giovedì 24 febbraio 2011

Tao letterario ricursivo


Stai per cominciare a leggere il nuovo romanzo Se una notte d'inverno un viaggiatore di Italo Calvino. Rilassati. Raccogliti. Allontana da te ogni altro pensiero. Lascia che il mondo che ti circonda sfumi nell'indistinto. La porta è meglio chiuderla; di là c'è sempre la televisione accesa. Dillo subito, agli altri: «No, non voglio vedere la televisione!» Alza la voce, se no non ti sentono: «Sto leggendo! Non voglio essere disturbato!» Forse non ti hanno sentito, con tutto quel chiasso; dillo piú forte, grida: «Sto cominciando a leggere il nuovo romanzo di Italo Calvino!» O se non vuoi non dirlo; speriamo che ti lascino in pace.


cimitero di Castiglione della Pescaia
foto di Aldo Ardetti

cambiamento e stabilità del Tao


“STABILITA'“ E  “CAMBIAMENTO” DESCRIVONO PARTI DELLE NOSTRE DESCRIZIONI.

In altre parti di questo libro assumeranno grande importanza la parola "stabile" e, necessariamente, la parola "cambiamento". Sarà bene perciò esaminare queste parole ora, nella fase introduttiva del nostro lavoro. Quali tranelli contengono o nascondono queste parole?
Di solito "stabile" viene usato come aggettivo riferito a una cosa. Viene detto stabile un composto chimico, un edificio, un ecosistema, un governo. Se approfondiamo la questione, ci verrà detto che l'oggetto stabile non cambia sotto l'urto o la tensione di qualche particolare variabile esterna o interna, o, forse, che esso resiste al passare del tempo.
Se ci mettiamo a indagare su ciò che sta dietro questo uso di "stabilità", scopriamo una vasta gamma di meccanismi. Al livello più elementare troviamo la semplice durezza o la viscosità fisica, qualità che descrivono le relazioni dell'urto tra l'oggetto stabile e un altro oggetto. A livelli più complessi può essere l'intera massa di processi interrelati detta "vita" a operare per mantenere il nostro oggetto in uno "stato di cambiamento" che garantisca il persistere di alcune costanti necessarie, come la temperatura del corpo, la circolazione sanguigna, la glicemia o addirittura la vita stessa.
L'acrobata sul filo mantiene la sua stabilità mediante continue correzioni del suo squilibrio.
Questi esempi più complessi indicano che quando usiamo la parola "stabilità" a proposito di cose viventi o di circuiti autocorrettivi dovremmo "seguire l'esempio delle entità di cui parliamo". Per l'acrobata sul filo è importante il cosiddetto 'equilibrio'; per il corpo del mammifero lo è la 'temperatura'. Il mutamento dello stato di queste importanti variabili istante per istante viene trasmesso alle reti di comunicazione del corpo. Per seguire l'esempio dell'entità, dovremmo definire la 'stabilità' riferendoci sempre alla "verità continuativa di una qualche proposizione descrittiva". L'enunciato  “l'acrobata è sul filo” continua a valere anche sotto l'effetto di lievi brezze e di vibrazioni della fune. Questa 'stabilità' è il risultato di continui cambiamenti nelle descrizioni della positura dell'acrobata e della posizione della sua asta di bilanciamento.
Ne segue che, quando parliamo di entità viventi, gli enunciati relativi alla 'stabilità' dovrebbero essere sempre contrassegnati da un riferimento a qualche proposizione descrittiva, in modo da chiarire a quale tipo logico appartenga la parola "stabile". Più avanti ... vedremo che "ogni" proposizione descrittiva dev'essere caratterizzata secondo il tipo logico del soggetto, del predicato e del contesto.
Analogamente tutti gli enunciati relativi al cambiamento richiedono lo stesso genere di precisione. Adagi profondi come il francese  “plus ca change, plus c'est la meme chose” devono la loro saccente sentenziosità a una confusione di tipi logici: ciò che  “cambia” e ciò che  “è sempre lo stesso” sono entrambe proposizioni descrittive, ma di ordine diverso.
L'elenco dei presupposti esaminati in questo capitolo richiede un commento. In primo luogo l'elenco non è completo da nessun punto di vista, e non esiste alcuna indicazione che un elenco completo di verità o di proposizioni generali sia veramente possibile. E' forse, anzi, una caratteristica del mondo in cui viviamo che un siffatto elenco debba essere finito?
...
In primo luogo, davanti a un elenco l'impulso naturale dello scienziato è di incominciare a classificarne o ordinarne le voci. Io in parte l'ho già fatto, suddividendo l'elenco in quattro gruppi nei quali le voci sono collegate tra loro in vari modi. Un esercizio non banale sarebbe quello di catalogare i modi in cui si possono connettere queste verità o presupposti. Il raggruppamento da me imposto è il seguente.
Un primo gruppo comprende ..., che sembrano essere aspetti interrelati del fenomeno necessario della codificazione. Qui, per esempio, è abbastanza facile riconoscere che la proposizione  “la scienza non dimostra mai nulla” è un sinonimo della distinzione tra mappa e territorio; entrambe seguono dagli esperimenti di Ames e dalla proposizione generale della storia naturale che  “l'esperienza oggettiva non esiste”.
E' interessante notare che, sotto il profilo astratto e filosofico, questo gruppo di asserzioni generali deve dipendere molto strettamente da qualcosa di simile al rasoio di Occam o regola della parsimonia. Senza un criterio ultimo di questa sorta, non esiste un modo definitivo di scegliere tra questa e quella ipotesi. Il criterio risultato necessario è quello della semplicità in preferenza alla complessità. Ma accanto a queste asserzioni generali vi è la loro connessione con la neurofisiologia, vi sono gli esperimenti di Ames e così via. Ci si chiede subito se il materiale relativo alla percezione non vada d'accordo con quello più filosofico perchè‚ il processo percettivo contiene qualcosa di analogo a un rasoio di Occam o a un criterio di parsimonia. 
...
... formano un secondo raggruppamento, riguardante questioni del casuale e dell'ordinato. Il lettore osserverà che l'idea che il nuovo può essere estratto solo dal casuale è in contraddizione pressoch‚ totale con l'inevitabilità dell'entropia. L'intera questione dell'entropia e dell'entropia negativa [il grado di mescolanza, disordine, indifferenziazione, imprevedibilità e casualità delle relazioni tra le componenti di un qualunque aggregato. Il suo contrario è l'"entropia negativa" (neg-entropia), il grado di ordine, classificazione o prevedibilità di un aggregato. In fisica certi generi di ordine sono legati alla quantità di energia presente], nonchè‚ le antitesi tra l'insieme delle asserzioni generali legate a questi termini e quelle legate all'energia, saranno considerate ... a proposito dell'economia della flessibilità. Qui basti notare l'interessante analogia formale tra l'apparente contraddizione esistente all'interno di questo gruppo di paragrafi e la discriminazione tracciata all'interno del terzo gruppo, dove ... si contrappone il numero alla quantità. La riflessione che concerne la quantità richiama sotto molti aspetti quella che riguarda il concetto di energia, mentre il concetto di numero è molto più strettamente legato ai concetti di struttura e di entropia negativa.
Il mistero che è al cuore dell'evoluzione sta, naturalmente, nell'antitesi tra gli enunciati della seconda legge della termodinamica e l'osservazione che il nuovo può essere estratto solo dal casuale. Si tratta dell'antitesi che Darwin risolse in parte con la teoria della selezione naturale.
...
Mi avvicinerò tuttavia ai problemi fondamentali del pensiero e dell'evoluzione, tentando di dare risposte alla domanda: "In quali modi due o più informazioni o comandi possono operare in accordo o in opposizione?" Questa domanda, con le sue molteplici risposte, mi sembra fondamentale per qualsiasi teoria del pensiero o dell'evoluzione.

