venerdì 27 aprile 2012

la via dal KaliYuga al Tao






















"Il presente è incerto, pieno di angosce, e il futuro, se proiettato nel corso attuale del divenire del pianeta, un disastro annunciato. Ci troviamo di fronte a una crisi globale a doppio senso: crisi delle civilizzazioni tradizionali sotto il colpo dello sviluppo e della globalizzazione (la cosiddetta occidentalizzazione) e crisi della nostra civilizzazione occidentale, produttrice di questo divenire accelerato, in cui la scienza e la tecnica non hanno più alcun controllo e il profitto è assunto a maître di ogni azione e pensiero. Il nuovo dio è diventato il capitalismo finanziario, generato dal fanatismo religioso risvegliatosi dopo la morte del totalitarismo comunista: questa prospettiva non può che condurci, partendo dal dato presente, alla conclusione che il futuro sarà assolutamente catastrofico. Ciò che si è perduto è il credere nel progresso come via storica, non ci facciamo più cullare dall’illusione della possibilità di un avvenire positivo. Fino a quando il presente sarà carico di ansia e terrore, angoscia, ci rifugeremo nel passato, spiega Morin, nell’identità, nella religione. È a partire da questa constatazione che si capisce anche questo risveglio delle religioni. Una parte delle nuove generazioni si converte all’integrismo religioso; questo si può ben vedere ora in molti paesi arabo-musulmani.
La situazione attuale è aggravata anche dalla constatazione del fatto che esiste un grande vuoto di pensiero: le vecchie generazioni hanno creduto alla rivoluzione, al comunismo, alla società detta industriale, alla prosperità, alla fine della crisi. C’erano la speranza, le rivoluzioni, ed ora queste speranze sono distrutte. C’è bisogno di nuovi pensatori, e che le coscienze vengano provocate. Hölderlin diceva “la dove c’è il pericolo, cresce anche ciò che salva”. Forse il momento è arrivato, sempre più gravi e urgenti le questioni che ci interrogano e che esigono una presa di posizione e un’azione. L’improbabile, quello che secondo il filosofo, è la sola possibilità di risvegliare le coscienze e rendere il probabile non-probabile, è la vitalità della società civile, una creatività portatrice d’avvenire. Le idee sono dappertutto, bisogna mettersi all’opera".

 Nel libro lei critica l'idea di sviluppo. Perché?
"La mondializzazione porta in sé l'occidentalizzazione e il mito dello sviluppo fondato sull'idea di una crescita infinita. È un mito che ci porta dritti contro un muro. Non possiamo continuare a riempire il Pianeta di automobili, di centrali e di megalopoli. Questo modello di sviluppo - figlio di un liberalismo economico senza regole, tutto teso a produrre e a consumare sempre di più - comporta conseguenze disastrose per la biosfera e le risorse naturali. Oggi, si parla molto di sviluppo sostenibile, che però mi sembra solo una mezza misura. In realtà, occorre affrontare e spaccare il nocciolo duro, tecno-economico, del concetto tradizionale di sviluppo, per salvarne solo alcuni elementi da mettere al servizio di un altro modello di sviluppo umano. È un problema urgente che riguarda tutti".

È per questa ragione che parla di Terra-patria?
"L'aspetto positivo della mondializzazione è che ormai c'è una comunità di destino di tutti gli esseri umani, ovunque essi si trovino. Siamo tutti di fronte agli stessi problemi fondamentali e alle stesse minacce mortali, sul piano ecologico, climatico, sociale, nucleare, ecc. Una patria è una comunità di destini, quindi la Terra è la patria comune che dobbiamo cercare di salvare in una situazione dove sembra non esserci più futuro e quindi prevalgono l'incertezza, la paura e le logiche regressive. In passato si pensava che la storia fosse guidata dalla legge del progresso. Le crisi del XX secolo hanno spazzato questa illusione".

Che cosa fare allora?
"Al sistema terrestre minacciato da tutte le parti resta solo la via della metamorfosi. In natura, un sistema, quando non riesce più a risolvere i propri problemi vitali, se non vuole perire, è costretto alla metamorfosi. Il bruco è capace di autodistruggersi e autoricostruirsi per diventare una farfalla. L'idea della metamorfosi non è una follia, è una realtà che si è già realizzata altre volte nella storia del Pianeta, nella preistoria ma anche nel Medioevo".

