lunedì 31 gennaio 2011

il Maestro - Major


Nello Zen, il Maestro non è un maestro per gli altri, ma un Maestro di se stesso. Ogni suo gesto e ogni sua parola riflettono il suo essere illuminato. Non è un insegnante con una dottrina da impartire, né un messaggero soprannaturale con una linea diretta con Dio, ma solo uno che è diventato un esempio vivente delle potenzialità più alte racchiuse all'interno di ogni essere umano. Nei suoi occhi, i discepoli vedono riflessa la loro stessa verità, e nel silenzio della sua presenza si immergono più facilmente nel silenzio del loro essere. La comunità di ricercatori che si raccoglie intorno al Maestro diventa un campo d'energia che sostiene l'unicità di ogni individuo perché trovi la propria luce. Quando trova quella luce, il discepolo arriva a comprendere che il Maestro presente all'esterno era solo un catalizzatore, un espediente per provocare il risveglio dell'interiorità.

Al di là della mente esiste una consapevolezza intrinseca, che non ti è data dall'esterno, e non è un'idea. Finora nessun esperimento ha potuto scoprire un centro del cervello che corrisponde alla consapevolezza. Il lavoro della meditazione è proprio quello di renderti consapevole di tutto ciò che è "mente", e di disidentificarti da essa. Questa separazione è la più grande rivoluzione che possa accadere all'uomo. Ora puoi muoverti e fare solo ciò che ti rende gioioso, contento, ciò che ti soddisfa, che fa diventare la tua vita una cosa bellissima, un'opera d'arte. Ma questo è possibile solo se il maestro in te si è risvegliato. In questo momento il maestro è profondamente addormentato. E la mente, che è il servitore, recita il ruolo del maestro. Il servitore viene formato dal mondo esterno; segue il mondo esterno e le sue leggi. Quando la tua consapevolezza diventa una fiamma, può bruciare la schiavitù creata dalla mente. Non c'è benedizione più preziosa della libertà, dell'essere un maestro del proprio destino.

Tao senza metodo

L'impossibilità di definire un paradigma per la complessità, e la conseguente assenza di metodologie generali di calcolo o di descrizione per la soluzione dei problemi complessi in un certo settore ha come conseguenza la grande difficoltà nella formulazione, descrizione e soluzione di problemi che interessino sistemi complessi.
Una metodologia è la procedura scientifica che permette di effettuare il classico processo di soluzione dei problemi:

definizione                       teoria/modello
                                              ↕
problema →→→→→calcolo/descrizione→→→→→  soluzione
dati

Nella scienza classica, in quelli che Weaver definisce come problemi di semplicità e problemi di complessità disorganizzata, il problema è sempre ben definibile, la teoria o il modello fornisce la metodologia di calcolo/descrizione e con questa si può trovare la soluzione, non conosciuta. Quindi dei tre termini problema-calcolo/descrizione-soluzione due sono conosciuti (problema, calcolo/descrizione) mentre non si conosce la soluzione, e per questo la si calcola/descrive. Tutto il procedimento avviene in presenza di un paradigma, che fornisce sia la definizione del problema, sia quali dati siano necessario conoscere per risolverlo, sia la teoria/modello di riferimento per la soluzione del problema. Se il problema è a livello fisico la presenza di una teoria formale (ovvero matematica) permette che la soluzione sia un numero o una funzione. Per livelli superiori, come la chimica, biologia etc. la soluzione è comunque una descrizione accettabile e completa all'interno del paradigma che contiene il problema. E' da notare - tra l'altro - che solo la presenza di un paradigma condiviso permette, ad esempio, la ben nota valutazione scolastica di studenti o la validità o meno di lavori scientifici e carriere accademiche.

Prendiamo ad esempio un facile problema di semplicità di tipo noto a qualsiasi studente elementare:
in una vasca cubica di lato L entrano IN litri d'acqua al secondo da un rubinetto e ne escono OUT litri al secondo da uno scarico: supposto che IN sia maggiore di OUT dopo quanto tempo l'acqua arriverà al bordo della vasca?
La teoria che permette di fare il semplice calcolo per trovare la soluzione è la fisica elementare, e il calcolo viene effettuato per mezzo di un ramo della matematica denominato aritmetica, ottenendo come soluzione del problema un numero espresso in unità di tempo.
Anche in questo caso elementare è da notare che sono coinvolti dei presupposti non-elementari, quali  il principio di conservazione dell'energia (della massa in questo caso) e la competenza logica per eseguire calcoli aritmetici, ovvero conoscere e saper utilizzare gli assiomi (di Peano) e le regole dell'aritmetica.

