mercoledì 8 agosto 2012

moonlighTao

Vladimir Kush, Moonlight Sonata
Final Movement. The passionate ardor of pianist "inspires" the instrument, the folds of curtain, and figures of spectators, creating a sensation of imminent takeoff. The music reaches its peak emphasized by the solemn red coloring of the painting. Its streams soar to the concave mirror of the moon, and, focused by it, return to the scene. The reflected flow carries the magical energy of the moon, causing mysterious transformations all around. We see as the spectators are shrouding themselves in spectral cocoons, or acquiring something like butterfly wings. The play of light patches on the piano and glimmering reflections on the curtain create a unique sensation of a butterfly fluttering its wings.

la complessità dal KaliYuga al Tao - VI


16. I principi ologrammatic e dialogico
Il principio ologrammico o ologrammatico dovrebbe anche essere proposto, secondo il quale non solo una parte è all'interno di un tutto, ma anche il tutto è all'interno della parte, proprio come la totalità del patrimonio genetico si trova in ogni cellula del nostro organismo, la società con la sua cultura è dentro lo spirito di un individuo.
Torniamo ancora una volta al nucleo logico di complessità che vedremo, è dialogica: separabilità-inseparabilità, tutto-parti, effetto-causa, prodotto-produttore, vita-morte, homo sapiens-homo demens, etc.
È qui che il principio del terzo escluso rivela il suo limite. Gli stati medi esclusi "A non può essere non A e A", mentre può essere uno e l'altro. Ad esempio, Spinoza è ebreo e non ebreo, non è né ebreo, né non-ebreo. E' qui che la dialogica non è la risposta a questi paradossi, ma il mezzo per affrontarli, considerando la complementarità degli antagonismi e il gioco produttivo, a volte vitale, degli antagonismi complementari.

17. Per le scienze, un certo numero di conseguenze
Per quanto riguarda le scienze, possiamo vedere un certo numero di conseguenze.
Prima di tutto, la scienza classica è in qualche modo complessa, anche quando produce conoscenza semplificatrice. Perché?
Perché la scienza è un quadrupede che cammina sulle quattro gambe seguenti: la gamba dell'empirismo fatto di dati, la sperimentazione o osservazione; la gamba della razionalità, fatta di teorie logicamente costituite; la gamba della verifica, sempre necessaria; e la gamba dell'immaginazione, perché le grandi teorie sono il prodotto di una potente immaginazione creativa. Così la scienza è complessa, prodotta da un movimento quadrupede, che le impedisce di solidificarsi.
La conoscenza oggettiva che è la sua idea, ha portato alla necessità di eliminare la soggettività, cioè la parte emotiva inerente a ciascun osservatore, ad ogni scienziato, ma comprende anche l'eliminazione del soggetto, cioè l'essere che concepisce e conosce. Tuttavia, qualsiasi conoscenza, compresi l'obiettiva, è al tempo stesso una traduzione cerebrale a partire dai dati del mondo esterno e una ricostruzione mentale, a partire da alcune potenzialità organizzative dello spirito. E' certo che l'idea di una pura oggettività è un'utopia. L'oggettività scientifica è prodotta da esseri che sono soggetti, all'interno di determinate condizioni storiche, a partire dalle regole del gioco scientifico. Il grande contributo di Kant fu di mostrare che l'oggetto della conoscenza è co-costruito dal nostro spirito. Egli ci ha indicato che è necessario conoscere le conoscenze per conoscere le sue possibilità e limiti. La conoscenza della conoscenza è un requisito del pensiero complesso.
Come Husserl indicò negli anni 30, in particolare nella sua conferenza sulla crisi della scienza europea, le scienze hanno sviluppato mezzi estremamente sofisticati per conoscere gli oggetti esterni, ma nessuno per conoscere se stessi. Non c'è scienza della scienza, e persino la scienza della scienza sarebbe insufficiente se non si includono i problemi epistemologici. La scienza è un cantiere tumultuoso, la scienza è un processo che non può essere programmato in anticipo, perché non si può mai programmare ciò che si troverà, dal momento che la caratteristica di una scoperta è la sua imprevedibilità. Questo processo incontrollato ha portato oggi allo sviluppo delle potenzialità di distruzione e di manipolazione, che deve portare l'introduzione nella scienza di una doppia coscienza: una coscienza di sé stessi, e una coscienza etica.
Inoltre, credo che sarà necessario arrivare sempre più ad una conoscenza scientifica integrando la conoscenza dello spirito umano alla conoscenza dell'oggetto, che questo spirito afferra e riconoscere l'inseparabilità tra oggetto e soggetto.

