martedì 28 agosto 2012

Tao adagio

Oaklands Cemetery, West Chester, Chester County, Pennsylvania, USA

venerdì 24 agosto 2012

introduzione al Tao Livello Logico 3 e oltre

M.C. Escher, Horsemen, 1946.
Dopo il primo (l'inizio di questo blog) e il secondo (il passaggio dai livelli inorganici a quelli organici della vita), il terzo salto quantico (posts) riguarda termini quali:

co-scienza     consapevolezza         esperienza       d(Io)       Sé   sacro     sacramento     estetica     morale          bellezza        verità       esistenza     arte    giustizia     valori

e i loro sinonimi e contrari.
Ognuno di questi termini non può essere ritenuto puramente di descrizione, e neppure di meta-descrizione (descrizione di descrizioni), in quanto descrivono sia l'oggetto a cui si riferiscono sia il soggetto che li sta utilizzando. Si possono ritenere termini al confine tra il livello logico 2 di meta-descrizione e 3 di meta-meta-descrizione e - come tali - non sono oggettivamente definibili; a questo livello la sola possibilità di descrizione verbale sono storie, poesie, racconti, testimonianze di esperienze, parabole, metafore e, in ultima analisi, il silenzio.

Il territorio indicato da questi termini è modellato interamente dal principio di soggettività, dove:

No Place so Sacred from such Fops is barr'd,
Nor is Paul's Church more safe than Paul's Church-yard:
Nay, fly to Altars; there they'll talk you dead;
For Fools rush in where Angels fear to tread.
Distrustful Sense with modest Caution speaks;
It still looks home, and short Excursions makes;
But ratling Nonsense in full Vollies breaks;
And never shock'd, and never turn'd aside,
Bursts out, resistless, with a thundering Tyde!

