La fondazione del modello sistemico-relazionale dell'interazione e del comportamento umano a livello 4 è stata effettuata dalla seconda "Scuola di Palo Alto" di Watzlavick, Beavin, Jackson, Fish e Weakland presso il Mental Research Institute con la pubblicazione di Pragmatics of Human Communication nel 1967.
Il testo presenta i presupposti teorici del modello, la definizione di alcuni assiomi per la comunicazione umana, l'applicazione alla comunicazione patologica, un'analisi dell'organizzazione, un'analisi della comunicazione paradossale e della sua applicazione alla psicoterapia ed infine un capitolo che esplora i "limiti" della comunicazione.
M.C. Escher, nastro di Moebius I, 1961 |
- I fondamenti
L'utilizzo moderno di questo termine all'interno della teoria dei segni, o semiotica, è stato proposto da Charles W. Morris che individua tre aree di studio:
- la sintassi, o studio delle relazioni formali tra un segno e l'altro
- la semantica, o studio delle relazioni dei segni con gli oggetti a cui si applicano
- la pragmatica, o studio delle relazioni dei segni con gli interpretanti
Presupposti
Un fenomeno resta inspiegabile finché il campo d’osservazione non è abbastanza ampio da includere il contesto in cui il fenomeno si verifica.
Se si studia una persona dal comportamento disturbato (psicopatologia) isolandola, allora l’indagine deve occuparsi della natura di tale condizione e – in senso esteso - della natura della mente umana. Se invece si estende l’indagine fino ad includere gli effetti che tale comportamento ha sugli altri, le reazioni degli altri a questo comportamento, e il contesto in cui tutto ciò accade, il centro dell’interesse si sposta dalla monade isolata artificialmente alla relazione tra le parti di un sistema più vasto. Chi studia il comportamento umano passa allora dall’analisi deduttiva della mente all’analisi delle manifestazioni osservabili nella relazione: il veicolo di tali manifestazioni è la comunicazione.
Lo studio della comunicazione umana si può dividere in tre settori:
Sintassi: è di competenza esclusiva del teorico dell’informazione, il quale appunto si interessa ai problemi della codificazione, dei canali, della capacità, del rumore, della ridondanza, e di altre proprietà statistiche del linguaggio;
Semantica: l’interesse primario è il significato;
Pragmatica: influenza il comportamento.Nozione di funzione e di relazione
Il concetto di funzione è costituito dal rapporto tra le variabili (che assumono valore proprio in base al loro rapporto).
E’ senza dubbio stimolante il parallelismo che si instaura tra l’affermazione in matematica del concetto di funzione e il riconoscimento in psicologia di quello di relazione. Sappiamo che sensazioni, percezioni, attenzione, memoria e diversi altri concetti sono stati definiti come “funzioni”; come del resto sappiamo dell’enorme mole di lavoro che è stato compiuto e che tutt’ora si compie per studiare tali “funzioni” isolandole artificialmente.
W. R. Ashby fa rivelare che un osservatore che sia in possesso di tutta l’informazione necessaria non ha bisogno di riferirsi al passato (e quindi all’esistenza di una memoria nel sistema): gli basta lo stato attuale del sistema per poterne spiegare il comportamento. Evidentemente la “memoria” non è qualcosa di obiettivo che il sistema possiede o non possiede; è un concetto a cui l’osservatore ricorre per colmare la lacuna determinata dal fatto che il sistema è in parte inosservabile. Tanto minore è il numero della variabili osservabili tanto più l’osservatore sarà costretto a considerare gli eventi passati come rilevanti per il comportamento del sistema.
Le percezioni implicano un processo di cambiamento, movimento o scansione. In altre parole, sulla base di prove estremamente ampie, è stato possibile stabilire e astrarre una relazione che è identica al concetto matematico di funzione... ne consegue che la sostanza delle nostre percezioni non è costituita da “cose” ma da funzioni; e come abbiamo visto le funzioni non sono grandezze isolate ma "segni per un nesso... per una infinità di situazioni possibili di uno stesso tipo..." Ma se le cose stanno così, non deve più sorprenderci neppure che la consapevolezza che l’uomo ha di se stesso è sostanzialmente una consapevolezza delle funzioni, delle relazioni in cui si trova implicato, e qui non ha importanza quanto egli possa successivamente reificare tale consapevolezza.
Le percezioni implicano un processo di cambiamento, movimento o scansione. In altre parole, sulla base di prove estremamente ampie, è stato possibile stabilire e astrarre una relazione che è identica al concetto matematico di funzione... ne consegue che la sostanza delle nostre percezioni non è costituita da “cose” ma da funzioni; e come abbiamo visto le funzioni non sono grandezze isolate ma "segni per un nesso... per una infinità di situazioni possibili di uno stesso tipo..." Ma se le cose stanno così, non deve più sorprenderci neppure che la consapevolezza che l’uomo ha di se stesso è sostanzialmente una consapevolezza delle funzioni, delle relazioni in cui si trova implicato, e qui non ha importanza quanto egli possa successivamente reificare tale consapevolezza.
