mercoledì 26 gennaio 2011
martedì 25 gennaio 2011
paradigmi - e non - del Tao
Il filosofo e storico della scienza Thomas Kuhn propose nel 1962 il concetto di paradigma di una, o di tutta la, scienza. Paradigma deriva dal greco παράδειγμα paràdeigma e significa esemplare, esempio.
Huhn definisce un paradigma scientifico come: "... ciò che viene condiviso dai membri di una comunità scientifica, e, inversamente, una comunità scientifica consiste di coloro che condividono un certo paradigma."
In linea più generale un paradigma può essere descritto come una "costellazione di credenze condivise da un gruppo", ovvero "una costellazione di conclusioni, concetti, valori, tecniche etc. condivise da una comunità scientifica per definire problemi e soluzioni leciti".
Vignetta ironica sulle diversi visioni della scienza tra Karl Popper e Thomas Kuhn. |
Come tale, un paradigma ha una fondamentale influenza sulla metodologia nel quale si concepisce, realizza e discute la validità di un qualsiasi esperimento o descrizione scientifica, e quindi definisce cosa è significativo e cosa no, cosa viene ritenuto scienza e cosa no:
"...paradigma...è un'articolazione sistematica tra un insieme di strumenti pratici e concettuali e una definizione a priori dell'oggetto e delle sue regole di manipolazione sperimentale"
(I. Stengers)
Kuhn definisce una rivoluzione scientifica come un mutamento di paradigma, o paradigm shift.
Il passaggio da una scienza acquisita come credenza paradigmatica ad una successiva nasce dalla comparsa di "anomalie" teoriche e/o sperimentali con conseguente messa in discussione del paradigma e lo sviluppo di una scienza più estesa. Periodi di questo genere sono successi molte volte nella storia della scienza; Kuhn fà diversi esempi classici quali rivoluzione copernicana, la rivoluzione della chimica moderna operata da Lavoisier, la rivoluzione dell'elettrostatica di Franklin, la rivoluzione darwiniana o la Teoria della Relatività di Einstein.
Un paradigma può essere cambiato da un successivo paradigma, più generale; ad esempio il sistema copernicano, con la terra che gira attorno al sole, è valido se il sistema di riferimento è posto nel centro del sole, se è posto nel centro della terra continua a valere quello geocentrico, nessuno dei due ha validità assoluta ma sempre relativa, dipende da dove è più conveniente porre il sistema di riferimento, ovvero il sistema che rende il più semplici possibili le equazioni del moto. In effetti il punto più conveniente non è nè sulla terra nè sul sole, ma nel centro di massa del sistema sole-terra, a circa 450.000 Km dal centro del sole sulla linea sole-terra, dove le due forze gravitazionali reciproche si annullano, detto anche punto di Lagrange. Il sistema eliocentrico non è dunque più "giusto" di quello geocentrico, semplicemente è più conveniente per la descrizione e il calcolo delle equazioni di campo gravitazionale.
Il cambio di paradigma e la conseguente rivoluzione scientifica non sono solo concetti teorici astratti ma hanno profondi impatti sulla vita di tutti i giorni dato che sono la fonte dello sviluppo delle successive tecnologie:
Isabelle Stengers fà rilevare come per la scienza della Complessità non si possa defirnirvi un paradigma. Definito un sistema complesso come:
Un paradigma può essere cambiato da un successivo paradigma, più generale; ad esempio il sistema copernicano, con la terra che gira attorno al sole, è valido se il sistema di riferimento è posto nel centro del sole, se è posto nel centro della terra continua a valere quello geocentrico, nessuno dei due ha validità assoluta ma sempre relativa, dipende da dove è più conveniente porre il sistema di riferimento, ovvero il sistema che rende il più semplici possibili le equazioni del moto. In effetti il punto più conveniente non è nè sulla terra nè sul sole, ma nel centro di massa del sistema sole-terra, a circa 450.000 Km dal centro del sole sulla linea sole-terra, dove le due forze gravitazionali reciproche si annullano, detto anche punto di Lagrange. Il sistema eliocentrico non è dunque più "giusto" di quello geocentrico, semplicemente è più conveniente per la descrizione e il calcolo delle equazioni di campo gravitazionale.
Il cambio di paradigma e la conseguente rivoluzione scientifica non sono solo concetti teorici astratti ma hanno profondi impatti sulla vita di tutti i giorni dato che sono la fonte dello sviluppo delle successive tecnologie:
Isabelle Stengers fà rilevare come per la scienza della Complessità non si possa defirnirvi un paradigma. Definito un sistema complesso come:
"Secondo Atlan un sistema complicato è un sistema di cui comprendiamo la struttura e i principi di funzionamento: di principio nulla impedisce che con tempo e denaro si possa giungere ad averne una conoscenza integrale.