Alexander Pope, An Essay on Criticism, 1709

Nel processo di descrizione da parte di un soggetto (il descrivente) di un oggetto (il descritto) sono presenti due tipi di relazione (la descrizione): la prima - quella comunemente intesa - della descrizione del descritto da parte del descrittore, la seconda (non potendo - in genere - l'oggetto descrivere il soggetto, a meno che non sia un altro soggetto) la descrizione del soggetto che descrive l'oggetto.
Sistema di descrizione entro un determinato contesto: i due elementi opposti bianco e nero rappresentano il soggetto descrivente e l'oggetto descritto; i due processi opposti rappresentano la descrizione dell'oggetto e la descrizione del soggetto descrivente.
In questo processo ricursivo il soggetto "forma" l'oggetto descritto esattamente come l'oggetto descritto "forma" il soggetto descrivente.
Il primo processo è quello che comunemente viene inteso come "descrizione": milioni di testi, voci enciclopediche, video, film etc. ne sono la rappresentazione. E' da notare che la descrizione di uno specifico oggetto può cambiare, sia perché cambia il soggetto, sia perché l'interpretazione dell'oggetto può essere differente. La descrizione, ad esempio, di un diamante è ben diversa se fatta da un fisico dello stato solido, da un geologo, da un gemmologo, da un gioielliere o da dall'acquirente, pur essendo l'oggetto fisico sempre lo stesso. Inoltre, fatto quasi sempre trascurato, la descrizione dipende dallo stato di coscienza del soggetto: un soggetto in condizioni "normali" e in condizioni di ubriachezza o sotto l'influsso di stupefacenti può dare descrizioni ben diverse di uno stesso oggetto.
La descrizione "oggettiva" per eccellenza è quella scientifica, basata sul fatto che, utilizzando lo stesso metodo nelle stesse condizioni, differenti osservatori ricavano sempre gli stessi dati; ma, al livello successivo, quello dell'interpretazione dei dati per formulare una teoria o verificare un'ipotesi, la componente soggettiva risulta evidente - infatti in diversi campi teorie diverse o opposte coesistono basate sugli stessi dati "oggettivi". Inoltre, se fino al livello dei domini di conoscenza rappresentato dalla fisica, chimica, biologia, medicina, fisiologia e ingegneria l'oggetto della descrizione ha una sua materialità fisica (ma non l'interpretazione che le discipline ne fanno, la quale è - evidentemente - puramente mentale), nei livelli successivi e adiacenti come le scienze cognitive, la sociologia, la psicologia, l'antropologia etc. per finire con la filosofia, l'oggetto della descrizione è puramente concettuale/mentale e non fisico, e spesso anche la definizione di che cosa una disciplina si occupi e debba descrivere è oggetto di interpretazione. Il massimo paradosso avviene, naturalmente, quando l'oggetto e il soggetto coincidono nel caso delle scienze della mente, dove entità come le funzioni psichiche superiori, la cognizione, la coscienza, l'"Io" e il "Sé" sono puramente soggettive.
Il secondo processo si riferisce al fatto che una descrizione, in generale, non porta informazioni o è neutra se non viene specificato chi la descrive, e in quale contesto. Ad esempio, la classica affermazione "governo ladro" non porta in sé nessuna informazione né riguardo al governo né riguardo ai ladri, a meno che non si specifichi se è fatta in un discorso da bar - e in questo caso fornisce informazioni sul soggetto che l'afferma ma nessuna sulle caratteristiche del governo - oppure se invece come risultato del lavoro di una commissione d'inchiesta sulla base delle leggi e reati vigenti - e in questo caso potrebbe anche fornire effettivamente delle informazioni reali sulla classe dirigente in questione. Un altro esempio rilevante sono le descrizioni, affermazioni, interpretazioni, opinioni, approfondimenti, dibattiti, inchieste etc. da parte dei media, che apparentemente forniscono - in minima parte - informazioni su fatti ed eventi  e - in modo maggiore - informazioni su se stessi.
Attraverso la descrizione che un soggetto fa di un oggetto quindi si hanno informazioni sia sull'oggetto descritto sia sul soggetto descrivente, in modo variabile tra le due e legate al contesto di descrizione.
Come illustrato nel caso specifico di una cellula,  la tipologia di descrizione oltre a seguire la gerarchia dei sistemi e domini di conoscenza, segue anche una categorizzazione di mappa a seconda del livello logico in cui la descrizione è fatta, con un passaggio tra i due principi di descrizione oggettivo e soggettivo:
Livelli logici di descrizione.
Analogamente, la categorizzazione logica può essere suddivisa tra oggetto "esterno" e soggetto "interno", dove il primo può essere suddiviso nella struttura gerarchica dei domini di conoscenza:
Livelli logici di descrizione per i livelli gerarchici "oggettivi" e "soggettivi".
Al livello logico 0 è posto l'oggetto o il soggetto della descrizione, il descritto, a seconda che l'osservazione si rivolga esternamente o internamente al descrivente. A questo livello troviamo i dati e gli eventi suscettibili di elaborazione con il metodo scientifico, le attività-azioni del corpo-mente e i dati percepiti. Questo livello ricade interamente sotto il principio di oggettività, e nelle culture occidentali, dominate da quattro secoli di scienza, è quella che comunemente viene consensualmente intesa come "realtà".
Al livello logico 1 avviene la descrizione del descritto da parte di un descrivente; come tale è rappresentabile dai - letteralmente - milioni di libri, articoli, lavori, voci enciclopediche che nella storia hanno descritto la conoscenza del mondo esterno ed interno. Secondo il principio di oggettività e il metodo scientifico la specificazione "da parte di un descrivente" è ovvia e ridondante: se la descrizione è valida, secondo il metodo scientifico, allora tutti i descriventi daranno la medesima descrizione - ma non necessariamente la medesima interpretazione -. Questo è il livello tipico della descrizione scientifica del "mondo esterno" in termini di dati organizzati con significato secondo teorie, con termini quali tempo, spazio, energia, forma, struttura, sistema, elemento, processo, apprendimento, evoluzione, locale e globale. Dal dopoguerra la tradizione di prima e seconda cibernetica nell'ambito della teoria generale dei sistemi, confluita nell'attuale scienza della complessità, ha fatto notare che il termine "da parte di un descrivente" è invece essenziale nell'epistemologia della descrizione scientifica, come già rilevato nella fisica quantistica e relativistica. A questo livello, per il "mondo interno" soggettivo, appartengono le strutture di percezione e i risultati corporei-mentali delle attività cerebrali, quali pensieri, ragionamenti, immaginazioni, emozioni e sentimenti.
Il livello logico 2 di meta-descrizione è inerente ai meta-modelli della complessità, come la sinergetica per la fisica, la teoria delle strutture dissipative per la chimica, il meta-modello SOP e il concetto di autopoiesi per la biologia. Epistemologia, ontologia, ontogenesi, filogenesi, emergenza, cognizione, organizzazione, Struttura che Connette e cibernetica del IIo ordine sono meta-termini di descrizione che appartengono a questo territorio, conformemente all'affermazione di Bateson che, quando si parla di sistemi complessi - come le entità viventi e i loro aggregati con i relativi fenomeni emergentidovremmo "seguire l'esempio delle entità di cui parliamo": "Ne segue che, quando parliamo di entità viventi, gli enunciati ... dovrebbero essere sempre contrassegnati da un riferimento a qualche proposizione descrittiva, in modo da chiarire a quale tipo logico appartenga la parola ...". " ... vedremo che "ogni" proposizione descrittiva dev'essere caratterizzata secondo il tipo logico del soggetto, del predicato e del contesto." Anche la struttura della percezione, considerata, ad esempio, nella sua complessità di interazione corpo-mente-emozioni, si riferisce a questo livello:
The complexity of perception; from C.T. Tart, States of Consciousness.
Il livello logico 3 di meta-meta-descrizione descrive il territorio genericamente denominato della coscienza, a cui appartengono i termini precedentemente introdotti nei quali la descrizione descrive se-stessa e il descrivente.
Le modalità di descrizione in questo territorio sono ben espresse da una storia raccontata da Bateson:

C'è una storia che ho già raccontato altrove e che voglio raccontare di nuovo. Un tale voleva arrivare a conoscere la mente, non in natura, bensì in un suo grande calcolatore personale. Gli chiese (sicuramente nel suo Fortran più forbito):
“Calcoli che penserai mai come un essere umano?”. La macchina allora si mise al lavoro per analizzare le proprie abitudini di calcolo; infine stampò la risposta su un foglio di carta, come fanno queste macchine. L'uomo corse a vedere la risposta e trovò, nitidamente stampate, le seguenti parole:
QUESTO MI RICORDA UNA STORIA.
Gregory Bateson, Mente e Natura, 1979

La coscienza e l'auto-coscienza umana è uno dei fenomeni emergenti e auto-referenziali centrali, che integra in modo soggettivo aspetti oggettivi fisici di materia, tempo, spazio ed energia con la consapevolezza e l'insieme dell'esperienza della vita:
Emergenza della coscienza umana; from C.T. Tart, States of Consciousness.
Le linee guida di Processi Dinamici Globali e Struttura che Connette proseguiranno basandosi sul lavoro ed esperienze di chi, con estrema cautela, ha cercato di percorrere e descrivere questi territori irrinunciabili a cui - per il solo fatto di vivere - apparteniamo.






Inoltre, oltre al livello logico 3, una serie di testimonianze di esperienze e di modelli provenienti da varie tradizioni comunemente categorizzate come "sacre" - prevalentemente orientali - indicano ulteriori territori di esperienza e osservazione oltre la coscienza, e - di fatto - oltre il linguaggio, in cui la dualità soggetto/oggetto ridiventa unitaria. Il confine tra il livello logico 3 e i superiori è quello delineato dalle proposizioni 6.5, 7 del Tractatus, che affermano come se di qualcosa si può parlare allora se ne può parlare esattamente, se non se ne può parlare, si deve tacere. Le testimonianze di chi si è inoltrato e ha percorso questi territori sono infatti espresse quasi sempre dal silenzio; sono invece indicate delle pratiche per raggiungere e saper percorrere questi territori, sulla base che solo un'esperienza personale ed individuale può portare alla loro conoscenza, inesprimibile a parole. In questo, le pratiche delle scienze occidentali più avanzate e quelle della conoscenza interiore orientali non sono così dissimili, come fatto notare da F. Capra:
“La corrispondenza suggerita tra gli esperimenti scientifici e le esperienze mistiche può sembrare sorprendente, data la natura molto diversa di questi modi di osservazione. I fisici effettuano esperimenti che richiedono un complesso lavoro di gruppo e una tecnologia altamente raffinata, mentre i mistici ottengono la loro conoscenza semplicemente attraverso l’introspezione, senza alcuna macchina, nell’isolamento della meditazione. Gli esperimenti scientifici, inoltre, sembrano essere ripetibili in qualsiasi momento e da chiunque, mentre le esperienze mistiche appaiono riservate a pochi individui in situazioni particolari. Un esame più approfondito mostra tuttavia che le differenze tra i due tipi di osservazione consistono soltanto nel modo in cui esse affrontano il problema e non nella loro attendibilità o nella loro complessità. Chiunque desideri ripetere un esperimento della moderna fisica subatomica deve intraprendere molti anni di studio e di addestramento. Solo allora sarà in grado di porre alla natura domande specifiche attraverso l’esperimento e di comprenderne la risposta. Analogamente, una profonda esperienza mistica richiede, generalmente, molti anni di esercizio con un maestro esperto e, come nel caso della preparazione scientifica, il periodo di tempo dedicato all’apprendimento non garantisce da solo il risultato. Tuttavia, se ha successo, l’allievo sarà in grado di «ripetere l’esperimento». La ripetibilità dell’esperienza è in effetti essenziale per ogni apprendimento mistico ed è lo scopo reale dell’insegnamento spirituale del misticismo.”
Ad esempio in questo territorio vi è il passaggio dalla "mente" del livello 2, intesa come l'insieme dei processi cerebrali e delle funzioni psichiche, alla "Mente" del livello 3, intesa come "mente che osserva la mente" e come mente immanente in un sistema più vasto dell'individuo, alla "non-Mente", intesa come un'entità non-mentale che osserva, percepisce e ha esperienza dell'insieme della Mente. 
Le esperienze testimoniate sulla conoscenza di questi territori definibili "oltre la coscienza" indicano come si superi anche il principio di soggettività, entrando in "mondi" di percezione ed esperienza non solo sconosciuti, ma anche inconoscibili, totalmente alieni.




