Per i problemi di complessità disorganizzata vale la stessa metodologia di soluzione, passando però da un paradigma, e quindi da un metodo, deterministico a uno probabilistico. Ad esempio, nel semplice caso di lancio della moneta se la domanda del problema è posta in modo deterministico come "Tirando la moneta uscirà testa o croce?" la risposta è impossibile, mentre posta in termini di probabilità il problema è facilmente risolvibile e la risposta completa è che la probabilità di uscita è esattamente pari al 50% per entrambi i casi. In questo caso quindi la soluzione è espressa sempre come un numero o una funzione, come in precedenza, che esprime però una probabilità.
Interi settori molto complessi della scienza e relative applicazioni sono esattamente risolvibili in questo modo, come la meccanica statistica, ovvero l'applicazione della teoria della probabilità al comportamento termodinamico di sistemi composti da un grande numero di elementi, fornendo un modello per collegare le proprietà dei singoli atomi e molecole alle proprietà macroscopiche del sistema da essi composto, oppure la teoria dell'informazione, sviluppata da Shannon con contributi dello stesso Weaver, la quale è la base teorica di descrizione e realizzazione di qualsiasi sistema di telecomunicazione.


Anche nel caso dei problemi di complessità disorganizzata, esattamente risolvibili in senso statistico, vi sono esempi di emergenza di proprietà complesse collettive non immediatamente riconducibili alle proprietà di singoli elementi.
L'esempio più significativo è il seguente: c’è un gioco in cui una pallina scende lungo un piano rimbalzando su piccoli cilindri disposti a caso, che le impediscono la via più diretta e alla fine di questa selva di ostacoli si infila in una schiera di scatole poste in fondo alla discesa. Indovinare dove andrà a finire la pallina è impresa ardua: il sistema non è integrabile e c’è caos, impredicibilità.


Eppure c’è una scommessa che si può fare con ottime chance di vittoria: che lanciando mille palline di seguito le scatole centrali si riempiranno più di quelle ai bordi. Ci stiamo ponendo fuori dal mondo del determinismo, ma se si provasse si vedrebbe che effettivamente, all’aumentare del numero dei lanci, il profilo delle altezze delle colonne di palline si avvicina sempre di più ad una Gaussiana.


Questo risultato è basato su uno dei più importanti teoremi della teoria della probabilità, il Teorema del limite centraleche afferma che la somma di un grande numero di variabili casuali statisticamente indipendenti tende a una distribuzione normale standard, ovvero una gaussiana, e questo è tanto più vero quanto maggiore è il numero delle palline.
Si può leggere il risultato in tanti modi, attribuendone la causa al diverso numero di percorsi che portano alle singole scatole, oppure allo “sfilacciamento” lungo i cammini dell’incertezza sulla misura delle condizioni iniziali. Di fatto però siamo di fronte ad un fenomeno del tutto nuovo. Non possiamo fare a meno di riconoscere che si tratta di qualcosa di diverso dal moto di una singola pallina; è un effetto collettivo, riscontrabile solo su tanti lanci ripetuti, che richiede l’introduzione di grandezze collettive regolate da nuove leggi, di natura diversa dalle leggi deterministiche del moto. Sono le leggi statistiche, che per loro natura si applicano solo a sistemi composti da molti elementi. Leggi in parte legate a quelle del moto dei singoli elementi, ma in larga misura nuove e indipendenti. Leggi che permettono previsioni non più certe, ma probabili.

(liberamente adattato dalla presentazione del Prof. Mario Rasetti "Teoria della Complessità", 2008)


