epistemologica. Allora si sedette al tavolino, prese una penna e cominciò a scrivere. Appena cominciò a scrivere, tutti i fantasmi scomparvero, ed egli scrisse questo libriccino. E a questo che egli fa risalire tutte le sue intuizioni posteriori.
Egli osserva che vi sono due mondi. Noi potremmo chiamarli due mondi esplicativi, lui invece li battezza il pleroma e la creatura, che sono termini gnostici. Il pleroma è il mondo in cui gli eventi sono causati da forze e urti e nel quale non vi sono ‘distinzioni’, o, come direi io, ‘differenze’. Nella creatura, gli effetti sono provocati proprio dalla differenza. In effetti, eccoci davanti la solita vecchia dicotomia tra mente e sostanza.
Possiamo studiare e descrivere il pleroma, ma in ogni caso le distinzioni che tracciamo sono attribuite al pleroma da noi. Il pleroma non sa nulla di differenze e distinzioni; esso non contiene alcuna ‘idea’ nel senso in cui io impiego il termine. Quando studiamo e descriviamo la creatura, dobbiamo identificare in modo corretto le differenze agenti nel suo interno.
Direi che “pleroma” e ”creatura” sono termini che si potrebbero utilmente adottare; quindi mette conto di considerare i ponti che collegano questi due ‘mondi’. Dire che le ‘scienze fisiche’ si occupano solo del pleroma e che le scienze della mente si occupano solo della creatura è un’eccessiva semplificazione. Le cose sono un po’ più complicate.


La creatura è quindi il mondo visto come mente, ogni volta che questa visione sia appropriata. E ogni volta che questa visione è appropriata, interviene una complessità di un tipo che manca nella descrizione pleromatica: la descrizione della creatura è sempre gerarchica.
Ma tra le differenze vi sono differenze. Ogni differenza efficace denota una demarcazione, una linea di classificazione, e tutte le classificazioni sono gerarchiche. In altre parole, le differenze debbono a loro volta esser differenziate e classificate.
Con una di queste classi avete tutti familiarità; precisamente la classe delle differenze che sono create dal processo di trasformazione per il quale le differenze immanenti nel territorio diventano differenze immanenti nella mappa. In un angolo di ogni mappa che si rispetti si troveranno specificate (di solito in parole) queste regole di trasformazione. Entro la mente umana è assolutamente necessario riconoscere le differenze di questa classe ...
Infine c’è quella gerarchia di differenze che i biologi chiamano « livelli ». Intendo differenze come quella tra una cellula e un tessuto, tra tessuto e organo, organo e organismo, organismo e società.
Queste sono le gerarchie delle unità o Gestalten, in cui ogni subunità è una parte dell’unità successiva di più vasto ambito. E, sempre, in biologia, questa differenza o relazione che chiamo ‘parte di’ è tale che certe differenze nella parte hanno effetto informazionale sull’unità più vasta e viceversa."
...
"La mia opinione è che la Creatura, il mondo dei processi mentali, è sia tautologica sia ecologica. Voglio dire che è una tautologia capace di guarire lentamente da sola. Se la si lascia stare, qualunque ampia porzione di Creatura tende a stabilizzarsi verso la tautologia, cioè verso una coerenza interna di idee e di processi. Ma ogni tanto la coerenza si lacera, la tautologia si infrange come la superficie di uno stagno quando vi si getta un sasso. Poi, lentamente ma immediatamente, la tautologia comincia a guarire. E la guarigione può essere spietata: nel corso di questo processo possono venire sterminate intere specie."
...
"Io penso che forse la scoperta scientifica più interessante (benché ancora incompleta) del Novecento sia la scoperta della natura della mente. Voglio riassumere alcune delle idee che hanno contribuito a questa scoperta. Kant, nella Critica del Giudizio, afferma che l'atto primario del giudizio estetico è la scelta di un fatto. In un certo senso non vi sono fatti in natura; 0, se volete, c'è in natura un numero infinito di fatti potenziali; tra questi il giudizio ne sceglie alcuni che, in virtù di quell'atto di scelta, divengono veramente fatti. Ora ponete accanto a quest'idea di Kant l'intuizione espressa da Jung nei Septem sermones ad mortuos, una strana opera in cui egli osserva che vi sono due mondi di spiegazione, o mondi di comprensione, il pleroma e la creatura. Nel pleroma ci sono soltanto forze e urti; nella creatura vi è differenza. In altre parole, il pleroma è il mondo delle scienze fisiche, mentre la creatura è il mondo della comunicazione e dell' organizzazione. Una differenza non può essere localizzata: vi è una differenza tra il colore di questa scrivania e il colore di questo taccuino, ma la differenza non è né nel taccuino né nella scrivania, e non posso coglierla tra i due. In una parola,una differenza è un 'idea.
I! mondo della creatura è quel mondo esplicativo in cui gli effetti sono prodotti da idee, essenzialmente da differenze.
Se ora giustapponiamo !'intuizione di Kant a quella di Jung, creiamo una filosofia secondo la quale c'è un numero infinito di differenze in questo pezzetto di gesso, ma solo poche di esse producono una differenza. Questa è la base epistemologica della teoria dell'informazione. L'unità d'informazione è la differenza; anzi, l'unità d'ingresso psicologico è la differenza.
L'intera struttura energetica del pleroma (le forze e gli urti delle scienze fisiche) si è volatilizzata nella misura in cui si ha a che fare con l'esplicazione all'interno della creatura. Dopo tutto, zero è diverso da uno, e pertanto zero può essere una causa, il che non è ammissibile nelle scienze fisiche. La lettera che non avete scritto può provocare una risposta furiosa, poiché zero può essere metà del bit d'informazione necessario. Anche l'identità può essere una causa, poiché l'identità differisce dana differenza.
Queste strane relazioni valgono perché noi organismi (e molte delle macchine che costruiamo) ci troviamo a esser capaci d'immagazzinare energia: ci troviamo a possedere la struttura circuitale necessaria a che il nostro consumo di energia possa essere una funzione decrescente dell'energia entrante. Se date un calcio a una pietra, essa si muove con l'energia che ha ricevuto dalla vostra pedata; ma se date un calcio a un cane, esso si muove con l'energia che ricava dal suo metabolismo. Un'ameba, per un tempo considerevole, si muove di più quando è affamata. Il suo consumo di energia è inversamente proporzionale all'energia entrante.
Questi strani effetti propri della creatura (e che non si presentano nel pleroma) dipendono anche dalla struttura circuitale, e un circuito è un canale chiuso (o una rete di canali) lungo il quale vengono trasmesse differenze (o trasformate di differenze) ."