mercoledì 23 febbraio 2011

il Te del Tao: XIV - INTRODUCE AL MISTERO


XIV - INTRODUCE AL MISTERO

A guardarlo non lo vedi,
di nome è detto l'Incolore.
Ad ascoltarlo non lo odi,
di nome è detto l'Insonoro.
Ad afferrarlo non lo prendi,
di nome è detto l'Informe.
Questi tre non consentono di scrutarlo a fondo,
ma uniti insieme formano l'Uno.
Non è splendente in alto
non è oscuro in basso,
nel suo volversi incessante non gli puoi dar nome
e di nuovo si riconduce all'immateriale.
È la figura che non ha figura,
l'immagine che non ha materia:
è l'indistinto e l'indeterminato.
Ad andargli incontro non ne vedi l'inizio,
ad andargli appresso non ne vedi la fine.
Attieniti fermamente all'antico Tao
per guidare gli esseri di oggi
e potrai conoscere il principio antico.
È questa l'orditura del Tao.

lunedì 21 febbraio 2011

Tao complesso livello 2 e 0-5: Chiusura del Tao


La situazione del sistema visivo nel cervello, ovvero che il sistema è organizzato in forma reticolare, e vi è una convergenza o coerenza di tutte le parti in questione, non è specifica del sistema in questione ma è generalizzabile a tutte le aree del cervello ed in generale a tutto il sistema nervoso: il flusso di processo/informazione avviene in una rete globale a molteplici interconnessioni che funziona in ogni istante generando uno stato di coerenza interna secondo un processo cooperativo. 
Il punto centrale per la descrizione di un tale insieme di processi non è più stabilire il flusso di informazioni, cosa praticamente impossibile e anche inutile, ma le modalità specifiche in cui gli stati di coerenza interna si producono nell'ambito di questa rete che definisce se-stessa.


Questo richiede un cambiamento dal principio generale paradigmatico per descrivere i sistemi utilizzando lo schema stimolo/risposta, input/output, etc., caratteristico dei sistemi eteronomi.