Al contrario, il sistema complesso sarebbe quello di cui abbiamo una percezione globale, nei termini della quale possiamo identificarlo e qualificarlo, pur sapendo di non comprenderlo nei suoi dettagli"
In un sistema di questo tipo:
"La separazione tra ciò che è significativo e ciò che è rumore non può più essere fondatrice, operata una volta per tutte in nome di una teoria generale, deve essere pensata in quanto tale per ogni singolo sistema.
Dunque a essere messo in questione è il carattere paradigmatico delle teorie, e cioè la loro possibilità di guidare un procedimento a partire da somiglianze che indicano per se stesse un modo di separazione e di manipolazione"
Nella distinzione di sistema semplice/complicato/complesso quindi solo i primi due sono calcolabili, il primo esattamente, il secondo potenzialmente o statisticamente. In un sistema complesso è difficile dire cosa sia rumore e cosa sia significativo, perchè proprio il rumore, o il caos, può generare quelle proprietà emergenti peculiari della complessità. Con questo ne deriva l'impossibilità di una metodologia di calcolo e descrizione generali, validi per tutti i sistemi - almeno all'interno di una stessa classe - ma solo una specifica per uno specifico sistema. In questo consiste una delle difficoltà peculiari della Complessità: la singolarità di ogni sistema complesso.
Isabelle Stengers, "Perché non può esserci un paradigma della complessità", in G.Bocchi, M.Ceruti (a cura di), La sfida della complessità, Feltrinelli, Milano, 1985 (prima edizione), Bruno Mondadori, Milano, 2007 (nuova edizione)
Isabelle STENGERS
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GDPs
lunedì 24 gennaio 2011
prevedibilità del Tao
LE SUCCESSIONI CONVERGENTI SONO PREVEDIBILI.
Questa asserzione generale è l'inversa di quella esaminata nel ... precedente, e la relazione tra esse dipende dall'opposizione esistente tra i concetti di divergenza e di convergenza. Tale opposizione è un caso particolare, bench‚ assai fondamentale, della differenza tra i livelli successivi di una gerarchia russelliana... Per il momento basterà osservare che le componenti di una gerarchia russelliana stanno tra di loro come un elemento sta a una classe, una classe sta a una classe di classi o una cosa sta al proprio nome.
Ciò che importa nelle successioni divergenti è che la descrizione che ne diamo riguarda gli "individui", specialmente le singole molecole. L'incrinatura del vetro, il primo accenno di ebollizione dell'acqua e tutti gli altri esempi sono casi in cui l'ubicazione e l'istante dell'evento sono determinati da qualche costellazione momentanea di un piccolo numero di singole molecole. Analogamente, nessuna descrizione dei percorsi delle singole molecole del moto browniano consente alcuna estrapolazione. Ciò che accade in un istante dato, ammesso che lo si possa conoscere, non ci fornirebbe i dati per prevedere ciò che accadrà un istante dopo.
Viceversa, il moto dei pianeti del sistema solare, l'evoluzione di una reazione chimica in un miscuglio ionico di sali, l'urto tra le palle di un biliardo, tutte cose che interessano milioni di molecole, sono eventi prevedibili, perchè‚ la descrizione che ne diamo ha come oggetto il comportamento di immense moltitudini o classi di individui. E' questo che in certa misura giustifica l'uso della statistica nella scienza, purch‚ lo statistico rammenti sempre che le sue asserzioni riguardano solo gli aggregati.
In questo senso, le cosiddette leggi della probabilità mediano fra le descrizioni del comportamento del singolo e le descrizioni del comportamento della massa. Vedremo in seguito che questo tipo di conflitto tra l'individuale e lo statistico ha perseguitato lo sviluppo della teoria dell'evoluzione dai tempi di Lamarck in poi. Se Lamarck avesse affermato che i cambiamenti dell'ambiente possono influire sulle caratteristiche generali di intere popolazioni, egli sarebbe stato al passo con i più recenti esperimenti di genetica, come quelli di Waddington sull'assimilazione genetica, ... Ma Lamarck, e in effetti tutti i suoi seguaci, sembrano aver avuto un'innata propensione a confondere i tipi logici.
Sia come sia, nei processi stocastici (dal greco "stochazein", “tirare al bersaglio con l'arco”, cioè diffondere gli eventi in modo parzialmente casuale, così che alcuni di essi hanno esito più favorevole. Se una successione di eventi combina una componente casuale con un processo selettivo in modo che solo certi risultati del casuale possano perdurare, tale successione viene detta "stocastica"), tanto dell'evoluzione quanto del pensiero, il nuovo può essere tratto esclusivamente dal disordine del casuale. E per trarre il nuovo dal casuale, se e quando esso si manifesta, occorre un qualche meccanismo selettivo che dia conto della persistenza nel tempo della nuova idea. Deve vigere qualcosa di simile alla "selezione naturale", in tutta la sua lapalissiana tautologia. Per persistere, il nuovo deve essere tale da durare più a lungo delle sue alternative. Ciò che dura più a lungo tra le increspature del casuale deve durare più a lungo di quelle increspature che non durano altrettanto a lungo. Ecco, in poche parole, la teoria della selezione naturale.