18. Due rivoluzioni scientifiche introdotto la complessità de facto
Ho già indicato come il concetto di complessità è emerso in maniera marginale in una sfera di matematici/ingegneri. Va indicato ora che il XX secolo conosceva due rivoluzioni scientifiche che de facto hanno introdotto la complessità senza, però, riconoscere questa nozione che rimase implicita.
La prima rivoluzione, dopo la termodinamica del XIX secolo, è quella della microfisica e della cosmofisica che introdussero indeterminismo, rischio - dove regnava il determinismo - ed elaborarono metodi adeguati per affrontare le incertezze incontrate.
La seconda rivoluzione è quella che raccoglie le discipline e ripristina tra loro un tessuto comune. Si comincia nella seconda metà del XX secolo. Così negli anni 60, le scienze della Terra delinearono la Terra come un sistema fisico complesso, che rende oggi possibile articolare geologia, sismologia, vulcanologia, meteorologia, ecologia, etc. Allo stesso tempo, l'ecologia si sviluppa come una conoscenza scientifica che riunisce dati e informazioni provenienti da diverse discipline fisiche e biologiche nella concezione degli ecosistemi. Essa rende possibile concepire come un ecosistema sia si degrada, sia si sviluppa o mantiene la sua omeostasi. Dagli anni 70, la concezione ecologica si estende a tutta la biosfera, necessariamente introducendo conoscenza dalle scienze sociali.
Anche se l'ecologia, a livello di biosfera, non può fare previsioni rigorose, può darci l'ipotesi fondamentale, per quanto riguarda, ad esempio, il riscaldamento globale, che si manifesta con lo scioglimento dei ghiacciai in Antartide o in Artico. L'ecologia, la cosmologia e le scienze della Terra sono diventate scienze poli-disciplinari, anche transdisciplinari. Prima o poi, questo arriverà in biologia, dal momento in cui l'idea di auto-organizzazione sarà stabilita, questo arriverà nelle scienze sociali, sebbene siano estremamente resistenti.
Infine, l'osservatore, inseguito dal postulato di oggettività, è stato introdotto in certe scienze, come la microfisica dove l'osservatore perturba ciò che osserva. Nel caso della cosmologia, anche se uno non aderisce a ciò che Brandon Carter chiamato il principio antropico, che tiene conto del posto degli esseri umani nell'universo, si è costretti a concepire che questo universo, tra le sue possibilità forse trascurabili, ha avuto la possibilità di vita umana, forse solo su questo pianeta Terra, ma forse anche altrove.
The NASA/ESA Hubble Space Telescope captured this billowing cloud of cold interstellar gas and dust rising from a tempestuous stellar nursery located in the Carina Nebula, 7500 light-years away in the southern constellation of Carina. This pillar of dust and gas serves as an incubator for new stars and is teeming with new star-forming activity.
Così, il tessuto comune tra l'umano, il vivente, e l'Universo può essere ripristinato, il che implica una concezione complessa in grado allo stesso tempo di distinguere l'umano dal naturale e di integrarlo.

summer Tao


lunedì 6 agosto 2012

Tao fantasma

Nel 1992 P.P. Gariaev e V.P. Poponin, biologi molecolari dell'Accademia Russa delle Scienze, riportarono il cosidetto Effetto DNA Fantasma. Il test che lo evidenzia si può riassumere come:
il setup utilizzato è quello denominato photon correlation spectroscopy o scattering (diffusione) dinamico della luce, una tecnica utilizzata per determinare il profilo d'ampiezza di particelle in sospensione. Il campione da analizzare viene posto in una cuvetta su cui incide un fascio laser; le particelle in soluzione diffondono spazialmente a diversi angoli la luce la quale, ad un determinato angolo, viene rivelata da un fotomoltiplicatore. Il segnale generato viene conteggiato nel numero di fotoni rivelati e autocorrelato per estrarre un eventuale segnale periodico o un pattern dal rumore. Se le particelle in analisi sono piccole rispetto alla lunghezza d'onda della luce laser si ha tipicamente uno scattering di tipo Rayleigh e si osserva una dipendenza nel tempo del segnale dell'intensità di scattering dovuta al moto browniano termico delle particelle in soluzione del tipo:

dove il segnale di autocorrelazione è legato alle dimensioni delle particelle.
Nell'esperimento di Gariaev e Poponin si sono introdotti per l'analisi spettroscopica diversi campioni di DNA con i seguenti risultati:
nella prima figura è riportata la funzione di autocorrelazione con il campione vuoto per ottenere il background di rumore della misura, rappresentato da conteggi casuali del fotomoltiplicatore.
Nella seconda figura è illustrata la funzione di autocorrelazione ottenuta ponendo un campione di DNA nella camera di misura, con un tipico andamento oscillatorio e di decadimento esponenziale.
Se il campione di DNA viene rimosso ci si aspetta, naturalmente, che il segnale ritorni al rumore di fondo; in modo del tutto inaspettato invece si misura il segnale periodico della terza figura dopo 2,5 secondi dalla rimozione del campione, che persiste per alcune decine di secondi e cambia nel tempo, come nella quarta figura dopo 25,6 secondi, come se il DNA fosse rimasto nella scatola e si comportasse da “fantasma”.
Molti altri esperimenti di controllo hanno confermato che iniziando l'esperimento senza DNA, il laser restituisce una traccia in cui si può evidenziare solamente rumore. Inserendo il DNA si ha una traccia con un preciso segnale, togliendo il DNA il livello del segnale diminuisce ma si possono riconoscere bene dei profili, come se fossero generati da un DNA, appunto da un DNA fantasma.
Gariaev e Poponin hanno inoltre riportato che se il fascio laser è modulato si trova che è in grado di modificare la struttura del DNA; ad esempio furono in grado di convertire un embrione di rana in un embrone di salamandra. 
Entrambi gli effetti, l’interazione luce-DNA e l’effetto fantasma, sono al momento inspiegati.
Diversi esperimenti correlati sono stati riportati dal gruppo di Gariaev ed altri gruppi russi; ad esempio nel 1975 V. Adamenko eseguì il seguente esperimento:
Ref.: Gariaev et al., "Principles of Linguistic-Wave Genetics", DNA Decipher Journal, January 2011
da una foglia vivente si sono tagliate alcune parti e il rimanente è stato esposto ad un campo elettromagnetico ad alta frequenza. Visualizzando l'immagine della foglia una parte assente esibiva l'effetto fantasma, che durava per 10-15 secondi ed è stato filmato.

P.P. Gariaev, K.V. Grigor’ev, A.A. Vasil’ev, V.P. Poponin, and V.A. Shcheglov, “Investigation of the Fluctuation Dynamics of DNA Solutions by Laser Correlation Spectroscopy,” Bulletin of the Lebedev Physics Institute (1992), no. 11-12, p. 23-30.
as cited by Vladimir Poponin in an online article “The DNA Phantom Effect: Direct Measurement of a New Field in the Vacuum Substructure” (Update on DNA Phantom Effect: March 19, 2002).

The DNA Phantom Effect

il meglio Tao






venerdì 3 agosto 2012

quanto Tao sai?


Figlia Papà, quante cose sai?
Padre Eh? Uhm ... so circa un chilo di cose.
F. Non dire sciocchezze. Un chilo di quali cose? Ti sto chiedendo davvero quante cose sai.
P. Be', il mio cervello pesa circa un chilo e penso di usarne circa un quarto ... Quindi diciamo due etti e mezzo.
F. Ma tu sai più cose del papà di Johnny? Sai più cose di me?
P. Uhm ... una volta conoscevo un ragazzino in Inghilterra che chiese a suo padre: «I padri sanno sempre più cose dei figli?» e il padre rispose: «Sì». Poi il ragazzino chiese: « Papà, chi ha inventato la macchina a vapore?» e il padre: "James Watt». E allora il figlio gli ribatté: "Ma perché non l'ha inventata il padre di James Watt?".

F. Lo so. lo so più cose di quel ragazzo, perché so perché il padre di James Watt non l'ha inventata. È perché qualcun altro doveva inventare quaIcos'altro prima che chiunque potesse fare una macchina a vapore. Voglio dire ... non so ... ma ci voleva qualcuno che scoprisse la benzina prima che qualcuno potesse costruire un motore.
P. Sì ... questa è la differenza. Cioè, voglio dire che il sapere è come tutto intrecciato insieme, o intessuto, come una stoffa, e ciascun pezzo di sapere è significativo o utile solo in virtù degli altri pezzi, e ...
F. Pensi che si dovrebbe misurare in metri?
P. No, direi di no.
F. Ma le stoffe si comprano a metro.
P. Sì, ma non volevo dire che è una stoffa. È solo come stoffa ... e certamente non sarebbe piatto come stoffa ... ma avrebbe tre dimensioni ... forse quattro dimensioni.
F. Che cosa vuoi dire, papà?
P. Non so, veramente, tesoro. Stavo solo cercando di riflettere.