Tale schema va bene quando si tratta con computer o circuiti di controllo o sistemi cibernetici, ma non quando si ha a che fare con sistemi complessi come il sistema nervoso.
Maturana e Varela hanno definito un concetto chiave (solo apparentemente tautologico) per questi ultimi come Chiusura Operazionale

le conseguenze delle operazioni del sistema
sono le operazioni del sistema

dove chiusura (closure) non è isolamento (closeness). La Chiusura Operazionale definisce degli autocomportamenti (eigenbehaviors) in cui le operazioni di un sistema complesso, costituito da elementi interconnessi, hanno come risultato un'operazione che cade ancora entro i confini del sistema stesso e della propria dinamica interna.
La chiusura si riferisce al fatto che il risultato di un’operazione cade ancora entro i confini del sistema stesso, questo non significa che il sistema non abbia interazioni con l’ambiente esterno, dato che - come tutti i sistemi viventi, è un sistema aperto: il sistema è chiuso organizzativamente ma aperto per quanto riguarda l'energia e lo scambio con l'ambiente. La Chiusura Operazionale definisce i punti di stabilità e di autonomia, ovvero dove le relazioni e interazioni che definiscono il sistema nel suo complesso sono determinate solamente dal sistema stesso, ed infine definisce l'omeostasi del sistema, una condizione di interazione complementare stabilità/cambiamento che ha come conseguenza la persistenza del sistema a seguito di cambiamenti: per poter essere sempre se stesso il sistema deve continuamente cambiare, e contemporaneamente per poter cambiare deve rimanere se stesso.


Un esempio di chiusura operazionale di un sistema complesso è quello tra sistema senso-motorio e sistema nervoso:



Nella figura si distinguono tre livelli di processi circolari: quello del sistema senso-motorio con chiusura operazionale che definisce lo stato del cervello e del corpo, quello del sistema nervoso come sistema dinamico chiuso ed infine l'interazione circolare chiusa tra i due. Il sistema autonomo così definito risponde poi alle perturbazioni esterne autoregolandosi e producendo degli effetti verso l'esterno.  
Lo stesso esempio vale per lo schema di una cellula:
 
 
 
La rete metabolica interna alla cellula produce una membrana cellulare tale che permette alla rete metabolica di produrre i metaboliti che la costituiscono, e così via. Attraverso la membrana cellulare vi è poi l'interscambio di energia, molecole etc. tipiche dei sistemi aperti. Il sistema ha evidenti caratteristiche di chiusura operazionale, stabilità, autonomia e omeostasi.
In generale la chiusura operazionale come processo circolare ricursivo nei sistemi viventi  lega un sistema autonomo che genera una rete di processi che produce dei componenti del sistema che a loro volta determinano la chiusura/autonomia del sistema, e così via:


Maturana e Varela hanno simboleggiato schematicamente la struttura di un qualsiasi sistema vivente come:

 

dove la parte di chiusura circolare che definisce, ed è a sua volta definita, dall'organizzazione del sistema vivente scambia interazioni con l'ambiente come un sistema aperto.

La tabella seguente riassume le caratteristiche dei sistemi eteronomi e autonomi:

                                                             sistemi eteronomi                      sistemi autonomi

logica delle operazioni                      corrispondenza                                      coerenza

tipo di organizzazione                        input/output                               chiusura operazionale

modo di interazione                istruttivo-rappresentazionale           produzione di un mondo


Il concetto di chiusura operazionale, definito come il fatto che un sistema ha stati di coerenza, - e si potrebbe dire di esistenza - nel caso in cui le operazioni compiute del sistema ricadano entro il dominio del sistema stesso, è del tutto generale.


Al livello 0 e 1 fisico-chimico, dove è disponibile un sistema formale,  esso è rappresentato da una classe fondamentale di equazioni dette equazioni agli autovalori, nella forma

Hf=af

dove H è un operatore funzionale, f delle funzioni definite su uno spazio funzionale S(f) e gli  a sono in generale dei numeri reali.
Se l'equazione, dato un determinato operatore H, e specificate le condizioni al contorno, ammette delle soluzioni fi e ai, con i un indice discreto o continuo in dipendenza delle condizioni al contorno, allora queste vengono dette autofunzioni (eigenfunctions) e autovalori (eigenvalues) dell'equazione.
L'equazione esprime interamente il concetto di chiusura operazionale, nel senso che fatta un'operazione H su una funzione  fi il risultato è ancora la funzione  fi a meno di un numero ai, ovvero l'operazione ricade sempre nello spazio funzionale S(f).
In fisica alcune delle equazioni più importanti sono di questa forma, in particolare (per gli stati stazionari - ovvero invarianti nel tempo) le equazioni del moto di Newton della meccanica classica, espresse in forma hamiltoniana, e quelle della meccanica quantistica nelle due rappresentazioni duali funzione d'onda/particella espresse nel primo caso dall'equazione di Schrödinger e nel secondo dall'equazione di Heisenberg, dove H è l'operatore hamiltoniano associato all'energia del sistema.
Le soluzioni in entrambe le rappresentazioni forniscono le funzioni d'onda del sistema e gli autovalori dell'energia, ad esempio nel caso del sistema fisico-chimico più semplice, quello dell'atomo di idrogeno, le autofunzioni d'onda sono del tipo:


mentre gli autovalori dell'energia forniscono la serie di livelli quantici discreti possibili per l'elettrone:


Allo stesso modo la soluzione delle equazioni agli autovalori dell'energia per elementi superiori, molecole e catene di molecole con il metodo degli orbitali atomici pongono le basi per il legame chimico e quindi per l'esistenza di ogni composto chimico.
Un'altra classe fondamentale è quella in cui gli operatori H sono lineari, e definiscono quindi un sistema lineare; in questo caso ogni funzione f è un'autofunzione e, a seconda che gli autovalori siano maggiori o minori di 1, si hanno caratteristiche di amplificazione o attenuazione.
Ai livelli superiori al 2-3 biologico/organismo il concetto di chiusura operazionale continua ad essere significativo come linea guida per definire o stabilire quali siano gli stati stabili di sistema.
Vi possono essere casi di meta-chiusura operazionale; un esempio tipico di Von Foerster è l'accoppiamento tra sistema nervoso e sistema endocrino:

 

Sia il sistema nervoso che quello endocrino sono a chiusura operazionale, rappresentata da cerchi chiusi, ed interagiscono tra di loro, in particolare l'endocrino stabilizza il nervoso e viceversa. Il sistema risultante è rappresentabile in modo tridimensionale da un toro, dove gli anelli longitudinali rappresentano un sistema e quelli trasversali l'altro. L'effetto risultante è quello di meta-regolazione, ovvero una regolazione della regolazione.


La trattazione generale della chiusura operazionale come limite di operazioni ricursive che ricadono sullo stesso dominio è stata sviluppata da Heinz Von Foerster nel seguente modo:
ammettiamo di avere una variabile x0 x0 ha un carattere del tutto generale, può essere un funzione, un valore numerico, una disposizione (liste di numeri, vettori, configurazioni geometriche), comportamenti descritti da funzioni, comportamenti descritti da proposizioni etc. Definiamo un'operazione su x0 simboleggiata da Op. Op può essere un operatore, un funzionale, un algoritmo etc. tale che applicato a  x0 lo traforma in x1:
x1=Op(x0)
applicando successivamente l'operazione Op si ha
x1=Op(x0)
x2=Op(Op(x1))
......
xn=Op(n)(x0) 
e ripetendo infinite volte l'applicazione di Op:
x=Op(∞)(x0)
ovvero
x=Op(Op(Op(Op(Op(Op( ...

in quest'ultima espressione si nota che la variabile iniziale x0 è scomparsa, e che ogni sequenza infinita di Op può essere sostituita da Op(∞):

x=Op(x)
x=Op(Op(x))
 x=Op(Op(Op(x)))

...
se questo sistema di equazioni ha delle soluzioni del tipo Ei=x∞i allora essi vengono detti autovalori, autooperatori, autoalgoritmi, autocomportamenti etc.
La chiusura operazionale è espressa quindi come limite di un processo ricorsivo di applicazioni di Op:

lim (n→∞) Op(n)OP
                         ←↓

ed in particolare l'operatore Op implica i propri autovalori  Ei, ed è da questi implicato; operatori e autovalori sono complementari:

OpEi

inoltre, poichè gli Ei si autoproducono, attraverso gli Op(n) ad essi complementari, essi sono autoriflessivi.

Alcuni esempi portati da Von Foerster sono ad esempio l'operatore H=SQRT, la radice quadrata di un numero; partendo da qualsiasi numero reale positivo x0 ed applicando in successione infinite volte l'operazione SQRT si ha come autovalore x=1 e SQRT(1)=1 è un autovalore.
Un altro esempio è la frase (in italiano):

QUESTA FRASE HA ... LETTERE

dove al posto di ... si deve sostituire un numero in lettere che renda vera la frase; in questo caso vi sono due autovalori ad esempio VENTOTTO. Se si modifica la frase si possono avere più autovalori, uno o nessuno. In senso ontologico la frase esiste, ovvero diventa logicamente vera, solo per i suoi autovalori, altrimenti è falsa.

Nel caso dei livelli 2-3 studiati da Maturana e Varela la chiusura operazionale delle operazioni del sistema Op diventa:

                                                         ORG
                                                          ↑ ←  ↓

ovvero la chiusura definisce l'organizzazione del sistema e viceversa l'organizzazione definisce la sua chiusura.


parlare del Tao

Gregory Bateson, photographer. Margaret Mead and Gregory Bateson working among the Iatmul
Tambunam, 1938, Gelatin silver print.
IL LINGUAGGIO SOTTOLINEA DI SOLITO SOLO UN ASPETTO DI QUALUNQUE INTERAZIONE.

