IL TEMPO E' FUORI SQUADRA.
(Comunicazione inviata ai "regents" dell'Università della California nell'agosto del 1978).
Nella riunione del Committee on Educational Policy del 20 luglio 1978, osservai che gli attuali processi educativi sono, dal punto di vista dello studente, una “fregatura”. In questa nota spiegherò il mio punto di vista.
E' una questione di "obsolescenza". Mentre buona parte di ciò che le università insegnano oggi è nuovo e aggiornato, i presupposti o premesse di pensiero su cui si basa tutto il nostro insegnamento sono antiquati e, a mio parere, "obsoleti". Mi riferisco a nozioni quali:
a) Il dualismo cartesiano che separa la 'mente' dalla 'materia'.
b) Lo strano fisicalismo delle metafore che usiamo per descrivere e spiegare i fenomeni mentali: 'potenza', 'tensione', 'energia', 'forze sociali', eccetera.
c) Il nostro assunto antiestetico, derivato dall'importanza che un tempo Bacone, Locke e Newton attribuirono alle scienze fisiche; cioè che tutti i fenomeni (compresi quelli mentali) possono e devono essere studiati e "valutati" in termini quantitativi.
La visione del mondo - cioè l'epistemologia latente e in parte "inconscia" - generata dall'insieme di queste idee è superata da tre diversi punti di vista: a) Dal punto di vista pragmatico è chiaro che queste premesse e i loro corollari portano all'avidità, a un mostruoso eccesso di crescita, alla guerra, alla tirannide e all'inquinamento. In questo senso, le "nostre" premesse si dimostrano false ogni giorno, e di ciò gli studenti si rendono in parte conto.
b) Dal punto di vista "intellettuale", queste premesse sono obsolete in quanto la teoria dei sistemi, la cibernetica, la medicina olistica, l'ecologia e la psicologia della "Gestalt" offrono modi manifestamente migliori di comprendere il mondo della biologia e del comportamento.
c) Come base per la "religione" le premesse che ho menzionato divennero "chiaramente intollerabili e quindi obsolete" circa un secolo fa. Dopo l'avvento dell'evoluzione darwiniana, ciò fu espresso in modo piuttosto chiaro da pensatori come Samuel Butler e il principe Kropotkin. Ma già nel Settecento William Blake capì che la filosofia di Locke e di Newton poteva generare solo “tenebrosi mulini satanici”.
Ogni aspetto della nostra civiltà è necessariamente spaccato in due. Nel campo dell'economia ci troviamo di fronte a due caricature esagerate della vita - quella capitalista e quella comunista - e ci viene detto che "dobbiamo" schierarci per l'una o per l'altra di queste due mostruose ideologie in lotta. Nella sfera del pensiero, siamo lacerati tra varie forme estreme di negazione dei sentimenti e la forte corrente del fanatismo anti-intellettuale.
Come nella religione, le garanzie costituzionali della 'libertà religiosa' sembrano favorire esagerazioni simili: uno strano protestantesimo del tutto secolare una vasta gamma di culti magici e una totale ignoranza religiosa. Non è un caso che mentre da un lato la Chiesa cattolica sta rinunciando all'uso del latino dall'altro la nuova generazione stia imparando a salmodiare in sanscrito!
Così, in questo mondo del 1978, noi cerchiamo di dirigere un'università e di mantenerne standard 'elevati' di fronte a un crescendo di "sfiducia, volgarità, pazzia, sfruttamento delle risorse, vittimizzazione delle persone e caccia al profitto immediato". Le strida dell'avidità, della frustrazione, della paura e dell'odio.
E' comprensibile che questo Consiglio concentri la propria attenzione su questioni risolvibili in superficie, evitando di impantanarsi in estremismi di qualunque genere. Tuttavia, continuo a credere che prima o poi saremo obbligati a prestare attenzione ai fenomeni di questa profonda obsolescenza.