La metamorfosi è però un'operazione complessa e delicata...
"Per salvarsi occorre avere un approccio dialettico, nel tentativo di tenere insieme idee che sulla carta si oppongono. Non credo alla rivoluzione che fa tabula rasa del passato, producendo spesso realtà peggiori di quelle che ha voluto trasformare. Al contrario, abbiamo bisogno di tutte le riforme culturali della storia dell'umanità per trasformare e trasformarci. Per questo è necessario conservare tutti gli aspetti positivi della mondializzazione, che per me contiene il meglio e il peggio. Insomma, occorre al contempo mondializzare e de-mondializzare a seconda degli ambiti, favorire la crescita ma talvolta la decrescita, tenere conto dello sviluppo ma anche dell'inviluppo, della trasformazione come della conservazione. Questa strategia complessa ci consente di conservare la speranza, che naturalmente non è una certezza. Anzi, visto il contesto, la speranza è perfino improbabile. La storia però ci insegna che a volte l'improbabile è riuscito a prendere il sopravvento".

La scienza ha un compito privilegiato in questo processo?
"Anche la scienza è ambivalente, dato che porta in sé minacce e speranze. La scienza moderna si è sviluppata nel XVII e XVIII secolo, liberandosi da ogni controllo morale e politico. Si è così garantita libertà di ricerca e autonomia. C'è stato un periodo in cui la scienza, la tecnica, la ragione, la giustizia, la democrazia e l'uguaglianza avanzavano assieme. Oggi non è più così. La scienza si sviluppa a una velocità senza precedenti, che non lascia il tempo alla società di elaborare un pensiero capace di accompagnarla. La scienza si occupa dei fatti e non dei valori, ma il suo potere sulle nostre vite è diventato enorme, senza dimenticare che spesso essa è pesantemente condizionata dalla ricerca del profitto a ogni costo. È dunque necessario reintrodurre una riflessione etica che ne regoli gli eccessi".

Nel libro lei propone diverse riforme concrete. Con quali priorità?
"Tutte le riforme devono cominciare contemporaneamente, perché sono tutte collegate tra loro. Le riforme della scienza, della conoscenza e dell'educazione sono però prioritarie perché fondamentali. In ambito scientifico, ma non solo, abbiamo bisogno di un approccio interdisciplinare, per non perdere di vista la visione d'insieme. Quando le conoscenze sono troppo specialistiche, frammentarie e prive di collegamenti si rischia di produrre una nuovo tipo di accecamento. Ma naturalmente, per salvare l'umanità, occorre lanciare al contempo anche le altre riforme, quelle che riguardano la società e il nostro modo di vivere, la nostra relazione con le risorse e la biodiversità, come pure il nostro modo di produrre e consumare, di costruire le città e di spostarci. Ci sono solo due modi per uscire da una crisi. La regressione che torna al passato oppure la creatività che, con un grande sforzo d'immaginazione, inventa soluzioni inedite. Io ho scelto da tempo questa seconda possibilità".

giovedì 26 aprile 2012

Nessuna Cosa (il Papa) - V Major


Essere sospesi nel vuoto può terrorizzare e disorientare. Nulla a cui aggrapparsi, nessun senso di orientamento, non un solo segnale di quali scelte o possibilità si possano trovare davanti a noi. Ma proprio questo stato di pura potenzialità esisteva prima della creazione dell'universo.Ora tutto ciò che puoi fare è rilassarti in questo nulla, cadere in questo silenzio tra le parole, osservare questo vuoto che esiste tra il respiro che entra e quello che esce. Fai tesoro di ogni istante di vuoto che l'esperienza ti dona. Sta per nascere qualcosa di sacro.

Buddha ha scelto una delle parole con maggior potenziale - shunyata. Il termine inglese equivalente, "il nulla", non è altrettanto bello. Ecco perché vorrei tradurlo come "nessuna-cosa": perché il nulla non è semplice nulla, è tutto. Vibra di ogni possibilità. È potenziale, potenzialità assoluta. Ancora non è manifesto, ma contiene ogni cosa. All'inizio è la natura, alla fine è la natura, perché dunque fare tanto chiasso nel mezzo? Perché preoccuparsi tanto, essere così ansiosi, così ambiziosi, nel mezzo; perché creare tanta disperazione? L'intero viaggio va dal nulla al nulla.

struttura del Tao magico: conversazioni


 "Non vi è alcuna verità dietro la magia"