Di solito ci esprimiamo come se una singola  “cosa” potesse  “avere” una qualche caratteristica. Diciamo che una pietra è  “dura”,  “piccola”,  “pesante”,  “gialla”,  “densa”,  “fragile”,  “calda”,  “in moto”,  “ferma”,  “visibile”,  “commestibile”,  “incommestibile”, eccetera.
Così è fatto il nostro linguaggio:  “La pietra è dura”, e via di seguito. E' un modo di parlare che va benissimo al mercato:  “Questa è una nuova marca”.  “Le patate sono marce”.  “Le uova sono fresche”.  “Il contenitore è rotto”.  “Il diamante è difettoso”.  “Un chilo di mele basterà”. E così via.
Ma nella scienza o nell'epistemologia questo modo di parlare non va bene. Per pensare correttamente è consigliabile supporre che tutte le qualità, gli attributi, gli aggettivi e così via si riferiscano almeno a due insiemi di interazioni temporali.
 “La pietra è dura” significa (a) che, colpita, essa si è dimostrata resistente alla penetrazione, e (b) che le "parti" molecolari della pietra sono in qualche modo tenute insieme da certe interazioni continue tra quelle stesse parti.
 “La pietra è ferma” è un commento sull'ubicazione della pietra rispetto all'ubicazione di chi parla e di altre eventuali cose in moto. E' anche un commento su fatti interni alla pietra: la sua inerzia, l'assenza di distorsione interna, l'assenza di attrito superficiale e così via.
Mediante la sintassi del soggetto e del predicato il linguaggio asserisce continuamente che le  “cose” in un certo modo  “hanno” qualità e attributi. Un modo di parlare più preciso sottolineerebbe che le  “cose” sono prodotte, sono viste separate dalle altre  “cose” e sono rese  “reali” dalle loro relazioni interne e dal loro comportamento rispetto ad altre cose e a chi parla.
E' necessario chiarire bene questa verità universale: le  “cose”, quali che siano nel loro mondo pleromatico e 'cosale', possono entrare nel mondo della comunicazione e del significato solo mediante i loro nomi, le loro qualità e i loro attributi (cioè mediante resoconti delle loro relazioni e interazioni interne ed esterne).

mercoledì 16 febbraio 2011

Pazienza (7 di Denari)


Ci sono momenti nei quali la sola cosa da fare è aspettare. Il seme è stato seminato, il bambino sta crescendo nel ventre, l'ostrica sta intessendo il granello di sabbia, tramutandolo in una perla. Questa carta ci ricorda che questo è un tempo in cui la sola cosa che ci venga richiesta è essere attenti, pazienti, in attesa. La donna qui raffigurata è proprio in quest'atteggiamento. Appagata, senza alcuna traccia d'ansia, è semplicemente in attesa. Attraverso tutte le fasi lunari che scorrono sopra la sua testa, rimane paziente, in profonda sintonia con i ritmi della luna, al punto da essersi praticamente unita a lei. La donna sa che è tempo di essere passivi, lasciando che la natura faccia il suo corso. Ma non è né assonnata né indifferente; sa che deve tenersi pronta per qualcosa di grande importanza. È un'epoca colma di mistero, come lo sono le ore che precedono l'alba. È un momento in cui la sola cosa da fare è aspettare.

Abbiamo dimenticato come aspettare: è uno spazio praticamente abbandonato. Essere in grado di aspettare il momento giusto è il nostro bene più prezioso. L'intera esistenza aspetta il momento giusto. Perfino gli alberi lo sanno - quando è tempo di fiorire e quando è tempo di far cadere le foglie ed ergersi nudi verso il cielo. Ancora conservano una loro bellezza in quella nudità, in attesa del nuovo fogliame, immersi in una fiducia profonda: il vecchio se n'è andato e ben presto arriverà il nuovo, e i nuovi germogli inizieranno a spuntare. Noi abbiamo dimenticato come aspettare: vogliamo tutto e in fretta. Questa è una grossa perdita per l'umanità... In silenzio e nell'attesa, qualcosa in te continua a crescere - il tuo essere autentico. E un giorno balzerà fuori e diventerà una fiamma, e annienterà la tua personalità: sarai un uomo nuovo! E questo uomo nuovo sa a quale grande cerimonia partecipa, conosce il nettare eterno della vita.

Un contemporaneo occidentale del Tao nel Tao

 Hendrick ter Brugghen (1588, Utrecht – 1629, idem)
  Eraclito1628
"Nel medesimo fiume non è possibile entrare due volte, né toccare due volte sostanza mortale nella medesima condizione: ma per la veemenza e la rapidità del cambiamento si dissolve e di nuovo si riunisce, o meglio: né di nuovo, né più tardi, ma contemporaneamente si raccoglie e si disperde, si avvicina e si allontana"

"Sebbene questa ragione (universale) sia sempre presente negli uomini, essi non se ne rendono conto, né prima di averla ascoltata, né dopo. Tutto accade secondo questa ragione: eppure essi, ogni volta che si provano, con parole o con atti del tipo di quelli di cui mi sto occupando, a distinguere nella natura una cosa dall'altra e a dire come ciascuna è, si comportano da inesperti. Ma la maggioranza degli uomini, anche da svegli, non hanno piena coscienza di ciò che fanno, allo stesso modo come non l'hanno quando dormono.