Informazione e retroazione
La teoria psicoanalitica di S. Freud si basa su di un modello che non è in contrasto con l’epistemologia predominante al tempo in cui furono formulati i principi della psicoanalisi. Si parte dal postulato che il comportamento sia in primo luogo la conseguenza di una ipotizzata azione reciproca di forze intrapsichiche che si ritiene seguano strettamente le leggi della fisica sulla conservazione e sulla trasformazione dell’energia. La psicoanalisi classica restava anzitutto una teoria dei processi intrapsichici, che considerava si secondaria importanza l’interazione con le forze esterne anche quando tale interazione era evidente. La ricerca psicoanalitica ha trascurato l’interdipendenza tra l’individuo e il suo ambiente, ed è proprio a questo punto che diventa indispensabile il concetto di scambio di informazione, cioè di comunicazione. C’è una differenza sostanziale tra il modello psicodinamico (psicoanalitico) da una parte e ogni schema che elabori il concetto di interazione individuo-ambiente dall’altra. Se si da un calcio ad un sasso, questo rotolerà secondo la forza acquisita e la struttura del terreno; se lo si dà a un cane, questo acquisirà sì la forza, ma “reagirà” in un ordine diverso.
La scoperta della retroazione ha reso possibile questo nuovo modo di vedere le cose. Una catena in cui l’evento A produce l’evento B, e poi B produce C, e C a sua volta causa D, etc..., può sembrare che abbia le proprietà di un sistema lineare deterministico. Ma se D riconduce ad A, il sistema è circolare e funziona in un modo completamente diverso.
La retroazione può essere negativa o positiva. La prima caratterizza l’omeostasi (stato stazionario) e gioca quindi un ruolo importante nel far raggiungere e mantenere la stabilità delle relazioni; la seconda provoca un cambiamento, cioè la perdita di stabilità e di equilibrio. In entrambi i casi, parte dei dati in uscita sono reintrodotti nel sistema come informazione circa l’uscita stessa. In caso di retroazione negativa, si usa questa informazione per far diminuire la deviazione all’uscita rispetto a una norma prestabilita o previsione dell’insieme – di qui l’aggettivo “negativa” - mentre in caso di retroazione positiva la stessa informazione agisce come una misura per aumentare la deviazione all’uscita, ed è quindi positiva in rapporto alla tendenza già esistente verso l’arresto o la distruzione.
I sistemi interpersonali possono essere considerati circuiti di retroazione, poiché il comportamento di ogni persona influenza ed è influenzato dal comportamento di ogni altra persona. Poiché sia la stabilità che il cambiamento contraddistinguono le manifestazioni della vita, i meccanismi di retroazione negativa e positiva agiscono in essa come forme specifiche di interdipendenza o di complementarità. I sistemi con autoregolazione – i sistemi a retroazione - impongono una loro filosofia in cui i concetti di modello e di informazione sono fondamentali come lo erano quelli di materia e di energia all’inizio del secolo.
Ridondanza
L’omeostato di W. R. Ashby è costituito da quattro identici sottosistemi autoregolanti e tutti interconnessi in modo tale che una perturbazione provocata in uno qualunque di essi influenza gli altri e a sua volta ciascuno reagisce attraverso gli altri. Nessun sottosistema può quindi ottenere il proprio equilibrio isolandosi dagli altri. L’omeostato ottiene la stabilità mediante una ricerca casuale delle sue combinazioni e continua finché non raggiunge una configurazione interna adatta.
Tuttavia, se un sistema come l’omeostato ha la capacità di immagazzinare gli adattamenti precedenti per usarli in futuro, la probabilità inerente alla sequenza delle configurazioni interne subirà un drastico cambiamento nel senso che certi raggruppamenti di configurazioni diventeranno ripetitivi e per tale ragione più probabili di altri. Questo è un processo stocastico, e secondo la teoria dell’informazione, tali processi mostrano ridondanza o vincolo.
Homeostat Details From Ashby's Notebooks. |
La ridondanza è stata studiata ampiamente in due settori della comunicazione umana: in quello della sintassi e in quello della semantica. Una delle conclusioni che si possono trarre da questi studi è che ognuno di noi ha moltissime cognizioni sulla legittimità e sulla probabilità statistica inerente sia alla sintassi che alla semantica della comunicazione umana. Una persona può essere in grado di usare la propria lingua correttamente e fluentemente senza conoscere tuttavia la grammatica e la sintassi, cioè le regole che egli osserva nel parlare la lingua.
La maggior parte degli studi esistenti sulla pragmatica della comunicazione sembra che si limiti a considerare gli effetti della persona A sulla persona B, senza prendere in considerazione in egual misura che qualunque cosa faccia B influenza la mossa successiva di A, e che essi sono soprattutto influenzati dal contesto in cui ha luogo la loro interazione (e a loro volta influenzano il contesto).