Il contesto in cui si è sviluppato il lavoro di Bandler e Grinder sul metamodello linguistico è quello specifico della psicoterapia, sia per la sua genesi sia per le sue applicazioni. In linea generale la linea guida è quella di far ricollegare - attraverso il dialogo - le strutture superficiali del cliente alle sue strutture profonde, contestando e specificando le sue generalizzazioni, deformazioni e cancellazioni per due scopi: ottenere informazioni sul cliente e sul suo contesto e fargli prendere coscienza di parti delle proprie esperienze collegate alla struttura profonda, in modo da permettegli di effettuare maggiori distinzioni e quindi maggiori scelte.
Oltre a ricercare le strutture profonde contestando/specificando le generalizzazioni, deformazioni e cancellazioni espresse dalle strutture superficiali il terapeuta contesta e specifica altre strutture semantiche quali i presupposti - un riflesso linguistico del procedimento di deformazione - del cliente e la cosidetta "lettura del pensiero", una classe di strutture superficiali mal-formate in cui vi è il convincimento di conoscere i pensieri ed i sentimenti di un'altra persona senza una diretta comunicazione da parte di quest'ultima.
Il recupero di strutture profonde ben-formate semanticamente porta al recupero o alla ristrutturazione di aree dell'esperienza del cliente potenzialmente più ricche di distinzioni e scelte possibili.
Nel seguito viene riportata una trascrizione di una conversazione in contesto terapeutico tra un cliente e un terapeuta condotta ed analizzata secondo il metamodello linguistico con le finalità precedentemente illustrate:
Nella sequenza risalendo alla struttura profonda dalle strutture superficiali del tipo "nessuna donna si interessa a me" si passa a "Janet non s'interessa a me" a "mia madre non s'interessava a me", scoprendo la possibilità - precedentemente negata da un vincolo individuale - di poter comunicare direttamente i propri sentimenti alla madre, e più in generale alle persone a cui è interessato.

venerdì 20 aprile 2012

Dialoghi Immortali del Tao: parlo mai di Tao io???!



Tutti si sentono in diritto, in dovere di parlare di cinema.
Tutti parlate di cinema, tutti parlate di cinema, tutti!

Parlo mai di astrofisica, io?
Parlo mai di biologia, io?
Parlo mai di neuropsichiatria?
Parlo mai di botanica?
Parlo mai di algebra?
Io non parlo di cose che non conosco!

Parlo mai di epigrafia greca?
Parlo mai di elettronica?
Parlo mai delle ditte dei ponti dell'autostrada?

Io non parlo di cardiologia!
Io non parlo di radiologia!
Non parlo delle cose che non conosco!!!

gioco e fantasia del Tao - 12

Henry Benke, Totem, Archival Digital Print, 19" x 13.6", 2008.
12. Siamo dunque di fronte a due caratteristiche del gioco: a) che i messaggi o segnali scambiati nel gioco sono in un certo senso non veri o non sono quelli che si hanno in mente; e b) che ciò che viene denotato da questi segnali è inesistente. Queste due caratteristiche si combinano talvolta in modo strano per rovesciare una conclusione raggiunta più sopra, quando è stato affermato che "il mordicchiare giocoso denota il morso, ma non denota ciò che sarebbe denotato dal morso". Vi sono altri esempi in cui si verifica un fenomeno opposto: un uomo sperimenta il terrore soggettivo al grado più intenso quando da uno schermo tridimensionale gli viene scagliata contro una lancia, oppure quando, durante un incubo notturno, precipita a testa in giù da qualche vetta creata dalla sua mente. In quel momento di terrore non si è nemmeno posto il problema della 'realtà', eppure nella sala di proiezione non c'era alcuna lancia, né c'era alcuna rupe nella camera da letto. Le immagini non denotavano ciò che esse sembravano denotare, eppure queste stesse immagini evocavano effettivamente quel terrore che sarebbe stato evocato da una vera lancia o da un vero precipizio. Servendosi di un simile trucco di autocontraddizione, i cineasti di Hollywood sono liberi di presentare a un pubblico puritano una vasta gamma di fantasie pseudosessuali, che altrimenti non sarebbero tollerate. In Davide e Betsabea, Betsabea può essere un legame troilistico fra Davide e Uria. In Hans Christian Andersen, il protagonista entra in scena accompagnato da un ragazzo; tenta di conquistare una donna ma, fallito questo tentativo, torna dal ragazzo. In tutto ciò, naturalmente, non c'è omosessualità, tuttavia la scelta di questi simbolismi è associata in queste fantasie a certe idee emblematiche, concernenti per esempio l'impossibilità senza rimedio di una posizione eterosessuale da parte di un uomo di fronte a certi tipi di donna o a certi tipi di autorità maschile. Insomma, la pseudo-omosessualità della fantasia non indica alcuna omosessualità reale, ma indica ed esprime atteggiamenti che potrebbero accompagnarsi a un'omosessualità reale o alimentare le sue radici eziologiche. I simboli non denotano omosessualità, ma denotano idee per cui l'omosessualità è un simbolo appropriato. Evidentemente è necessario riesaminare la precisa validità semantica delle interpretazioni che lo psichiatra fornisce al paziente e, ancor prima di quest'analisi, sarà necessario esaminare la natura del quadro entro cui queste interpretazioni sono fornite. 

