lunedì 29 novembre 2010

non provare ma esplorare il Tao


LA SCIENZA NON PROVA MAI NULLA.

La scienza talora "migliora" le ipotesi, talora le confuta, ma la "prova" è un altro paio di maniche e forse non si dà mai, se non nel regno della tautologia completamente astratta. Talvolta possiamo dire che "se" sono dati il tale e il talaltro postulato o supposizione astratta, "allora" la tale e talaltra cosa deve assolutamente seguire. Ma la verità su ciò che può essere "percepito" o raggiunto induttivamente partendo dalla percezione è qualcosa di affatto diverso.
Ammettiamo che la verità significhi una corrispondenza precisa tra la nostra descrizione e ciò che descriviamo, o tra la nostra rete totale di astrazioni e deduzioni e una qualche comprensione totale del mondo esterno. La verità in questo senso non è raggiungibile. E anche se ignoriamo le barriere della codificazione, cioè la circostanza che la nostra descrizione sarà fatta di parole, cifre o figure, mentre ciò che descriviamo sarà di carne, sangue e azione, anche se trascuriamo questo ostacolo della traduzione, non potremo mai sostenere di aver raggiunto la conoscenza ultima di alcunch‚.
Un modo convenzionale di presentare argomentativamente questo punto è più o meno il seguente: supponiamo che io vi dia una serie (di numeri o di altre indicazioni) e vi fornisca anche il presupposto che la serie è ordinata. Supponiamo per semplicità che si tratti di una serie di numeri:

2, 4, 6, 8, 10, 12...

Poi vi chiedo:  “Qual è il numero successivo di questa serie?”. Probabilmente risponderete:  “14”.
Ma in questo caso io replicherò:  “Niente affatto il numero successivo è 27”. In altre parole, la vostra immediata generalizzazione sulla base dei dati forniti all'inizio, che si trattasse cioè della serie dei numeri pari, è stata dimostrata sbagliata o solo approssimata dall'evento successivo.
Andiamo avanti. Continuerò la mia esposizione generando la serie seguente:

2, 4, 6, 8, 10, 12, 27, 2, 4, 6, 8, 10, 12, 27, 2, 4, 6 8, 10, 12, 27...

Se ora vi chiedo di indovinare il numero successivo, probabilmente direte  “2”. Dopo tutto, vi sono state fornite tre ripetizioni della successione da 2 a 27, e se avete una buona preparazione scientifica influirà su di voi il presupposto detto "rasoio di Occam" o "regola della parsimonia", cioè la preferenza per le più semplici tra le ipotesi che si conformano ai fatti. Ma i fatti, quali sono? In realtà i fatti che voi avete a disposizione non vanno oltre la fine della successione (forse incompleta) che vi ho dato.
Voi "ritenete" di poter prevedere, e in effetti sono stato io a suggerirvi questo presupposto. Ma la sola base che possedete è la vostra preferenza (inculcata) per la risposta più semplice e la fiduciosa convinzione che la mia richiesta significasse davvero che la successione era incompleta e ordinata.
Sfortunatamente (o forse fortunatamente) il fatto successivo non è in realtà mai accessibile: tutto ciò che possedete è la speranza della semplicità, e il fatto successivo può sempre portarvi al livello di complessità successivo.
Oppure diciamo che, qualunque successione di numeri io vi presenti, esisteranno sempre alcuni modi semplici di descriverla, ma vi sarà un numero "infinito" di modi alternativi non vincolati dal criterio della semplicità.
Supponiamo che i numeri siano rappresentati da lettere:

 x, w, p, n

e così via. Queste lettere potrebbero rappresentare numeri qualsiasi, magari frazioni. Basta solo che io ripeta la serie tre o quattro volte in una qualche forma verbale o visiva, o comunque sensoriale, anche sotto forma di stimolazione dolorosa o cinestetica, perchè‚ voi cominciate a percepire in essa una struttura. Nella vostra mente - e nella mia - essa diventerà un tema, e avrà un valore estetico: in questa misura sarà familiare e comprensibile.
Ma la struttura può venir cambiata o spezzata dall'addizione, dalla ripetizione, da qualunque cosa vi costringa a percepirla in modo nuovo, e questi cambiamenti non possono essere mai previsti con assoluta certezza perchè‚ non sono ancora avvenuti.
Non abbiamo sufficiente conoscenza del modo in cui il presente sfocerà nel futuro; non saremo mai in grado di dire:  “Ecco! Il modo in cui percepisco e interpreto questa serie vale per tutte le sue componenti prossime e future”, oppure:  “La prossima volta che m'imbatterò in questi fenomeni, sarò in grado di prevedere l'intero loro corso”.
La previsione non può mai essere valida in modo assoluto e perciò la scienza non può mai "provare" una proposizione generale e neppure "verificare" un singolo enunciato descrittivo e arrivare così alla verità ultima.
Vi sono altri argomenti per mostrare questa impossibilità. La tesi di questo libro...presuppone che la scienza sia un "modo di percepire" e di dare per così dire  “senso” a ciò che percepiamo. Ma la percezione opera solo sulla differenza. Ricevere informazioni vuol dire sempre e necessariamente ricevere notizie di "differenza", e la percezione della differenza è sempre limitata da una soglia. Le differenze troppo lievi o presentate troppo lentamente non sono percettibili: non offrono alimento alla percezione.
Quindi ciò che noi, come scienziati, possiamo percepire è sempre limitato da una soglia: ciò che è subliminale non giunge ad arricchire le nostre cognizioni. In qualsiasi istante, la nostra conoscenza è sempre funzione della soglia dei mezzi di percezione di cui disponiamo. L'invenzione del microscopio, del telescopio, degli strumenti per misurare il tempo fino a una frazione di nanosecondo e per pesare quantità di materia fino a un milionesimo di grammo, tutti questi raffinatissimi dispositivi di percezione svelano quel che era del tutto imprevedibile ai livelli di percezione raggiungibili in precedenza.
Non solo non possiamo far previsioni sul momento successivo nel tempo, ma, più radicalmente, non possiamo far previsioni relative allo stadio successivo della dimensione microscopica, della distanza astronomica o del passato geologico. La scienza, come metodo di percezione - perchè‚ essa non può pretendere di essere altro che questo -, così come ogni altro metodo di percezione, ha una capacità limitata di raccogliere i segni esteriori e visibili di ciò che può essere verità.
La scienza non prova, "esplora".

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