La teoria di Bateson e colleghi sul doppio vincolo e successive precisazioni sono paragonabili ad una svolta paradigmatica di tipo copernicano: quello che era considerato un comportamento sintomatico di tipo patologico di difficile, se non impossibile, comprensione diventava non solo spiegabile nel contesto di vita e apprendimento dell'individuo ma anche il più appropriato in un contesto disumano caratterizzato da continue ingiunzioni paradossali. Nel 1959 Harold Searles pubblicò un classico articolo dal titolo "Il tentativo di rendere l’altro folle" in cui illustrava diversi tipi di comportamenti-comunicazioni efficaci nel tendere a squalificare la fiducia dell’altro nelle proprie reazioni emozionali e nella propria percezione della realtà:
A insiste ripetutamente su certi settori della personalità di B dei quali questi è scarsamente conscio, settori non compresi nella definizione di sé che B comunica.
A stimola sessualmente B in una situazione/contesto nella quale è impossibile per B una gratificazione sessuale.
A espone B ad esperienze contemporanee, o rapidamente alternantisi, di stimolo e frustrazione.
A si pone in relazione con B a livelli simultaneamente non correlati, ad esempio sessualmente e intellettualmente.
A tratta a livelli emozionali diversi lo stesso argomento, ad esempio prima “sul serio” e poi “scherzosamente” lo stesso soggetto.
A scivola da un argomento all’altro conservando sempre lo stesso livello emozionale, ad esempio una questione “di vita o di morte” viene considerata come un argomento più banale.
Harold F. Searles, "The Effort to Drive the Other Person Crazy — An Element in the Etiology and Psychotherapy of Schizophrenia." British Journal of Medical Psychology. XXXII, 1959, pp. 1-19.
“La gente è venuta in questo Paese o per il denaro o per la libertà. Se non hai denaro, ti aggrappi ancora più furiosamente alle tue libertà. Anche se il fumo ti uccide, anche se non hai i mezzi per mantenere i tuoi figli, anche se i tuoi figli vengono ammazzati da maniaci armati di fucile. Puoi essere povero, ma l’unica cosa che nessuno ti può togliere è la libertà di rovinarti la vita nel modo che preferisci.”
Non ha senso dire che un uomo è stato spaventato da un leone, perché un leone non è un’idea. Di questo leone l’uomo si costruisce un’idea.
Il mondo esplicativo della sostanza non può richiamarsi né a differenze nè a idee, ma solo a forze e urti; e, viceversa, il mondo della forma e della comunicazione non si richiama a oggetti, forze o urti, ma soltanto a differenze e idee. (Una differenza che genera una differenza è un’idea; è un ‘bit’, cioè un’unità d’informazione).
Ma tutto ciò lo appresi solo in seguito, e fu la teoria del doppio vincolo che mi permise di apprenderlo. A loro volta, ovviamente, queste cose sono implicite nella teoria, la quale senza di esse avrebbe difficilmente potuto essere fondata.
Il nostro lavoro originale sul doppio vincolo contiene numerosi errori, dovuti semplicemente alla mancanza di un esame articolato del problema della reificazione. In quel lavoro un doppio vincolo viene trattato come un ‘qualcosa’, e se ne parla come se questi ‘qualcosa’ potessero essere contati.
Ciò naturalmente non ha senso: non si possono contare i pipistrelli contenuti in una macchia d’inchiostro, dal momento che non ce ne sono; eppure, se uno ha un debole per i pipistrelli, può ‘vederne’ parecchi.
Ma nella mente ci sono doppi vincoli? La domanda non è futile. Così come nella mente non ci sono noci di cocco, ma solo percezioni e trasformate di noci di cocco, allo stesso modo, quando percepisco (consciamente o inconsciamente) un doppio vincolo nel comportamento del mio principale, la mia mente non acquisisce un doppio vincolo, ma solo una percezione o trasformata di doppio vincolo. E questo non è l’oggetto della teoria.
Stiamo piuttosto parlando di certi grovigli nelle regole preposte alla costruzione delle trasformate e, insieme, dell’acquisizione o conservazione di tali grovigli. La teoria del doppio vincolo afferma che una componente dovuta all’esperienza è presente nella determinazione o eziologia dei sintomi sia della schizofrenia sia di modelli comportamentali affini, come il comico, l’artistico, il poetico, ecc.