(A Theory of Play and Fantasy, 1954) - 10-11

mercoledì 18 aprile 2012

parlare del Tao politico


















"Il linguaggio ha un aspetto interno e uno esterno. Una frase può essere studiata dal punto di vista di come esprime un pensiero o dal punto di vista della sua forma fisica, cioè dal punto di vista della interpretazione semantica o di quella fonetica. Usando una terminologia recente, possiamo distinguere la "struttura profonda" di una frase dalla sua "struttura superficiale". La prima è la struttura astratta sottostante che determina l’interpretazione semantica della frase; la seconda è l’organizzazione superficiale di unità che determina l’interpretazione fonetica e che è in relazione con la forma fisica dell’enunciato effettivo, cioè con la sua forma percepita o capita ... La struttura profonda, che esprime il significato, è comune a tutte le lingue, cosí almeno si sostiene, in quanto è un semplice riflesso delle forme di pensiero. Le regole trasformative, che convertono le strutture profonde in strutture superficiali, possono differire da una lingua all’altra. Naturalmente, la struttura superficiale risultante da queste trasformazioni non esprime direttamente le relazioni di significato delle parole, tranne nei casi piú semplici. È la struttura profonda sottostante all’enunciato effettivo – una struttura puramente mentale – che è portatrice del contenuto semantico della frase".


Lo studio del linguaggio è uno dei campi di ricerca sistematica più antichi: le sue origini risalgono all'India classica e alla Grecia e la sua storia è segnata dal conseguimento di risultati importanti. Tuttavia, considerato da una prospettiva diversa, è un campo di indagine assai recente: le più importanti iniziative di ricerca odierne hanno preso forma circa quarantanni fa, quando alcune idee centrali della tradizione di studi sull'argomento sono state fatte rivivere e reinterpretate, aprendo la strada a una linea di ricerca che si è rivelata assai fruttuosa.
Il fatto che il linguaggio abbia esercitato, nel corso del tempo, un fascino così forte non è sorprendente: la facoltà di linguaggio umana sembra infatti costituire un'autentica "proprietà della specie", perché presenta una variazione minima fra gli esseri umani e non ha un vero corrispettivo in altre specie; forse il corrispettivo più vicino si ritrova negli insetti, a una distanza evolutiva di un miliardo di anni. Non ci sono ragioni serie per mettere in discussione l'idea cartesiana che la capacità di usare segni linguistici per esprimere pensieri liberamente formati rappresenti la vera differenza fra l'uomo e l'animale o la macchina, sia che per "macchina" si intendano gli automi che catturavano l'immaginazione degli uomini del XVII e XVIII secolo, sia che si intendano quelli che oggi stimolano il nostro pensiero e la nostra immaginazione.
La facoltà di linguaggio costituisce inoltre una parte integrante di ogni aspetto della vita, del pensiero e dell'interazione degli esseri umani, ed è in gran parte responsabile del fatto che essi costituiscano l'unica specie ad avere una storia, un'evoluzione e una differenziazione culturale di ricchezza e complessità notevolissime, nonché del loro successo biologico (nel senso tecnico che essi sono molto numerosi). Per uno scienziato marziano che osservasse gli strani avvenimenti che si verificano sul pianeta Terra sarebbe difficile non rimanere colpito dalla nascita e dall'importanza di questa forma di organizzazione intellettuale apparentemente unica. Un aspetto ancora più naturale di questa situazione è che l'argomento, con tutti i suoi misteri, abbia stimolato la curiosità di coloro che cercano di comprendere la loro natura e la loro posizione all'interno del mondo.
Il linguaggio umano è basato su una proprietà elementare che sembra anch'essa biologicamente isolata: la proprietà dell'infinità discreta, la cui esemplificazione più pura è costituita dai numeri naturali 1, 2, 3,... I bambini non apprendono questa proprietà: senza una dotazione innata della mente, nessuna quantità di dati empirici potrebbe produrre i suoi princìpi fondamentali. Analogamente, nessun bambino deve imparare che esistono frasi di tre e quattro parole, ma nessuna frase di tre parole e mezzo, e che può proseguire nella costruzione delle frasi senza doversi fermare: è infatti sempre possibile costruire una frase dotata di forma e significato più complessa della precedente. Questo tipo di conoscenza non può che provenirci «dalla mano originale della natura», per usare l'espressione di David Hume: non può che essere parte del nostro corredo biologico.
Tale proprietà affascinò Galilei, che considerava l'invenzione di un mezzo per comunicare «i suoi più reconditi pensieri a qualsivoglia altra persona [...] con i vari accozzamenti di venti caratteruzzi sopra una carta» (1632) la più grande nella storia umana. L'invenzione ha successo perché riflette l'infinità discreta del linguaggio che viene rappresentato per mezzo di questi caratteri. Non molto tempo dopo Galilei, gli autori della Grammatica di Port-Royal furono colpiti dalla "prodigiosa invenzione" di un mezzo per la costruzione, a partire da pochi suoni, di un'infinità di espressioni che ci permettono di manifestare ad altri ciò che pensiamo, immaginiamo e sentiamo (dal punto di vista contemporaneo, non si tratta di un'invenzione, ma ciò non la rende certo meno prodigiosa come prodotto dell'evoluzione biologica, aspetto sul quale in questo caso sappiamo ben poco).
La facoltà di linguaggio può essere ragionevolmente considerata un "organo di linguaggio" nel senso in cui gli scienziati parlano del sistema visivo, del sistema immunitario o del sistema circolatorio come organi del corpo. Inteso in questo senso, un organo non è qualcosa che possa essere rimosso dal corpo lasciando il resto intatto: costituisce piuttosto un sottosistema di una struttura più complessa, e noi speriamo di comprenderlo in tutta la sua complessità studiandone parti che presentano caratteristiche distintive e la loro interazione; lo studio della facoltà di linguaggio procede nello stesso modo. Partiamo inoltre dall'ipotesi che l'organo linguistico sia esattamente come gli altri organi, in quanto le sue caratteristiche fondamentali sono l'espressione dei geni. La possibilità di capire esattamente come ciò avvenga è ancora lontana, ma possiamo studiare in altri modi lo "stato iniziale", geneticamente determinato, della facoltà di linguaggio. È evidente che ogni lingua costituisce il risultato di due fattori: lo stato iniziale e l'esperienza. Possiamo concepire lo stato iniziale come un "meccanismo di acquisizione del linguaggio" che prende l'esperienza come input e produce la lingua come output, un output che è internamente rappresentato nella mente (o nel cervello). Tanto l'input quanto l'output sono passibili di indagine: possiamo studiare sia lo svolgersi dell'esperienza sia le proprietà delle lingue acquisite. Ciò che impariamo applicando questo metodo di indagine può fornirci moltissime informazioni sullo stato iniziale che rappresenta la mediazione fra i due livelli.