Una volta nati, desiderano vivere ed andare incontro al loro destino di morte: o piuttosto al riposo; e mettono al mondo figli, in modo che altri destini di morte si compiano.

La maggior parte degli uomini non comprendono queste cose quando si incontrano con esse, e non le conoscono neanche quando le imparano, anche se a loro sembra il contrario.

Una sola cosa gli uomini migliori preferiscono a tutte le altre: antepongono la gloria eterna alle cose caduche. I più pensano solo ad ingozzarsi come bestie.

Quest'ordine universale che è sempre lo stesso per tutti, non è stato fatto da qualcuno degli dèi o degli uomini, ma è sempre stato, è e sarà fuoco sempre vivo, che si accende e si spegne secondo giusta misura."

Eraclito di Efeso (535 - 475 a.c.)

cosa vediamo del Tao?

Uno dei campi della complessità dove si è concentrata al massimo la ricerca è quello della neurofisiologia del sistema della visione, ovvero come e cosa vediamo.
Il sistema visivo del cervello anatomicamente e fisiologicamente è ampiamente conosciuto:



L'immagine formata sulla retina dell'occhio e codificata  viene trasportata dal nervo ottico nel nucleo genicolato laterale (NGL), che ha sede nel talamo, da dove partono delle vie nervose verso la corteccia visiva (CV), la parte del cervello che elabora specificamente le informazioni che provengono dal nervo ottico. In particolare le immagini dell'occhio destro vengono elaborate dalla corteccia visiva nell'emisfero sinistro, e viceversa.
Il flusso di informazione visiva seguendo questo modello anatomico-funzionale viene rappresentato come:


Seguendo questo modello si sono dedicati migliaia (letteralmente) di lavori ed articoli. La conseguenza diretta di un modello di questo tipo è l'approccio rappresentazionista al cervello, schematizzato da Maturana e Varela con la figura di Cesare che guarda l'Aquila imperiale:

"L'aquila di Cesare viene rappresentata nel suo cervello attraverso il flusso di attività (il nastro di pellicola) che subisce un "trattamento" (da parte di qualche piccolo operatore) e che produce in seguito la prova comportamentale del riconoscimento grazie alla parola "aquila" (attraverso canne d'organo scelte accuratamente"
Un modello di questo tipo è anche quello che viene normalmente assunto dal senso comune: un oggetto fuori di noi viene rappresentato in qualche modo dentro la nostra testa; più tecnicamente ad un oggetto nel campo visivo si associano schemi di attività neuronale specifici, tipicamente nella corteccia visiva primaria. La conseguenza estrema avviene quando ci si immagina noi stessi, dove il noi stessi immaginato naturalmente immagina un se stesso e così via, come nella seguente figura di Von Foester, un caso di  solipsismo estremo:


In realtà il modello effettivo dei flussi di informazione visiva nel cervello è radicalmente diverso, si avvicina di più al seguente tipo (NPG: nucleo perigenicolato; Coll. Sup.: collicolo superiore; Ipo.: ipotalamo; FRM: formazione reticolare del mesencefalo):


dove si sono aggiunte quelle connessioni al NGL che non provengono solo dalla retina ma anche da altre sedi centrali del cervello, tra cui la stessa corteccia visiva. La conclusione è che meno del 20% dell'informazione che arriva al corpo genicolato proviene dalla retina. La situazione, dal punto di vista di un neurone del corpo genicolato, è più simile ad cocktail party più che ad un elemento lineare  di una catena di informazioni trasmessi dalla retina alla corteccia visiva. Inoltre, le frecce tratteggiate possono essere bidirezionali per l'informazione, ad esempio la corteccia visiva riceve informazioni dal corpo genicolato ma ne trasmette anche altre verso il corpo genicolato. La conclusione di Varela è:
"... nel sistema visivo ... non esiste un flusso complessivo, il sistema è organizzato in forma reticolare, e vi è una convergenza o coerenza simultanea di tutte le parti in questione."
Francisco J. Varela, Complessità del cervello e autonomia del vivente

lunedì 14 febbraio 2011

il Tao non torna indietro


LA CAUSALITA' NON OPERA ALL'INDIETRO.

Spesso la logica può essere invertita, l'effetto invece non precede la causa. Questa asserzione generale rappresenta un ostacolo per le scienze psicologiche e biologiche fin dai tempi di Platone e Aristotele. I greci erano inclini a credere in quelle che più tardi furono dette cause "finali". Essi ritenevano che la struttura o forma generata alla fine di una successione di eventi potesse essere considerata in qualche modo come causa del cammino seguito dalla successione. Ciò condusse a quella che si chiamò teleologia ("telos" significa il termine o lo scopo di una successione).
Il problema che si trovarono ad affrontare i teorici della biologia fu quello dell'adattamento. L'osservazione faceva concludere che il granchio aveva le chele per afferrare le cose. La difficoltà era sempre quella del ragionamento all'indietro, dallo scopo delle chele alla causa che le aveva fatte sviluppare. A lungo in biologia fu considerato eretico credere che le chele esistessero "perchè‚" erano utili: questa credenza conteneva l'errore teleologico, cioè un'inversione cronologica della causalità.
Il ragionamento lineale genera sempre o l'errore teleologico (secondo cui il processo è determinato dal fine) o il mito di una qualche entità regolatrice soprannaturale.
Il fatto è che quando i sistemi causali diventano circolari, un cambiamento in un punto qualsiasi del circolo può essere considerato "causa" di un cambiamento verificantesi successivamente in una qualsiasi variabile in un punto qualsiasi del circolo. Accade così che un aumento della temperatura della stanza possa essere considerato causa del cambiamento che avviene nell'interruttore del termostato, e per converso che l'azione del termostato possa essere considerata l'agente che regola la temperatura della stanza.