Carl Gustav Jung

Septem Sermones ad Mortuos

I Sette sermoni ai morti
Scritti da Basilide di Alessandria
La città in cui l’oriente tocca l’occidente

Sermone I
I morti erano di ritorno da Gerusalemme, dove non avevano trovato ciò che cercavano. Mi pregarono di lasciarli entrare e implorarono il mio verbo, e così iniziai il mio insegnamento: Ascoltate: io inizio dal nulla. Il nulla è uguale alla pienezza. Nell’infinito il pieno è come il vuoto. Il nulla è vuoto e pieno. Potreste dire altrettanto bene qualche altra cosa del nulla, per esempio che è bianco e nero o che non è o che è. Una cosa infinita ed eterna non ha alcuna qualità poiché ha tutte le qualità.
Noi chiamiamo il nulla o la pienezza il PLEROMA. In esso sìa il pensiero che l’essere cessano, poiché l’eterno e infinito non possiede qualità. In esso non c’è essere, perché allora sarebbe distinto dal pleroma, e possederebbe qualità che lo distinguerebbero come un che di diverso dal pleroma.
Nel pleroma c’è nulla e tutto. Non giova riflettere sul pleroma, perché ciò significherebbe autodissolversi.
La CREATURA non è nel pleroma ma in se stessa. Il pleroma è inizio e fine della creatura. La pervade come la luce del sole pervade l’aria dovunque. Benché il pleroma pervada interamente, pure la creatura non ha parte in questo, come un corpo completamente trasparente non diventa ne’ chiaro ne’ scuro per via della luce che lo pervade. Noi siamo però il pleroma stesso, poiché siamo una parte dell’eterno e infinito. Ma non ne siamo parte, perché siamo infinitamente lontani dal pleroma, non spazialmente o temporalmente ma ESSENZIALMENTE, in quanto siamo distinti dal pleroma nella nostra essenza di creatura, confinata nel tempo e nello spazio.
Ma poiché siamo parti del pleroma, il pleroma è anche in noi. Infinito, eterno e intero è il pleroma anche nel punto più piccolo, poiché piccolo e grande sono qualità in esso contenute. Esso è il nulla che è dovunque intero e continuo. Solo figurativamente quindi io parlo della creatura come parte del pleroma, perché in effetti il pleroma non è diviso in nessuna parte, essendo il nulla. Noi siamo anche l’intero pleroma perché, figurativamente, il pleroma è il punto più piccolo (immaginato soltanto, non esistente) in noi e l’illimitato firmamento intorno a noi. Ma perché mai parliamo allora del pleroma, dal momento che esso è tutto e nulla?
Ne parlo per avere un qualsiasi punto d’inìzio, e per liberarvi dall’illusione che in qualche luogo, fuori o dentro, vi sia un qualcosa di fermo o in qualche modo di stabilito fin dall’inizio. Ogni cosa cosiddetta fissa e certa è soltanto relativa. Soltanto ciò che è soggetto a mutare è fisso e certo.
Ciò che è mutevole però è la creatura, quindi essa è l’unica cosa fissa e certa; perché ha delle qualità, ed è anzi qualità essa stessa.
E a questo punto domandiamoci: come fu originata la creatura? Le creature hanno origine, ma non la creatura, perché essa è la qualità del pleroma stesso, così come la non- creazione, la morte eterna. In ogni tempo e luogo c’è creatura, in ogni tempo e luogo c’è morte. Il pleroma ha tutto, distinzione e indistinzione.
La distinzione è la creatura. Essa è distinta. La distinzione è la sua essenza, e perciò essa distingue. Di conseguenza l’uomo distingue perché la sua natura è la distinzione. Perciò egli distingue anche le qualità del pleroma che non esistono. Le distingue fuori dalla sua natura. Quindi l’uomo deve parlare delle qualità del pleroma che non esìstono.
A che serve parlarne, direte? Hai detto tu stesso che è vana cosa ragionare sul pleroma!
Vi ho detto questo per liberarvi dall’illusione che si possa riflettere sul pleroma. Quando noi distinguiamo le qualità del pleroma parliamo in base alla nostra distinzione e a proposito della nostra distinzione, ma non diciamo nulla circa il pleroma. Della nostra distinzione, però, è necessario parlare, affinchè possiamo distinguere a sufficienza noi stessi. La nostra natura è distinzione. Se non siamo fedeli a questa natura non distinguiamo abbastanza noi stessi. Perciò dobbiamo fare distinzioni delle qualità.

Sermone II
Nella notte i morti stavano lungo i muri e gridavano: Vogliamo sapere di Dio. Dov’è Dio? Dio è morto?
Dio non è morto, egli vive come sempre. Dio è creatura, perché è qualcosa di definito e quindi distinto dal pleroma. Dio è qualità del pleroma, e tutto ciò che ho detto della creatura vale anche per lui.
Egli è tuttavia distinto dalla creatura perché è molto più indefinito e indeterminabile di lei. E’ meno distinto della creatura perché la base del suo essere è pienezza effettiva. Solo nella misura in cui è definito e distinto egli è creatura, e in questa misura è la manifestazione della pienezza effettiva del pleroma.
Tutto ciò che noi non distinguiamo cade nel pleroma e si annulla col suo opposto. Perciò, se non distinguiamo Dio, la pienezza effettiva è estinta in noi.
Dio è anche il pleroma stesso, così come ogni più piccolo punto nel creato e nell’increato è il pleroma stesso.
Il vuoto effettivo è la natura del demonio. Dio e demonio sono le prime manifestazioni del nulla che chiamiamo pleroma. E’ indifferente se il pleroma è o non è, poiché si annulla in ogni cosa. Non così la creatura. Nella misura in cui Dio e demonio sono creature, non si eliminano l’un l’altro, ma stanno l’uno contro l’altro come opposti effettivi. Non abbiamo bisogno di provare la loro esistenza, basta il fatto che dobbiamo sempre parlarne. Anche se entrambi non fossero, la creatura tornerebbe sempre a distinguerli dal pleroma partendo dalla sua natura di distinzione.
Tutto ciò che la distinzione estrae dal pleroma è una coppia di opposti. Perciò a Dio appartiene sempre anche il demonio.
Questa inseparabilità è così intima e, come avete appreso, così indissolubile anche nella nostra vita come lo è il pleroma stesso. Ciò deriva dal fatto che entrambi sono vicinissimi al pleroma, nel quale tutti gli opposti si annullano e unificano.
Dio e il demonio sono distinti mediante pieno e vuoto, generazione e distruzione.
L’EFFETTIVITÀ’ è comune a entrambi. L’effettività li unisce. Quindi l’effettività è al di sopra di loro ed è un Dio sopra Dio, poiché nel suo effetto unisce pienezza e vuotezza. Questo è un Dio che voi non avete conosciuto, perché gli uomini lo hanno dimenticato. Noi lo chiamiamo col nome suo ABRAXAS. Esso è più indistinto ancora di Dio e del demonio. Per distinguere Dio da lui, chiamiamo Dio Helios o sole.
Abraxas è effetto. Niente gli sta opposto se non l’ineffettivo; perciò la sua natura effettiva si dispiega liberamente. L’inefettivo non è, e non resiste. Abraxas sta al di sopra del sole e al dì sopra del demonio. E’ probabilità improbabile, realtà irreale. Se il pleroma avesse un essere, Abraxas sarebbe la sua manifestazione.
E’ l’effettivo stesso, non un effetto particolare, ma effetto in generale.
E’ realtà irreale perché non ha effetto definito.
E’ anche creatura perché è distinto dal pleroma.
Il sole ha un effetto definito, e così pure iI demonio. E quindi ci appaiono molto più effettivi di Abraxas che è indefinito.
E’ forza, durata, mutamento.
A questo punto i morti fecero un grande tumulto, perché erano cristiani.

