martedì 29 novembre 2011

Tao paradossale


"Non vorrei mai far parte di un club che accettasse tra i suoi soci uno come me."

"Se lo spazio è curvo, che mensole metti?"
Maurizio Crozza

Il paradosso (dal greco para - contro - e doxa - opinione) nelle sue varie forme è stato sempre presente, dalla logica matematica alla fisica alle rappresentazioni grafiche e musicali (vedi sopra) al funzionamento di alcuni tipi di sistemi agli effetti comportamentali pragmatici della comunicazione sia umana che animale;
Il loro studio formale è stato fatto, tra gli altri, da Russell e Whitehead nell'ambito della logica formale e matematica sviluppando la Teoria dei Tipi logici nel contesto della definizione di livelli tra classi e metaclassi, la quale doveva salvare la logica classica aristotelica dalla devastante presenza dei paradossi. Benchè la sua importanza in logica sia stata superata dai teoremi di Godel, la sua applicazione è stata utilizzata dal gruppo di Bateson in un contesto molto diverso, sviluppando la teoria del doppio legame per l'eziologia della schizofrenia, dove l'effetto pragmatico di una situazione paradossale ha effetti comportamentali devastanti:

“Quello che Russell e Whitehead affrontavano era un problema molto astratto: la logica, nella quale essi credevano, doveva essere salvata dai grovigli che nascono quando i "tipi logici", come li chiamava Russell, vengono bistrattati nella loro rappresentazione matematica.Non so se, mentre lavoravano ai "Principia", Russell e Whitehead avessero idea che l'oggetto del loro interesse è essenziale per la vita degli esseri umani e degli altri organismi.Di certo Whitehead sapeva che giocherellando con i tipi ci si può divertire e si può farne scaturire l'umorismo. Ma dubito che egli abbia mai superato la fase del divertimento e sia giunto a capire che il gioco non era insignificante e che avrebbe gettato luce sull'intera biologia.”

La Scuola di Palo Alto di Watzlawick ha ulteriormente sviluppato le caratteristiche della comunicazione paradossale e dei suoi effetti pragmatici considerando i paradossi tra i tre livelli logici insiti nella comunicazione umana: l'espressione verbale, quella non-verbale ed il contesto nel quale il soggetto vive, comunica ed interagisce.
René Magritte, Golconde, 1953

Natura del paradosso
Il paradosso non solo pervade l’interazione e influenza il nostro comportamento e la nostra salute mentale, ma sfida anche la nostra fede nella coerenza, e quindi nella fermezza ultima, del nostro universo. Il paradosso intenzionale ha un’importante potenziale terapeutico.


Definizione
Si può definire il paradosso come una contraddizione che deriva dalla deduzione corretta da premesse coerenti.

Tre tipi di paradosso
La prima classe riguarda le antinomie, che secondo W. Quine “producono un’autocontraddizione, in base alle regole accettate dal ragionamento” . W. Stegmüller è più specifico e definisce un’antinomia come un’asserzione che è sia contraddittoria che dimostrabile.
C’è poi una seconda classe di paradossi che differiscono dalle antinomie soltanto in un unico aspetto importante: non si presentano nei sistemi logici e matematici ma derivano piuttosto da certe incoerenze nascoste nella struttura di livello del pensiero e del linguaggio. Ci si riferisce a questo secondo gruppo come alle antinomie semantiche o definizioni paradossali.
Infine, c’è un terzo gruppo di paradossi che si presentano nelle interazioni e determinano il comportamento. Definiremo questo gruppo paradossi pragmatici che si possono dividere in ingiunzioni paradossali e predizioni paradossali.
Ecco i tre tipi di paradossi:

1. Antinomie: paradossi logico-matematici;
2. Antinomie semantiche: definizioni paradossali;
3. Paradossi pragmatici: ingiunzioni paradossali e predizioni paradossali.

Il primo tipo corrisponde alla sintassi logica, il secondo alla semantica e il terzo alla pragmatica.

Paradossi logico-matematici
Il più famoso paradosso di questo gruppo è sulla “classe di tutte le classi che non sono membri di se stesse”. Una classe è la totalità di tutti gli oggetti che hanno una certa proprietà. Quindi, ad esempio, la classe dei gatti contiene tutti i gatti, passati, presenti e futuri. Avendo stabilito questa classe, tutti gli altri oggetti che restano nell’universo si possono considerare la classe dei non-gatti, perché tutti questi oggetti hanno in comune una proprietà ben definita: essi non sono gatti. Ora ogni asserzione che implichi che un oggetto appartiene ad entrambe queste classi sarebbe una semplice contraddizione, perché nulla può essere nello stesso tempo gatto e non-gatto. Ma non è accaduto niente di straordinario: che ci sia questa contraddizione dimostra semplicemente che è stata violata una legge fondamentale della logica e che la logica stessa non ne soffre.
Lasciamo stare gatti e non-gatti individuali e salendo ad un livello logico più elevato, cerchiamo di capire che cosa sono le classi. E’ evidente che esse possono essere o non essere membri di se stesse. La classe di tutti i concetti, per esempio, è ovviamente essa stessa un concetto, mentre la nostra classe di gatti non è essa stessa un gatto. Dunque, a questo secondo livello, l’universo è ancora diviso in due classi, quelle che sono membri di se stesse e quelle che non lo sono. Inoltre, ogni asserzione che implichi che una di queste classi è e non è membro di se stessa equivarrebbe ad una semplice contraddizione da mettere da parte senza pensarci ulteriormente.
Chiamiamo M le classi che sono membri di se stesse e N le classi che non sono membri di se stesse. Non dimentichiamo che la divisione dell’universo in classi che contengono se stesse (self-membership) e in classi che non contengono se stesse (non self-membership) è esaustiva; non ci possono essere, per definizione, eccezioni di sorta. Quindi se la classe N è membro di se stessa, non è un membro di se stessa, perché N è la classe delle classi che non sono membri di se stesse. D’altra parte, se N non è membro di se stessa, allora soddisfa la condizione di contenere se stessa: è un membro di se stessa proprio perché non è membro di se stessa, perché il non-contenere se stessa è la distinzione essenziale di tutte le classi che compongono N. Questa non è una semplice contraddizione, ma una vera antinomia, perché il risultato paradossale si basa su una rigorosa deduzione logica e non sulla violazione delle leggi della logica.
In realtà si tratta di una fallacia. B. Russell l’ha resa evidente con la sua teoria dei tipi logici. Per dirla assai in breve, questa teoria postula il principio fondamentale che “qualunque cosa comprenda tutti gli elementi di una collezione non deve essere un termine della collezione” . Dunque, dire che la classe di tutti i concetti è essa stessa un concetto non è falso, ma privo di significato.

Definizioni paradossali
Non sono identici il “concetto” ad un livello più basso (membro) e il “concetto” al livello più elevato immediatamente successivo (classe). Eppure si usa lo stesso nome, “concetto”, sia per membro che per classe e in tal modo l’identità linguistica crea un equivoco. Per evitare questa insidia, si debbono usare indicatori di tipo logico –indici nei sistemi formalizzati, virgolette o corsivi negli altri casi- dovunque esista la possibilità di una confusione dei livelli.
Forse la più famosa delle antinomie semantiche è quella dell’uomo che dice di se stesso: “Io sto mentendo”. Se seguiamo questa asserzione fino alla conclusione logica, troviamo che è vera soltanto se non è vera. In questo caso, non si può più usare la teoria dei tipi logici per eliminare l’antinomia, perché le parole o le combinazioni di parole non hanno una gerarchia di tipo logico.
Ogni linguaggio ha, come dice L. Wittgenstein, “una struttura della quale nulla può dirsi in quel linguaggio, ma che vi può essere un altro linguaggio che tratti della struttura del primo linguaggio e possegga a sua volta una nuova struttura, e che una tale gerarchia di linguaggi può non avere alcun limite” . E’ un’idea che è stata sviluppata, soprattutto da R. Carnap e da A. Tarski, in una teoria che ora è nota come la teoria dei livelli di linguaggio. Per analogia con la teoria dei tipi logici, questa teoria salvaguarda della confusione dei livelli. Postula che al livello più basso del linguaggio le asserzioni vengono fatte sugli oggetti. Questo è il regno del linguaggio oggetto. Ma nel momento in cui vogliamo dire qualcosa su questo linguaggio, dobbiamo usare un metalinguaggio, e un metametalinguaggio se vogliamo parlare su questo metalinguaggio, e così via in una catena regredente teoricamente infinita.
Applicando questo concetto dei livelli di linguaggio all’antinomia semantica del mentitore, ci si rende conto che la sua asserzione, sebbene sia costituita soltanto di tre parole, contiene due asserzioni, una al livello-oggetto, l’altra al metalivello e dice qualcosa su quella al livello-oggetto, cioè che non è vera. Al tempo stesso, quasi con un gioco di prestigio, si indica che questa asserzione nel metalinguaggio è essa stessa una delle asserzioni su cui s’è fatta la meta-asserzione, che è essa stessa un’asserzione nel linguaggio oggetto. Nella teoria dei livelli di linguaggio questo genere di riflessività delle asserzioni che implicano la propria verità o falsità sono l’equivalente del concetto di self-membership di una classe nella teoria dei tipi logici; entrambe sono asserzioni prive di significato.