venerdì 11 febbraio 2011

Tao complesso livello 1: Tao Dissipativo


Un secondo modello della complessità al livello 1 - chimico - è stato condotto da  Ilya Prigogine sulla termodinamica di sistemi complessi lontani dall'equilibrio, in particolare sulle cosidette  strutture dissipative (o sistemi dissipativi),  inteso come un  sistema termodinamicamente aperto che lavora in uno stato lontano dall'equilibrio termodinamico scambiando con l'ambiente energia, materia e/o entropia. I sistemi dissipativi sono caratterizzati dalla formazione spontanea di anisotropia, ossia di strutture ordinate e complesse, a volte caotiche. Questi sistemi, quando attraversati da flussi crescenti di energia e materia, possono anche evolvere, passando attraverso fasi di instabilità ed aumentando la complessità della struttura (ovvero l'ordine) e diminuendo la propria entropia (neghentropia).
Il termine struttura dissipativa fu coniato da Prigogine alla fine degli anni '60, lavoro per cui ricevette il premio Nobel per la chimica nel 1977. Il merito di Prigogine fu quello di portare l'attenzione verso il legame tra ordine e dissipazione dell'energia, discostando lo sguardo dalle situazioni statiche e di equilibrio generalmente studiate fino ad allora, e contribuendo in maniera fondamentale alla nascita di quella che oggi viene chiamata epistemologia della complessità. In natura i sistemi isolati sono solo un'astrazione o casi particolari, mentre la regola è quella di sistemi aperti che scambiano energia con i sistemi limitrofi e grazie a questo sono in costante evoluzione.
La loro caratteristica è quella di influire sullo squilibrio dell’energia assorbendola e restituendola esternamente sotto forma di calore.
In questi ultimi anni si è sviluppato un vocabolario della complessità avente come termini fluttuazione, stabilità, transizioni di fase. Tutti questi termini fanno riferimento al problema del tempo, il quale è stato uno dei problemi studiati fin dagli inizi delle civiltà occidentali.
L’esistenza di un tempo fisico separato da un tempo filosofico, è stato un problema centrale per le preoccupazioni di molti filosofi: da Heiddeger ad Aristotele. Quest’ultimo si pose la domanda: cosa è il tempo? Rispose a questa domanda affermando che il tempo è differenza, è moto, è una rappresentazione della differenza tra ciò che viene prima e ciò che viene dopo. Quest’analisi fu ripresa da Heiddegger il quale individua una differenza molto forte tra passato e futuro. Egli mette in risalto che non è il tempo così come introdotto dai fisici a determinare tale differenza. E questo spiega il fatto che la scienza non è in grado di raggiungere l’essenza nel descrivere l’universo.
Prigogine pensa che tutti gli sviluppi della scienza nell’ultimo decennio hanno dimostrato che il tempo è un elemento essenziale della fisica dell’universo. Il fatto che si è costretti a parlare di un universo in evoluzione, perché è l’unico modo per descrivere i fatti che si osservano, è una prova che la direzione del tempo non è una costruzione dell’uomo ma che è insita nella natura. Ed è per questo che non è più possibile fare una distinzione tra tempo fisico e tempo filosofico. 
Secondo Prigogine la fisica classica voleva eliminare qualsiasi riferimento alla storia, la storia era concepita come qualcosa che esiste solo perché non comprendiamo le cause di un processo fisico. L’universo però non può essere ricondotto ad eventi indipendenti, non è così semplice. Abbiamo bisogno anche di eventi stocastici (probabili, casuali), abbiamo bisogno di reversibilità. Abbiamo bisogno di eventi casuali.
Prigogine afferma una nuova logica scientifica. Alla base della sua prospettiva c’è una sfiducia sull’idea classica che la natura segua sempre la via più semplice.
Al contrario, egli afferma che il funzionamento della macchina-natura è dovuto alla complessità dei processi a carattere irreversibile. Prigogine giunge a questa’idea analizzando il fenomeno della termodinamica chiamato entropia. In termodinamica l'entropia è una funzione di stato che si introduce insieme al secondo principio della termodinamica e che viene interpretata come una misura del disordine di un sistema fisico o più in generale dell'universo. In base a questa definizione si può dire, in forma non rigorosa ma esplicativa, che quando un sistema passa da uno stato ordinato ad uno disordinato la sua entropia aumenta.
Nell’evoluzione storica dell’universo, c’è infatti un evento eccezionale perché smentisce il graduale passaggio dell’energia, dall’ordine al disordine (l’entropia). Questo evento fu il sorgere della vita sulla terra e la conseguente esistenza delle varie forme di vita caratterizzate, come altri processi irreversibili, dall’autorganizzazione. Quest’ultima si pone contro il presunto equilibrio dell’ordine naturale e quindi contro l’idea antiscientifica della semplicità dei fenomeni, alla quale va contrapposta la complessità, che è necessariamente assenza di equilibrio energetico (entropia) e disordine fisico. Si sviluppa quindi la fisica del non equilibrio avente alla base una dinamica non lineare. Il risultato più inaspettato di ciò è la presa di coscienza del ruolo costruttivo del non equilibrio: lontano dall’equilibrio si creano stati coerenti e strutture complesse che non potrebbero esistere in un mondo reversibile.
In questo modo, la natura crea dei sistemi dissipativi quali gli esseri viventi.