Sermone III
Come brume sorgenti da una palude i morti si accostarono e implorarono: parlaci ancora del Dio supremo.
Abraxas è il Dio duro a conoscere. Il suo potere è il più grande perché l’uomo non lo vede. Del sole egli vede il summum bonum, del demonio l’infimum malum; ma di Abraxas la VITA, indefinita sotto tutti gli aspetti, che è la madre del bene e del male.
Più esile e debole appare la vita rispetto al summum bonum; perciò anche è difficile concepire che Abraxas trascenda in potenza perfino il sole, che è la fonte radiosa di ogni forza vitale.
Abraxas è il sole, e al tempo stesso la gola eternamente succhiante del vuoto, di ciò che sminuisce e smembra, del demonio.
Duplice è il potere di Abraxas. Ma voi non lo vedete, perché ai vostri occhi gli opposti in conflitto di questo potere si annullano.
Ciò che il Dio sole dice è vita.
Ciò che il demonio dice è morte.
Ma Abraxas pronuncia la parola santificata e maledetta che è vita e morte insieme. Abraxas genera verità e menzogna, bene e male, luce e tenebra, nella stessa parola e nello stesso atto. Perciò Abraxas è terribile.
E’ splendido come il leone nell’attimo in cui abbatte la preda. E’ bello come un giorno di primavera.
Si, è il grande Pan in persona e anche il piccolo. E’ Priapo.
E’ il mostro del mondo sotterraneo, un polipo dalle mille braccia, nodo intricato di serpenti alati, frenesia.
E’ l’ermafrodito del primissimo inizio.
E’ il signore dei rospi e delle rane che vivono nell’acqua e calpestano la terra, che cantano in coro a mezzogiorno e a mezzanotte.
E’ la pienezza che si unisce col vuoto.
E’ il santo accoppiamento,
E’ l’amore e il suo assassinio,
E’ il santo e il suo traditore,
E’ la luce più splendente del giorno e la notte più oscura della follia,
Vederlo significa cecità,
Conoscerlo è malattia,
Adorarlo è morte,
Temerlo è saggezza,
Non resistergli è redenzione.
Dio dimora dietro il sole, il demonio dietro la notte.
Ciò che Dio genera dalla luce, il demonio lo spinge nella notte. Ma Abraxas è il mondo, il suo divenire e il suo passare. Su ogni dono del Dio sole il demonio getta la sua maledizione.
Ogni cosa che chiedete supplicando al Dio sole genera un atto del demonio.
Ogni cosa che create col Dio sole da al demonio il potere di agire.
Questo è il terribile Abraxas.
E’ la creatura più possente, e in lui la creatura ha timore dì se stessa.
E’ l’opposizione manifesta della creatura al pleroma e al nulla.
E’ l’orrore che il figlio prova per la madre.
E’ l’amore che la madre prova verso il figlio.
E’ la gioia della terra e la crudeltà del cielo.
Di fronte al suo volto l’uomo impietrisce.
Di fronte a lui non c’è domanda ne’ risposta.
E’ la vita della creatura.
E’ l’operazione della distinzione.
E’ l’amore dell’uomo.
E’ la voce dell’uomo.
E’ l’apparenza e l’ombra dell’uomo.
E’ la realtà illusoria.
Allora i morti ulularono e si infuriarono, perché essi erano imperfetti.

Sermone IV
I morti invasero il luogo mormorando e dissero: Parlaci degli dei e dei demoni, maledetto!
Il Dio sole è il massimo bene, il demonio è l’opposto, perciò voi avete due dei. Ma ci sono molte cose alte e buone e molti grandi mali, e tra questi vi sono due dei-demoni; uno è QUELLO CHE BRUCIA, l’altro è QUELLO CHE CRESCE.
Quello che brucia è EROS, in forma di fiamma. La fiamma da luce consumandosi. Quello che cresce è l’ALBERO DELLA VITA. Esso germoglia ammassando nel crescere materia vivente.
Eros s’infiamma e muore, invece l’Albero della Vita cresce lento e costante per tempi incommensurabili.
Buono e male si uniscono nella fiamma.
Buono e male si uniscono nella crescita dell’albero.
Nella loro divinità vita e amore sono opposti.
Incommensurabile come la moltitudine delle stelle è il numero degli dei e dei demoni.
Ogni stella è un Dio, e ogni spazio che una stella riempe è un demonio. Ma la vuotezza e
pienezza del tutto è il pleroma.
L’effettività del tutto è Abraxas, al quale sta opposto soltanto l’irreale.
Quattro è il numero degli dei principali, come quattro è il numero delle misure del mondo.
Uno è l’inizio, il Dio sole.
Due è Eros, perché unisce due insieme e si estende in splendore.
Tré è l’Albero della Vita, perché colma spazio con forme corporee.
Quattro è il demonio, perché apre tutto ciò che è chiuso. Tutto ciò che ha forma e corpo, egli lo dissolve; è il distruttore nel quale ogni cosa diventa nulla.
Me beato, a cui è stato dato di conoscere la molteplicità e diversità degli dei. Guai a voi, che sostituite questa irriducibile molteplicità con l’unico Dio. Così facendo provocate il tormento causato dall’incomprensione, e mutilate la creatura, la cui natura e il suo scopo è la distinzione. Come potete essere fedeli alla vostra natura se cercate di mutare i molti in uno? Ciò che voi fate degli dei è fatto a voi. Diventate tutti uguali e perciò la vostra natura è
mutilata.
L’uguaglianza prevarrebbe non per volere di Dio ma per volere dell’uomo, perché gli dei sono molti mentre gli uomini sono pochi. Gli dei sono potenti e sopportano la loro
molteplicità, perché al pari delle stelle dimorano in solitudine, divisi l’uno dall’altro da immense distanze. Ma gli uomini sono deboli e non sopportano la loro molteplicità, perciò dimorano insieme e abbisognano di comunanza per poter reggere alla loro particolarità. A scopo di redenzione io vi insegno la verità respinta, a causa della quale io sono stato respinto.
La molteplicità degli dei corrisponde alla molteplicità degli uomini.
Innumerevoli dei attendono di diventare uomini. Innumerevoli dei sono stati uomini. L’uomo partecipa alla natura degli dei, proviene dagli dei e va verso Dio.
Come non giova riflettere sul pleroma, così non giova adorare la molteplicità degli dei. Meno di ogni cosa giova adorare il primo Dio, la pienezza effettiva e il summum bonum. Con la nostra preghiera non possiamo aggiungervi nulla ne’ cavarne nulla, perché il vuoto effettivo inghiotte tutto. Gli dei splendenti formano il mondo celeste. Esso è molteplice e si espande cresce all’infinito. Il Dio sole è il Signore supremo di questo mondo.
Gli dei tenebrosi formano il mondo terreno. Sono semplici e diminuiscono e rimpiccioliscono all’infinito. Il demonio è l’infimo signore del mondo terreno, lo spirito lunare, satellite della terra, più piccolo, più freddo e più morto della terra.
Non c’è differenza tra il potere degli dei celesti e quello degli dei terrestri. Gli dei celesti diventano sempre più grandi, gli dei terrestri sempre più piccoli. Incommensurabile è il movimento degli uni e degli altri.