"I nuovi mandarini - sono gli intellettuali americani nel senso migliore della parola: persone colte e ragionevoli, il tipo di persone che costituiscono la sciagura della nostra epoca ".
Si tratta, infatti, di persone che pretendono di possedere la tecnica e le capacità necessarie a dirigere la nostra società "post industriale" e ad organizzare una società internazionale dominata dalla superpotenza americana..., di persone che costituiscono "una tecnocrazia liberale che è al servizio dell'ordine sociale esistente nella convinzione di rappresentare la giustizia e l'umanità, combattendo guerre limitate all'interno e all'estero per conservare la stabilità, promettendo che il futuro sarà migliore purché i diseredati sappiano aspettare pazientemente".
American Power and the New Mandarins, 1969


«Un sistema di propaganda, in coerenza con le proprie finalità, presenterà le persone perseguitate dai propri nemici come meritevoli di considerazione e quelle trattate con crudeltà uguale o superiore dal proprio governo come vittime non meritevoli di considerazione.» 
1988



Noam Chomsky

struttura del Tao magico: il linguaggio


Dalla fine degli anni 60 all'inizio dei 70 un matematico - Richard Bandler - e un linguista in grammatica trasformazionale - John Grinder -,  sotto l'influsso del lavoro di Gregory Bateson nella ricerca di una base teorica appropriata per la descrizione dell'interazione umana, studiarono il lavoro e le modalità di importanti psicoterapeuti quali Milton H. Erickson, Virginia Satir e Fritz Perls per tentare di modellare le strutture verbali e interazionali che questi utilizzavano - con evidenti risultati - per il proprio lavoro.
 
Il processo del modellamento umano.La prima mappa è tra mondo esterno e la sua percezione tramite gli organi sensoriali. La seconda tra mondo percepito e mondo dell'esperienza tramite i sistemi rappresentazionali associati agli organi di percezione. Il mondo dell'esperienza determina il comportamento e le azioni e viene espresso tramite il linguaggio. Il feedback tra esperienza e mondo esterno è coerente con un'interpretazione costruttivista della realtà.

Il modello fu basato specificando il processo del modellamento dell'esperienza e del comportamento umano attraverso il modello linguistico grammatico-trasformazionale sviluppato dagli anni 50 da Noam Chomsky, ritenuto unanimamente il più importante linguista e filosofo del linguaggio del XX secolo, unito alla definizione di sistemi rappresentazionali, una serie di mappe che passano dai dati sensoriali ottenuti dai canali d'ingresso della percezione - gli organi di senso - alla rappresentazione dell'esperienza e quindi alla sua attribuzione di significato e al comportamento.
La principale conseguenza della distinzione tra mappa e territorio è che non si ha conoscenza diretta del "mondo" ma solo conoscenza di una sua rappresentazione, o di rappresentazioni di rappresentazioni, ovvero l'immagine di qualche cosa che è diversa dalla cosa in sé. La percezione del mondo e la sua esperienza - che determina il comportamento - risultano mappe di mappe di un territorio che, direttamente, rimane sconosciuto e forse inconoscibile. 