Come scuola professionale facciamo abbastanza bene il nostro dovere. Riusciamo se non altro a preparare i giovani a fare gli ingegneri, i dottori, gli avvocati; riusciamo a conferir loro le capacità che portano al successo in professioni la cui filosofia pratica è ancora una volta il vecchio pragmatismo dualistico. E questo è molto. Forse non è il compito e la funzione principale di una grande università... Ma non crediate che gli unici ad essere obsoleti siano i docenti, gli amministratori e i membri di questo Consiglio, mentre gli studenti sono saggi, nobili e al passo coi tempi. "Essi sono obsoleti esattamente quanto noi". Siamo tutti nella stessa barca, e il nome di questa barca è “solo" il 1978”, il tempo che è fuori squadra. Nel 1979 ne sapremo un po' di più a forza di rigore e di immaginazione, i due grandi poli opposti del processo mentale, letali entrambi se presi da soli. Il rigore da solo è la morte per paralisi, ma l'immaginazione da sola è la pazzia.
Tweedledum e Tweedledee "convennero" di combattere; e non è una fortuna che le diverse e contrastanti generazioni possano convenire che il 'potere' sociale ha dimensioni fisiche e lottare per difendere questa strana astrazione? (In altri tempi e luoghi si combatteva per l''onore', per la 'bellezza', perfino per la verità '...). Osservando tutto questo guazzabuglio da un'altra angolazione, credo che gli studenti avessero ragione negli Anni Sessanta: c'era qualcosa di molto sbagliato nella loro educazione, anzi in quasi tutta la cultura. Ma credo che sbagliassero nell'identificare l'origine di ciò che non andava. Essi lottarono per essere 'rappresentati', per avere il 'potere'. Nel complesso, vinsero le loro battaglie e ora in questo Consiglio e altrove abbiamo i rappresentanti degli studenti. Ma è sempre più chiaro che aver vinto queste battaglie per il 'potere' non ha cambiato nulla nel processo educativo. L'obsolescenza di cui parlavo è sempre la stessa e tra pochi anni assisteremo sicuramente alle stesse battaglie, combattute per le stesse questioni fasulle, esattamente come prima.
C'è veramente qualcosa di radicalmente sbagliato... e non credo proprio che ciò che è sbagliato sia una sventura necessaria contro la quale non si possa far nulla. Quando si riconosce che qualcosa è necessario si prova una sorta di libertà. A questo riconoscimento segue la chiara visione di come agire. Riusciamo ad andare in bicicletta solo dopo che i nostri riflessi parzialmente inconsci riconoscono e accettano le leggi del suo equilibrio dinamico.
Devo ora chiedervi una riflessione più tecnica e più teorica di quanto non si pretenda di solito dai consigli direttivi a proposito della percezione che essi hanno del proprio posto nella storia. Non vedo perchè‚ mai il rettore e i docenti di una grande università debbano avere le stesse propensioni anti-intellettuali della stampa o dei "media". Anzi, attribuir loro di prepotenza queste propensioni sarebbe offensivo.
Intendo quindi analizzare quel processo squilibrato detto 'obsolescenza' che potremmo con più precisione chiamare 'progresso unilaterale'. E' chiaro che perchè‚ vi sia obsolescenza debbono esservi, in altre parti del sistema, altri cambiamenti al cui confronto ciò che è obsoleto resta in qualche modo indietro o in ritardo. In un sistema statico non vi sarebbe obsolescenza!
Sembra che nel processo evolutivo vi siano due componenti, e che analogamente il processo mentale possegga una doppia struttura. Userò l'evoluzione biologica come parabola o paradigma per introdurre ciò che dirò più avanti sul pensiero, sul cambiamento culturale e sull'educazione.