Sermone V
I morti urlarono in tono di derisione: Insegnaci, folle, la tua dottrina sulla Chiesa e sulla santa comunione.
Il mondo degli dei si manifesta nella spiritualità e nella sessualità.
Gli dei celesti compaiono nella spiritualità, quelli terrestri nella sessualità.
La spiritualità concepisce e abbraccia. Essa è femmina e perciò la chiamaia MATER COELESTIS, madre celeste.
La sessualità genera e crea. Essa è maschile, e perciò la chiamano PHALLOS, il padre terrestre,
La sessualità dell’uomo è più terrestre, la sessualità della donna è più spirituale.
La spiritualità dell’uomo è più celeste, procede verso il più grande.
La spiritualità della donna è più terrestre, procede verso il più piccolo.
Menzognera e diabolica è la spiritualità dell’uomo che procede verso il più piccolo.
Menzognera e diabolica è la spiritualità della donna che procede verso il più grande.
Ognuna deve procedere verso il proprio luogo.
Uomo e donna diventano demoni l’uno per l’altra quando non dividono le loro strade
spirituali, perché la natura della creatura è la distinzione.
La sessualità dell’uomo va verso il terrestre, la sessualità della donna verso lo spirituale.
Uomo e donna diventano demoni l’uno per l’altra se non distinguono la loro sessualità.
L’uomo deve imparare a conoscere il più piccolo, la donna il più grande.
L’uomo deve distinguersi sia dalla spiritualità che dalla sessualità. Deve chiamare la spiritualità Madre e porla tra il cielo e la terra. Deve chiamare la sessualità Phallos e porlo tra sé e la terra, perché la Madre e il Phallos sono demoni sovrumani e manifestazioni del mondo degli dèi. Essi sono più effettivi per noi che non gli dei, poiché sono similissimi alla nostra natura. Se non vi distinguete dalla sessualità e dalla spiritualità, e non le considerate come una natura al di sopra di voi e intorno a voi, diventate loro preda come qualità del pleroma. Spiritualità e sessualità non sono vostre qualità, non sono cose che possedete e contenete: esse posseggono e contengono voi, perché sono demoni potenti, manifestazioni degli dei, e quindi cose che vanno al di là di voi, esistenti per se stesse. Nessun uomo ha una spiritualità di per sé, o una sessualità di per sé, ma sta sotto la legge della spiritualità e della sessualità. Perciò nessuno sfugge a questi demoni. Dovete considerarli demoni, e un compito e pericolo comune, un fardello comune che la vita ha posto sulle vostre spalle.
Quindi la vita è per voi anche un compito e un pericolo comune, come lo sono gli dei, e primo fra tutti il terribile Abraxas.
L’uomo è debole, perciò la comunione è indispensabile. Se la vostra comunione non è sotto il segno della Madre, allora è sotto il segno del Phallos. Nessuna comunione è sofferenza e malattia. La comunione in ogni cosa è smembramento e dissoluzione.
La distinzione porta all’unicità. L’unicità è opposta alla comunione. Ma, data la debolezza dell’uomo a petto degli dèi e dei demoni e della loro legge invincibile, la comunione è necessaria. Perciò ci dev’essere tanta comunione quanta è necessaria, non a causa dell’uomo ma a causa degli dei. Gli dei vi forzano alla comunione. E quanto più vi forzano, tanto più occorre comunione, più è male.
Nella comunione ogni uomo si sottometta agli altri, di modo che la comunione sia mantenuta, perché voi ne avete bisogno.
Nell’unicità l’uomo singolo dev’essere superiore agli altri, di modo che ogni uomo appartenga a se stesso ed eviti la schiavitù.
Nella comunione ci dev’essere continenza, nell’unicità ci dev’essere prodigalità.
La comunione è la profondità, l’unicità è l’altezza.
La giusta misura nella comunione purifica e preserva.
La giusta misura nell’unicità purifica e aggiunge.
La comunione ci da il calore.
L’unicità ci da la luce.

Sermone VI
II demone della sessualità si accosta alla nostra anima come una serpe. E’ per metà anima umana e significa desiderio di pensiero. Il demone della spiritualità scende nella nostra anima come l’uccello bianco. E’ per metà anima umana e significa pensiero di desiderio. La serpe è un’anima terrena, per metà demoniaca, uno spirito, e simile agli spiriti dei morti. Al pari di questi si aggira fra le cose della terra, facendocele temere o facendo sì che eccitino la nostra bramosia. La serpe ha una natura femminile e cerca sempre la compagnia dei morti legati all’incantesimo della terra, quelli che non hanno trovato la via per passare al di là, all’unicità. La serpe è una meretrice e fornica col diavolo e con gli spiriti malvagi, è un tiranno nefasto e uno spirito tormentatore, che sempre seduce alla comunione più malvagia. L’uccello bianco è un’anima semi-celeste dell’uomo. Esso dimora presso la Madre e discende di quando in quando. L’uccello è maschile ed è pensiero effettivo. E’ casto e solitario, messaggero della Madre. Vola alto sulla terra. Ispira unicità. Porta conoscenza dai lontani che vennero prima e sono perfetti. Porta la nostra parola in alto, alla Madre. Questa intercede, ammonisce, ma non ha alcun potere contro gli dei. E’ un vaso del sole. La serpe scende e paralizza con l’astuzia il demone fallico, oppure lo pungola. Porta alla luce i pensieri astutissimi del terrestre, che strisciano per ogni crepa e aderiscono dovunque succhiando con bramosia. La serpe, certo, non lo vuole, eppure deve esserci utile. Essa sfugge alla nostra presa, mostrandoci così la vìa che con la nostra intelligenza umana non troveremmo. I morti gettarono occhiate sdegnose e dissero: Cessa di parlare di dèi e demoni e anime. Al fin fine questo ci era noto da tempo.