"Vi è un'irriducibile differenza tra il mondo e l'esperienza che ne abbiamo. Noi esseri umani non agiamo direttamente sul mondo. Ciascuno di noi crea una rappresentazione del mondo in cui vive; creiamo cioè una mappa o modello, che usiamo per originare il nostro comportamento. La nostra rappresentazione del mondo determina in larga misura l'esperienza del mondo che avremo, il modo in cui lo percepiremo, le scelte che ci sembreranno disponibili vivendoci dentro"

I risultati ottenuti sono stati riconosciuti esplicitamente da Bateson nell'introduzione del libro che li riepiloga e presenta:
Con il termine "magia" Bandler e Grinder si riferiscono alle interazioni nel contesto terapeutico volte a provocare in breve tempo cambiamenti e ristrutturazioni - se non vere e proprie metamorfosi -  del comportamento, inspiegabili nei termini usuali. L'idea di fondo era che un terapeuta efficace - indipendentemente dalla propria formazione, modello o scuola di riferimento e dai tipi di tecniche utilizzati - poteva ottenere questi risultati, e questo forniva una base per ipotizzare che vi fosse una struttura di interazione comune che poteva essere descritta. L'accento era posto su "come" e "cosa" avveniva, più che sul "perchè", e su quali basi teoriche il processo di interazione avveniva, conformemente al punto di vista pragmatico del modello sistemico-relazionale.
Che cosa gli autori intendessero per "magia" è da loro illustrato tramite questo brano tratto da un romanzo di John Fowles:

Nel delineare la struttura dell'interazione e del comportamento umano Bandler e Grinder introducono una specifica epistemologia di riferimento ed alcune differenze e innovazioni rispetto al modello sistemico-relazionale sviluppato dai gruppi di Bateson e Watzlawick.
  • Metamodello linguistico
    "Come esseri umani, noi ci serviamo del linguaggio in due modi. 1) Lo usiamo innanzitutto per rappresentare la nostra esperienza: chiamiamo questa attività ragionare, pensare, fantasticare, raccontare. Quando usiamo il linguaggio come sitema di rappresentazione creiamo un modello della nostra esperienza. Tale modello si basa sulle nostre percezioni del mondo. Le nostre percezioni sono anche determinate dal nostro modello o rappresentazione .... Siccome usiamo il linguaggio come sistema rappresentazionale, le nostre rappresentazioni linguistiche sono soggette ai tre universali del modellamento umano: la generalizzazione, la cancellazione e la distorsione. 2) In secondo luogo, ci serviamo del linguaggio per comunicarci a vicenda il nostro modello o rappresentazione del mondo. Quando usiamo il linguaggio per comunicare lo chiamiamo parlare, discutere, scrivere, tenere lezione, cantare. Usando il linguaggio per la comunicazione presentiamo agli altri il nostro modello"

    Il metamodello linguistico, ovvero la rappresentazione della rappresentazione verbale del mondo dell'esperienza, è basato sul metamodello della grammatica trasformazionale, sviluppata negli anni 50 da Noam Chomsky.  Il modello trasformazionale di Chomsky è stato sviluppato per i linguaggi naturali ma ha ampie applicazioni anche nei linguaggi artificiali quali quelli di programmazione, ad esempio per il parsing di stringhe (una sequenza di caratteri che forma un termine in un qualche linguaggio) utilizzato nei compilatori per la traduzione da un linguaggio ad alto livello ad uno di tipo assembly a basso livello.

    • Universali del processo linguistico umano
    Lo scopo del modello trasformazionale è la rappresentazione esplicita degli schemi esistenti nelle intuizioni che abbiamo sul nostro sistema linguistico. Le tre categorie principali delle intuizioni linguistiche sono:
    Buona formazione: i giudizi coerenti con i quali i parlanti nativi stabiliscono se dei gruppi di parole costituiscano o no delle frasi. Ad esempio i gruppi di parole:
    1. Anche il presidente ha il verme solitario
    2. Anche il presidente ha idee verdi
    3. Anche il presidente hanno il verme solitario
    Il primo gruppo è identificato come ben formato, ovvero reca un significato ai parlanti nativi e questi lo riconoscono come sintatticamente ben formato. Il secondo è sintatticamente ben formato ma semanticamente mal formato, non comunica cioè alcun significato che i parlanti nativi possano ritenere possibile. Il terzo è sintatticamente mal formato anche se si può attribuirgli un qualche significato.

    Struttura a costituenti: i giudizi coerenti con i quali i parlanti nativi stabiliscono quali parti si combinino come unità, o costituente, entro una frase della loro lingua.
    Per esempio nella frase:

    Il Guru di Ben Lomond pensava che Rosemary fosse ai comandi 

    le parole il e Guru formano in un certo modo un'unità, che non formano le parole Guru e di. Questi costituenti di livello minore entrano nella formazione di unità più ampie; per esempio il Guru e di Ben Lomond si combinano in qualche modo, ciò che non fanno di Ben Lomond e fosse. 