ILYA PRIGOGINE: L’ESPLORAZIONE DELLA COMPLESSITA’


"Le scienze umane non possono prescindere dall'idea di una freccia temporale orientata, sia a livello individuale sia a livello collettivo; il tempo è una dimensione fondamentale dell'esistenza. Come riconciliare questa convinzione con le leggi fondamentali della fisica classica e quantistica, secondo cui il passato e il futuro sono intercambiabili?" Da domande come questa prende avvio la speculazione di Prigogine e Stengers, per una nuova definizione di quei fenomeni di irreversibilità e indeterminazione, davanti a cui la scienza classica subisce una battuta d'arresto.
Il mondo della fisica classica è costituito da fenomeni reversibili, in cui la temporalità è un'illusione; Ilya Prigogine e Isabelle Stengers sostengono invece in questo volume che le leggi hanno una direzione nel tempo: le caratteristiche di tutte le parti del sistema del mondo sono immutabili e le parti non fanno che svolgere in eterno le conseguenze di uno stato iniziale, imperfettamente conosciuto ma perfettamente conoscibile. La scienza ritiene oggi che, lungi dall'essere un'illusione, l'irreversibilità giochi un ruolo essenziale nella natura e sia all'origine di molti processi di organizzazione spontanea, probabilmente alla base dell'auto-organizzazione biologica. La reversibilità e il determinismo si applicano soltanto a semplici, limitati casi, mentre l'irreversibilità e I'indeterminazione sono la regola. Il mondo è nel suo complesso ben lontano dall'equilibrio: quando ci spostiamo dall'equilibrio a condizioni lontane da esso ci spostiamo dal ripetitivo e dall'universale verso lo specifico e l'unico. Per usare un linguaggio antropomorfo, in condizioni di lontananza dall'equilibrio la materia comincia ad essere capace di percepire differenze nel mondo esterno, può reagire con grandi effetti a piccole cause, può trovarsi davanti a biforcazioni. Una piccola fluttuazione può dare inizio ad una nuova evoluzione che cambierà drasticamente l'intero comportamento del sistema." 


Una tra le più grandi strutture dissipative: la Grande Macchia Rossa su Giove fotografata da Voyager 1 nel 1979
The coordinated movements of liquids and gases leading to patterns can also be observed in the laboratory This figure shows a hexagonal pattern of liquid helium in a vessel that is heated from below. This classical experiment was first done by Bénard (1900) with oil. In the middle of each cell, the liquid rises, cools down at the upper surface and then sinks down at its border
evoluzione di una struttura dissipativa nel tifone Matsa (2005)

Time, Structure, and Fluctuations
Ilya Prigogine
SCIENCE, VOL. 201, 1 SEPTEMBER 1978
Copyright 1978 by the Nobel Foundation.

The author is professor of physics and chemistry, Universite Libre de Bruxelles, Brussels, Belgium; director of the Instituts Internationaux de Physique et de Chimie (Solvay), Brussels; and professor of physics and chemical engineering and director of the Center for Statistical Mechanics and Thermodynamics, University of Texas, Austin 78712. This article is the lecture he delivered in Stockholm, Sweden, on 8 December 1977 when he received the Nobel Prize in Chemistry.

Summary

Fundamental conceptual problems that arise from the macroscopic and microscopic aspects of the second law of thermodynamics are considered. It is shown that nonequilibrium may become a source of order and that irreversible processes may lead to a new type of dynamic states of matter called "dissipative structures."
The thermodynamic theory of such structures is outlined. A microscopic definition of irreversible processes is given, and a transformation theory is developed that allows one to introduce nonunitary equations of motion that explicitly display irreversibility and approach to thermodynamic equilibrium. The work of the group at the University of Brussels in these fields is briefly reviewed. In this new development of theoretical chemistry and physics, it is likely that thermodynamic concepts will play an everincreasing role.








The Center for Complex Quantum Systems
Department of Physics | The University of Texas at Austin