Paradossi pragmatici

Ingiunzioni paradossali
H. Reichenbach tratta il paradosso del barbiere. Questo è un soldato a cui viene ordinato dal capitano di radere tutti i soldati della compagnia che non si radono da soli, ma nessun altro. Naturalmente, H. Reichenbach giunge alla sola conclusione logica che “non esiste un barbiere simile a quello della compagnia, nel senso che abbiamo precisato” .
Gli elementi essenziali di questo caso sono i seguenti:
una forte relazione complementare (ufficiale e subordinato);
entro lo schema di questa relazione, viene data un’ingiunzione che deve essere obbedita ma deve essere disobbedita per essere obbedita (l’ordine definisce il soldato come uno che si rade da solo se e soltanto se egli non rade se stesso, e viceversa);
la persona che in questa relazione è nella posizione one-down non è in grado di uscir fuori e quindi di dissolvere il paradosso commentandolo, cioè metacomunicando su di esso (sarebbe un atteggiamento di “insubordinazione”).

Una persona presa in una simile situazione è in una posizione insostenibile. Quindi, mentre da un punto di vista puramente logico un barbiere del genere non esiste e l’ordine del capitano è privo di significato, nella vita reale la situazione appare assai diversa.

Esempi di paradossi pragmatici

ESEMPIO 1
Scrivere “Chicago è una città popolosa”, sintatticamente e semanticamente è corretto. Ma è sbagliato scrivere “Chicago è trisillaba”, perché in tal caso si devono usare le virgolette: ““Chicago” è trisillaba”. La differenza tra questi due usi della parola sta nel fatto che nella prima asserzione la parola si riferisce ad un oggetto, mentre nel secondo la stessa parola si riferisce ad un nome (che è una parola) e quindi a se stessa. La prima asserzione è nel linguaggio oggetto, la seconda nel metalinguaggio.
Proviamo ora ad immaginare una possibilità singolare, ovvero che qualcuno consideri le due asserzioni su Chicago in una sola, (“Chigago è una città popolosa ed è trisillaba”) e la detti alla sua segretaria minacciandola di licenziarla se non può o non vuole scriverla correttamente. Non c’è alcun dubbio che comunicazioni di questo tipo creino una situazione insostenibile. Poiché il messaggio è paradossale, ogni reazione ad esso all’interno dello schema stabilito dal messaggio deve essere ugualmente paradossale. Fino a quando la segretaria rimane entro lo schema stabilito dal suo principale, ha soltanto due alternative: cercare di accondiscendere e naturalmente fallire (incompetenza), o rifiutarsi di scrivere (insubordinazione). Occorre far notare che delle due accuse che ne derivano la prima in qualche modo equivale a quella di debolezza mentale e la seconda a quella di cattiva volontà. Che sono accuse non troppo lontane da quelle classiche di follia e di cattiveria. Ci sono due ragioni possibili per un comportamento simile: o il principale cerca un pretesto per licenziare la segretaria oppure non è sano di mente.
Si ha una situazione completamente diversa se la segretaria non rimane entro lo schema stabilito dall’ingiunzione, ma lo commenta; in altre parole, se non reagisce al contenuto della direttiva del principale ma comunica sulla comunicazione di lui. In tal modo esce fuori dal contesto creato dal principale e non resta presa nel dilemma. La segretaria dovrebbe esporre i motivi che rendono insostenibile la situazione e che effetto ha su di lei una situazione simile; comunque, non sarebbe certo un’impresa da poco. Un’altra ragione per cui la metacomunicazione non è una soluzione semplice è che il principale, usando la sua autorità, può rifiutarsi di accettare la comunicazione della segretaria al metalivello ed etichettarla come una prova ulteriore della sua incompetenza e insolenza.

ESEMPIO 2
Le definizioni di sé paradossali del tipo di quella del mentitore non soltanto trasmettono un contenuto privo di significato da un punto di vista logico, ma definiscono la relazione del sé con l’altro. Perciò, quando si prestano all’interazione umana, non conta tanto che l’aspetto di contenuto (“notizia”) sia privo di significato quanto che l’aspetto di relazione (“comando”) non si possa né eludere né capire chiaramente. Il mentitore salta dentro e fuori lo schema stabilito, infatti, l’uso del termine da parte del “malato” esclude la condizione che il termine denota.

ESEMPIO 3
Esistono ingiunzioni che richiedono un comportamento specifico, che proprio per sua natura non può essere che spontaneo. Il prototipo di questo messaggio è quindi: “Sii spontaneo!”. chiunque riceva questa ingiunzione si trova in una situazione insostenibile, perché per accondiscendervi dovrebbe essere spontaneo entro uno schema di condiscendenza e non spontaneità. Analogamente, questo è anche il problema dell’omosessuale che brama un rapporto intenso con un “vero” maschio, per scoprire poi alla fine che quest’ultimo è sempre, deve essere sempre, un altro omosessuale. In termini di simmetria e di complementarità, queste ingiunzioni sono paradossali perché richiedono la simmetria nello schema di una relazione stabilita come complementare. La spontaneità prospera nella libertà e svanisce sotto il vincolo.

ESEMPIO 4
Le ideologie in particolare tendono a restare impigliate nei dilemmi del paradosso, soprattutto se la loro metafisica è l’antimetafisica. I pensieri di Rubashov, il protagonista di “Darkness at Noon” di A. Koestler, sono paradigmatici a questo proposito: “Il Partito negava la libera volontà dell’individuo, e nello stesso tempo ne esigeva il volontario olocausto. Gli negava la capacità di scegliere tra due alternative, e nello stesso tempo chiedeva che scegliesse sempre quella giusta. Gli negava il potere di distinguere il bene dal male, e nello stesso tempo parlava pateticamente di colpevolezza e di tradimento” .


ESEMPIO 5
Se confrontiamo il brano sopra citato con il racconto autobiografico di uno schizofrenico, risulta evidente che il suo dilemma è lo stesso di Rubashov. Il paziente viene messo dalle sue “voci” in una situazione insostenibile e viene poi accusato di mistificazione e di riluttanza quando si trova a non poter accondiscendere alle loro ingiunzioni paradossali. Quello che rende il racconto così straordinario è che sia stato scritto quasi 130 anni fa, molto prima che si cominciasse ad elaborare una moderna teoria psichiatrica (“Quando confessai dentro di me che non sapevo cosa dovessi fare, mi hanno accusato di falsità e di mistificazione” ).

ESEMPIO 6
Quando intorno al 1616 le autorità giapponesi cominciarono una persecuzione sistematica dei convertiti al cristianesimo, diedero alle loro vittime la possibilità di scegliere tra una sentenza di morte e un’abiura che era tanto complessa quanto paradossale. Questa abiura aveva la forma di un giuramento. “Ogni apostata doveva ripetere le ragioni per cui rinnegava il Cristianesimo, pronunciando una formula prestabilita [...] Venivano fatti giurare, per una logica assai curiosa, chiamando a testimoni proprio le potenze che avevano appena rinnegato: il Padre, il Figlio, lo Spirito Santo, Santa Maria e tutti gli angeli” .
Di fronte al problema di operare “veramente” un cambiamento nella mente di qualcuno, i giapponesi ricorsero all’espediente del giuramento. Ma capirono con chiarezza che un giuramento simile li avrebbe legati soltanto se lo avessero prestato al Dio cristiano oltre che alle divinità buddiste e scintoiste. Ma era una “soluzione” che li metteva subito alle prese con l’indecidibilità delle asserzioni riflessive. Veniva fatta un’asserzione entro uno schema di riferimento chiaramente stabilito (la fede cristiana) che asseriva qualcosa su questo schema e quindi su se stessa, vale a dire negava lo schema di riferimento, e negando lo schema negava il giuramento stesso. Se consideriamo C come la classe di tutte le asserzioni entro la struttura del cristianesimo, il giuramento è sia un membro di C, poiché invoca la Trinità, sia al tempo stesso una meta-asserzione che nega C –quindi su C-. E’ un’impasse logica che ormai conosciamo bene. Nessuna asserzione fatta entro un dato schema di riferimento può nello stesso tempo uscir fuori dallo schema, per così dire, e negare se stessa. E’ il dilemma di chi è preso da un incubo mentre sogna; non servirà a niente tutto quello che cerca di fare nel sogno. Può sfuggire all’incubo soltanto se si sveglia, il che significa uscir fuori dal sogno. Ma il risveglio non fa parte del sogno, è uno schema completamente diverso; è un non-sogno, per così dire. In teoria, l’incubo potrebbe continuare per sempre, come accade per certi incubi di schizofrenici, perché nulla entro lo schema ha il potere di negare lo schema. Ma questo è proprio l’obiettivo che i giapponesi intendevano raggiungere col giuramento. I convertiti, abiurando, restavano entro lo schema di una formula paradossale e in tal modo venivano presi nel paradosso.
Un giuramento lega di per sé non solo chi lo presta ma anche il dio in nome del quale viene prestato.
Ma il paradosso deve anche aver influenzato gli stessi persecutori. E’ impossibile che non siano stati consapevoli di aver posto con la loro formula il dio cristiano al di sopra delle proprie divinità. Per cui alla fine devono essersi trovati inviluppati dalla loro stessa mistificazione, che negava ciò che asseriva e asseriva ciò che negava.
In linea di massima si può dire che la storia del genere umano mostra che ci sono due tipi di persone che vogliono sottomettere la mente degli altri: coloro che ritengono una situazione accettabile la distruzione fisica dei loro oppositori senza preoccuparsi affatto di quello che pensano “veramente” le loro vittime, e coloro che per un interesse escatologico degno di miglior causa se ne preoccupano moltissimo. Al secondo gruppo interessa anzitutto cambiare la mente dell’uomo, la sua eliminazione fisica è soltanto un aspetto secondario. O’ Brien, il torturatore che G. Orwell presenta in “1984”, è un’autorità esperta sull’argomento. Si tratta del paradosso “sii spontaneo!” nella formula più nuda.