    Relazioni semantiche logiche: i giudizi coerenti con i quali i parlanti nativi stabiliscono quali siano le relazioni logiche rispecchiate nelle frasi della loro lingua, e comprendono: 

    Completezza: di fronte ad un verbo nella loro lingua i parlanti nativi riescono a stabilire quante e quali siano le specie di cose tra cui questo verbo pone o descrive una relazione. Per esempio il verbo baciare implica una persona che bacia e una persona o una cosa che è baciata. 

    Ambiguità: i parlanti nativi riconoscono che un'unica frase comunica due significati diversi.
    Per esempio la frase: 

    L'indagine degli agenti dell'FBI può essere pericolosa.

    può essere intesa come:

    Gli agenti dell'FBI che svolgono indagini possono essere pericolosi.

    oppure:

    Può essere pericoloso indagare sugli agenti dell'FBI. 

    Oppure la frase: 

    Anna tolse la camicia di Andrea. 

    non è chiaro se Anna indossava la camicia di Andrea e se l'è tolta oppure se ha tolto di dosso la camicia ad Andrea.

    Sinonimia: i parlanti nativi riconoscono che i due esempi di frase che seguono hanno entrambe lo stesso significato o trasmettono lo stesso messaggio: 


    Carlo volse lo sguardo in alto per vedere il numero.
    Carlo per vedere il numero volse lo sguardo in alto.


    Indici referenziali: i parlanti nativi possono stabilire se una parola o una frase colga un particolare oggetto della loro esperienza, come la mia automobile, o se individui una classe di oggetti: le automobili. Giudicano inoltre in modo coerente se due o più parole denotino lo stesso oggetto o classe. 


    Presupposti: i parlanti nativi possono stabilire quale sia per chi parla l'esperienza dell'enunciazione di una frase. Per esempio se formulo la frase: Il mio gatto è scappato l'ascoltatore è legittimato a credere che in realtà Io ho un gatto.

    Queste tre categorie generali di intuizioni che gli esseri umani hanno sulla loro lingua sono rappresentate esplicitamente nel modello trasformazionale.
    • Il Modello Trasformazionale
     
    Il modello trasformazionale di Chomsky vuole rispondere alla domanda fondamentale in linguistica: 

    "come avviene che i parlanti di una lingua sono in grado di produrre e di comprendere un numero indefinito di frasi che non hanno mai udito prima o che addirittura possono non essere mai state pronunciate prima da qualcuno?" 

    A questa domanda Chomsky risponde asserendo che esiste una creatività governata da regole per la quale vengono continuamente generate nuove frasi e pertanto la capacità linguistica che ciascun parlante possiede non è fatta solamente di un insieme di parole, espressioni e frasi, ma è un insieme di regole ben definite e di principi.
    La base del modello della grammatica trasformazionale è fondato sui principi della struttura profonda e superficiale di una frase e sulle trasformazioni che collegano l'una all'altra:
    Struttura profonda e struttura superficiale 
    I parlanti nativi hanno due specie di intuizioni coerenti su ogni frase della loro lingua. Essi sanno stabilire come le unità più piccole, quali le parole, si combinino per formare la frase (intuizione sulla struttura a costituenti) e  anche quale sarebbe la rappresentazione completa della frase (la completezza della relazioni semantiche logica).
    Per esempio di fronte alla frase: 

    La donna comperò un autocarro 

    il parlante nativo è in grado di raggruppare le parole in costituenti o unità di livello più ampio come: /la donna/ e /comperò/ e /un autocarro. Raggrupperà successivamente queste unità in: /la donna/ e /comperò un autocarro/.
    Nel modello linguistico si rappresentano queste intuizioni su ciò che si combina all'interno di una frase disponendo le parole che formano un costituente (come la e donna) in una struttura ad albero che si presenta come:
    la regola è che le parole che come parlanti nativi raggruppiamo in un unico costituente si colleghino allo stesso punto o nodo della struttura ad albero. La rappresentazione della struttura ad albero per la frase precedente è:

     
    è quella che si chiama struttura superficiale.
    Il secondo tipo di intuizioni coerenti che i parlanti nativi hanno sulle frasi come questa riguarda quella che sarebbe la rappresentazione completa del suo significato o relazione semantica logica. Un modo per rappresentare queste intuizioni è:
     
    è quella che si chiama struttura profonda. 
    La  struttura superficiale sono quindi le frasi, derivate dalla struttura profonda, che i parlanti nativi di una lingua dicono e scrivono; la struttura profonda è la rappresentazione linguistica completa dalla quale sono derivate le strutture superficiali della lingua; la relazione tra le due strutture sono diverse trasformazioni linguistiche.