Nella Scienza della Complessità, ovvero per i problemi di complessità organizzata, le cose sono radicalmente diverse: in questo caso il problema è quasi sempre ben definibile, la teoria/modello può essere conosciuta - anche se può corrispondere all'unione di molte teorie/modelli di discipline diverse - la soluzione, in molti casi - ma non tutti - è già conosciuta, quello che manca è il procedimento di calcolo/descrizione, dato che non vi è una metodologia generale per la soluzione del problema.
Nel classico esempio di Weaver "Che cosa fà sbocciare una primula quando lo fà?" il problema è molto ben definito, i dati necessari (clima, variazione della temperatura, composizione del terreno, struttura - morfologia - stadio di sviluppo della pianta, etc) possono essere tutti conosciuti con la massima precisione; la soluzione è conosciuta a chiunque faccia passeggiate nei prati in primavera: nell'europa continentale ad una certa latitudine ad una data quota in un certo luogo che negli anni precedenti abbia ospitato primule e che non abbia subito modificazioni ecologiche rilevanti, la probabilità che alcune primule sboccino tra la fine di febbraio e l'inizio di maggio è del 100%; tuttavia non è possibile definire la soluzione anche solo in senso probabilistico/statistico perchè nessuna teoria/modello è in grado di fornire una funzione densità di probabilità nel tempo, e meno ancora è possibile rispondere a che cosa faccia sbocciare o meno le primule, anche se un insieme di argomenti di fisica, biofisica, chimica, geochimica, biochimica e biologia è in grado di descrivere molti dei processi coinvolti, ma il processo totale - complesso - è indescrivibile in forma completa.

Dialoghi Immortali del Tao: Tao rosso o Tao blu?



Hai mai fatto un sogno tanto realistico da sembrarti vero? E se da una sogno così non ti potessi più svegliare, come potresti distinguere il mondo dei sogni da quello della realtà?

Che vuol dire reale?, dammi una definizione di reale. Se ti riferisci a quello che percepiamo, guardiamo, odoriamo, quel reale sono semplici segnali elettrici interpretati dal cervello

…intuisci qualcosa che non riesci a spiegarti. Senti solo che c'è. È tutta la vita che hai la sensazione che ci sia qualcosa che non quadra nel mondo. Non sai bene di che si tratta, ma l'avverti. È un chiodo fisso nel cervello, da diventarci matto.

- Immagino che in questo momento ti sentirai un po' come Alice che ruzzola nella tana del Bianconiglio.
- L'esempio calza.
- Lo leggo nei tuoi occhi: hai lo sguardo di un uomo che accetta quello che vede solo perché aspetta di risvegliarsi. E curiosamente non sei lontano dalla verità. Tu credi nel destino, Neo?
- No.
- Perché no?
- Perché non piace l'idea di non poter gestire la mia vita.
- Capisco perfettamente ciò che intendi. Adesso ti dico perché sei qui. Sei qui perché intuisci qualcosa che non riesci a spiegarti. Senti solo che c'è. È tutta la vita che hai la sensazione che ci sia qualcosa che non quadra nel mondo. Non sai bene di che si tratta, ma l'avverti. È un chiodo fisso nel cervello, da diventarci matto. È questa sensazione che ti ha portato da me. Tu sai di cosa sto parlando...
- Di Matrix.
- Ti interessa sapere di che si tratta, che cos'è? Matrix è ovunque, è intorno a noi, anche adesso nella stanza in cui siamo. È quello che vedi quando ti affacci alla finestra o quando accendi il televisore. L'avverti quando vai al lavoro, quando vai in chiesa, quando paghi le tasse. È il mondo che ti è stato messo dinanzi agli occhi, per nasconderti la verità.
- Quale verità?
- Che tu sei uno schiavo. Come tutti gli altri sei nato in catene, sei nato in una prigione che non ha sbarre, che non ha mura, che non ha odore, una prigione per la tua mente. Nessuno di noi è in grado purtroppo di descrivere Matrix agli altri. Dovrai scoprire con i tuoi occhi che cos'è. È la tua ultima occasione: se rinunci, non ne avrai altre.

Pillola blu: fine della storia. Domani ti sveglierai in camera tua e crederai a quello che vorrai.
Pillola rossa: resti nel paese delle meraviglie e vedrai quanto è profonda la tana del Bianconiglio.

Ti sto offrendo solo la verità, ricordalo. Niente di più.

