lunedì 29 novembre 2010

Ogni scolaretto sa del Tao

Margaret Mead e Gregory Bateson
Nel primo capitolo di Mente e Natura Bateson delinea una serie di evidenze (ironicamente intitolate "Ogni scolaretto sa che..." (o dovrebbe sapere che...) le quali esprimono esplicitamente una base per un'epistemologia dei sistemi viventi:

"By education most have been misled;
So they believe because they were so bred.
The priest continues what the nurse began,
And thus the child imposes on the man".

"I più sono stati sviati dall'istruzione;
credono a questo e quello perchè‚ così li hanno educati.
Il prete continua ciò che iniziò la balia,
e in tal modo il bambino inganna l'uomo."

John Dryden, "The Hind and the Panther"

La scienza, come l'arte, la religione, il commercio, la guerra e anche il sonno, è basata su "presupposti". Essa, tuttavia, differisce dalla maggior parte delle altre branche dell'attività umana non solo perché sono i presupposti degli scienziati a determinare le vie seguite dal pensiero scientifico, ma anche perché gli obiettivi stessi di questi ultimi consistono nel controllo e nella revisione dei vecchi presupposti e nella creazione di nuovi.
In quest'ultima attività, è chiaramente desiderabile (ma non assolutamente necessario) che lo scienziato abbia piena coscienza dei propri presupposti e sia in grado di enunciarli. Inoltre, per dare giudizi scientifici è vantaggioso e necessario conoscere i presupposti dei colleghi che lavorano nello stesso campo. Soprattutto, è necessario che il lettore di testi scientifici conosca i presupposti di chi scrive.
Ho insegnato varie branche della biologia del comportamento e dell'antropologia culturale a studenti americani di diverse scuole e ospedali, dalle matricole universitarie agli psichiatri interni, e mi sono imbattuto in una stranissima lacuna nel loro modo di pensare, che deriva dalle carenza di certi "strumenti" concettuali. Questa carenza è distribuita in modo abbastanza uniforme a tutti i livelli di istruzione, tra gli studenti di entrambi i sessi, tra chi si occupa di letteratura o arte e chi si occupa di scienza. Si tratta, in modo specifico, dell'ignoranza dei presupposti non solo della scienza, ma anche della vita di ogni giorno.
Questa lacuna, stranamente, è meno clamorosa in due gruppi di studenti che molto farebbe supporre in forte contrasto tra loro: i cattolici e i marxisti. Entrambi i gruppi, per riflessione personale o per averne sentito parlare, sanno qualcosa sugli ultimi 2500 anni del pensiero umano, e riconoscono entrambi, in una certa misura, l'importanza dei presupposti filosofici, scientifici ed epistemologici. Ad entrambi è difficile insegnare, perchè‚ tale è l'importanza che essi attribuiscono alle premesse e ai presupposti “giusti”, che l'eresia equivale per loro a una minaccia di scomunica. E' naturale che chi nell'eresia sente un pericolo si preoccuperà di chiarire bene a se stesso i propri presupposti e diventerà una specie di esperto in materia.
Coloro cui sfugge completamente l'idea che è possibile aver torto non possono imparare nulla, se non la tecnica.
L'argomento di questo libro è molto vicino a ciò che sta al centro della religione e dell'ortodossia scientifica. I presupposti - e alla maggior parte degli studenti bisogna insegnare come si presenta un presupposto - sono cose da portare alla luce del giorno.
C'è tuttavia un'altra difficoltà, tipica soprattutto dell'ambiente americano. Nei loro presupposti gli americani sono indubbiamente rigidi al pari di chiunque altro (e sono rigidi, su questi argomenti, quanto l'autore del presente libro), ma reagiscono in modo strano di fronte a qualunque enunciazione precisa di un presupposto. Di solito, una tale enunciazione è considerata ostile o ironica oppure (ed è la cosa più grave) è avvertita come "autoritaria".
Accade così che in questo paese, fondato per garantire la libertà religiosa, l'insegnamento della religione sia bandito dal sistema dell'istruzione pubblica. Naturalmente, chi appartiene a una famiglia poco religiosa non riceve alcuna preparazione religiosa fuori della famiglia.
Di conseguenza, enunciare in modo formale e articolato una qualunque premessa o presupposto significa trovarsi di fronte alla sottile resistenza non della contraddizione, poichè‚ chi ascolta non conosce le premesse contraddittorie e non sa enunciarle, ma di quella raffinata sordità che i bambini usano per allontanare da sé i comandi e gli ammonimenti di genitori, insegnanti e autorità religiose.
Sia come sia, io credo all'importanza dei presupposti scientifici, all'idea che esistano modi più o meno buoni di costruire le teorie scientifiche e alla necessità di una chiara enunciazione dei presupposti, così da poterli migliorare.
Questo capitolo è dedicato perciò a un elenco di presupposti, alcuni familiari, altri sconosciuti ai lettori i cui pensieri sono stati tenuti lontani dalla brutale idea che certe proposizioni sono semplicemente errate. Alcuni strumenti di pensiero hanno perso il loro filo e sono quasi del tutto inutili, altri sono così taglienti da risultare pericolosi. Ma il saggio avrà l'uso degli uni e degli altri.
Vale la pena tentare di individuare certi presupposti fondamentali che tutte le "menti" devono condividere, o viceversa, definire la mente elencando un certo numero di queste caratteristiche fondamentali della comunicazione.

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