giovedì 23 agosto 2012

Tao: terzo salto quantico

Also, I believe that it will be necessary
to arrive more and more to a scientific knowledge
integrating the knowledge of the human spirit
to the knowledge of the object which this spirit seizes
and recognizing the inseparability
between object and subject.
Edgar Morin
Ogni esperienza è soggettiva ...
è il nostro cervello a costruire le immagini che noi crediamo di 'percepire'.
L'esperienza del mondo esterno è sempre mediata da specifici organi di senso

e da specifici canali neurali.
In questa misura, gli oggetti sono mie creazioni
e l'esperienza che ho di essi è soggettiva, non oggettiva.
Tuttavia, non è banale osservare che pochissimi,

almeno nella cultura occidentale, dubitano dell'oggettività di dati sensoriali
come il dolore o delle proprie immagini visive del mondo esterno.
La nostra civiltà è profondamente basata su questa illusione.
Gregory Bateson
Socrate: E ciò che è bene, Fedro, e ciò che non è bene
dobbiamo chiedere ad altri di dirci queste cose?
Robert M. Pirsig

If the doors of perception were cleansed every thing
would appear to man as it is, infinite.
For man has closed himself up, till he sees all things thro'
narrow chinks of his cavern.
William Blake
Il mondo, dunque, è limitato e al tempo stesso senza limiti,
senza limiti proprio perché non c’è nulla fuori
e non c’è nulla dentro che possa costituire un confine.
Ma se è così ne consegue che
“mondo e vita sono una cosa sola. Io sono il mio mondo”.
Soggetto e mondo non sono più, dunque, entità la cui funzione relazionale
è in qualche modo governata dall’ausiliare “avere”
(uno ha l’altro, lo contiene o gli appartiene)
ma dal verbo essenziale essere:
“Il soggetto non appartiene al mondo, ma è un limite del mondo”.
Non c’è nulla dentro uno schema, o anche chiedere, qualcosa su quello schema.
La soluzione, dunque,
non sta nel trovare una risposta all’enigma dell’esistenza,
ma nel prendere atto che non c’è nessun enigma.
Paul Watzlawick
6.5 D'una risposta che non si può formulare
non può formularsi neppure la domanda.
L'enigma non v'è.
Se una domanda può porsi, può pure aver risposta.
6.52 Noi sentiamo che, anche una volta che tutte le possibili domande scientifiche hanno avuto risposta,
i nostri problemi vitali non sono ancora neppur toccati.
Certo allora non resta più domanda alcuna; e appunto questa è la risposta.
6.521 La risoluzione del problema della vita si scorge allo sparir di esso.
(Non è forse per questo che uomini,
cui il senso della vita divenne, dopo lunghi dubbi, chiaro,
non seppero poi dire in che consisteva questo senso?)
6.522 V'è davvero dell'ineffabile. Esso mostra sé, è il mistico.
7. Su ciò di cui non si può parlare, si deve tacere.
Ludwig Wittgenstein
Devi chiede:
"O Shiva, cos'è la tua realtà?
Cos'è questo universo pieno di meraviglia?
Cosa costituisce seme?
Chi centra la ruota universale?
Cos'è questa vita al di là della forma che pervade le forme?
Come possiamo penetrarla pienamente
al di sopra di spazio e tempo,
nomi e descrizioni?
Dissipa i miei dubbi!"
Vijñana Bhairava Tantra
E' sempre venerdì pomeriggio in Paradiso
John Niven
Para mi solo recorrer los caminos que
tienen corazón, cualquier camino que tenga corazón.
Por ahí yo recorro, y la única prueba
que vale es atraversar todo su largo.
Y por ahí yo recorro mirando, mirando, sin aliento.

-
Per me esiste solo il cammino lungo sentieri che hanno un cuore,

lungo qualsiasi sentiero che abbia un cuore.
Lungo questo io cammino,
e la sola prova che vale è attraversarlo
in tutta la sua lunghezza.