L'idea marxista della storia (che nella sua forma più rozza sosterrebbe che se Darwin non avesse scritto l'"Origine delle specie", qualcun altro avrebbe messo fuori un libro simile nel giro di cinque anni) è un infelice tentativo di dare applicazione pratica a una teoria che vorrebbe vedere il processo sociale come "convergente" su eventi che interessano singoli e specifici esseri umani. L'errore riguarda, ancora una volta, i tipi logici.
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Struttura che Connette
la sfida del Tao complesso
Introduzione: La sfida della complessità nell’età globale
di Gianluca Bocchi e Mauro Ceruti
Presentazione
di Gianluca Bocchi e Mauro Ceruti
- La hybris dell’onniscienza e la sfida della complessità, di Mauro Ceruti
- Le vie della complessità, di Edgar Morin
- Perché non può esserci un paradigma della complessità, di Isabelle Stengers
- Progettazione della complessità e complessità della progettazione, di Jean-Louis Le Moigne
- Il complesso di semplicità, di Ernst von Glasersfeld
- Cibernetica ed epistemologia: storia e prospettive, di Heinz von Foerster
- Complessità del cervello e autonomia del vivente, di Francisco J. Varela
- Complessità, disordine e autocreazione del significato, di Henri Atlan
- L’esplorazione della complessità, di Ilya Prigogine
- L’approccio della sinergetica al problema dei sistemi complessi, di Hermann Haken
- Gaia: una proprietà coesiva della vita, di James E. Lovelock
- Il darwinismo e l’ampliamento della teoria evoluzionista, di Stephen Jay Gould
- La traduzione della complessità biologica in una sottile semplicità, di Brian C. Goodwin
- Contributi sulla complessità: le scienze neurologiche e le scienze del comportamento, di Karl Pribram
- Complessità esterna e complessità interna nella costruzione d’un modello di comportamento, di Luciano Gallino
- L’architettura del “Jumbo”, di Douglas R. Hofstadter
- Il conoscere del sapere. Complessità e psicologia culturale, di Donata Fabbri Montesano e Alberto Munari
- La scienza politica e la sfida della complessità, di Gianfranco Pasquino
- L’evoluzione della complessità e l’ordine mondiale contemporaneo, di Ervin Laszlo
- La gestione a tecnologia superiore e la gestione della tecnologia superiore, di Milan Zeleny
- Dal paradigma di Pangloss al pluralismo evolutivo: la costruzione del futuro nei sistemi umani, di Gianluca Bocchi
- La hybris dell’onniscienza e la sfida della complessità, di Mauro Ceruti
- Le vie della complessità, di Edgar Morin
- Perché non può esserci un paradigma della complessità, di Isabelle Stengers
- Progettazione della complessità e complessità della progettazione, di Jean-Louis Le Moigne
- Il complesso di semplicità, di Ernst von Glasersfeld
- Cibernetica ed epistemologia: storia e prospettive, di Heinz von Foerster
- Complessità del cervello e autonomia del vivente, di Francisco J. Varela
- Complessità, disordine e autocreazione del significato, di Henri Atlan
- L’esplorazione della complessità, di Ilya Prigogine
- L’approccio della sinergetica al problema dei sistemi complessi, di Hermann Haken
- Gaia: una proprietà coesiva della vita, di James E. Lovelock
- Il darwinismo e l’ampliamento della teoria evoluzionista, di Stephen Jay Gould
- La traduzione della complessità biologica in una sottile semplicità, di Brian C. Goodwin
- Contributi sulla complessità: le scienze neurologiche e le scienze del comportamento, di Karl Pribram
- Complessità esterna e complessità interna nella costruzione d’un modello di comportamento, di Luciano Gallino
- L’architettura del “Jumbo”, di Douglas R. Hofstadter
- Il conoscere del sapere. Complessità e psicologia culturale, di Donata Fabbri Montesano e Alberto Munari
- La scienza politica e la sfida della complessità, di Gianfranco Pasquino
- L’evoluzione della complessità e l’ordine mondiale contemporaneo, di Ervin Laszlo
- La gestione a tecnologia superiore e la gestione della tecnologia superiore, di Milan Zeleny
- Dal paradigma di Pangloss al pluralismo evolutivo: la costruzione del futuro nei sistemi umani, di Gianluca Bocchi
“ | Il punto di vista dal quale si delinea il programma di ricerca dell'epistemologia genetica consiste nella collocazione del problema della conoscenza nel cuore stesso del problema della vita | ” | mauro ceruti |
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mercoledì 19 gennaio 2011
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