Sermone VII
Ma quando la notte scese i morti tornarono ad accostarsi con gesti lamentosi e dissero: C’è una cosa ancora che abbiamo dimenticato di discutere. Parlaci dell’uomo. L’uomo è una porta attraverso la quale, dal mondo esterno degli dei, dei demoni e delle anime, voi passate nel mondo interiore; dal mondo grande al più piccolo. Piccolo è l’uomo, una nullità, voi lo avete già alle spalle e vi trovate una volta ancora nello spazio senza fine, nell’infinità più piccola o più intima. A incommensurabile distanza c’è una singola stella allo zenith. Questa è il Dio singolo di questo singolo uomo, è il suo mondo, il suo pleroma. la sua divinità. In questo mondo l’uomo è Abraxas, che genera o ingoia il suo mondo. Questa stella è Dio e la meta dell’uomo. E’ il suo Dio singolo che lo guida. In lui l’uomo giunge al riposo, verso di lui procede il lungo viaggio dell’anima dopo la morte, in lui brilla come luce tutto ciò che l’uomo riporta dal mondo più grande. Questo è il solo Dio che l’uomo deve pregare. La preghiera accresce la luce della stella, getta un ponte sopra la morte, prepara la vita per il mondo più piccolo, e lenisce i desideri senza speranza del mondo più grande. Quando il mondo più grande si raffredda, la stella risplende. Nulla c’è tra l’uomo e il suo singolo Dio, per quanto l’uomo possa distogliere gli occhi dallo spettacolo fiammeggiante di Abraxas. Qui l’uomo, là il Dio. Qui debolezza e nullità, là potere eternamente creativo. Qui null’altro che tenebra e vapore glaciale, Là il sole e nient’altro che sole. A questo punto i morti si fecero silenziosi e ascesero come il fumo sopra il fuoco del pastore che nella notte custodiva il suo gregge.

ANAGRAMMA:

NAHTRIHECCUNDE

GAHINNEVERAHTUNIN

ZEHGESSURKLACH

ZUNNUS.

venerdì 13 gennaio 2012

Voce Interiore (la Papessa) - II Major


La Voce Interiore non parla usando parole bensì il linguaggio senza parole del cuore. È simile a un oracolo che dice solo la verità. Se avesse un volto, assomiglierebbe a quello che vedi al centro di questa carta: attento, presente, all'erta, e in grado di accettare sia l'oscurità che la luce, simbolizzate dalle due mani che reggono il cristallo. Il cristallo stesso rappresenta la chiarezza che proviene dalla trascendenza di tutte le dualità. La Voce Interiore può anche essere giocosa, poiché si immerge profondamente nelle emozioni e torna a emergere per librarsi in volo verso il cielo, come fanno i due delfini che danzano nelle acque della vita. Ed essa è connessa con il cosmo attraverso la luna crescente che la incorona, e con la terra, rappresentata dalle foglie verdi del chimono. Nella nostra vita ci sono momenti in cui un numero eccessivo di voci sembra tirarci da una parte e dall'altra. La nostra confusione in simili situazioni è un monito a ricercare il silenzio e a centrarci interiormente. Solo così potremo udire la nostra verità.

Se hai trovato la verità dentro di te, non c'è nient'altro, in tutta l'esistenza, da trovare. La verità opera attraverso di te. Quando apri gli occhi, è la verità che apre gli occhi. Quando li chiudi, è la verità che chiude i suoi. Questa è una meditazione potentissima. Se riesci a comprendere questo semplice espediente, non devi fare nulla: qualsiasi cosa farai, verrà fatta dalla verità. Cammini, è la verità; dormi, è la verità che riposa; parli, è la verità che parla; sei in silenzio, è la verità che è in silenzio. È una delle tecniche di meditazione più semplici. Pian piano tutto s'acquieta grazie a questa formula elementare, e alla fine la tecnica non è più necessaria. Quando sei guarito, getti via la meditazione, getti via la medicina. A quel punto vivi in quanto verità - vivo, radiante, appagato, estatico, un vero e proprio inno alla vita. La tua esistenza diventa una preghiera non espressa a parole; o, per meglio dire, una devozione, una grazia, una bellezza che non appartiene al nostro mondo terreno, un raggio di luce che proviene dall'aldilà e si irradia nell'oscurità del nostro mondo.

un mandarino sogna il Tao





giovedì 12 gennaio 2012

caos del Taos


Una distinzione fondamentale nella struttura e nella morfogenesi dei sistemi è quella tra ordinati e disordinati.
Come  spiegato da Bateson nel suo metalogo i sistemi ordinati sono quasi impossibili per ragioni puramente statistiche: nell'esempio, la scatola di colori di Cathy è "in ordine" se si trova in, diciamo, dieci posizioni sullo scaffale mentre nella stanza vi sono, per ipotesi, cento milioni di possibili posti e posizioni dove si può trovare, allora la probabilità che il sistema "scatola di colori nella stanza di Cathy" sia "in ordine" è di una su dieci milioni.
In generale i sistemi considerati "ordinati" presentano sempre un qualche grado di simmetria, come nei cristalli nello stato solido o nelle varie forme viventi in biologia.
Tipi di simmetria in biologia. (Field Museum, Chicago)
La caratteristica dei sistemi simmetrici è la drastica riduzione della quantità di informazione necessaria per descriverli e per sintetizzarli. Nei cristalli, ad esempio, è sufficiente definire la cella elementare per conoscere tutta la struttura cristallina, a parte i difetti reticolari sempre presenti. In una simmetria bilaterale, come quella umana assiale verticale, è sufficiente l'informazione di metà della struttura, l'altra metà è automaticamente replicata simmetricamente.
Un esempio classico di sistema simmetrico
I sistemi disordinati, come ad esempio le molecole di un gas rinchiuso in un certo volume, sono stati tradizionalmente trattati in modo probabilistico tramite la meccanica statistica. Nell'esempio, mentre la descrizione classica di posizione nel tempo delle molecole è praticamente impossibile e appare completamente disordinata, le variabili macroscopiche statistiche, come pressione e temperatura, sono definibili in modo preciso e determinano completamente lo stato termodinamico del sistema. Se le variabili macroscopiche di stato in considerazione sono due allora sono rappresentate in modo bidimensionale:
Diagramma di fase per l'acqua. La linea di fase verde mostra la transizione tra liquido e solido, quella blu tra liquido e gas.
o in modo tridimensionale se sono tre:
Diagramma di fase 3D per una quantità fissa di un generico materiale.
I diagrammi risultanti sono conosciuti come diagrammi di fase e definiscono completamente lo stato termodinamico del sistema anche se questo, dal punto di vista fisico-strutturale dei componenti, è completamente disordinato.
I diagrammi di fase sono statici, e non rappresentano l'evoluzione dinamica nel tempo del sistema, ma solo lo stato di questo per determinati valori delle sue variabili di stato. Per caratterizzare la dinamica di un sistema i diagrammi di fase sono stati generalizzati nei cosidetti diagrammi di stato (o spazio delle fasi, o spazio degli stati), introdotti da Gibbs nel 1901, e rappresentanti l'insieme di tutti i possibili stati (traiettorie o orbite) di un sistema dinamico, nel senso che ogni possibile stato dinamico del sistema corrisponde ad un'unico punto nello spazio delle fasi e viceversa. Per esempio in un sistema meccanico lo spazio delle fasi consiste generalmente in tutti possibili valori delle variabili posizione e velocità. Viceversa, un sistema dinamico si può definire in modo astratto come una regola per l'evoluzione nel tempo delle traiettorie delle variabili di stato in uno spazio delle fasi. I sistemi dinamici sono caratterizzati dal loro grado di libertà, ovvero la dimensione del loro spazio delle fasi dovuta al numero di variabili che lo descrivono completamente. Se il grado di libertà è 1 lo spazio delle fasi è unidimensionale e si riduce ad una linea di fase in un'unica variabile di stato x, come nel caso il sistema sia una reazione chimica in cui la variabile di stato è la concentrazione del reagente, oppure un circuito elettrico passivo RC caratterizzato dalla tensione ai capi del condensatore. Al variare dello stato del sistema f(x) la linea di fase identifica gli stati di equilibrio, dove f(x)=0, in quelli stabili o instabili e le traiettorie che li connettono. In questo caso la rappresentazione unidimensionale è definita da intervalli e cerchi, ad esempio:

Spazio delle fasi unidimensionale
dove i cerchi vuoti rappresentano punti di instabilità del sistema, mentre quelli pieni punti stabili di equilibrio. Ad esempio se x è la posizione angolare di un pendolo e f(x) la velocità i punti dove la velocità è zero, cioè il pendolo è fermo, sono:
Stati di equilibrio stabili e instabili
entrambi gli stati del sistema sono di equilibrio (il sistema è a riposo), ma lo stato di destra è stabile mentre quello di sinistra instabile. Una minima variazione nel primo stato riporta il sistema al punto di riposo, mentre nel secondo lo allontana verso un punto di stabilità.
Gli intervalli tra i cerchi possono essere quindi stabili o instabili e le freccie descrivono l'evoluzione (traiettoria) della variabile di stato x nei punti intermedi verso la stabilità.

Nel caso le variabili di stato di descrizione siano due lo spazio delle fasi diventa un piano delle fasi nelle due variabili di stato x e y, ad esempio posizione e velocità di una particella, lo stato di un sistema preda-predatore o la concentrazione di due reagenti in una reazione chimica omogenea.
Pendolo di Foucault, Pantheon, Paris
Ad esempio se il sistema è un pendolo ideale (senza attrito) il piano delle fasi è:

Spazio delle fasi bidimensionale per un pendolo senza attrito.
Sull'asse orizzontale x è riportata la posizione angolare, misurata come angolo dal'asse verticale del pendolo, su quello verticale y la velocità angolare. L'origine degli assi corrisponde al pendolo in posizione di riposo (posizione e velocità zero). I cerchi blu corrispondono alle oscillazioni del pendolo: nei due punti dove i cerchi intersecano l'asse delle ascisse la velocità è nulla e l'oscillazione è massima; partendo da tali stati il pendolo percorre il cerchio blu in senso orario, aumentando la velocità e diminuendo l'angolo, fino ad arrivare ad una delle due intersezioni con l'asse delle ordinate, corrispondente al passaggio dalla verticale, dove la velocità è massima. Le curve rosse corrispondono alle rotazioni complete: il pendolo ruota sempre nello stesso verso, senza mai fermarsi, con velocità massima al passaggio verticale basso e minima al passaggio verticale alto. Le curve nere rappresentano il limite tra i due casi.
Se il pendolo non è ideale ma con attrito lo spazio delle fasi diventa del tipo:
Spazio delle fasi bidimensionale con punto focale (pendolo con attrito).
che rappresenta in generale un sistema dinamico in cui la traiettoria evolve verso un punto focale di stabilità. Nel caso del pendolo reale con attrito portato fuori equilibrio le variabili di stato "spiraleggiano" verso il punto di equilibrio a velocità zero e posizione verticale.

Dai diagrammi di stato precedenti si nota una corrispondenza tra l'"ordine" del sistema reale e la sua rappresentazione nello spazio delle fasi. Nel caso del pendolo le sue oscillazioni regolari (dette anche "armoniche") ordinate corrispondono a linee ordinate nello spazio delle fasi.

La stessa corrispondenza vale per sistemi dinamici che presentino disordine nelle loro variabili di stato. Se al pendolo viene applicata una forza esterna, tipo una torsione nel fulcro applicata tramite un motore, il moto circolare del pendolo diventa particolarmente disordinato, e corrispondentemente diventano le traiettorie nello spazio delle fasi:

Spazio delle fasi bidimensionale per un pendolo con applicata una forza esterna.
Una caratteristica molto particolare di alcuni sistemi dinamici è quella dell'apparire di un cambiamento qualitativo della sua dinamica e del numero o della natura dei suoi punti di equilibrio, situazione che nello spazio delle fasi appare e viene denominata come biforcazione.


La descrizione delle biforcazioni nel caso di reazioni chimiche è stata trattata da Prigogine e Stengers. Nello spazio delle fasi ad un certo valore critico di una delle variabili di stato la linea di fase si divide in due (o più) linee che fanno emergere due nuove traiettorie stabili del sistema, come nella figura seguente dove X può rappresentare la concentrazione di un componente chimico coinvolto nella reazione in funzione di un parametro di controllo della reazione stessa, ad esempio la temperatura o la concentrazione di un'altro componente:


La questione è quale delle due traiettorie il sistema "sceglierà" al punto di biforcazione? Vi è una "scelta" tra due possibilità, rappresentate dalla distribuzione spaziale della concentrazione X nelle figure seguenti:


Le due strutture sono immagini speculari l'una dell'altra, e il sistema non "distingue" tra destra e sinistra. Nella prima la concentrazione X è più alta a sinistra, nella seconda a destra. Come il sistema sceglierà tra destra e sinistra? Prigogine e Stengers fanno notare che vi è un elemento irriducibile casuale per cui le equazioni cinetiche macroscopiche del sistema chimico non possono predirre l'evoluzione del sistema.
Nella figura seguente viene illustrato un diagramma di biforcazioni più complesso nel quale il sistema ha la "scelta" tra diversi comportamenti stabili e instabili:


Il percorso "storico" lungo il quale il sistema si evolve incrementando il parametro di controllo è caratterizzato da un susseguirsi di regioni stabili, dove valgono leggi deterministiche, e di instabili, presso i punti di biforcazione, dove il sistema può "scegliere" fra due o più futuri possibili. Sia il carattere deterministico delle equazioni cinetiche in cui l'insieme degli stati possibili e la loro rispettiva stabilità può essere calcolata, sia le fluttuazioni casuali che "scelgono" tra gli stati intorno ai punti di biforcazione sono inestricabilmente collegati. Questa miscela di caso e necessità, determinismo e casualità, costituisce la storia del sistema.