P. Non sta andando molto bene, questa mattina. E se prendessimo un'altra rotta? Ciò su cui dobbiamo riflettere è come i pezzi del sapere sono intrecciati insieme. Come si aiutano l'un l'altro.
F. E come fanno?
P. Be' ... qualche volta due fatti si sommano e tutto ciò che ne salta fuori sono solo due fatti. Ma qualche volta, invece di sommarsi soltanto, i due fatti si moltiplicano ... e saltano fuori quattro fatti.
F. Non si può moltiplicare uno per uno e ottenere quattro. Lo sai che non si può.
P. Oh, perbacco.

P. Ma sì che si può. Se le cose da moltiplicare sono pezzi di sapere o fatti o qualcosa del genere. Perché ciascuno di essi è qualcosa di doppio.
F. Non capisco.
P. Anzi, qualcosa di almeno doppio.
F. Ma papà!
P. Sì ... prendiamo il gioco delle venti domande. Tu pensi qualcosa, per esempio pensi 'domani'. Bene. Ora io ti chiedo: «E astratto?», e tu dici: «Sì». Ora dal tuo 'sì' io ho ricavato una doppia dose d'informazione: so che è astratto e so che non è concreto. O diciamo così... dal tuo 'sì' io posso dimezzare il numero delle possibilità per  ciò che può essere quella cosa. E questo è moltiplicare per un mezzo.
F. Non è una divisione?
P. Sì... è lo stesso. Cioè ... d'accordo, è una moltiplicazione per 0,5. La cosa importante è che non si tratta solo di una sottrazione o di un'addizione.
F. Come fai a sapere che non lo è?
P. Come faccio a saperlo? ... Be', metti che io faccia un'altra domanda e dimezzi le possibilità tra le cose astratte. E poi un'altra. Con ciò le possibilità si saranno ridotte a un ottavo di quelle che erano all'inizio. E due volte due volte due fa otto.
F. E due più due più due fa soltanto sei.
P. Proprio.
F. Ma, papà, non capisco: che cosa succede con le venti domande?
P. Il fatto è che se scelgo bene le domande, posso scegliere tra due volte due volte due volte due ... per venti volte cose, cioè tra 2 alla 20 cose. Questo fa più di un milione di cose che tu avresti potuto pensare. Una domanda è sufficiente per decidere tra due cose; e due domande possono decidere fra quattro cose ... e così via.
F. Non mi piace l'aritmetica, papà.
P. Sì, lo so. Fare i calcoli è noioso, ma certe idee sono divertenti. Comunque tu volevi sapere come misurare il sapere, e se cominci a misurare le cose, questo ti porta sempre all'aritmetica.
F. Ma ancora non abbiamo per niente misurato il sapere.
P. Sì, lo so. Però abbiamo fatto qualche progresso verso la possibilità di misurarlo, se lo volessimo. E ciò vuoi dire che siamo un po' più vicini a sapere che cos'è il sapere.
F. Quello sarebbe un sapere molto buffo, papà, il sapere sul sapere ... questo tipo di sapere lo misureremmo allo stesso modo?
P. Lasciami pensare ... non so ... questa è proprio la domanda del raddoppio finale. Perché ... be', torniamo al gioco delle venti domande. Quello che ancora non abbiamo detto è che le domande debbono avere un certo ordine: prima le domande generali, e poi quelle particolari. Ed è solo dalle risposte alle domande generali che si sa quali domande particolari si debbono fare. Invece noi le abbiamo considerate tutte uguali. Non so. Ora però tu mi chiedi se il sapere sul sapere si dovrebbe misurare allo stesso modo del sapere d'altro tipo. E la risposta deve sicuramente essere no. Vedi, se le prime domande del gioco mi dicono quali domande devo fare dopo, esse devono in parte essere domande sul sapere. Esse indagano su che cos'è il sapere.
F. Papà ... c'è mai stato nessuno che ha misurato quanto uno sapeva?
P. Oh, sì, spesso. Ma certo non so quale fosse il significato dei risultati. Lo fanno mediante esami e prove e quiz, ma è come cercar di sapere quanto è grande un pezzo di carta gettandogli contro dei sassi.
F. Cioè, come?
P. Voglio dire ... se tu getti dei sassi a due pezzi di carta dalla stessa distanza, e vedi che uno dei due pezzi è colpito più spesso dell'altro, allora probabilmente quello che colpisci di più è più grande dell'altro. Allo stesso modo, in un esame tu getti un sacco di domande agli studenti, e se vedi che colpisci più conoscenze in uno studente che negli altri, allora pensi che quello ne sappia di più. Questa è l'idea.
F. Ma in questo modo si potrebbe misurare un pezzo di carta?
P. Certo che si potrebbe. Anzi, sarebbe un ottimo metodo. Si misurano moltissime cose, in questo modo. Per esempio si giudica quanto è forte un caffè guardando quanto è scuro ... si guarda cioè quanta luce esso blocca. Si gettano onde luminose invece che sassi, ma è la stessa
idea.
F. Ah.