La sopravvivenza (1) dipende da due fenomeni o processi contrastanti, due modi di raggiungere l'adattamento. Come Giano, l'evoluzione deve sempre guardare in due direzioni: all'interno, verso le regolarità dello sviluppo e la fisiologia delle creature viventi, e all'esterno, verso i capricci e le esigenze dell'ambiente. Queste due componenti necessarie della vita si contrappongono in modi interessanti: lo sviluppo interno - l'embriologia o 'epigenesi' - è "conservativo" e richiede che ogni cosa nuova si conformi o sia compatibile con le regolarità dello stato preesistente. Se pensiamo a una selezione naturale di caratteristiche anatomiche o fisiologiche nuove, è chiaro che un aspetto di questo processo selettivo favorirà quei tratti nuovi che non mandano tutto quanto a gambe all'aria. Questo è conservatorismo minimo necessario.
Il mondo esterno invece è in perpetuo cambiamento ed è sempre pronto ad accogliere creature che abbiano subito cambiamenti: esso esige quasi il cambiamento. Nessun animale, nessuna pianta possono mai essere 'confezionati'. La ricetta interna esige la compatibilità, ma non è mai sufficiente per lo sviluppo e la vita dell'organismo. Tocca sempre alla creatura stessa compiere il cambiamento del proprio corpo. Essa deve acquisire certi caratteri somatici tramite l'uso, il disuso, l'abitudine, le privazioni e il nutrimento. Questi '"caratteri acquisiti"', però, non devono mai esser trasmessi ai discendenti, non devono essere incorporati direttamente nel D.N.A. In termini di organizzazione, l'ingiunzione - per esempio, di fare bambini con spalle robuste che lavorino meglio nelle miniere di carbone - dev'essere trasmessa "attraverso dei canali", e in questo caso il canale è quello della selezione naturale esterna di quei discendenti che (grazie al rimescolamento "casuale" dei geni e alla creazione casuale delle mutazioni) si troveranno ad avere una maggior propensione all'irrobustimento delle spalle se sottoposti al lavoro nelle miniere di carbone.
Sotto la pressione esterna, il corpo dell'individuo subisce un cambiamento adattativo, ma la selezione naturale agisce sul "pool" genico della "popolazione". Si noti però il seguente principio, che di solito sfugge ai biologi: è il carattere acquisito detto “lavorare nelle miniere di carbone” che costituisce il contesto per la selezione dei cambiamenti genetici detti “maggior propensione all'irrobustimento delle spalle”. I caratteri acquisiti non diventano poco importanti perchè‚ non sono portati nel D.N.A. e trasmessi da esso. Sono sempre le "abitudini" che stabiliscono le condizioni della selezione naturale.
E si noti il seguente principio inverso: l'acquisizione di abitudini cattive, a livello sociale, stabilisce certamente il contesto per la selezione di propensioni genetiche che finiscono per essere letali.
Siamo così pronti per esaminare l'obsolescenza nei processi mentali e culturali. Se volete comprendere il processo mentale, guardate l'evoluzione biologica e, viceversa, se volete comprendere l'evoluzione biologica, guardate il processo mentale.
Poco fa ho richiamato l'attenzione sulla circostanza che la selezione interna in biologia deve sempre insistere sulla "compatibilità" con il passato immediato, e che nei lunghi tempi dell'evoluzione è la selezione interna che determina quelle 'omologie' che tanto deliziavano la precedente generazione di biologi. E' la selezione interna che è conservativa, e questo conservatorismo si manifesta nel modo più vistoso nell'embriologia e nella conservazione della forma astratta. Il ben noto processo mentale mediante il quale una tautologia (2) cresce e si differenzia in numerosi teoremi somiglia al processo dell'embriologia.
In breve, il conservatorismo ha radici nella "coerenza" e nella "compatibilità", le quali si accompagnano a ciò che sopra ho chiamato il "rigore" del processo mentale. E' qui che dobbiamo cercare le radici delle obsolescenze.
E il paradosso o il dilemma che ci sconcerta e sgomenta quando ci proponiamo di correggere o combattere l'obsolescenza è semplicemente la paura che abbandonando ciò che è obsoleto, perderemo la coerenza, la chiarezza, la compatibilità, "perfino il senno".