E qui io cammino guardando, guardando, senza fiato.
Don Juan Matus

 We tried reasoning
our way to Him:
it did not work;
but the moment we gave up,
no obstacle remained.
Hakim Sanai
Coloro che credono nella sostanzialità
sono simili a vacche
coloro che credono nella vacuità
sono ancora peggio
Saraha

mercoledì 22 agosto 2012

osservazione del Tao

Vladimir Kush, Astronomer
Ancient people thought that their world was flat and yet right before them in the sky at night they saw another world that was round. Their lack of perspective and knowledge blinded them to the truth. In retrospect it would be easy to say that we would not make the same judgments, however don't we do this every day with others due to our limitations?

il Te del Tao: XLII - LE TRASFORMAZIONI DEL TAO


XLII - LE TRASFORMAZIONI DEL TAO

Il Tao generò l'Uno,
l'Uno generò il Due,
il Due generò il Tre,
il Tre generò le diecimila creature.
Le creature voltano le spalle allo yin
e volgono il volto allo yang,
il ch'i infuso le rende armoniose.
Ciò che l'uomo detesta
è d'essere orfano, scarso di virtù, incapace,
eppur sovrani e duchi se ne fanno appellativi.
Perciò tra le creature
taluna diminuendosi s'accresce,
taluna accrescendosi si diminuisce.
Ciò che gli altri insegnano
anch'io l'insegno:
quelli che fan violenza non muoiono di morte naturale.
Di questo farò l'avvio del mio insegnamento.

martedì 21 agosto 2012

se il Tao si ammala


Watzlawick, se le idee si ammalano

Umberto Galimberti
“La Repubblica”, 4 aprile 2007

Paul Watzlawick, morto ieri nella sua casa di Palo Alto in California all’età di 85 anni, è lo psicologo che meglio di tutti è riuscito a coniugare i problemi della psiche con quelli del pensiero e quindi a sollevare le tematiche psicologiche al livello che a loro compete, perché ad “ammalarsi” non è solo la nostra anima, ma anche le nostre idee che, quando sono sbagliate, intralciano e complicano la nostra vita rendendola infelice. E proprio Istruzioni per rendersi infelici, che Feltrinelli pubblicò nel 1984 facendo undici edizioni in due anni, è stato il libro che ha reso noto Watzlawick in Italia al grande pubblico.
Nato a Villach, in Austria, nel 1921, Watzlawick nel 1949 ha conseguito all’Università di Venezia la laurea in lingue moderne e filosofia. L’anno successivo prese a frequentare l’Istituto di Psicologia analitica di Zurigo dove nel 1954 conseguì il diploma di analista. Dal 1957 al 1960 ottenne la cattedra di psicoterapia presso l’Università di El Salvador e dal 1960 si trasferì al Mental Research Institute di Palo Alto dove lavorò con Don D. Jackson, Janet Helmick Beavin e Gregory Bateson, diventando il massimo studioso della pragmatica della comunicazione umana, delle teorie del cambiamento, del costruttivismo radicale e della terapia breve fondata sulla modificazione delle idee con cui ci costruiamo la nostra “immagine” del mondo, spesso dissonante con la “realtà” del mondo.
Le tesi centrali che sono alla base del pensiero di Watzlawick sono: in primo luogo che la nevrosi, la psicosi e in generale le forme psicopatologiche non originano nell’individuo isolato, ma nel tipo di interazione patologica che si instaura tra individui, in secondo luogo che è possibile, studiando la comunicazione, individuarne le patologie e dimostrare che è la comunicazione a produrre le interazioni patologiche.
A un individuo può capitare infatti di trovarsi sottoposto a due ordini contraddittori, convogliati attraverso lo stesso messaggio che Watzlawick chiama “paradossale”. Se la persona non riesce a svincolarsi da questo doppio messaggio la sua risposta sarà un comportamento interattivo patologico, le cui manifestazioni siamo soliti chiamare “follia”. Questa analisi, ben descritta in Pragmatica della comunicazione umana non si limita a un’interpretazione dei meccanismi interattivi, ma scopre procedimenti pragmatici o comportamentali che consentono di intervenire nelle interazioni e di modificarle. “Paradossalmente” è proprio con l’iterazione di doppi messaggi o di messaggi paradossali, nonché con la “prescrizione del sintomo” e altri procedimenti di questo tipo che il terapeuta riesce a sbloccare situazioni nevrotiche o psicotiche apparentemente inespugnabili.
Partendo da queste premesse Watzlawick intende la terapia non come “guarigione”, ma come “cambiamento” a cui ha dedicato Il linguaggio del cambiamento, Il codino del Barone di Münchhausen e, con Giorgio Nardone L’arte del cambiamento. Secondo Watzlawick sono distinguibili due realtà, una delle quali è supposta oggettiva ed esterna, e un’altra che è il risultato delle nostre opinioni sul mondo. Ogni persona deve sintetizzare queste due realtà ed è questa sintesi che determina convinzioni, pregiudizi, valutazioni e distorsioni dovute al fatto che il mondo della razionalità è controllato dall’emisfero cerebrale sinistro che ci consente di interpretare la realtà oggettiva in termini razionali secondo una logica metodologica. Ma questa è spesso in conflitto con l’attività dell’emisfero destro da cui nascono fantasie, sogni e idee che possono sembrare illogiche e assurde.
Il linguaggio della psicoterapia deve intervenire sull’emisfero destro perché in esso l’immagine del mondo è concepita ed espressa, e, mutandone la grammatica attraverso paradossi, spostamenti di sintomi, giochi verbali, prescrizioni, si determina il cambiamento dell’immagine del mondo che è alla base della sofferenza psichica.
La rivoluzione non è da poco, perché smentisce la persuasione comune secondo cui, a partire dalla nascita la realtà non può che essere “scoperta”. No, dice Watzlawick ne La realtà inventata. Il costruttivismo, che è alla base della sua concezione sostiene che ciò che noi chiamiamo realtà è un’interpretazione personale, un modo particolare di osservare e spiegare il mondo che viene costruito attraverso la comunicazione e l’esperienza. La realtà non verrebbe quindi “scoperta”, ma “inventata”.
Da queste invenzioni nascono “stili di vita” che rendono ciechi non solo gli individui, ma interi sistemi relazionali umani (famiglia, aziende, sistemi sociali e politici) nei confronti di possibilità alternative. Con molti esempi Watzlawick mostra nei suoi libri come attraverso una nuova formulazione di vecchie immagini del mondo possano sorgere nuove “realtà”. E così la psicologia incomincia a respirare. Oggi a raccogliere questo respiro è la consulenza filosofica che spero annoveri presto Watzlawick tra i suoi precursori e, sulla sua traccia, approfondisca quella terapia delle idee che, inosservate dalla psicologia, sono spesso la causa delle sofferenze dell’anima.