ESEMPIO 7
Una situazione sostanzialmente simile a quella dei convertiti giapponesi e dei loro persecutori è quella che venne a crearsi nel 1938 tra S. Freud e le autorità naziste. I nazisti avevano promesso a S. Freud un visto d’uscita dall’Austria a condizione che sottoscrivesse una dichiarazione da cui risultasse che era stato “trattato dalle autorità tedesche e in particolare dalla Gestapo con tutto il rispetto e la considerazione dovuti alla mia fama di scienziato” . Anche se nel caso personale di S. Freud la dichiarazione rispondeva a verità, nel contesto più vasto della spaventosa persecuzione degli ebrei viennesi, il documento veniva ad avallare una vergognosa pretesa di equità da parte delle autorità, con lo scopo evidente di usare la fama internazionale di S. Freud per la propaganda nazista. S. Freud deve essersi trovato di fronte al dilemma di sottoscriverlo o rifiutarsi. In termini di psicologia sperimentale, doveva affrontare un conflitto di evitamento-evitamento. Egli riuscì a rovesciare le posizioni intrappolando i nazisti nella loro stessa mistificazione. Quando l’ufficiale della Gestapo gli portò i documenti per la firma,S. Freud chiese se gli era permesso aggiungere un’altra frase. L’ufficiale acconsentì, sicuro com’era della sua posizione one-up, e S. Freud scrisse di suo pugno: “Posso vivamente raccomandare la Gestapo a chicchessia” . Ora la situazione era capovolta. La Gestapo, che in un primo momento aveva costretto S. Freud a lodarla, non poteva certo fare obiezione per aver ricevuto una lode supplementare. Ma per chiunque sapesse sia pure confusamente cosa stava accadendo a Vienna in quei giorni il sarcasmo di quella “lode” era così devastante da rendere il documento privo di ogni valore ai fini della propaganda. In breve, S. Freud aveva invalidato il documento con una asserzione che aderiva al contenuto della dichiarazione ma nello stesso tempo lo negava con il sarcasmo.

ESEMPIO 8
In “Les Plaisirs et les Jours”, M. Proust ci dà un esempio stupendo del paradosso pragmatico che si ha quando c’è contraddizione, come spesso accade, tra un comportamento socialmente approvato e l’emozione individuale. Alexis è un tredicenne che va a trovare lo zio che sta morendo per una malattia incurabile. Il suo precettore gli dice di non parlare allo zio della morte e di non piangere. Alexis pensa però che se nascondo la sua ansia allo zio può sembrare che non lo sia e che quindi non gli voglia bene.

ESEMPIO 9
Un giovanotto ebbe il sentore che i suoi genitori non approvavano che filasse con una certa ragazza che aveva intenzione di sposare. Il padre del ragazzo era un bell’uomo, dinamico e ricco, che dominava completamente la moglie e i tre figli. La madre era una donna silenziosa e chiusa in se stessa che in diverse occasioni era andata in clinica “per riposare” (posizione completamente one-down). Un giorno il padre invitò il figlio nel suo studio –una procedura riservata soltanto alle dichiarazioni molto solenni- e gli disse: “Louis, c’è una cosa che dovresti sapere. Noi Alvarados sposiamo sempre donne migliori di noi”.
L’asserzione del padre si presta alle seguenti interpretazioni. Noi Alvarados siamo gente superiore; tra l’altro, la posizione sociale delle donne che sposiamo è altolocata. Ma la prova ultima di tale superiorità e non solo nettamente in contrasto con i fatti che il giovanotto può osservare, ma implica anche che gli uomini Alvarados sono inferiori alle proprie mogli. E questa implicazione nega quanto l’asserzione voleva sostenere.

ESEMPIO 10
Lo psichiatra chiese a un giovanotto che aveva in cura di invitare i genitori a partecipare ad almeno ad una seduta di terapia congiunta. Durante la seduta fu chiaro che i genitori erano d’accordo tra loro soltanto quando si coalizzavano contro il figlio, mentre in molti argomenti importanti non erano affatto d’accordo. La madre, dopo aver giudicato provocatorio un consiglio del terapeuta, disse: “L’unica cosa che vogliamo dalla vita è che il matrimonio di nostro figlio sia felice come il nostro”. Se la questione si pone in questi termini, la sola conclusione è che il matrimonio è felice quando non lo è, ed infelice quando è felice.

ESEMPIO 11
Una madre stava parlando al telefono con lo psichiatra della figlia schizofrenica e si lamentava delle ricadute della ragazza. Ma di solito quando diceva che la figlia era ricaduta voleva dire che la ragazza si era mostrata più indipendente e che aveva battibeccato con lei. Da qualche giorno, per esempio, la figlia era andata a stare per conto suo in un appartamento, una decisione che aveva abbastanza infastidito la madre. Il terapeuta le chiese di fare un esempio di quello che lei definiva comportamento disturbato, e la donna rispose che la figlia aveva rifiutato un suo invito a cena, ma alla fine era riuscita a convincerla. L’opinione della madre è che quando la ragazza dice “no” significa che vuol venire, perché lei sa meglio della figlia quello che passa nella sua mente confusa; e quando la ragazza dice “sì” vuol dire soltanto che la figlia non ha mai la forza di dire “no”. Sia la madre che la figlia sono dunque legate da questo modo paradossale di etichettare i messaggi.

ESEMPIO 12
D. Greenburg ha pubblicato recentemente una raccolta incantevole di comunicazioni paradossali di madri. Ecco una perla: “Regala a tuo figlio Marvin due camicie sportive. La prima volta che ne metta una, guardalo con tristezza e digli col tuo Solito Tono di Voce: “Quell’altra non ti piace?”.

Teoria del doppio legame
G. Bateson, D. D. Jackson, J. Haley e J. H. Weakland hanno descritto per primi gli effetti del paradosso nell’interazione umana, in un saggio intitolato “Toward a Theory of Schizophrenia” pubblicato nel 1956. Essi si chiedono quali sequenze di esperienza interpersonale provocherebbero il comportamento (piuttosto che essere causate da esso) che giustificherebbe la diagnosi di schizofrenia. Lo schizofrenico, ipotizzano, “deve vivere in un universo in cui le esperienze di eventi sono tali che le sue abitudini di comunicazione non convenzionali in qualche modo saranno appropriate” . E’ un’ipotesi che li ha portati a postulare e a identificare certe caratteristiche essenziali di tale interazione, per cui hanno coniato il termine “doppio legame”.
E’ possibile descrivere gli elementi di un doppio legame come segue:
due o più persone sono coinvolte in una relazione intensa che ha un alto valore di sopravvivenza fisica e/o psicologica per una di esse, per alcune, o per tutte. Le situazioni in cui si hanno tipicamente queste relazioni intense includono la vita familiare, l’invalidità, la dipendenza materiale, la prigionia, l’amicizia, l’amore, la fedeltà...;
in un simile contesto viene dato un messaggio che è strutturato in modo tale che

a.) asserisce qualcosa,
b.) asserisce qualcosa sulla propria asserzione e
c.) queste due asserzioni si escludono a vicenda.

Quindi, se il messaggio è un’ingiunzione, l’ingiunzione deve essere disobbedita per essere obbedita; se è una definizione del sé o dell’altro, la persona di cui si è data la definizione è quel tipo di persona soltanto se non lo è, e non lo è se lo è; infine, si impedisce al ricettore del messaggio di uscir fuori dallo schema stabilito da questo messaggio, o metacomunicando su esso (commentandolo) o chiudendosi in se stesso. Egli non può non reagire ad esso, ma non può neppure reagire ad esso in modo adeguato (non paradossale), perché il messaggio stesso è paradossale. Questa situazione spesso si ha quando viene proibito in modo più o meno evidente di mostrare una qualsiasi consapevolezza della contraddizione o del vero problema in questione. Una persona in una situazione di doppio legame è quindi probabile che si trovi punita (o almeno che le si faccia provare un senso di colpa) per aver avuto percezioni corrette, e che venga definita “cattiva” o “folle” per aver magari insinuato che esiste una discrepanza tra ciò che vede e ciò che “dovrebbe” vedere.
Il problema della patogenesi del doppio legame divenne subito l’aspetto più discusso e frainteso della teoria.
Non c’è alcun dubbio che il mondo in cui viviamo è ben lontano dall’essere un mondo logico e non c’è dubbio che tutti siamo esposti a doppi legami, eppure la maggior parte di noi riesce a conservare la propria salute mentale. Ma molte di queste esperienze sono isolate e spurie, anche se quando accadono possono essere traumatiche. Una situazione molto diversa si presenta invece quando si è esposti al doppio legame per lungo tempo e poco a poco ci si abitua a tale situazione e la si aspetta. Questo, naturalmente, vale soprattutto per l’infanzia, quando tutti i bambini hanno la tendenza a concludere che quello che accade a loro, accade in tutto il mondo. Il doppio legame non può essere un fenomeno unidirezionale. Se esso produce un comportamento paradossale, allora sarà proprio questo comportamento a “legare doppio” il “doppio legatore”.
Dove il doppio legame è diventato il modello predominante della comunicazione, e dove l’attenzione diagnostica viene limitata all’individuo più manifestamente disturbato, si scoprirà che il comportamento di questo individuo soddisfa i criteri diagnostici della schizofrenia. Soltanto in questo senso un doppio legame si può considerare “causativo” e quindi patogeno.
Si possono aggiungere altri criteri per definire la connessione esistente tra il doppio legame e la schizofrenia. Essi sono:
quando si ha un doppio legame di lunga durata, forse cronico, esso si trasformerà in qualcosa che ci si aspetta, qualcosa di autonomo e abituale, che riguarda la natura delle relazioni umane e del mondo in genere, un’attesa che non ha bisogno di essere ulteriormente rafforzata;
il comportamento paradossale imposto dal doppio legame a sua volta ha natura di doppio legame, e questo porta ad un modello di comunicazione autoperpetuantesi. Il comportamento del comunicante più manifestamente disturbato, se lo si esamina isolatamente, soddisfa i criteri clinici della schizofrenia.
Negli esperimenti classici in cui si pone un organismo in una situazione di conflitto (approccio-evitamento, approccio-approccio, evitamento-evitamento) la radice del conflitto è sempre rintracciabile in quegli elementi che equivalgono a una contraddizione tra le alternative, che sono state offerte o imposte. Questi esperimenti producono effetti comportamentali che vanno dall’indecisione alla scelta sbagliata, ma tali comportamenti non presentano mai la patologia peculiare che si osserva quando il dilemma è veramente paradossale.
Invece la presenza di tale patologia è evidente nei famosi esperimenti di I. Pavlov in cui in un primo tempo si addestra un cane a differenziare tra un cerchio e una ellisse e in un secondo tempo lo si rende incapace di tale differenziazione quando l’ellisse viene a mano a mano allargata in modo da sembrare sempre più simile a un cerchio. I. Pavlov ha coniato il termine “nevrosi sperimentale” per definire questi effetti comportamentali. Il nodo del problema sta nel fatto che in questo tipo di esperimenti lo sperimentatore prima impone all’animale la necessità vitale di una differenziazione corretta e poi rende impossibile la differenziazione entro tale schema. Il cane viene così gettato in un mondo in cui la sua sopravvivenza dipende dall’osservanza di una legge che viola se stessa: il paradosso alza la sua testa di Gorgone. A questo punto l’animale comincia ed esibire tipici disordini del comportamento.
Visual Paradox – Dylan Leeds, University of Oregon, 2009.
La distinzione più importante tra ingiunzioni contradditorie e paradossali è la seguente. Di fronte ad un’ingiunzione contraddittoria si sceglie un’alternativa e si perde – o si patisce - l’altra alternativa. Non è che il risultato sia quello più soddisfacente: abbiamo già accennato che non si può salvare capra e cavoli, e il male minore resta pur sempre un male. Ma l’ingiunzione contraddittoria offre almeno la possibilità di compiere una scelta logica. L’ingiunzione paradossale, invece, fa fallire la scelta stessa, nulla è possibile, e viene messa in moto una serie oscillante e autoperpetuantesi.

