lunedì 23 maggio 2011

in memoriam Tao


Il 28 agosto 1931 un regio decreto promulgato da Giuliano Balbino sotto la regia di Giovanni Gentile imponeva per l'insegnamento all'Università non solo il giuramento allo statuto albertino e alla monarchia, ma anche al regime fascista.

Gli esiti del giuramento di fedeltà al fascismo furono per Mussolini assai lusinghieri.
"Sublimato all'un per mille", titolò sprezzantemente un giornale d'obbedienza littoria. Seppure sotto ricatto, su oltre milleduecento accademici, soltanto quindici opposero un rifiuto, perdendo così la cattedra universitaria e subendo altre conseguenze.

Questi sono i loro nomi:

Giorgio Levi Della Vida, Università di Roma, orientalista
Gaetano De Sanctis, Università di Roma, storico
Ernesto Buonaiuti, Università di Roma, teologo, storia del cristianesimo
Vito Volterra, Università di Roma, matematico, fisico-matematico
Edoardo Ruffini Avondo, figlio di Francesco, Università di Perugia, giurista
Bartolo Nigrisoli, Università di Bologna, chirurgo
Mario Carrara, Università di Torino, antropologo
Francesco Ruffini, Università di Torino, giurista
Lionello Venturi, Università di Torino, storico e critico dell'arte
Giorgio Errera, Università di Pavia, chimico
Fabio Luzzatto, Regia Scuola superiore di agricoltura di Milano, giurista
Piero Martinetti, Università di Milano, filosofo
Aldo Capitini, Scuola Normale di Pisa, filosofo
Errico Presutti, Università di Napoli, Diritto amministrativo e costituzionale 
Antonio De Viti De Marco, Università di Roma, scienza delle finanze

a questi si aggiunge:

Giuseppe Antonio Borgese, Università di Milano,ordinario di Estetica, esule negli Stati Uniti

Nel 1931 Einstein scrisse una lettera al ministro Alfredo Rocco in sostegno dei colleghi italiani:

Egregio signore,
due dei più autorevoli e stimati uomini di scienza italiani, turbati nelle loro coscienze, si rivolgono a me e mi pregano di scriverle al fine di impedire, se possibile, un duro provvedimento che minaccia gli studiosi italiani. Si tratta del giuramento di fedeltà al regime fascista. La mia preghiera è che lei voglia consigliare al signor Mussolini di risparmiare al fiore dell’intelletto italiano un’umiliazione simile.
Per quanto diverse possano essere le nostre convinzioni politiche, io so che v’è un punto fondamentale che ci unisce; entrambi riconosciamo e ammiriamo nello sviluppo intellettuale europeo il bene più alto. Esso si fonda sulla libertà di pensiero e di insegnamento e sul principio che la ricerca della verità deve precedere ogni altro fine. È solo basandosi su un tale principio che la nostra civiltà è potuta sorgere in Grecia, celebrando la sua rinascita in Italia nell’epoca del Rinascimento. Quel bene, il più prezioso che noi possediamo, è stato pagato col sangue di martiri, di uomini puri e grandi, per opera dei quali l’Italia è tuttora amata e onorata.

Non è mia intenzione discutere con lei le giustificazioni che la ragion di Stato può avanzare circa gli attentati alla libertà umana. Ma la ricerca della verità scientifica, svincolata dagli interessi materiali di tutti i giorni, dovrebbe essere sacra a ogni governo, ed è per tutti del più alto interesse che i leali servitori della verità scientifica vengano lasciati in pace. Ciò è anche, senza dubbio, nell’interesse dello Stato italiano e del suo prestigio agli occhi del mondo.




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