Filosofia a Venezia

Dipartimento di Filosofia e Teoria delle Scienze

                              Umberto Galimberti

lunedì 20 agosto 2012

pragmatica del Tao: i limiti ultimi


Watzlawick Beavin e Jackson concludono Pragmatics con un ultimo capitolo intitolato "Esistenzialismo e Teoria della Comunicazione Umana", dove esplorano i limiti ultimi di una teoria dell'interazione e della comunicazione quale il loro modello sistemico-relazionale.

1.
L’uomo non può andare oltre i limiti stabiliti dalla sua mente; soggetto e oggetto alla fine sono identici, la mente studia se stessa, e ogni asserzione che si faccia sull’uomo, considerato nel suo nesso esistenziale, tende ad incorrere nello stesso fenomeno di riflessività che genera il paradosso.

2.
Nella biologia moderna sarebbe impensabile studiare anche l’organismo più primitivo isolandolo artificialmente dal suo ambiente. Come la Teoria Generale dei Sistemi postula in modo specifico, gli organismi sono sistemi aperti che mantengono il loro stato stazionario (stabilità) e magari si evolvono verso stati di complessità più elevata mediante uno scambio costante sia di energia che di informazione con il loro ambiente. Comunicazione ed esistenza sono quindi concetti inseparabili. Le reazioni dell’organismo a loro volta influenzano l’ambiente; è chiaro che anche a livelli di vita molto primitivi hanno luogo interazioni complesse e continue che non sono mai casuali e che sono quindi governate da un programma o, per usare un termine esistenzialista, da un significato.
L’esistenza è una funzione della relazione tra l’organismo e il suo ambiente.

3.
La vita è un partner che accettiamo o respingiamo, e da cui ci sentiamo accettati o respinti, sostenuti o traditi. A questa partner esistenziale, forse come al partner umano, l’uomo propone la sua definizione di sé che trova poi, dunque, confermata o disconfermata; e da tale partner l’uomo si sforza di ricevere dei segni sulla “vera” natura della loro relazione.