Io posso solo mostrarti la soglia, ma sta a te oltrepassarla

Capirai col tempo, come ho fatto anch'io, che un conto è conoscere il cammino ed un conto è intraprenderlo.


nulla dal Tao


“DAL NULLA NASCE NULLA”

Questa citazione da "Re Lear" condensa in un'unica frase tutta una serie di sagge massime medioevali e moderne. Tra le altre:
a) La legge della conservazione della materia e la sua inversa, che non ci si può aspettare che compaia materia nuova in laboratorio. (Lucrezio diceva:  “Nulla può mai esser creato dal nulla per potere divino”).
b) La legge della conservazione dell'energia e la sua inversa, che non ci si può aspettare che compaia energia nuova in laboratorio.
c) Il principio dimostrato da Pasteur che non ci si può aspettare che compaia materia vivente nuova in laboratorio.
d) Il principio che nessun ordine o struttura nuovi possono essere creati senza "informazione".
Di tutti questi enunciati negativi e di altri analoghi possiamo dire che si tratta di regole probabilistiche piuttosto che di leggi di natura. Tale è la loro approssimazione al vero che tutte le loro eccezioni sono di estremo interesse.
Ciò che è particolarmente interessante si nasconde nelle relazioni tra queste importanti negazioni. Ad esempio, oggi sappiamo che tra la conservazione dell'energia e la conservazione della materia esiste un nesso per il quale ciascuna di queste negazioni è a sua volta negata da una trasformazione di materia in energia e, presumibilmente, di energia in materia.
In questo momento, tuttavia, ha un interesse particolare l'ultima della serie, e cioè la proposizione che nei campi della comunicazione, dell'organizzazione del pensiero, dell'apprendimento e dell'evoluzione  “dal nulla nasce nulla” senza "informazione".
Questa legge differisce dalle leggi della conservazione dell'energia e della massa in quanto non contiene alcuna clausola che neghi la distruzione e la perdita d'informazione, di struttura o di entropia negativa. La struttura e/o l'informazione, ahimè (ma anche per fortuna), vengono divorate fin troppo facilmente dal casuale. I messaggi e le direttrici per l'ordine esistono solo, per così dire, sulla sabbia o sono scritti sull'acqua: quasi ogni disturbo, anche il semplice moto browniano, li distrugge. L'informazione può essere dimenticata o offuscata. Il cifrario può andar perduto.
I messaggi cessano di essere tali quando nessuno li può leggere. Senza la stele di Rosetta non sapremmo nulla di quanto era scritto nei geroglifici egiziani: essi sarebbero solo eleganti decorazioni sui papiri o sulla pietra. Per avere significato - finanche per essere riconosciuta come struttura - ogni regolarità deve incontrarsi con regolarità, o forse abilità, complementari, e tali abilità sono evanescenti quanto le strutture stesse. Anch'esse sono scritte sulla sabbia o sull'acqua.
La genesi dell'abilità di reagire al messaggio costituisce il rovescio, l'altra faccia del processo evolutivo. E' la "coevoluzione" (Sistema stocastico di cambiamento evolutivo in cui due o più specie interagiscono in modo tale che i cambiamenti della specie A preparano il terreno alla selezione naturale dei cambiamenti della specie B. I successivi cambiamenti della specie B, a loro volta, preparano il terreno per la selezione di cambiamenti più simili nella specie A).
Paradossalmente la profonda verità parziale che “dal nulla nasce nulla” nel mondo dell'informazione e dell'organizzazione incontra una contraddizione interessante nel fatto che "zero", l'assenza completa di ogni evento indicativo, può essere un messaggio. La larva della zecca si arrampica su un albero e resta in attesa su uno dei rami esterni; se fiuta esalazioni di sudore, si lascia cadere e può darsi che vada a finire su un mammifero; ma se "non fiuta" il sudore di lì a qualche settimana, si lascia cadere e va ad arrampicarsi su un altro albero.
La lettera che non scriviamo, le scuse che non porgiamo, il cibo che non mettiamo fuori per il gatto possono essere tutti messaggi sufficienti ed efficaci, poichè‚ zero può aver significato "in un contesto"; e il contesto lo crea chi riceve il messaggio. Questa capacità di creare il "contesto" è l'abilità del ricevente, e acquisirla è la sua parte della coevoluzione di cui dicevo sopra. Egli deve acquisire questa abilità mediante l'apprendimento o mediante una felice mutazione, cioè mediante una fortunata incursione nel casuale. Il ricevente in un certo senso dev'essere pronto per la scoperta giusta quando essa arriva.
Così, è ipotizzabile che nell'ambito di un processo stocastico sia valida l'inversa della proposizione:  “dal nulla nasce nulla” senza informazione. Una "pronta disposizione" può servire a selezionare certe componenti del casuale che in tal modo diventano informazioni nuove. Tuttavia, dev'esserci sempre una certa quantità di aspetti casuali da cui poter formare le nuove informazioni.