Tuttavia, l'obsolescenza ha un altro aspetto. E' evidente che, se una qualche parte di un sistema culturale 'è in ritardo', dev'esserci qualche altra sua parte che si è evoluta 'troppo in fretta'. L'obsolescenza sta nel contrasto tra queste due componenti. Se il ritardo di una delle parti è dovuto alla componente interna della selezione naturale, allora è naturale congetturare che le radici di un troppo rapido 'progresso' se mi consentitesi troveranno nei processi della selezione esterna.
E difatti le cose stanno proprio così: “il tempo è fuori squadra” perchè‚ le due componenti che governano il processo evolutivo non vanno più al passo l'una con l'altra. L'immaginazione ha oltrepassato abbondantemente il rigore, e alle persone anziane e conservatrici come me il risultato assomiglia molto alla pazzia, o forse all'incubo, fratello della pazzia. Il sogno è un processo che non viene corretto né‚ dal rigore interno né‚ dalla 'realtà' esterna.
In certi campi ciò che ho detto sopra è già noto. E' risaputo che la legislazione è in ritardo rispetto alla tecnologia, e che l'obsolescenza che accompagna la senescenza è un'obsolescenza di modi di pensare che rende difficile ai vecchi stare al passo con i costumi dei giovani. E così via.
Ma io ho detto qualcosa di più di quanto questi esempi particolari potrebbero suggerire. Questi, si direbbe, sono esempi di un principio molto profondo e generale, la cui grande generalità è dimostrata dalla sua applicabilità tanto al processo evolutivo quanto al processo mentale.
Abbiamo a che fare con una specie di relazione astratta che ricorre come componente necessaria in molti processi di cambiamento, e che ha molti nomi. Alcuni sono familiari: struttura/quantità, forma/funzione, lettera/spirito, rigore/immaginazione, omologia/analogia, calibrazione/retroazione, e così via. Alcuni possono preferire una delle due componenti di questo dualismo, e allora noi li chiamiamo 'conservatori', 'radicali', 'liberali' e così via. Ma dietro queste etichette sta la verità epistemologica che afferma recisamente che i poli dell'opposizione che divide le persone sono in realtà necessità dialettiche del mondo vivente. Non ci può essere 'giorno' senza 'notte', o 'forma' senza 'funzione'.
Il problema pratico è un problema di combinazione. Una volta riconosciuta la natura dialettica della relazione tra questi poli di opposizione, come procederemo? Sarebbe facile giocare la partita da una parte sola, ma l'"arte dello statista" richiede qualcosa di più e, in verità, di più difficile.
Ritengo che se è vero che i membri di questo Consiglio hanno qualche dovere significativo, esso è di essere degli statisti, e precisamente in questo senso: il dovere di elevarsi al di sopra delle parti, delle componenti o delle particolari bizzarrie della politica universitaria.
Vediamo come vengono affrontate le opposizioni tra forma e funzione e così via, ricordando che il problema è sempre quello di scegliere bene i tempi: come accelerare "senza pericolo" il cambiamento della forma per evitare l'obsolescenza? E come riassumere e codificare, senza fretta eccessiva, nel corpus della forma le descrizioni del cambiamento di funzionamento?
Nell'evoluzione biologica la regola è semplice: gli effetti del funzionamento che si manifestano in forma immediata nel corpo dell'individuo non potranno mai interferire con il codice genetico individuale. Il "pool" genico della "popolazione" è tuttavia soggetto a cambiamento a causa di una selezione naturale che riconosce le differenze, soprattutto le differenze nella capacità di conseguire un funzionamento più adattativo. La barriera che proibisce l'ereditarietà 'lamarckiana' protegge appunto il sistema genetico da un cambiamento troppo rapido causato da esigenze magari capricciose dell'ambiente.