Nel caso di doppi legami, la complessità del modello è particolarmente vincolante e le reazioni pragmatiche possibili sono molto poche.
Di fronte all’assurdità insostenibile della sua situazione, è probabile che un individuo concluda che deve essersi lasciato sfuggire qualche elemento d’importanza vitale che era inerente alla situazione o che le persone che contano in quel contesto gli avevano offerto. In entrambi i casi sarà ossessionato dal bisogno di scoprire tali elementi, di dare un significato a ciò che continua ad accadere in lui e attorno a lui, e alla fine sarà costretto ad estendere la sua ricerca ai fenomeni più improbabili e senza alcuna attinenza col significato e gli elementi che cerca di rintracciare. Questa deviazione dai problemi reali diventa ancora più plausibile se si ricorda che un elemento essenziale di una situazione di doppio legame è la proibizione di essere consapevoli della contraddizione che la situazione comporta.
D’altro canto può scegliere la reazione che le reclute scoprono molto presto e che è la migliore possibile alla logica ottundente (o alla mancanza di logica) della vita militare: prestare osservanza a tutte le ingiunzioni prendendole alla lettera, guardandosi bene dal mostrare di avere idee personali.
La terza reazione possibile potrebbe essere quella di ritrarsi dalle complicazioni della vita. Per mettere in atto una simile “soluzione” occorre isolarsi fisicamente quanto più possibile e inoltre bloccare l’ingresso dei canali di comunicazione perché la comunicazione non consente di isolarsi come si desidera. E’ lecito supporre che praticamente si possa ottenere lo stesso risultato –fuga dai viluppi del doppio legame- con un comportamento iperattivo che sia così intenso e prolungato da sommergere la maggior parte dei messaggi che entrano.
Queste tre forma di comportamento di fronte all’indecidibilità di doppi legami reali o che ci si è abituati ad aspettarsi richiamano alla mente i quadri clinici della schizofrenia, cioè rispettivamente i sottogruppi della schizofrenia paranoide, della ebefrenia e della catatonia (stuporosa e agitata).


Predizioni paradossali
Nei primi mesi del 1940 fece la sua comparsa un paradosso nuovo e particolarmente affascinante.

Il direttore di una scuola annuncia agli allievi che ci sarà un esame inatteso durante la prossima settimana, cioè in un giorno qualsiasi tra lunedì e venerdì. Gli studenti gli fanno notare che, a meno che non violi i termini del proprio annuncio e non intenda dare un esame inatteso in un certo momento della settimana seguente, non potrà esserci un esame simile. Perché se non si è tenuto nessun esame entro giovedì sera, allora no si può tenerlo inaspettatamente venerdì, perché venerdì sarebbe l’unico giorno possibile che è rimasto. Ma se per questa ragione si esclude venerdì, come possibile giorno d’esame, per la stessa ragione si può escludere anche giovedì. E’ chiaro che mercoledì sera ci sarebbero rimasti soltanto due giorni: giovedì e venerdì. Abbiamo dimostrato che venerdì si può escludere. Resta soltanto giovedì, ma un esame tenuto di giovedì non sarebbe più inatteso. Naturalmente, per la stessa ragione si possono escludere mercoledì, martedì e infine anche lunedì: non ci può essere un esame inatteso. Si può supporre che il direttore ascolti la loro “dimostrazione” in silenzio e poi tenga l’esame giovedì mattina. Dal momento del suo annuncio egli aveva programmato di tenere l’esame quel giovedì mattina. Essi, d’altro canto, sono ora di fronte a un esame completamente inatteso – inatteso proprio perché hanno convinto se stessi che l’esame non poteva essere inatteso- .
L’aspetto più sorprendente del paradosso è questo: se lo si esamina più da vicino ci si rende conto che l’esame poteva tenersi anche il venerdì ed essere ugualmente inatteso. In realtà, ciò che conta è la situazione esistente il giovedì sera (il resto è superfluo). Da giovedì sera resta solo venerdì come giorno possibile, ma questa constatazione rende del tutto prevedibile un esame di venerdì. E’ proprio questo processo deduttivo secondo cui l’esame è atteso e quindi impossibile che rende possibile al direttore di tenere un esame inatteso di venerdì o anche in qualsiasi altro giorno della settimana, rispettando rigorosamente i termini del suo annuncio.
Ecco, dunque, ancora un vero paradosso:
  • l’annuncio contiene un predizione nel linguaggio oggetto (“ci sarà un esame”);
  • contiene una predizione nel metalinguaggio che nega la predicibilità dell’esame;
  • le due predizioni si escludono a vicenda;
  • il direttore può impedire agli studenti di uscire fuori dalla situazione creata dal suo annuncio e di ricevere informazione supplementare che potrebbe metterli in grado di scoprire la data dell’esame.
Quando si considerano le conseguenze pragmatiche, si possono trarre due conclusioni assai sorprendenti:
  1. per realizzare la predizione contenuta nel suo annuncio, il direttore ha bisogno che gli studenti giungano alla conclusione opposta (cioè, che un esame così come è stato annunciato è logicamente impossibile), perché soltanto allora si sarà creata la situazione in cui può diventare operante la predizione di un esame inatteso. Le predizioni paradossali presentano affinità col comportamento che richiama l’abulia e l’inerzia tipiche della schizofrenia semplice;
  2. il dilemma sarebbe ugualmente impossibile se gli studenti implicitamente non si fidassero del direttore. Tutta la loro deduzione s’impernia sull’ipotesi che ci possa e ci si debba fidare del direttore. Un dubbio sulla sua lealtà non dissolverebbe il paradosso dal punto di vista della logica, ma certamente lo dissolverebbe dal punto di vista della pragmatica. Non soltanto la logicità di pensiero, ma anche la fiducia, dunque, ci rendono vulnerabili a questo genere di paradosso.
Una persona che rechi l’etichetta diagnostica di “schizofrenico” può assumere sia la parte degli studenti che quella del direttore. Come gli studenti è preso nel dilemma di logica e fiducia. Ma viene anche a trovarsi in una posizione assai simile a quella del direttore perché s’impegna come lui in messaggi di comunicazione che sono indecidibili. G. C. Nerlich ha espresso questo stato di cose: “Un modo per non dire niente è contraddirsi. E se uno riesce a contraddirsi dicendo che non sta dicendo niente, allora alla fine non si contraddice affatto. Può salvare capra e cavoli” .
La “soluzione” del suo dilemma è l’uso di messaggi indecidibili che dicono di se stessi che non stanno dicendo niente.

Ma anche in settori diversi da quello delle comunicazioni puramente schizofreniche si può constatare che le predizioni paradossali turbano i rapporti umani. Si presentano, per esempio, ogni volta che una persona P, godendo implicitamente della fiducia dell’altro, O, minaccia di fare qualcosa ad O, che renderebbe P indegno di fiducia.
Un esempio pratico è quello di una coppia in cui il marito, una persona orgogliosa del fatto in vita sua non ha mai dato motivo a nessuno di dubitare della sua parola, risponde al vizio della propria moglie di bere un bicchiere di vino prima di pranzo dicendole che se non la smetteva avrebbe trovato anche lui un vizio, riferendosi ad altre donne.
La struttura della minaccia del marito è identica alla struttura dell’annuncio del direttore. Secondo la moglie lui sta dicendo:
  • sono del tutto degno di fiducia (trustworthy);
  • ora ti punirò con l’essere indegno di fiducia (infedele, traditore);
  • perciò, resterò degno di fiducia con l’essere indegno di fiducia, perché se adesso non distruggessi la tua fiducia nella mia fedeltà (trustworthiness) coniugale, non sarei più degno di fiducia.
Da un punto di vista semantico il paradosso sorge sui due diversi significati di “degno di fiducia”. Al primo punto il termine è usato nel metalinguaggio per denotare la proprietà comune di tutte le sue (del marito) azioni, promesse e attitudini. Al secondo punto è usato nel linguaggio oggetto e si riferisce alla fedeltà coniugale.