4.
Esistono due tipi di conoscenza: la conoscenza delle cose e la conoscenza sulle cose. La prima è la consapevolezza che ci viene trasmessa dai sensi. E’ il tipo di conoscenza che ha il cane di I. Pavlov quando percepisce il cerchio o l’ellisse. Ma durante gli esperimenti il cane impara anche qualcosa sulle due figure geometriche, vale a dire che in qualche modo indicano rispettivamente il piacere e il dolore e che quindi hanno un significato per la sua sopravvivenza. Se, dunque, la consapevolezza dei sensi si può definire conoscenza di primo ordine, questo secondo tipo di conoscenza (su un oggetto) e conoscenza di secondo ordine; è conoscenza sulla conoscenza di primo ordine e quindi metaconoscenza. Una volta che il cane ha capito il significato del cerchio e dell’ellisse per la sua sopravvivenza, egli si comporterà come se avesse concluso: “Questo è un mondo in cui io sto al sicuro finché riesco a differenziare tra il cerchio e l’ellisse”. Una conclusione simile, però, non sarebbe più di secondo ordine; sarebbe una conoscenza a cui si è giunti grazie a una conoscenza di secondo ordine: sarebbe quindi una conoscenza di terzo ordine. In sostanza è lo stesso processo mediante il quale l’uomo acquisisce la conoscenza e attribuisce livelli di significato all’ambiente e alla realtà.
L’uomo non smette mai di cercare di conoscere gli oggetti della sua esperienza, di capire che significato hanno per la sua esistenza e di reagire ad essi a seconda di quello che capisce. Infine, dalla somma totale dei significati che ha dedotto dai contatti con numerosi oggetti singoli del suo ambiente si sviluppa una visione unitaria del mondo in cui si trova “gettato”, e questa visione è di terzo ordine.

4.1
Concetti equivalenti o analoghi alle premesse di terzo ordine sono stati formulati da altri studiosi delle scienza comportamentistiche. Questa branca della teoria dell’apprendimento postula che insieme con l’acquisizione della conoscenza o di una certa destrezza si verifica anche un processo che rende l’acquisizione stessa progressivamente più facile. In altre parole, uno non si limita ad imparare, ma impara ad imparare. Per questo tipo di ordine più elevato di apprendimento, G. Bateson ha coniato il termine “deutero-apprendimento”. G. A. Miller, E. Galanter e K. H. Pribram nel loro “Plans and the Structure of Behavior” hanno proposto che il comportamento intenzionale è guidato da un progetto, così come un calcolatore è guidato da un programma.

5.
L’uomo ha una capacità quasi incredibile di adattarsi ai cambiamenti al secondo livello, ma sembra che la resistenza umana sia possibile finché restano intatte le premesse di terzo ordine sulla sua esistenza e il significato del mondo in cui vive.
L’uomo non può sopravvivere psicologicamente in un universo che le sue premesse di terzo ordine non riescono a spiegare, in un universo che per lui è assurdo. E’ proprio questo il risultato disastroso del doppio legame; ma c’è la possibilità che si abbia lo stesso risultato anche in circostanze (e attraverso sviluppi) che sfuggono completamente al controllo e alle intenzioni dell’uomo.
Dovunque questo tema si presenti, implica il problema del significato, e qui il significato va inteso non nella sua connotazione semantica ma esistenziale. L’assenza di significato è l’orrore del nulla esistenziale. E’ la soggettività in cui la realtà si è allontanata o è completamente scomparsa, e con essa ogni consapevolezza del sé e degli altri.
Che la vita abbia perso il suo significato (o ne sia priva) è forse il denominatore comune di tutte le forme di angoscia.
La definizione più esatta dell’angoscia esistenziale si trova nella discrepanza dolorosa tra ciò che è e ciò che dovrebbe essere, tra le proprie percezioni e le proprie premesse di terzo ordine.

6.
Se l’uomo vuole cambiare le sue premesse di terzo ordine, il che ci sembra una funzione essenziale della psicoterapia, egli può farlo soltanto da un livello quarto.
Si dubita che la mente umana possa essere in grado di affrontare livelli di astrazione più elevati senza l’aiuto del simbolismo matematico o dei calcolatori.
Il livello quarto sembra assai vicino ai limiti della mente umana e a questo livello è raro che la consapevolezza sia presente, ammesso che si tratti di consapevolezza. Ci sembra che questa sia la zona dell’intuizione e dell’empatia, forse della consapevolezza immediata che danno l’LSD o allucinogeni di questo tipo, ed è la zona dove si verifica il cambiamento terapeutico, cambiamento di cui, dopo una terapia riuscita, non si è in grado di dire come e perché è avvenuto e in che cosa consiste veramente.
Soltanto da questo livello si può vedere che la realtà è costituita dall’esperienza soggettiva che ci facciamo dell’esistenza, dalle nostre intenzioni e dai nostri scopi.