Questa circostanza suddivide l'intero campo dell'organizzazione, dell'evoluzione, della maturazione e dell'apprendimento in due aree separate, quella dell'epigenesi, o embriologia, e quella dell'evoluzione e dell'apprendimento.
"Epigenesi" è il termine prescelto da C. H. Waddington per designare il suo principale campo di interesse, chiamato un tempo "embriologia". Esso sottolinea il fatto che ogni stadio embriologico è un atto di "divenire" (in greco "genesis") che dev'essere costruito "sopra" (in greco "ep¡") lo stato immediatamente precedente. E' significativo che Waddington disprezzasse la teoria dell'informazione tradizionale, nella quale, così com'egli la vedeva, non c'era posto per le  “nuove” informazioni che egli riteneva si generassero a ogni stadio dell'epigenesi. E in effetti, secondo la teoria tradizionale, in questo caso non vi sono informazioni nuove.
Idealmente l'epigenesi dovrebbe somigliare allo sviluppo di una complessa tautologia (
Insieme di proposizioni connesse in cui la validità dei "legami" non può essere messa in dubbio. La verità delle proposizioni invece non è richiesta. Esempio: la geometria euclidea.), in cui nulla viene aggiunto una volta stabiliti gli assiomi e le definizioni. Il teorema di Pitagora è implicito (cioè già racchiuso) negli assiomi, nelle definizioni e nei postulati di Euclide. Non occorre far altro che portarlo alla luce, dispiegarlo, e, per gli esseri umani, avere una certa conoscenza dell'ordine dei passaggi da compiere. Quest'ultima specie d'informazione diventa necessaria solo quando la tautologia di Euclide è espressa da un modello verbale e simbolico disposto sequenzialmente sulla carta o nel tempo. Nella tautologia ideale non esiste nè tempo, nè dispiegamento, nè argomentazione. Ciò che è implicito è già presente, ma, naturalmente, non in una collocazione spaziale.
Contrapposto all'epigenesi e alla tautologia, che costituiscono i mondi della replicazione, c'è tutto il regno della creatività, dell'arte, dell'apprendimento e dell'evoluzione, in cui i processi dinamici del cambiamento "si alimentano del casuale". L'essenza dell'epigenesi sta nella ripetizione prevedibile; l'essenza dell'apprendimento e dell'evoluzione sta nell'esplorazione e nel cambiamento.
Nella trasmissione della loro cultura, gli uomini cercano sempre di replicare, di trasmettere alla generazione successiva le abilità e i valori dei genitori: un tentativo che, però, fallisce sempre e inevitabilmente, poichè‚ la trasmissione della cultura è legata all'apprendimento, non al D.N.A. Il processo di trasmissione della cultura è una specie di ibrido o mescolanza dei due regni: per conseguire la replicazione esso deve cercare di usare i fenomeni dell'apprendimento, poichè‚ ciò che i genitori posseggono è stato da loro appreso. Se per miracolo i figli avessero un D.N.A. che desse loro le abilità dei genitori, tali abilità sarebbero "diverse" e forse non vitali.
E' interessante che fra i due mondi si situi il fenomeno culturale della "spiegazione", cioè la proiezione sulla tautologia (
Uso l'espressione "proiettare su" ["to map onto"] per le ragioni seguenti: ogni descrizione, spiegazione o rappresentazione è necessariamente in qualche senso una proiezione degli elementi derivati dai fenomeni da descrivere su qualche superficie o matrice o sistema di coordinate. Nel caso di una carta geografica, la matrice ricevente è di solito un foglio di carta piano e di estensione finita, e le difficoltà si presentano quando ciò che si deve proiettare è troppo grande o, ad esempio, sferico. Altre difficoltà sorgerebbero se la matrice ricevente fosse la superficie di un toro (ciambella), o una successione lineale discontinua di punti. Ogni matrice ricevente, anche una lingua o una rete tautologica di proposizioni, ha caratteristiche formali proprie che, "in linea di principio", distorcono i fenomeni che devono esservi proiettati. Forse l'universo è stato progettato da Procruste, il sinistro personaggio della mitologia greca i cui 'ospiti' dovevano misurare esattamente quanto il letto, pena lo stiramento o l'amputazione delle gambe di successioni poco familiari di eventi.
Infine, si noterà che i regni dell'epigenesi e dell'evoluzione, a un livello più profondo, sono esemplificati nei paradigmi gemelli della seconda legge della termodinamica:
1) che l'operato casuale della probabilità consuma sempre l'ordine, la struttura e l'entropia negativa, ma,
2) che, per la creazione di un nuovo ordine, è necessario l'operato del casuale, la pletora di alternative non vincolate (entropia). E' dal casuale che gli organismi estraggono le nuove mutazioni, ed è lì che l'apprendimento stocastico prende le sue soluzioni. L'evoluzione porta all'acme, alla saturazione ecologica di tutte le possibilità di differenziazione; l'apprendimento porta a un sovraccarico della mente. Con il ritorno all'uovo, ignorante e prodotto in serie, la specie, che non si arresta, sgombra ancora una volta la propria memoria e si prepara ad accogliere il nuovo.