La fiducia. Il dilemma dei prigionieri
Nei rapporti umani, ogni predizione è in qualche modo collegata col fenomeno della fiducia. Nella comunicazione umana non c’è alcun modo di far partecipare l’altro all’informazione o alle percezioni di cui uno dispone esclusivamente per sé. Nella migliore delle ipotesi l’altro può avere fiducia o diffidenza, ma non può mai sapere. D’altra parte, l’attività umana sarebbe praticamente paralizzata se la gente agisse soltanto in base all’informazione di prima mano o alle percezioni.
Il direttore sa che darà l’esame giovedì mattina; il marito sa che non intende tradire la moglie. In ogni interazione del tipo “dilemma dei prigionieri”, nessuno dei due ha qualche informazione di prima mano. Entrambi devono fare assegnamento sulla fiducia che hanno nell’altro. Tali predizioni diventano invariabilmente paradossali.
Il “dilemma dei prigionieri” si può rappresentare mediante una matrice come la seguente:

                                                                                    b1          b2

                                                                           a1    5,5       -5, 8

                                                                           a2    8, -5    -3, -3

in cui due giocatori, A e B hanno ciascuno due mosse alternative (A = a1, a2, B = b1, b2). Entrambi sono pienamente consapevoli dei guadagni e delle perdite stabiliti dalla matrice. Il loro dilemma è costituito dal fatto che ciascuno non sa che alternativa sceglierà l’altro. Di solito si presume che, indipendentemente dal fatto che il gioco venga giocato una sola volta o cento volte di seguito, la decisione a2, b2 è quella più sicura. Naturalmente una soluzione più ragionevole sarebbe a1, b1 perché assicura ad entrambi i giocatori un guadagno. Ma si può fare questa scelta soltanto a condizione che ci sia una fiducia reciproca.
Questo è il punto dove quasi tutte le coppie (o anche quasi tutte le nazioni) si fermano a valutare e definire la loro relazione.

Riassumendo, un paradosso è una contraddizione logica che deriva dalle deduzioni coerenti di premesse corrette. I paradossi pragmatici si distinguono dalla semplice contraddizione soprattutto per questo motivo: mentre nel caso di una contraddizione la scelta è una soluzione, nei paradossi la scelta non è neanche possibile.

lunedì 28 novembre 2011

in memoria del Tao psichedelico

Ken Russell, Women In Love director, dies at 84

Film director Ken Russell, who was Oscar-nominated for his 1969 film Women In Love, has died at the age of 84.

His son, Alex Verney-Elliott, said he died in hospital on Sunday following a series of strokes.
During his career, he became known for his controversial films including Women In Love, which featured Oliver Reed and Alan Bates wrestling nude.
He also directed the infamous religious drama The Devils and The Who's rock opera, Tommy, in 1975.
"My father died peacefully, he died with a smile on his face," Mr Verney-Elliott said.
Glenda Jackson, who gave an Oscar-winning performance in Women In Love and starred in a number of Russell's other films including Music Lovers, told the BBC it was "just wonderful to work with him and to work with him as often as I did".
"He created the kind of climate in which actors could do their job and I loved him dearly."
Jackson added that she believed the director had been overlooked by the British film industry, saying it was "a great shame".
"It was almost as if he never existed - I find it utterly scandalous for someone who was so innovative and a film director of international stature," she said.

'Creative force'

Joely Richardson, who starred opposite Sean Bean in Russell's 1993 BBC TV series Lady Chatterley, said: "I will forever feel privileged and honoured to have worked with the great Ken Russell.
"More than that, I was extremely fond of the man himself."
Film-maker Michael Winner hailed Russell's "duplicity of mind", adding he had made an "enormous contribution" to British cinema.
"He pushed the barriers completely and got away with it sometimes and didn't others, but he made some startling movies," said.
"He had an eye for the composition of each image on the screen - a great eye for imagery and then, of course, he had a great idea for the grotesque." 
Friend and cultural commentator Norman Lebrecht said: "Among many achievements that spring to mind, he made British cinema less insular and self-referential. 
"He was also a leading creative force in the history of British television. He will be widely mourned."
Russell later returned to more small budget, but no less flamboyant fare, including Crimes of Passion, Gothic, Salome's Last Dance and the cult horror-comedy The Lair of the White Worm, starring Hugh Grant.
The director also made an adaptation of DH Lawrence's The Rainbow followed by the gritty film, Whore, and even tried his hand at music videos, making Nikita for Sir Elton John.
Many of Russell's later films were dismissed as too eclectic and by the 1990s he found it almost impossible to get funding for his work.
He returned to the public eye in 2007, when he appeared on Celebrity Big Brother.
He lasted just four days before quitting the show after a disagreement with fellow contestant, the late Jade Goody.
The director is survived by his wife, Elize.


Expert view
Geoff Andrew, Head of Film Programme at BFI Southbank
"Ken Russell was a brave and fearless film-maker who didn't mind, and even enjoyed, raising the hackles of people.
He was fiercely devoted to making films about the arts, and made some wonderful work for television.
At a time when British television was dominated by kitchen sink realism along came Ken who was into symbolism and metaphor.
A classic film scene is the 1812 Overture sequence in The Music Lovers (1970). Richard Chamberlain, as Tchaikovsky, is festooned with ribbons while people's heads are blown off by cannonballs. It's the sort of thing that only Ken Russell would have made.
He sometimes had an eccentric take, he was never less than entertaining.
In later years, he found it difficult to get financing, but he did keep turning out films of note. In the 1960s and first half of the 70s he was very important. He brightened up British cinema no end." 


Addio a Ken Russell, regista visionario tra diavoli, allucinazioni e opera rock

Il grande regista, tra i più trasgressivi e barocchi della storia del cinema, è morto a 84 anni. L'esordio in tv, poi il boom coi grandi titoli degli anni Settanta e Ottanta: da "Donne in amore" a "China Blue", passando per "Tommy". Grande talento, grande ego e una massima: "Voglio fare solo film illuminanti"

di CLAUDIA MORGOGLIONE

 LONDRA - Addio a uno dei più trasgressivi, visionari, originali cineasti di sempre: Ken Russell, regista e sceneggiatore britannico, è morto in ospedale, a 84 anni. Lo ha annunciato il figlio Alex. L'autore di tanti film diventati cult - tra cui I Diavoli, Tommy, Lisztomania, Stati di allucinazione - lascia in eredità, oltre alle sue opere, un'idea di cinema estrema, inconfondibile: contenuti forti, spesso fantastici, con molto sesso e sangue, abbinati a uno stile psichedelico e opulento. Con alcuni marchi di fabbrica subito riconoscibili, per i suoi ammiratori: dall'uso insistito dei colori primari all'ossessione per le scene con il fuoco e per i rituali mistici di vario tipo. "La vita è troppo breve - era una delle sue frasi celebri - per fare pellicole su gente che non piace: meglio realizzare opere illuminanti come le mie".

mercoledì 23 novembre 2011

metamorfosi del Tao

Metamorphosis I, 1937, woodcut printed on 2 sheets
In una serie di tre composizioni denominate Metamorphosis I - II - III, realizzate nel 1937, 1940 e 1967-68, M.C. Escher applicò la tecnica della tassellatura regolare del piano, sviluppata a partire dal 1935 sia in forma simmetrica che asimmetrica,  per delineare soprattutto in  Metamorphosis II, una xilografia di 19,2 per 389,5 cm. stampata da 20 blocchi su tre fogli combinati, una straordinaria evoluzione grafica e concettuale a partire da un punto iniziale attraversando diverse zone di transizione e regni per ritornare allo stesso punto finale.

Metamorphosis II, 1939-40


prima parte: a partire dal punto iniziale si creano elementi che formano una composizione ordinata
seconda parte: la struttura d'ordine attraversa una zona di transizione
terza parte: la struttura di transizione porta alla genesi della vita
dettaglio della terza parte
quarta parte: il dispiegamento della vita attraverso una tassellatura regolare del piano
quinta parte: il dispiegamento della vita porta al regno sociale
sesta parte: il regno sociale si raccorda con quello mentale che riporta ad una struttura ordinata. L'architettura del paesaggio a sinistra ricorda i paesi della costiera amalfitana, visitati da Escher durante i suoi viaggi in Italia, in particolare Atrani.
settima parte: in modo duale dell'inizio la composizione ordinata si dissolve in elementi che portano al punto finale identico a quello iniziale


La rivelazione per Escher riguardo alla tassellatura regolare del piano furono le stupende decorazioni dell’Alhambra di Granada, che visitò nell’autunno del 1922, scoprendo la bellezza dei disegni astratti che ornavano le pareti del palazzo.
“L’arte di riempire un piano con uno schema ripetuto" - affermò H. S. M. Coxeter, che aiutò Escher capire il significato e il valore matematico delle sue opere - raggiunse il suo massimo sviluppo nella Spagna del tredicesimo secolo, dove i Mori usarono tutti i diciassette gruppi di simmetria, nelle loro intriganti decorazioni dell’Alhambra. La loro preferenza per gli schemi astratti era dovuta alla stretta osservanza del precetto del Corano: “Tu non disegnerai alcuna figura...””.