    Trasformazioni
    Una trasformazione è l'enunciazione esplicita di un certo tipo di schema costante di cui i parlanti nativi riconoscono l'esistenza nelle frasi della loro lingua. Ad esempio le due frasi: 

    La donna comperò l'autocarro
    L'autocarro fu comperato dalla donna 

    I parlanti nativi riconoscono che, sebbene queste due strutture superficiali siano diverse, il messaggio comunicato, o struttura profonda delle due frasi, è lo stesso. Il procedimento con il quale le due frasi sono derivate dalla loro comune struttura profonda si chiama derivazione. La derivazione è una serie di trasformazioni che collegano la struttura profonda e la struttura superficiale, nell'esempio specifico una trasformazione nel passivo, in particolare l'ordine delle parole è diverso e i sintagmi donna e l'autocarro sono trasposti. In grammatica trasformazionale lo schema viene indicato come:
    dove la parantesi graffa significa "può essere trasformato in".
    Le trasformazioni per permutazione, che riguardano due o più strutture superficiali sinonime, sono una delle due classi principali di traformazioni; l'altra classe è quella chiamata trasformazioni per cancellazione. Ad esempio: 

    Ilene disse a qualcuno molte cose
    Ilene disse molte cose 

    Nella seconda versione della frase è stato cancellato o soppresso uno dei sintagmi nominali (a qualcuno). La trasformazione generale che indica questo schema si chiama cancellazione di sintagma nominale indefinito:
    dove X o Y sono simboli o variabili che designano ogni parola (o gruppo di parole) in tali posizioni.
    Vi sono due tipi di trasformazioni per cancellazione: la cancellazione libera - o cancellazione di elementi indefiniti - come nell'esempio precedente, e la cancellazione di identità, come nel caso: 

    Carlo andò al negozio e andò al negozio anche Mario
    Carlo andò al negozio e andò anche Mario 

    dove è stato soppresso un sintagma definito (al negozio).
    Le strutture superficiali possono quindi differire dalle strutture profonde corrispondenti in due forme principali:
    • Trasformazione per permutazione: le parole si possono presentare in un diverso ordine.
    • Trasformazione per cancellazione: alcune parti della rappresentazione semantica logica completa possono non comparire nella struttura superficiale.
    Un ulteriore processo trasformazionale per cui le strutture profonde differiscono da quelle superficiali è il procedimento di nominalizzazione, quando una parole designante un processo - un verbo o predicato - nella struttura profonda viene trasformato in una parola che designa un evento - un nome o argomento - nella struttura superficiale. Ad esempio: 

    Mario si rende conto che teme i genitori Mario si rende conto del proprio timore dei genitori 

    Nella seconda versione della frase quello che nella prima versione si presenta come un verbo (temere), o parola di processo, compare come un nome (timore), o parola di evento. 
    Sia le trasformazioni per permutazione quanto quelle per cancellazione possono partecipare combinate con alle nominalizzazioni, risultando in un complesso processo trasformazionale. Ad esempio, sottopenendo la nominalizzazione precedente ad una trasformazione per permutazione si ha: 

    Mario si rende conto del timore da parte sua dei genitori 

    mentre con una trasformazione per cancellazione si ha: 

    Mario si rende conto del timore 

    Conclusioni sul metamodello linguistico

    Il metamodello linguistico-trasformazionale di Chomsky costituisce una rappresentazione del processo attraverso il quale gli individui rappresentano la propria esperienza e comunicano questa rappresentazione. Quando gli individui desiderano comunicare questa rappresentazione formano della loro esperienza una rappresentazione linguistica completa, la struttura profonda. Quando parlano effettuano una serie di scelte (trasformazioni), in genere non coscienti, relative alla forma in cui comunicheranno la loro esperienza, la struttura superficiale: la rappresentazione di una rappresentazione linguistica completa. Il processo può essere illustrato come:
     Il metamodello linguistico rappresenta le intuizioni che i parlanti hanno sulla propria esperienza. Per esempio l'intuizione della sinonimia - il caso in cui due o più strutture superficiali abbiano lo stesso significato semantico - è rappresentato come:
     un esempio specifico è:
    La sinonimia nel metamodello significa che la stessa struttura profonda è connessa con più di una struttura superficiale.
    L'ambiguità è il caso opposto: l'intuizione che i parlanti nativi usano quando la stessa struttura superficiale ha più di un significato semantico distinto:
    ad esempio:
    L'ambiguità nel metamodello è il caso in cui più di una struttura profonda è connessa mediante trasformazioni con la stessa struttura superficiale.
    L'intuizione della buona formazione è rappresentata nel metamodello dal fatto che ogni successione di parole è ben-formata nel solo caso che esista una serie di trasformazioni (una derivazione) che rechi una qualche struttura profonda in quella successione: una struttura superficiale.
    Il metamodello è quindi una rappresentazione esplicita - ovvero che non dipende dall'interpretazione - del comportamento inconscio retto da regole.