F. Ma allora ... perché non dovremmo misurare il sapere a quel modo?
P. Come? Coi quiz? No ... per l'amor di Dio. Il punto è che quel metodo di misura non risponde alla tua domanda - che ci sono diversi generi di sapere - e che c'è il sapere sul sapere. E poi si dovrebbero dare voti più alti allo studente che sa rispondere alle domande più generali? O forse ci dovrebbero essere tipi diversi di voti per i diversi tipi di domande.
F. Be', d'accordo, facciamo così e poi sommiamo tutti i voti, e poi ...
P. No ... non si potrebbero sommare insieme. Potremmo moltiplicare o dividere un tipo di voto per un altro tipo, ma non potremmo sommarli.
F. Perché no, papà?
P. Perché ... perché no. Non mi stupisco che non ti piaccia l'aritmetica, se non ti spiegano queste cose a scuola. Che cosa ti spiegano? Perdinci, mi domando che idee abbiano gl'insegnanti sull'aritmetica.
F. E che cosa è l'aritmetica, papà?
P. No. Restiamo al problema di misurare il sapere ... L'aritmetica è un insieme di trucchi per pensare con chiarezza, e l'unica cosa divertente che ha è la chiarezza. E la prima regola per essere chiari è quella di non mescolare idee che sono del tutto diverse tra loro. L'idea di due arance è del tutto diversa dall'idea di due chilometri. Perché se le sommi ottieni solo una grande confusione in testa.
F. Ma, papà, io non so tener separate le idee. Dovrei farlo?
p. No ... no ... No, naturalmente. Devi combinarle; ma non sommarle. Ecco tutto. Cioè ... se le idee sono numeri e vuoi combinarne due tipi diversi, la cosa da fare è moltiplicarli l'uno per l'altro. E allora hai un nuovo tipo di idea, un nuovo tipo di quantità. Se nella tua testa ci sono chilometri e ci sono ore, e tu dividi i chilometri per le ore, ottieni 'chilometri all'ora', cioè una velocità.
F. Sì, papà. E se invece li moltiplicassi, che cosa otterrei?
P. Be', ehm ... penso che otterresti chilometri-ora? Sì, so di che si tratta. Cioè so che cos'è un chilometro-ora. È quello che si paga al tassista. Il suo contachilometri misura i chilometri e poi c'è un orologio che misura le ore, e il contachilometri e l'orologio lavorano insieme e moltiplicano le ore per i chilometri, e poi i chilometriora vengono moltiplicati per qualcos'altro che trasforma i chilometri-ora in denaro.
F. Una volta ho fatto un esperimento.

P. Quale?
F. Volevo vedere se riuscivo a pensare due pensieri contemporaneamente. Allora pensai 'È estate' e pensai 'È inverno'. E cercai di pensare alle due cose insieme.
P. Allora?
F. Ma mi accorsi che non stavo pensando due pensieri. Pensavo un solo pensiero a proposito di pensarne due.
P. Certo, è proprio così. Non si possono mescolare i pensieri, si possono solo combinare. E alla fin fine ciò significa che non li si può contare. Perché contare è proprio aggiungere semplicemente una cosa all'altra. E peri pensieri questo non lo si può fare assolutamente.
F. Allora veramente abbiamo un solo grande pensiero che ha tanti rami ... tanti e tanti e tanti rami?
P. Sì, penso di sì. Non so. Comunque penso che sia un modo più chiaro per dirlo. Cioè più chiaro che parlare di pezzi di sapere e cercare di contarli.

F. Papà, perché non usi gli altri tre quarti del tuo cervello?
P. Ah, sì... già ... vedi, il punto è che anch'io ho avuto degli insegnanti a scuola. E loro hanno riempito circa un quarto del mio cervello di fumo. Poi ho letto i giornali e ho ascoltato quello che dicevano gli altri, e così mi son riempito di fumo un altro quarto.
F. E l'altro quarto, papà?
P. Oh ... quello è il fumo che ho fatto da me quando ho cercato di pensare da solo.


metalogue: "How much do you know?", from ETC.:A Review of General Semantics, Vol. X, 1953.

mercoledì 1 agosto 2012