particolare di un mosaico dell’Alhambra
Molto tempo fa, durante uno dei miei vagabondaggi – scrive Escher – mi capitò di trovarmi in questo campo (la divisione regolare del piano); vidi un alto muro e poiché avevo il presentimento di trovare qualcosa di enigmatico e di sconosciuto, lo scavalcai faticosamente. Dall’altra parte c’era un deserto che attraversai con gran fatica fino a quando seguendo un complicato percorso, mi trovai su una soglia: davanti a me si spalancavano le porte della matematica. Da qui si dipartivano in diverse direzioni molti sentieri ben tracciati e da allora mi soffermo spesso in questo luogo. Talvolta mi pare di aver perlustrato l’intera zona, di averne percorso ogni sentiero e ammirato ogni veduta; poi improvvisamente scopro un sentiero ancora inesplorato e assaporo nuove delizie”.
Mentre disegno – scrive ancora – mi sento come un medium, controllato dalle creature che sto evocando. E’ come se esse stesse scegliessero le forme in cui apparire. E non si curano, durante la loro nascita, della mia opinione critica e non riesco a esercitare nessuna influenza sulle dimensioni del loro sviluppo. Di solito sono creature difficilissime e ostinate”.


tassellatura regolare del piano su un edificio di Madrid

Metamorfosi III, di lunghezza 7 metri, esposta presso il Museo Escher a L'Aia, Olanda.





lunedì 21 novembre 2011

il Te del Tao: XXIX - NON AGIRE


XXIX - NON AGIRE

Quei che volendo tenere il mondo
lo governa,
a mio parere non vi riuscirà giammai.
Il mondo è un vaso sovrannaturale
che non si può governare:
chi governa lo corrompe,
chi dirige lo svia,
poiché tra le creature
taluna precede ed altra segue,
taluna è calda ed altra è fredda,
taluna è forte ed altra è debole,
taluna è tranquilla ed altra è pericolosa.
Per questo il santo
rifugge dall'eccesso,
rifugge dallo sperpero,
rifugge dal fasto.


take five Taos


1961


eastern way


mixed eastern-western way


western easy way


classic way


1972
Umpawaug Cemetery, Redding, Fairfield County, Connecticut, USA

gioco e fantasia del Tao - 1


In un lavoro del 1954, "Una teoria del gioco e della fantasia", il gruppo di Bateson descrisse una serie di argomenti quali base epistemologica per una teoria psichiatrica basata sull'interazione e sulla comunicazione e, più in generale, quali basi per un modello sistemico-relazionale della complessità di interazione umana a livello 4.

(1) La comunicazione verbale umana può operare, e in effetti opera sempre, a molti livelli di astrazione tra loro contrastanti. Tali livelli, a partire da quello, apparentemente semplice, dell'enunciazione (<< Il gatto è sulla stuoia»), si estendono in due direzioni. Una gamma o insieme di questi livelli più astratti comprende quei messaggi espliciti o impliciti in cui l'oggetto del discorso è il linguaggio; li chiameremo metalinguistici (per esempio: il suono vocale 'gatto' sta per qualunque membro di una classe di oggetti così e così», oppure: «La parola 'gatto' non ha pelo e non graffia»). L'altro insieme di livelli di astrazione sarà chiamato metacomunicativo (per esempio: «Il mio dirti dove trovare il gatto era amichevole», oppure: «Questo è un gioco»). L'oggetto del discorso, in questi livelli, è la relazione fra gli interlocutori.
Si noterà che la grande maggioranza dei messaggi, sia metalinguistici sia metacomunicativi, restano impliciti; e ancora che, specialmente durante le sedute psichiatriche, interviene un'altra classe di messaggi impliciti concernenti l'interpretazione dei messaggi metacomunicativi di amiciziae di ostilità.

(A Theory of Play and Fantasy, 1954)

venerdì 18 novembre 2011

chi ha paura del Tao?


Come esempio di analisi in termini di comunicazione di un sistema interattivo Watzlawick, Beavin e Jackson utilizzano un classico della commedia teatrale, "Chi ha paura di Virginia Woolf" di Edward Albee, debuttato a Broadway nel 1962 e da allora allestito più volte in tutto il mondo, oltre ad una importante riduzione cinematrografica del 1966, interpretata da Richard Burton ed Elizabeth Taylor (premio Oscar 1967) per la regia di Mike Nickols.


"Le ragioni principali che ci hanno fatto scegliere un sistema fittizio, quale una commedia, sono due:
1. volevamo disporre di un materiale che fosse di proporzioni controllabili;
2. volevamo che i dati di questo materiale fossero ragionevolmente indipendenti, indipendenti cioè dagli stessi autori, in altre parole che fossero pubblicamente accessibili.
I limiti dei dati presentati nella commedia di E. Albee sono stabiliti dalla licenza artistica, anche se è possibile che la commedia sia anche più reale della realtà; inoltre il lettore dispone di tutte le informazioni. Ne consegue che si può interpretare la commedia in molti modi."

 




















Intreccio
L’azione vera e propria della commedia è assai limitata. Per lo più sono rapidi scambi verbali a creare il movimento.
Tutta l’azione si svolge durante le ore piccole di una domenica mattina nel soggiorno della casa di George e Martha, in un’università del New England. Martha è la figlia unica del rettore; suo marito, George, è professore incaricato nella facoltà di storia.
Quando la commedia comincia, George e Martha stanno tornando da una festa di facoltà che è stata data nella casa del rettore. Sono le due del mattino, ma all’insaputa di George, Martha ha invitato ad unirsi a loro una coppia conosciuta alla festa, Nick e Honey. Questi ultimi mantengono sempre uno stile di comunicazione fin troppo convenzionale.
George e Martha hanno i loro segreti. C’è innanzitutto un fatto singolare: collaborano a mantenere in vita la fantasia di avere un figlio che sta per diventare maggiorenne, e rispettano la regola su questo figlio immaginario, cioè non svelare a nessuno la sua “esistenza”. C’è poi un’altro fatto strano, un capitolo molto triste nella vita di George. Sembra che accidentalmente abbia colpito a morte sua madre con un colpo di fucile e un anno dopo mentre imparava a guidare con l’auto del padre abbia perso il controllo della macchina e il padre sia morto nell’incidente.
Il primo atto è intitolato “Giochi e divertimento” e ci presenta il rissoso stile verbale della coppia, l’argomento del figlio mitico e le pose da seduttrice (stereotipate) che Martha ostenta nei confronti di Nick. Il climax è raggiunto con un attacco sarcastico di Martha al fallimento professionale di George.
L’atto secondo, “Walpurgisnacht(Sabba delle Streghe), comincia con George e Nick che sono rimasti soli nella stanza e fanno quasi gara a farsi le confidenze –George che parla della morte dei suoi genitori, sebbene la presenti camuffata come la storia di una terza persona, e Nick che spiega le ragioni del suo matrimonio. Quando le donne ritornano, Martha comincia a ballare sfacciatamente con Nick per sfidare George. Si passa al primo gioco, etichettato apertamente “Umiliare il padrone di casa”. Martha rivela agli ospiti come sono morti i genitori del marito, dopo di che lui la picchia. Poi George comincia il gioco successivo, “Prendete di mira gli ospiti”, e svela il segreto del matrimonio imposto dalla falsa gravidanza, mortificando profondamente Nick e suscitando l’orrore di Honey. Le conseguenze sono amare: Martha e George si sfidano ancora e si danno ancora battaglia. Il gioco successivo è “Saltare sulla padrona di casa”, che porta Martha a sedurre Nick apertamente, ma la capacità di collaborazione del giovanotto risulta menomata da tutto quello che ha bevuto a cominciare dalla sera prima.
L’atto terzo, “L’esorcismo”, si apre con Martha che è rimasta sola e rimpiange (e se ne rammarica) il suo tentativo sfortunato di essere infedele. Frattanto George ha preparato l’ultimo gioco, “Alleviamo il bambino”, e riunisce gli altri per lo scontro finale. Rivela tutta la storia del mito che hanno creato sul figlio e poi annuncia a Martha, arrabbiata e indifesa, che il ragazzo è rimasto ucciso in un incidente automobilistico. Nick e Honey se ne vanno e la commedia finisce con una nota di spossatezza e ambiguità che non chiarisce se George e Martha continueranno a giocare ai genitori che lamentano la morte del loro unico figlio nel fiore della giovinezza, oppure se è diventato possibile un cambiamento completo dei loro modelli di relazione.

Interazione come sistema
Si può sostenere che i personaggi della commedia, soprattutto George e Martha, costituiscano un sistema interattivo caratterizzato, mutatis mutandis, da molte proprietà generali dei sistemi. 

Tempo e ordine, azione e reazione 

G. Bateson ha definito la psicologia sociale come “lo studio delle reazioni degli individui alle reazioni di altri individui” , aggiungendo che “occorre considerare non soltanto le reazioni di A al comportamento di B, ma considerare anche come queste reazioni influenzano il comportamento successivo di B e l’effetto che tale comportamento ha su A” - come Martha reagisce a George e come George reagisce a Martha -. Queste operazioni si accumulano durante periodi di tempo abbastanza ampi e assumono un ordine che, sebbene astratto, include però in sostanza processi sequenziali. 

Definizione del sistema
Se ci limitiamo a concentrare l’attenzione sul contenuto di ciò che le persone si comunicano a vicenda, allora spesso sembra che manchi quasi del tutto ogni continuità nella loro interazione.
E. Albee intitola il primo atto “Giochi e divertimento”: per tutta la commedia vengono eseguiti giochi di relazione, le cui regole sono di continuo invocate, seguite e violate. Si tratta di giochi spaventosi, del tutto privi di caratteristiche giocose, e le loro regole sono la loro spiegazione migliore.
Sembra che George e Martha siano così presi nella loro lotta di relazione che il contenuto dei loro insulti non arrivi a toccarli personalmente (tanto è vero che Martha non permette a Nick di dire a George le stesse cose che dice lei né di interferire nel loro gioco; sembra che essi si rispettino a vicenda nel sistema. 