La caratteristica delle biforcazioni di un sistema dinamico con aspetti deterministici/casuali/caotici si può estendere come metafora anche a sistemi non formalizzabili, quali la storia umana:
Evoluzione con biforcazioni di un sistema storico.
Il passaggio da sistemi ordinati a sistemi disordinati e da sistemi semplici a sistemi complessi è storicamente fatta riferendosi ad uno dei più importanti fisici-matematici  dell'800, Jules Henry Poincaré, per due argomenti precisi.
Il primo è il cosidetto "problema dei tre corpi", definito da Whittakerthe most celebrated of all dynamical problems”, il caso più semplice del problema degli N-corpi, che si può descrivere come:

"Tre masse puntiformi, libere di muoversi nello spazio, si attraggono reciprocamente secondo la legge newtoniana di gravitazione. Si chiede di determinarne il movimento per qualunque configurazione spaziale e velocità iniziale."

Il problema della soluzione generale del moto di più di due corpi orbitanti nel sistema solare aveva eluso i matematici sin dal tempo di Newton. Il problema degli N-corpi alla fine del XIX secolo veniva considerato una delle maggiori sfide scientifiche. Nel 1887, in onore del sessantesimo compleanno, Oscar II, Re di Svezia, consigliato da Gösta Mittag-Leffler, istituì un premio per chi avesse trovato la soluzione al problema. L'annuncio era piuttosto specifico:

« Dato un sistema di un numero arbitrario di masse puntiformi che si attraggono l’un l’altra in accordo alla legge dell’inverso del quadrato di Newton, con l’ipotesi che non vi siano masse che collidono, cercare di trovare una rappresentazione delle coordinate di ogni massa come una serie in una variabile, che sia una funzione nota del tempo, e che per tutti i valori converga uniformemente»
Nel caso il problema non fosse stato risolto, ogni altro contributo importante alla meccanica celeste sarebbe stato considerato degno di vincere il premio. Il premio fu assegnato a Poincaré, sebbene egli non avesse risolto il problema. Uno dei giudici, Karl Weierstrass, disse: "Questo lavoro non si può proprio considerare la soluzione completa del problema proposto, tuttavia è di una tale importanza che la sua pubblicazione inaugurerà una nuova era nella storia della meccanica celeste."
Dinamica di un sistema a tre corpi in un campo gravitazionale.
L'importanza, anche pratica, del problema dei 3 (N) corpi è evidente. Sistemi planetari come le lune di Giove, stelle binarie con pianeti e il problema (semplificato) del moto di un satellite artificiale tra la Terra e la Luna o entro un sistema planetario come quello gioviano o di Saturno sono tra i più rilevanti. Il passaggio dal problema dei due corpi, risolto completamente dalla meccanica newtoniana (spiegando - ad esempio - le leggi orbitali descritte sperimentalmente da Keplero), a quello a tre corpi segna il passaggio da quelli che Weaver definiva problemi semplici a problemi complessi.
La risoluzione analitica in forma esplicita del problema non è possibile, mentre quella numerica mostra anche in questa caso una estrema dipendenza delle traiettorie orbitali dalle condizioni iniziali del sistema:
Rappresentazione 2D di un sistema a tre corpi.
Rappresentazione 3D di un sistema a tre corpi.
Il secondo argomento discusso da Poincaré fu quello della predizione del tempo metereologico.
«Perché i meteorologi fanno tanta fatica a predire il tempo con qualche certezza?». È questa una domanda ricorrente nei discorsi comuni, magari dopo che bollettini improbabili ci hanno rovinato la gita del fine settimana. Sorprendentemente queste parole però vengono da un ponderoso trattato dei primi del ‘900 di Henri Poincaré, dedicato alla teoria della probabilità.
Poincaré
anticipava i tempi e in un’epoca ferocemente determinista cominciava a vedere i limiti della prevedibilità matematica del mondo meccanico e infatti aveva una risposta a quell’interrogativo:
 «Le grandi perturbazioni – scrive Poincaré – si producono in genere nelle regioni in cui l’atmosfera è in equilibrio instabile. I meteorologi vedono bene che quest’equilibrio è instabile, che un ciclone sta per nascere da qualche parte; ma dove non sono in grado di dirlo; un decimo di grado in più o in meno in un punto qualunque e il ciclone scoppia qui e non là e stende le sue devastazioni su contrade che avrebbe risparmiato. Se si fosse conosciuto questo decimo di grado, lo si sarebbe potuto sapere in anticipo, ma le osservazioni non erano né abbastanza ravvicinate, né abbastanza precise, ed è per questo che tutto sembra dovuto all’intervento del caso. Qui troviamo ancora lo stesso contrasto tra una causa minima, inapprezzabile per l’osservatore, e degli effetti considerevoli, che sono a volte degli spaventosi disastri».
Negli anni 70 Edward Lorenz aveva costruito un modello semplificato dell'aria che si muove nell'atmosfera terrestre, con 12 equazioni ed altrettante variabili per descrivere il "tempo che farà". Ma i risultati non erano mai uguali: oscillavano in maniera apparentemente regolare eppure mai periodica. Lorenz decise di calcolare tutto su tempi più lunghi e si accorse di trovarsi di fronte a un caso di forte dipendenza dalle condizioni iniziali, di quelli ipotizzati da Poincaré. E non c’era nulla di patologico: ogni conto, ripetuto con diverse condizioni iniziali, mostrava lo stesso fenomeno. I parametri ripassavano più volte vicinissimi a valori già assunti, ma non li riproducevano mai esattamente. L’instabilità era presente per tutte le condizioni iniziali possibili; due traiettorie, per quanto vicine, alla fine divergevano sempre. Minore era la differenza tra le condizioni iniziali, maggiore era il tempo necessario perché le traiettorie si allontanassero di una data distanza, ma in un tempo abbastanza lungo l’allontanamento si verificava sempre. Una precisione finita fissata nella previsione per tempi arbitrariamente lunghi implicherebbe, di fatto, una precisione infinita nella misura delle condizioni iniziali, ovviamente impossibile.
Il fatto che una differenza piccolissima bastava a produrre evoluzioni successive diverse che davano un moto simile al passato ma mai uguale, mai ripetitivo, definirono un nuovo tipo di moto imprevedibile: il caos.
L’instabilità implica dunque incertezza ineliminabile sulle previsioni. Caos significa di fatto impredicibilità. Prevedere significa ricostruire, stabilire relazioni tra punti ed istanti. Quanto maggiore è l’informazione necessaria e quanto più lungo il processo, tanto più complesso è il fenomeno che si sta studiando.
Ci vollero anni prima che la scoperta di Lorenz, tanto inaspettata ed anti-intuitiva, venisse recepita dalla comunità scientifica e compresa in tutta la sua portata.
Lorenz scrive: «Fu un meteorologo a notare che se la teoria fosse stata corretta, un battito d’ali d’un gabbiano sarebbe stato sufficiente ad alterare per sempre l’evoluzione delle condizioni atmosferiche». Poi arrivò la gloria e Lorenz parafrasò quell’immagine rendendola ancora più lieve: intitolò la sua conferenza "Predictability: Does the Flap of a Butterfly’s Wings in Brazil set off a Tornado in Texas?" Da allora il mondo chiamerà la forte dipendenza dalle condizioni iniziali effetto farfalla.
Il lavoro di Lorenz portò alla luce un'altra caratteristica peculiare dei sistemi dinamici caotici nello spazio delle fasi: gli attrattori, definiti come
un insieme verso il quale evolve un sistema dinamico dopo un tempo sufficientemente lungo. Perché tale insieme possa essere definito come attrattore le traiettorie che arrivano ad essere sufficientemente vicine ad esso devono rimanere vicine anche se leggermente perturbate. Dal punto di vista geometrico un attrattore può essere un punto, una curva, una varietà, o anche un insieme più complicato dotato di struttura frattale o caotica e noto con il nome di attrattore strano. La descrizione degli attrattori dei sistemi dinamici caotici è stata uno dei fondamenti della teoria del caos.
Una traiettoria di un sistema dinamico su un attrattore non deve soddisfare nessuna proprietà particolare, escludendo il fatto che deve rimanere sull'attrattore. Le traiettorie possono essere periodiche, caotiche o di qualunque altro tipo.
Un esempio classico di attrattore, in questo caso strano, è quello modellato da Lorenz e riportato in 3D per tre variabili di stato:
Attrattore strano di Lorenz
Rendering 3D di un attrattore strano di Lorenz - chaoscope.org
L'evoluzione nel tempo delle tre variabili di stato per uno specifico attrattore di Lorenz:




mostra un andamento caotico, diverso per ogni minima variazione delle condizioni iniziali dell'attrattore.
Lo studio dell'attrattore di Lorenz porta un esempio dell'"effetto farfalla":

tempo 0 ≤ t ≤ 30
coordinata z

















Le figure mostrano due traiettorie dell'attrattore che evolvono in uno spazio tridimensionale per uno stesso periodo di tempo. La differenza tra il segmento blu e quello giallo è che la condizione iniziale ha una differenza di 10-5 rispetto alla coordinata z. Il secondo grafico indica la differenza tra le due traiettorie: all'inizio le traiettorie sono quasi coincidenti ma all'istante 23 si ha una brusca divergenza dove si separano per una distanza analoga alla loro dimensione. Dalla prima immagine si nota che le due traiettorie terminano in posizioni radicalmente diverse.

Un sistema dinamico può avere diversi attrattori, e la "scelta" tra questi dipende sempre dalle condizioni iniziali:

Nonostante i prodromi ottocenteschi, una vera e propria teoria del caos si è sviluppata solo a partire dagli anni '60 del Novecento, quando l'impiego dei computer consentì di compiere osservazioni controllate e allestire simulazioni numeriche.
In teoria del caos l'enfasi è posta sulla forte dipendenza del sistema dalle condizioni iniziali, nel senso che a variazioni infinitesime di queste possono aver luogo variazioni finite della traiettoria nello spazio delle fasi. Si parla allora di "caos deterministico", per sottolineare come l'evoluzione di un sistema possa farsi imprevedibile anche a partire da leggi di base ordinate o addirittura deterministiche.

La differenza radicale tra sistemi caotici e sistemi disordinati è proprio nel fatto che i primi sono, in linea teorica, deterministici ma imprevedibili, mentre i secondi sono prevedibili in senso statistico. Ad esempio questi due tipici esempi di sistemi caotici:



















che appaiono del tutto casuali sono in realtà deterministici; entrambi rappresentano "la soluzione" dell'evoluzione del sistema in quelle particolari condizioni, determinate da un numero enorme di condizioni iniziali e al contorno. Ogni "soluzione" è unica e determinata, anche se impredicibile, e non "la più probabile".

Un ulteriore classico esempio di questo tipo (oltre al problema dei tre corpi), è la cosidetta mappa logistica di Robert May, un biologo che si è occupato di dinamica delle popolazioni e di ecologia teorica. Nel 1976 May formulò una semplice successione iterativa non-lineare di tipo polinomiale per costruire un modello demografico che descrivesse la crescita di tipo esponenziale di una popolazione con competizione intraspecifica per le risorse (mortalità) quando la popolazione raggiunge valori elevati, con i vincoli che le risorse siano illimitate e non vi sia competizione interspecifica con altre specie.
Mappa logistica di May. x rappresenta la popolazione annuale calcolata sul lungo termine, r è un tasso combinato tra la riproduzione e la mortalità.
Il diagramma della mappa logistica mostra comportamenti estremamente diversi al variare del tasso r, in particolare all'aumentare di r oltre il valore di 3 iniziano ad apparire una serie di biforcazioni che per r maggiore di circa 3.6 diventano caotiche con caratteristiche frattali.
100 generazioni della mappa logistica della popolazione x con il parametro r che varia da 0 a 4.
Le caratteristiche frattali della parte caotica della mappa logistica si possono mettere in relazione con le caratteristiche dell'insieme di Mandelbrot:
Corrispondenza dinamica tra mappa logistica e il Mandelbrot set.
La relazione tra le rappresentazioni dei sistemi caotici e i frattali presenta alcune analogie e differenze. La differenza principale è che i primi esprimono l'imprevedibilità, il fatto che non si può prevedere in anticipo l'andamento del sistema su tempi lunghi rapportati al tempo caratteristico del sistema a partire da assegnate condizioni al contorno, mentre la caratteristica principale è l'auto-similarità e l'invarianza di scala, il fatto che a qualsiasi scala di ingrandimento di una sua parte l'oggetto è simile o uguale a se stesso. Le analogie principali sono che le loro rappresentazioni contengono una complessità molto elevata, se non infinita o meta-infinita, mentre le equazioni che li producono sono molto semplici, anche se non-lineari, e contengono operazioni non più complicate che moltiplicazioni ed addizioni.
chaos edge
Il comportamento caotico imprevedibile ma deterministico di sistemi apparentemente semplici e soggetti a leggi controllate e deterministiche è la radicale novità rispetto alla fisica classica, dove si riteneva che fossero sempre completamente calcolabili. L'insorgenza di comportamenti caotici in sistemi semplici e ordinati viene spesso denominata "il bordo del caos".


Così come il bordo tra strutture dissipative e strutture replicative segna un confine reciproco tra caos e ordine.


La relazione tra caos e complessità, in cui la complessità di un sistema non necessariamente implica un comportamento caotico e viceversa, è uno degli ambiti di studio più perseguiti attualmente, tanto che alcuni autori hanno coniato l'orrendo termine "caocomplessità" per evidenziarne l'unione delle ricerche. Ad esempio le relazioni tra sistemi ordinati-bordo del caos-caos si possono ripercuotere a diversi livelli di complessità, ad esempio da fisico a molecolare a biologico:


e la distinzione tra le varie caratteristiche dei sistemi si possono raggruppare a seconda del grado di calcolabilità (agreement tra modello teorico e reale) e imprevedibilità (certainty dei risultati del modello): 


La figura illustra alcune caratteristiche riassuntive dei sistemi complessi e caotici:


Il movimento degli indignati di Wall St. (NYC, 2011) ha ben chiara la distinzione tra caos e complessità.