Ma nelle culture, nei sistemi sociali e nelle grandi università non esiste una barriera equivalente. Le innovazioni vengono adottate in modo irreversibile e inserite nella dinamica del sistema senza che ne venga verificata la vitalità a lungo termine, mentre i cambiamenti necessari vengono ostacolati dal nucleo degli individui conservatori senza alcuna garanzia che siano proprio quelli i cambiamenti da ostacolare.
Il benessere e il disagio dell'"individuo" diventano gli unici criteri di scelta del cambiamento "sociale", e la fondamentale differenza di tipo logico tra elemento e categoria viene dimenticata finch‚ la nuova situazione non genera (inevitabilmente) nuovi disagi. La paura della morte individuale e del dolore fanno apparire 'positiva' l'eliminazione delle malattie epidemiche, e solo dopo cent'anni di medicina preventiva scopriamo che la popolazione è aumentata troppo. E così via.
L'obsolescenza non deve essere evitata semplicemente accelerando il cambiamento della struttura, n‚ può essere evitata semplicemente rallentando i cambiamenti funzionali. E' chiaro che non vanno bene n‚ un conservatorismo assoluto n‚ un'assoluta brama di cambiamento. Una combinazione antagonistica dei due abiti mentali sarebbe forse migliore di entrambi presi da soli, ma i sistemi antagonistici sono notoriamente soggetti a determinismi estranei. E' probabile che a orientare la decisione sia la 'forza' relativa degli avversari, quale che sia la forza relativa dei loro argomenti.
Non è tanto il 'potere', la 'potenza', che corrompe quanto il "mito" della 'potenza'. Si è già detto che si deve diffidare della 'potenza', così come dell''energia', della 'tensione' e delle altre metafore fisiche: tra esse, la 'potenza' è una delle più pericolose. Chi si strugge per un'astrazione mitica non potrà mai essere saziato! Noi insegnanti non dovremmo alimentare questo mito.
In un combattimento a due è difficile che ciascun avversario riesca a vedere più in là della dicotomia tra vittoria e sconfitta. Come il giocatore di scacchi, egli è sempre tentato di fare una mossa astuta e ingannevole per ottenere una rapida vittoria. La disciplina del cercare la mossa migliore per ogni posizione dei pezzi è dura da raggiungere e dura da mantenere. Il giocatore deve sempre guardare a una prospettiva più lontana, a una "Gestalt" più vasta.
Siamo così ritornati al punto di partenza, ma ora lo vediamo in una prospettiva più ampia. Questo punto è un'università e noi ne siamo il Consiglio che la dirige. La prospettiva più ampia "concerne" le prospettive, e la domanda che viene posta è: noi, membri di questo Consiglio, incoraggiamo tutto ciò che negli studenti, negli insegnanti e intorno a questo tavolo promuoverà quelle più ampie prospettive capaci di riportare il nostro sistema entro una giusta sincronia o armonia tra rigore e immaginazione?
Come "insegnanti", siamo saggi?
NOTE.
(1). Per sopravvivenza intendo il mantenimento di uno stato stazionario attraverso generazioni successive. O, in termini negativi, la prevenzione della "morte del più grande sistema che noi possiamo avere a cuore". L'estinzione dei dinosauri fu trascurabile in termini galattici, ma questo per i dinosauri è una magra consolazione. Noi non riusciamo a preoccuparci gran che dell'inevitabile sopravvivenza di sistemi più grandi della nostra ecologia.
(2). “Tautologia” è il termine tecnico per indicare aggregati o reti di proposizioni quali la geometria euclidea, la geometria di Riemann o l'aritmetica. L'aggregato scaturisce da un gruppo fissato di assiomi o definizioni arbitrari, e una volta enunciati gli assiomi "nessuna 'nuova' informazione può essere aggiunta" al gruppo. La 'prova' di un teorema è la dimostrazione che il teorema era effettivamente tutto implicito negli assiomi e nelle definizioni.