6.1
Nella teoria della dimostrazione, il termine “procedura di decisione” si riferisce ai metodi per trovare dimostrazioni di verità o di falsità di un’asserzione fatta all’interno di un dato sistema formalizzato. Il termine correlato “problema di decisione” si riferisce al problema che si pone per stabilire se esiste o no una procedura del tipo che abbiamo appena descritto. Di conseguenza, ai problemi di decisione ci si riferisce o come a problemi computabili o come a problemi irrisolvibili.
C’è però una terza possibilità. Soluzioni ben definite (positive o negative) di un problema di decisione sono possibili soltanto dove il problema in questione si trova entro il dominio (l’area di applicabilità) di una particolare procedura di decisione. Se tale procedura di decisione viene applicata a un problema fuori dal suo dominio, il calcolatore continuerà all’infinito senza mai dimostrare che non potrà dare una soluzione (positiva o negativa). E’ a questo punto che incontriamo ancora il concetto di indecidibilità.

6.2
Questo concetto è il punto centrale del lavoro di K. Gödel che tratta delle proposizioni formalmente indecidibili.
K. Gödel ha dimostrato che in questo sistema o in uno equivalente è possibile costruire una formula, G, che a.) è dimostrabile partendo dalle premesse e dagli assiomi del sistema, ma che b.) dice di se stessa che non è dimostrabile. Ciò significa che se G è dimostrabile nel sistema, è dimostrabile anche la sua indimostrabilità.
Ma se sia la dimostrabilità che la indimostrabilità si possono dedurre dagli assiomi del sistema, e gli assiomi stessi sono coerenti, allora G è indecidibile nei termini del sistema. Questo teorema dimostra una volta per tutte che ogni sistema formale (matematico, simbolico, etc.) è necessariamente incompleto e che, inoltre, la coerenza di un sistema simile può essere dimostrata soltanto ricorrendo a metodi di dimostrazione più generali di quelli che il sistema stesso può produrre.

6.3
Il lavoro di K. Gödel costituisce l’analogia matematica di ciò che vorremmo chiamare il “paradosso ultimo dell’esistenza umana”. L’uomo, in definitiva, è soggetto e oggetto della sua ricerca, che egli compie per capire il significato della sua esistenza: è un tentativo di formalizzazione.
Ma dieci anni prima che K. Gödel presentasse il suo brillante teorema, un’altra grande mente del nostro secolo aveva già formulato questo paradosso in termini filosofici: alludiamo a Wittgenstein e al suo “Tractatus Logico-Philosophicus”, dove mostra che potremmo sapere qualcosa sul mondo nella sua totalità soltanto se potessimo uscire fuori da esso; ma se ciò fosse possibile, questo mondo non sarebbe più tutto il mondo.
Tuttavia la nostra logica non conosce nessuna cosa che sia fuori di esso:

5.61    La logica riempie il mondo; i limiti del mondo sono anche i suoi limiti.

Non possiamo dunque dire nella logica: Questo e quest'altro v'è nel mondo, quello no.
Ciò parrebbe infatti presupporre che noi escludiamo certe possibilità, e questo non può essere, poiché altrimenti la logica dovrebbe trascendere i limiti del mondo; solo così potrebbe considerare questi limiti anche dall'altro lato.
Ciò, che non possiamo pensare, non possiamo pensare; né dunque possiamo dire ciò che non possiamo pensare.

Il mondo, dunque, è limitato e al tempo stesso senza limiti, senza limiti proprio perché non c’è nulla fuori e non c’è nulla dentro che possa costituire un confine. Ma se è così ne consegue che “mondo e vita sono una cosa sola. Io sono il mio mondo”. Soggetto e mondo non sono più, dunque, entità la cui funzione relazionale è in qualche modo governata dall’ausiliare “avere” (uno ha l’altro, lo contiene o gli appartiene) ma dal verbo essenziale essere: “Il soggetto non appartiene al mondo, ma è un limite del mondo” .
Non c’è nulla dentro uno schema, o anche chiedere, qualcosa su quello schema. La soluzione, dunque, non sta nel trovare una risposta all’enigma dell’esistenza, ma nel prendere atto che non c’è nessun enigma.

6.5   D'una risposta che non si può formulare non può formularsi neppure la domanda.
L'enigma non v'è.
Se una domanda può porsi, può pure aver risposta.

6.52    Noi sentiamo che, anche una volta che tutte le possibili domande scientifiche hanno avuto risposta, i nostri problemi vitali non sono ancora neppur toccati. Certo allora non resta più domanda alcuna; e appunto questa è la risposta.

6.521    La risoluzione del problema della vita si scorge allo sparir di esso.
(Non è forse per questo che uomini, cui il senso della vita divenne, dopo lunghi dubbi, chiaro, non seppero poi dire in che consisteva questo senso?)

6.522    V'è davvero dell'ineffabile. Esso mostra sé, è il mistico.

7.  Su ciò di cui non si può parlare, si deve tacere.