martedì 25 gennaio 2011

paradigmi - e non - del Tao


Il filosofo e storico della scienza Thomas Kuhn propose nel 1962 il concetto di paradigma di una, o di tutta la, scienza. Paradigma deriva dal greco παράδειγμα paràdeigma e significa esemplare, esempio.
Huhn definisce un paradigma scientifico come: "... ciò che viene condiviso dai membri di una comunità scientifica, e, inversamente, una comunità scientifica consiste di coloro che condividono un certo paradigma."
In linea più generale un paradigma può essere descritto come una "costellazione di credenze condivise da un gruppo", ovvero "una costellazione di conclusioni, concetti, valori, tecniche etc. condivise da una comunità scientifica per definire problemi e soluzioni leciti".
Vignetta ironica sulle diversi visioni della scienza tra Karl Popper e Thomas Kuhn.
Come tale, un paradigma ha una fondamentale influenza sulla metodologia nel quale si concepisce, realizza e discute la validità di un qualsiasi esperimento o descrizione scientifica,  e quindi definisce cosa è significativo e cosa no, cosa viene ritenuto scienza e cosa no:

"...paradigma...è un'articolazione sistematica tra un insieme di strumenti pratici e concettuali e una definizione a priori dell'oggetto e delle sue regole di manipolazione sperimentale"
(I. Stengers)

Kuhn definisce una rivoluzione scientifica come un mutamento di paradigma, o paradigm shift.

Il passaggio da una scienza acquisita come credenza paradigmatica ad una successiva nasce dalla comparsa di "anomalie" teoriche e/o sperimentali con conseguente messa in discussione del paradigma e lo sviluppo di una scienza più estesa. Periodi di questo genere sono successi molte volte nella storia della scienza; Kuhn fà diversi esempi classici quali rivoluzione copernicana, la rivoluzione della chimica moderna operata da Lavoisier, la rivoluzione dell'elettrostatica di Franklin, la rivoluzione darwiniana o la Teoria della Relatività di Einstein.





Un paradigma può essere cambiato da un successivo paradigma, più generale; ad esempio il sistema copernicano, con la terra che gira attorno al sole, è valido se il sistema di riferimento è posto nel centro del sole, se è posto nel centro della terra continua a valere quello geocentrico, nessuno dei due ha validità assoluta ma sempre relativa, dipende da dove è più conveniente porre il sistema di riferimento, ovvero il sistema che rende il più semplici possibili le equazioni del moto. In effetti il punto più conveniente non è nè sulla terra nè sul sole, ma nel centro di massa del sistema sole-terra, a circa 450.000 Km dal centro del sole sulla linea sole-terra, dove le due forze gravitazionali reciproche si annullano, detto anche punto di Lagrange. Il sistema eliocentrico non è dunque più "giusto" di quello geocentrico, semplicemente è più conveniente per la descrizione e il calcolo delle equazioni di campo gravitazionale.

 









Il cambio di paradigma e la conseguente rivoluzione scientifica non sono solo concetti teorici astratti ma hanno profondi impatti sulla vita di tutti i giorni dato che sono la fonte dello sviluppo delle successive tecnologie:


Isabelle Stengers fà rilevare come per la scienza della Complessità non si possa defirnirvi un paradigma. Definito un sistema complesso come:

"Secondo Atlan un sistema complicato è un sistema di cui comprendiamo la struttura e i principi di funzionamento: di principio nulla impedisce che con tempo e denaro si possa giungere ad averne una conoscenza integrale.
Al contrario, il sistema complesso sarebbe quello di cui abbiamo una percezione globale, nei termini della quale possiamo identificarlo e qualificarlo, pur sapendo di non comprenderlo nei suoi dettagli"