Sistemi e sottosistemi
La diade George-Martha è il centro della commedia e quindi del commento che si può fare su di essa. Ma George e Martha costituiscono un “sistema aperto”. Ciascuno di essi forma una sottodiade con Nick e con Honey. George, Martha e Nick formano un triangolo di diadi mobili. I quattro, considerati come un tutto, costituiscono il sistema totale e manifesto della commedia, sebbene la struttura non sia limitata ai personaggi presenti sulla scena ma coinvolga il figlio mitico, il padre di Martha e il milieu universitario.

Proprietà di un sistema aperto

Riteniamo di poter illustrare le caratteristiche generali dei sistemi soprattutto mettendole in contrasto con gli approcci individuali. 

Totalità

Idealmente, vorremmo descrivere la Gestalt, la qualità emergente di questo complesso di personaggi. Quello che è George o Martha, individualmente, non spiega il “composto” che essi costituiscono né come l’hanno costituito. La totalità è una descrizione dei legami triadici sovrapponentisi di stimolo-risposta-rinforzo che G. Bateson e D. D. Jackson hanno descritto. E’ dunque possibile a un altro livello descrivere la praticabilità del sistema, mettendo in giusta evidenza gli individui che cercano di adattare i loro comportamenti a tale sistema.
La sola differenza che c’è tra le recriminazioni di George e quelle di Martha è che lui l’accusa per la sua forza e lei lo accusa per la sua debolezza. Si tratta di un sistema di reciproca provocazione che nessuna delle due parti può fermare.
Secondo la punteggiatura che essi condividono è lei la parte attiva e lui quella passiva (sebbene attribuiscano valori diversi all’essere attivi e passivi; George ritiene di essere un uomo che sa ben controllarsi e Martha definisce debolezza un atteggiamento del genere). Ma è soltanto una tattica del gioco; il punto fondamentale è che essi stanno giocando insieme il loro gioco.
La necessità di sottolineare l’importanza della circolarità ci fa trascurare quelli che sono i loro pregi individuali e che in qualche modo li redimono. 

Retroazione
In questo sistema i processi di retroazione corrispondono esattamente alla simmetria (retroazione positiva con deviazione amplificatrice) e alla complementarità (retroazione negativa, stabilizzatrice). La formula della competizione simmetrica “quel che sai fare tu lo so far meglio” porta inesorabilmente a una reazione maggiore della stessa provocazione con “risposte” che si accumulano su uno stato già in crescendo in proporzioni di runaway. Viceversa, quando in questo sistema si ha uno smistamento verso la complementarità di solito questo porta alla chiusura e alla cessazione almeno temporanea della lotta.
La metacomunicazione (che potrebbe essere uno stabilizzatore) dimostra di essere soggetta alla stessa regola di simmetria e – invece di fermare la conflagrazione - la infiamma ulteriormente.

Equifinalità
Quando si considera che un sistema si è sviluppato durante un periodo di tempo, ha raggiunto un certo stato, è passato da uno stato all’altro, si può spiegare in due modi assai diversi lo stato attuale del sistema. Un modo assai comune è quello di osservare il sistema oppure (e questo è un modo ancor più comune che diventa necessario quando si studiano le persone) di inferire le condizioni iniziali (eziologia, cause passate, storia) che si può presumere abbiano portato alle condizioni attuali.
Il passato non è disponibile se non in quanto riferito al presente per cui il passato non è un puro contenuto ma ha anche un suo aspetto di relazione. Il passato può anche fornire il materiale per il gioco di George e Martha, dal momento che fa la sua comparsa in una interazione reale che si svolge nel presente. Ma per capire la loro interazione è più importante osservare come il materiale viene usato e che tipo di relazione viene stabilita piuttosto che appurare la verità del materiale o stabilire se è selezionato o distorto. 

Sistema interattivo in corso
Occorre tracciare uno schema delle regole e delle tattiche del gioco interattivo di George e di Martha. 

Tipo di Gioco 
Si può descrivere il loro gioco come una escalation simmetrica: ciascuno sta al passo con l’altro o cerca di superarlo, dipende da chi stabilisce la punteggiatura. In ogni scontro, il contenuto è sempre diverso, ma la struttura è praticamente la stessa; quando scoppiano a ridere insieme significa che hanno raggiunto una momentanea stabilità. Ma basta che uno impartisca all’altro il minimo ordine per provocare una nuova lotta, con l’altro che subito rende la pariglia per ristabilire una situazione di parità.
Si noti che George e Martha non fanno nient’altro che darsi ordini o controllarsi a vicenda, anche se tutti e due si guardano bene dall’eseguire un ordine o dal prendere in considerazione una qualsiasi iniziativa dell’altro.
Se George ha un comportamento corretto oppure accetta la posizione one-down, Martha lo definisce rammollito oppure (e magari ne ha motivo) sospetta una trappola.
La tattica fa parte del gioco; sebbene George e Martha abbiano uno stile ben diverso, mostrano tuttavia una grande coerenza e non c’è dubbio che le loro rispettive tattiche siano interdipendenti.
Essi lottano a livelli completamente diversi, cosa che realtà impedisce la chiusura o la risoluzione: le stesse tattiche servono non soltanto ad eseguire il gioco ma anche a perpetuarlo.
Che ci sia instabilità in un tale stato di cose è inevitabile. Il comportamento aggressivo di Martha può spingersi oltre certi limiti e in queste occasioni George si mette al suo livello, come nel caso limite (“Umiliare il padrone di casa”) in cui Martha rivela il parricidio e il matricidio che si suppongono immaginari e George passa alle vie di fatto.
Dopo George suggerisce la variazione che li terrà occupati fino allo scioglimento finale. Si tratta di un gioco di coalizioni, “Saltare sulla padrona di casa”, che richiede la partecipazione di Nick. Ora, aggiungere un terzo componente ad un’interazione già aggrovigliata aumenta notevolmente la complessità del gioco. Finora l’uso degli ospiti era stato soltanto di quasi-coalizione; erano serviti da sfondo, per così dire, per i colpi di George e di Martha. In questo penultimo scontro –quello della violenza su Martha-, però, il terzo componente è coinvolto più direttamente. Poiché Nick ad un primo momento non sta al gioco, George pone le basi per farlo partecipare ricorrendo ad un altro gioco, “Prendete di mira gli ospiti”, e dopo questo gioco Nick è pronto.
Gli eventi che si scatenano poi sono sempre conformi alle regole fondamentali – e alle rispettive tattiche - di Martha e di George. L’obiettivo della lotta resta sempre quello di denigrare l’altro. Quando Martha minaccia di tradirlo, George annuncia tranquillamente che ha intenzione di leggere un libro. Ora Martha ha davanti a sé due alternative: fermare il suo gioco o continuarlo per vedere fino a che punto George dice seriamente quello che dice. Sceglie la seconda alternativa e comincia a baciare Nick. George è immerso nella sua lettura e non raccoglie la provocazione; ciò porta poi Martha a disgustare il proprio comportamento. 

Stile del Gioco 
Il gioco di George e Martha non è soltanto un conflitto aperto che ha per unico scopo la distruzione dell’altro. Negli aspetti generali, sembra piuttosto che si tratti di un conflitto collaborativo o di una collaborazione conflittuale. Usano regole che qualificano la regola fondamentale della simmetria e – all’interno del gioco - assegnano un valore alla vittoria (o alla sconfitta); senza tali regole, vittoria o sconfitta sono prive di significato.
Dopo il disinteresse di George verso le provocazioni di Martha per Nick, Nick stesso e Honey appaiono ancora più sbiaditi. Nessuno dei due riesce a diventare un sotto-partner adatto per questo gioco; Nick delude Martha non tanto per l’inefficienza sessuale ma per la sua passività e mancanza di fantasia; e sembra che anche George –che a volte sottopone Nick a dure prove come se fosse il suo allenatore- lo trovi un avversario mediocre.
George e Martha trovano l’uno nell’altro una certa forza, una capacità di portare tutto nel gioco senza paura. Nell’ultimo atto, George si unisce a Martha nel ridicolizzare Nick, anche se il materiale dello scherzo sono proprio le sue corna.
Questa audacia impietosa si trova anche nel loro portare le cose al limite della rottura totale (brinkmanship) quando superare o “prendere di mira” l’altro richiede sempre meno costrizione e sempre più fantasia.
Come la loro rivalità ha aspetti sessuali, anche il loro comportamento sessuale è rivalità, e quando Martha insiste con le sue advances dirette, George si oppone; lei non cede e alla fine lui conseguirà una “vittoria di Pirro” respingendola e criticando la sua scorrettezza (perché gli ospiti sentano) del suo comportamento.
Quindi lo stile che condividono costituisce un’ulteriore restrizione, un’altra regola del loro gioco. Inoltre, è evidente che nell’eccitazione del rischio c’è qualche conferma reciproca dei loro sé. 