I gradi di consapevolezza che abbiamo delle regole di comportamento e di interazione sono gli stessi che S. Freud ha postulato per i lapsus e gli errori:
se ne può avere piena consapevolezza, e in questo caso si possono usare il questionario e altre tecniche semplici di domanda-risposta;
possiamo non rendercene conto, ma essere capaci di riconoscerli quando ci vengono fatti notare;
è possibile non avere alcuna consapevolezza fino al punto che se anche venissero delineati con chiarezza per attirarvi la nostra attenzione, non saremmo ancora in grado di vederli.
Metacomunicazione e concetto di calcolo
se ne può avere piena consapevolezza, e in questo caso si possono usare il questionario e altre tecniche semplici di domanda-risposta;
possiamo non rendercene conto, ma essere capaci di riconoscerli quando ci vengono fatti notare;
è possibile non avere alcuna consapevolezza fino al punto che se anche venissero delineati con chiarezza per attirarvi la nostra attenzione, non saremmo ancora in grado di vederli.
Metacomunicazione e concetto di calcolo
Quando non usiamo più la comunicazione per comunicare ma per comunicare sulla comunicazione, gli schemi concettuali che adopriamo non fanno parte della comunicazione ma vertono su di essa. Definiamo quindi metacomunicazione, per analogia alla metamatematica, la comunicazione sulla comunicazione. Rispetto alla metamatematica, il lavoro di ricerca della metacomunicazione incontra due grossi inconvenienti. Il primo svantaggio è che nel campo della comunicazione non ci sia finora nulla di confrontabile al sistema formale del calcolo; il secondo è strettamente collegato al primo: mentre i matematici hanno due linguaggi (numeri e segni algebrici per esprimere fatti matematici e il linguaggio naturale per la metamatematica), noi dobbiamo limitarci ad usare il linguaggio naturale che resta il veicolo sia della comunicazione che della metacomunicazione.
Si può definire l’interazione ricorrendo all’analogia del gioco degli scacchi, come sequenze di “mosse” rigidamente governate de regole, ma è irrilevante che i comunicanti siano perfettamente consapevoli delle regole oppure no; è invece estremamente importante che su tali regole sia possibile fare delle asserzioni di metacomunicazione dotate tutte di significato. Il che significa che esiste un calcolo della pragmatica della comunicazione umana le cui regole vengono osservate nella comunicazione efficace e violate nella comunicazione disturbata.
Concetto di scatola nera
L’impossibilità di vedere la mente “al lavoro” ha fatto adottare negli ultimi ani un concetto elaborato nel settore delle telecomunicazioni, quello di “scatola nera”. Se applichiamo il concetto a problemi psicologici e psichiatrici, si vede subito il vantaggio euristico che presenta: non abbiamo bisogno di ricorrere ad alcuna ipotesi intrapsichica (che è fondamentalmente inverificabile) e possiamo limitarci ad osservare i rapporti di ingresso-uscita, cioè la comunicazione.
Consapevolezza e non consapevolezza
Lo studio del comportamento umano, sulla base del concetto di “scatola nera”, ci porta a considerare l’uscita di una “scatola” come l’ingresso di un’altra. Ma stabilire se tale scambio di informazione sia consapevole oppure no è un quesito che non ha più quell’importanza che invece conserva in una struttura psicodinamica. Il che non significa certo che non sia importante stabilire (per quanto riguarda le reazioni a un comportamento specifico) se tale comportamento sia consapevole o inconsapevole. L’opinione che si fa a proposito si basa necessariamente sulla nostra valutazione dei motivi dell’altro, e quindi su una ipotesi di ciò che passa dentro la testa dell’altro. E se anche si chiedesse all’altro, ci si può non fidare della risposta che si riceve.
Presente e passato
Non c’è dubbio che il comportamento sia determinato almeno in parte dall’esperienza precedente, ma si sa quanto sia inattendibile ricercarne le cause nel passato. Non soltanto le prove soggettive su cui principalmente si basa la memoria hanno la tendenza a distorcere i fatti, ma bisogna anche tener presente che qualunque persona A che parli del suo passato alla persona B è strettamente legata alla relazione in corso tra queste due persone (e ne è determinata).
Causa ed effetto
Le cause possibili o ipotizzabili del comportamento assumono un’importanza secondaria, mentre s’impone l’effetto del comportamento come criterio estremamente rilevante nell’interazione di individui che sono in stretti rapporti di parentela.
Circolarità dei modelli di comunicazione
Mentre nelle catene causali, che sono lineari e progressive, ha senso parlare del principio e della fine di una catena, tali termini sono privi di significato in sistemi con circuiti di retroazione. Non c’è fine né principio in un cerchio.
Relatività delle nozioni di “normalità” e “anormalità”
Una volta che si sia accettato il principio di comunicazione secondo cui un comportamento si può studiare soltanto nel contesto in cui si attua, i termini “sanità” e “insania” perdono praticamente il loro significato in quanto attributi di individui. Analogamente le nozioni di “normalità” e “anormalità” diventano molto discutibili.