In un sistema di questo tipo:

"La separazione tra ciò che è significativo e ciò che è rumore non può più essere fondatrice, operata una volta per tutte in nome di una teoria generale, deve essere pensata in quanto tale per ogni singolo sistema.
Dunque a essere messo in questione è il carattere paradigmatico delle teorie, e cioè la loro possibilità di guidare un procedimento a partire da somiglianze che indicano per se stesse un modo di separazione e di manipolazione"

Nella distinzione di sistema semplice/complicato/complesso quindi solo i primi due sono calcolabili, il primo esattamente, il secondo potenzialmente o statisticamente. In un sistema complesso è difficile dire cosa sia rumore e cosa sia significativo, perchè proprio il rumore, o il caos, può generare quelle proprietà emergenti peculiari della complessità. Con questo ne deriva l'impossibilità di una metodologia di calcolo e descrizione generali, validi per tutti i sistemi - almeno all'interno di una stessa classe - ma solo una specifica per uno specifico sistema. In questo consiste una delle difficoltà peculiari della Complessità: la singolarità di ogni sistema complesso.

Isabelle Stengers, "Perché non può esserci un paradigma della complessità", in G.Bocchi, M.Ceruti (a cura di), La sfida della complessità, Feltrinelli, Milano, 1985 (prima edizione), Bruno Mondadori, Milano, 2007 (nuova edizione)















Isabelle STENGERS

lunedì 24 gennaio 2011

prevedibilità del Tao


LE SUCCESSIONI CONVERGENTI SONO PREVEDIBILI.

Questa asserzione generale è l'inversa di quella esaminata nel ... precedente, e la relazione tra esse dipende dall'opposizione esistente tra i concetti di divergenza e di convergenza. Tale opposizione è un caso particolare, bench‚ assai fondamentale, della differenza tra i livelli successivi di una gerarchia russelliana... Per il momento basterà osservare che le componenti di una gerarchia russelliana stanno tra di loro come un elemento sta a una classe, una classe sta a una classe di classi o una cosa sta al proprio nome.
Ciò che importa nelle successioni divergenti è che la descrizione che ne diamo riguarda gli "individui", specialmente le singole molecole. L'incrinatura del vetro, il primo accenno di ebollizione dell'acqua e tutti gli altri esempi sono casi in cui l'ubicazione e l'istante dell'evento sono determinati da qualche costellazione momentanea di un piccolo numero di singole molecole. Analogamente, nessuna descrizione dei percorsi delle singole molecole del moto browniano consente alcuna estrapolazione. Ciò che accade in un istante dato, ammesso che lo si possa conoscere, non ci fornirebbe i dati per prevedere ciò che accadrà un istante dopo.
Viceversa, il moto dei pianeti del sistema solare, l'evoluzione di una reazione chimica in un miscuglio ionico di sali, l'urto tra le palle di un biliardo, tutte cose che interessano milioni di molecole, sono eventi prevedibili, perchè‚ la descrizione che ne diamo ha come oggetto il comportamento di immense moltitudini o classi di individui. E' questo che in certa misura giustifica l'uso della statistica nella scienza, purch‚ lo statistico rammenti sempre che le sue asserzioni riguardano solo gli aggregati.
In questo senso, le cosiddette leggi della probabilità mediano fra le descrizioni del comportamento del singolo e le descrizioni del comportamento della massa. Vedremo in seguito che questo tipo di conflitto tra l'individuale e lo statistico ha perseguitato lo sviluppo della teoria dell'evoluzione dai tempi di Lamarck in poi. Se Lamarck avesse affermato che i cambiamenti dell'ambiente possono influire sulle caratteristiche generali di intere popolazioni, egli sarebbe stato al passo con i più recenti esperimenti di genetica, come quelli di Waddington sull'assimilazione genetica, ... Ma Lamarck, e in effetti tutti i suoi seguaci, sembrano aver avuto un'innata propensione a confondere i tipi logici.
Sia come sia, nei processi stocastici (dal greco "stochazein",  “tirare al bersaglio con l'arco”, cioè diffondere gli eventi in modo parzialmente casuale, così che alcuni di essi hanno esito più favorevole. Se una successione di eventi combina una componente casuale con un processo selettivo in modo che solo certi risultati del casuale possano perdurare, tale successione viene detta "stocastica"), tanto dell'evoluzione quanto del pensiero, il nuovo può essere tratto esclusivamente dal disordine del casuale. E per trarre il nuovo dal casuale, se e quando esso si manifesta, occorre un qualche meccanismo selettivo che dia conto della persistenza nel tempo della nuova idea. Deve vigere qualcosa di simile alla "selezione naturale", in tutta la sua lapalissiana tautologia. Per persistere, il nuovo deve essere tale da durare più a lungo delle sue alternative. Ciò che dura più a lungo tra le increspature del casuale deve durare più a lungo di quelle increspature che non durano altrettanto a lungo. Ecco, in poche parole, la teoria della selezione naturale.
L'idea marxista della storia (che nella sua forma più rozza sosterrebbe che se Darwin non avesse scritto l'"Origine delle specie", qualcun altro avrebbe messo fuori un libro simile nel giro di cinque anni) è un infelice tentativo di dare applicazione pratica a una teoria che vorrebbe vedere il processo sociale come "convergente" su eventi che interessano singoli e specifici esseri umani. L'errore riguarda, ancora una volta, i tipi logici.