Figlio
M. Muggeridge ritiene che “la commedia si disintegri nel terzo atto, quando viene sviluppata la faccenda deplorevole del figlio immaginario” ; e H. Taubman contesta che: “E. Albee vorrebbe farci credere che per ventun anni la coppia più anziana ha alimentato la fantasia di avere un figlio, che l’esistenza di questo figlio è un segreto che con la stessa violenza li lega e li divide e che l’annuncio della sua morte da parte di George possa essere un elemento risolutore. Questa parte della storia non suona vera, e la sua falsità indebolisce la credibilità dei personaggi centrali” . Questa è una situazione di folie à deux, in cui un partner distorce la realtà e l’altro condivide tale esperienza. A. Ferreira ha fatto riferimento al “mito familiare[Nota: Ferreira, A., "Family Myths and Homeostasis", Arch. Gen. Psychiatry, 1963].
In nessun luogo della commedia E. Albee fa capire che George e Martha credono “veramente” di avere un figlio. Quando parlano di questo, è evidente che ne parlano in modo impersonale perché fanno riferimento non ad una persona ma al mito stesso. La distinzione tra il “figlio” e il “gioco del figlio” è così costantemente mantenuta che è impossibile presumere che essi credano, in senso letterale, di avere un figlio. Ferreira osserva in proposito: “Il mito familiare rappresenta un punto fermo, un nodo della relazione. Attribuisce i ruoli e prescrive il comportamento che, a sua volta, rafforzerà e consoliderà quei ruoli ... Il mito costituisce, per il solo fatto che esiste, un frammento di vita, un pezzo di realtà che si pone di fronte – e quindi dà una forma - a ogni bambino che sia nato in esso ed a ogni estraneo che lo abbia sfiorato” .
Mentre il figlio è immaginario, non è affatto immaginaria l’interazione di George e di Martha su di lui. Il requisito primario dell’interazione sul figlio è che George e Martha siano coalizzati; essi debbono restare uniti per portare avanti la fantasticheria sul figlio, contrariamente a quanto avrebbero fatto se avessero avuto un figlio vero che ovviamente ha una sua esistenza concreta, una volta procreato. Spostando un poco l’obiettivo, si deve riconoscere che è solo in questa zona che essi possono essere uniti e collaborare senza competere. Il loro mito del figlio è un meccanismo omeostatico. In quella che sembra essere la zona centrale della loro vita si ritrovano coalizzati e hanno un rapporto simmetrico stabile. Ci sono buone ragioni per supporre che un figlio vero avrebbe dovuto affrontare lo stesso compito. “Il mito familiare viene chiamato in causa ogni volta che certe tensioni raggiungono soglie predeterminate tra i membri della famiglia e che in qualche modo –nella realtà o nella fantasia- minacciano di smembrare le relazioni in corso ... Come ogni altro meccanismo omeostatico, il mito impedisce che il sistema familiare danneggi e forse distrugga se stesso. Ha perciò le qualità di ogni “valvola di sicurezza”, cioè è una valvola di sopravvivenza [...] Tende a mantenere e talvolta anche ad aumentare il livello di organizzazione della famiglia istituendo modelli che si perpetuano con la circolarità e l’autocorrezione caratteristici di ogni meccanismo omeostatico” .
Anche i figli reali possono sia rimediare che giustificare una matrimonio. Però la commedia non si occupa di tale uso del mito, ma piuttosto del processo di distruzione del mito.
Nelle prime battute della commedia, George dice di non nominare il figlio davanti agli altri. Ma c’è una “regola” più elevata – tutto il loro gioco -, secondo cui nessuno permetterà all’altro di determinare il proprio comportamento; di conseguenza, ogni ordine deve essere squalificato e disobbedito. George alla fine distruggerà il figlio sostenendo che era implicito che entrambi ne avessero il diritto.
Il processo cui assistiamo è dunque l’inizio di una runaway simmetrica che alla fine porta alla distruzione di un modello di relazione di lunga durata. La commedia non definisce un nuovo modello, le nuove regole, descrive semplicemente la sequenza di stati attraverso cui il vecchio modello procede verso la propria distruzione.
Ferreira riassume in modo assai persuasivo la situazione nei termini del mito familiare e ne prevede una soluzione: “Un mito familiare favorisce importanti funzioni omeostatiche nella relazione ..." Forse meglio che in qualunque altro luogo, le funzioni del mito familiare vengono alla ribalta nella nota commedia di E. Albee, “Chi ha paura di Virginia Woolf?”, dove un mito familiare di proporzioni psicotiche domina tutta l’azione. Per tutta la commedia, moglie e marito, parlano, litigano e piangono per un figlio assente. In un’orgia di insulti, disputano su ogni aspetto della vita del figlio. Però in seguito veniamo a sapere che il figlio è fittizio, una sorta di patto tra i coniugi, una favola, un mito (che hanno coltivato insieme). Al culmine della commedia, il marito, ribollendo di rabbia, annuncia che il figlio è morto. Con questo gesto, naturalmente, egli “uccide” il mito. Tuttavia la loro relazione continua (apparentemente indisturbata da quest’annuncio) e non trapela nessuna intenzione di un cambiamento che la intralci o ne provochi la dissoluzione. In realtà nulla è cambiato. Perché il marito ha distrutto il mito del figlio vivente solo per iniziare il mito del figlio morto. E’ ovvio che il mito familiare si sia evoluto sotto l’aspetto contenutistico che è forse diventato più complesso, più “psicotico”, ma si ritiene che la sua funzione sia rimasta intatta, come lo è rimasta la loro relazione” . D’altro canto, forse la morte del figlio è una ricalibrazione, un cambiamento che ha una funzione a gradino per un nuovo livello operativo. 

Metacomunicazione tra George e Martha
Nella misura in cui George e Martha parlano o tentano di parlare sul loro gioco, metacomunicano all’interno della commedia stessa. Può sembrare cioè che i numerosi riferimenti che fanno alle regole dei giochi – che nominano e citano di continuo - li rendano una coppia inconsueta il cui modello d’interazione è fondamentalmente una preoccupazione ossessivo-coatta di eseguire e di etichettare giochi bizzarri e crudeli. Ma questo implica sia che il loro comportamento di gioco è pienamente intenzionale – o governato da metaregole diverse - sia quindi che forse i loro principi non possono essere applicati ad altre coppie, soprattutto a quelle reali. La natura della loro metacomunicazione riguarda direttamente tale problema perché anche la loro comunicazione sulla loro comunicazione è soggetta alle regole del loro gioco.
Il primo scambio di metacomunicazione indica quanto ciascuno consideri in modo diverso l’interazione e come si arrivi subito a formulare accuse reciproche di follia o di cattiveria quando sono rivelati tali modi diversi di considerare l’interazione.
Non c’è nulla che distingua la loro metacomunicazione dalla loro comunicazione ordinaria; un commento, una giustificazione, un ultimatum sul loro gioco non sono eccezioni alle regole del gioco e quindi non possono essere accettati o neanche ascoltati dall’altro. Anche alla fine, quando Martha – implorante e patetica - assume una posizione completamente one-down e prega ripetutamente George di fermarsi, il risultato è inesorabilmente lo stesso. 

Limitazione della comunicazione
Ogni scambio di messaggi in una sequenza di comunicazione restringe il numero delle possibili mosse successive. La natura interdipendente del gioco di George e Martha, il mito che condividono, la simmetria che ha pervaso tutto il loro gioco sono esempi di quella limitazione stabilizzata che abbiamo definito regole di relazione.
Certi scambi tra George e Nick sono esempi di limitazione osservabili in un rapporto nuovo. Nick, con il suo comportamento iniziale e con le sue proteste, non vuole essere coinvolto nelle questioni di George e di Martha o nei loro litigi. Tuttavia vi è sempre più trascinato anche quando vuole restarne fuori. Il tentativo di non-comunicare di Nick lo porta ad essere profondamente coinvolto, anche se lo sforzo di George di convincere Nick ad accettare la sua (di George) punteggiatura e il gioco suo e di Martha finisce col dimostrare soltanto come egli (George) riesca a far infuriare gli altri. 

La descrizione di un sistema familiare artificiale abbastanza semplice richiede un’elaborazione di notevoli proporzioni, perché le variazioni contenutistiche che si verificano in base ad alcune regole di relazione sono innumerevoli e spesso estremamente dettagliate. 

Si dice che un sistema è stabile rispetto a certe variabili se tali variabili restano entro limiti definiti; questo è vero anche per il sistema diadico di George e Martha. “Stabilità” può sembrare il termine meno appropriato per descrivere i loro giochi, ma il punto centrale si basa su variabili prefissate. Sarebbe estremamente difficile in un qualsiasi momento indovinare quello che accadrà tra George e Martha nel momento successivo. E invece abbastanza facile descrivere come accadrà. Perché le variabili che qui definiscono la stabilità sono quelle di relazione, non di contenuto, e secondo il modello della loro relazione George e Martha mostrano un ambito di comportamento estremamente ristretto. 

Questo ambito di comportamento è la calibrazione, la “messa a punto” del loro sistema. La simmetria del loro comportamento definisce la qualità e il “limite più basso” assai sensibile di questo ambito (range), cioè raramente si registra un comportamento che non sia simmetrico e solo per periodi brevi. Il “limite più alto” è contrassegnato dal loro stile particolare, da certa retroazione negativa nella complementarità e dal mito del figlio che – poiché impegna tutti e due - pone un limite all’entità dei loro rispettivi attacchi e impone una simmetria ragionevolmente stabile. Ma anche entro l’ambito dei comportamenti simmetrici, George e Matha sono limitati: la loro simmetria è quasi esclusivamente quella del potlatch, la cui caratteristica è la distruzione piuttosto che l’accumulazione o il compimento.



Con l’escalation che porta alla distruzione del figlio, il sistema è drammaticamente giunto al termine di quella che può essere una ricalibrazione, una funzione a gradino del sistema di George e di Martha. Essi hanno “scalato” quasi senza limitazione finché non hanno distrutto le loro stesse limitazioni. A meno che il mito del figlio non continui nel modo che suggerisce Ferreira, è necessario un nuovo ordine interattivo