la sfida del Tao complesso


Introduzione: La sfida della complessità nell’età globale
di Gianluca Bocchi e Mauro Ceruti

Presentazione
di Gianluca Bocchi e Mauro Ceruti

- La hybris dell’onniscienza e la sfida della complessità, di Mauro Ceruti
- Le vie della complessità, di Edgar Morin
- Perché non può esserci un paradigma della complessità, di Isabelle Stengers
- Progettazione della complessità e complessità della progettazione, di Jean-Louis Le Moigne
- Il complesso di semplicità, di Ernst von Glasersfeld
- Cibernetica ed epistemologia: storia e prospettive, di Heinz von Foerster
- Complessità del cervello e autonomia del vivente, di Francisco J. Varela
- Complessità, disordine e autocreazione del significato, di Henri Atlan
- L’esplorazione della complessità, di Ilya Prigogine
- L’approccio della sinergetica al problema dei sistemi complessi, di Hermann Haken
- Gaia: una proprietà coesiva della vita, di James E. Lovelock
- Il darwinismo e l’ampliamento della teoria evoluzionista, di Stephen Jay Gould
- La traduzione della complessità biologica in una sottile semplicità, di Brian C. Goodwin
- Contributi sulla complessità: le scienze neurologiche e le scienze del comportamento, di Karl Pribram
- Complessità esterna e complessità interna nella costruzione d’un modello di comportamento, di Luciano Gallino
- L’architettura del “Jumbo”, di Douglas R. Hofstadter
- Il conoscere del sapere. Complessità e psicologia culturale, di Donata Fabbri Montesano e Alberto Munari
- La scienza politica e la sfida della complessità, di Gianfranco Pasquino
- L’evoluzione della complessità e l’ordine mondiale contemporaneo, di Ervin Laszlo
- La gestione a tecnologia superiore e la gestione della tecnologia superiore, di Milan Zeleny
- Dal paradigma di Pangloss al pluralismo evolutivo: la costruzione del futuro nei sistemi umani, di Gianluca Bocchi

Il punto di vista dal quale si delinea il programma di ricerca dell'epistemologia genetica consiste nella collocazione del problema della conoscenza nel cuore stesso del problema della vita

mauro ceruti


mercoledì 19 gennaio 2011

il Te del Tao: XII - REPRIMERE LE BRAME



XII - REPRIMERE LE BRAME

I cinque colori fan sì che s'acciechi l'occhio dell'uomo,
le cinque note fan sì che s'assordi l'orecchio dell'uomo,
i cinque sapori fan sì che falli la bocca dell'uomo,
la corsa e la caccia fan sì che s'imbesti il cuore dell'uomo,
i beni che con difficoltà si ottengono
fan sì che sia dannosa la condotta dell'uomo.
Per questo il santo
è per il ventre e non per l'occhio.
Perciò respinge l'uno e preferisce l'altro

rappresentazioni solide del Tao: Henry Spencer Moore





Artist's’s Corner of the Crypt, St. Paul’s Cathedral, London.

venerdì 14 gennaio 2011

i Luoghi del Tao: Perry Green




Sculpture is an art of the open air. 



 I would rather have a piece of sculpture put in a landscape, almost any landscape, than in or on the most beautiful building I know.

Henry Moore Studios & Gardens