Si osservi che la teoria non distingue tra questi sottogeneri: non viene fornito alcun criterio per decidere se un individuo diventerà un pagliaccio, un poeta, uno schizofrenico o una combinazione di tutto ciò. Non si ha a che fare con una sindrome specifica, ma con una famiglia di sindromi, di cui la maggior parte non sono, tradizionalmente, considerate patologiche.
Per qualificare in generale questa famiglia di sindromi, conierò il termine «transcontestuale».
Sembra che ci sia un tratto in comune fra coloro che sono dotati di qualità transcontestuali e coloro che sono afflitti da confusioni transcontestuali per tutti costoro, sempre o spesso, c’è una ‘sovrimpressione’ una foglia che cade, un amico che saluta, o una ‘primula sulla sponda del fiume’, non sono mai ‘questo e nulla più’. Esperienze esterne possono essere inquadrate nel contesto di un sogno, e, viceversa, pensieri interni possono essere proiettati in contesti del mondo esterno, e così via. È nell’apprendimento e nell’esperienza che cerchiamo una parziale spiegazione di tutto ciò.
Chi sta sulla punta dei piedi non si tiene ritto,
chi sta a gambe larghe non cammina,
chi da sé vede non è illuminato,
chi da sé s'approva non splende,
chi da sé si gloria non ha merito,
chi da sé s'esalta non dura a lungo.
Nel Tao queste cose sono avanzumi ed escrescenze,
che le creature hanno sempre detestati.
Per questo non rimane chi pratica il Tao.
Tutti morimmo a stento
ingoiando l'ultima voce
tirando calci al vento
vedemmo sfumare la luce.
L'urlo travolse il sole
l'aria divenne stretta
cristalli di parole
l'ultima bestemmia detta.
Prima che fosse finita
ricordammo a chi vive ancora
che il prezzo fu la vita
per il male fatto in un'ora.
Poi scivolammo nel gelo
di una morte senza abbandono
recitando l'antico credo
di chi muore senza perdono.
Chi derise la nostra sconfitta
e l'estrema vergogna ed il modo
soffocato da identica stretta
impari a conoscere il nodo.
Chi la terra ci sparse sull'ossa
e riprese tranquillo il cammino
giunga anch'egli stravolto alla fossa
con la nebbia del primo mattino.
La donna che celò in un sorriso
il disagio di darci memoria
ritrovi ogni notte sul viso
un insulto del tempo e una scoria.
Fernanda Pivano e Allen Ginsberg sul duomo di Milano
(Genova, 18 luglio 1917 – Milano, 18 agosto 2009)
(Newark, 3 giugno 1926 – New York, 5 aprile 1997)
Genova, 21 Agosto 2009
Gomel Chesed Cemetery, Newark, Essex County, New Jersey, USA
Qual è la struttura che connette
il granchio con l’aragosta,
l'orchidea con la primula
e tutti quattro con me?
E me con voi?
E tutti noi
con l’ameba da una parte
e lo schizofrenico dall’altra?
"I maggiori problemi nel mondo risultano dalla differenza tra come funziona la natura e come la gente pensa."
A very schematic view of the history of umanity;poorlydrawnlines
E ricordati, io ci sarò. Ci sarò su nell’aria. Allora ogni tanto, se mi vuoi parlare, mettiti da una parte, chiudi gli occhi e cercami. Ci si parla. Ma non nel linguaggio delle parole. Nel silenzio.
Tiziano Terzani, La fine è il mio inizio
Coloro che ci hanno lasciati non sono degli assenti, sono solo degli invisibili: tengono i loro occhi pieni di gloria puntati nei nostri pieni di lacrime.
Agostino d'Ippona
Avrei voluto mettermi a piangere forte, ma non potevo. Non avevo più l'età per versare lacrime, avevo fatto troppe esperienze. Esiste anche questo al mondo, la tristezza di non poter piangere a calde lacrime. È una di quelle cose che non si può spiegare a nessuno, e anche se si potesse, nessuno la capirebbe. È una tristezza che non può prendere forma, si accumula quietamente nel cuore come la neve in una notte senza vento.
Una volta, quando ero più giovane, avevo provato a esprimerla a parole. Ma non ne avevo trovata una che potesse trasmettere il mio sentimento ad altri, anzi nemmeno a me stesso, così avevo rinunciato. E avevo chiuso sia le mie parole sia il mio cuore. La tristezza troppo profonda non può prendere la forma delle lacrime.
Murakami Haruki, La fine del mondo e il paese delle meraviglie
"Non è come nasci, ma come muori, che rivela a quale popolo appartieni."
Alce Nero, 1890
Tra la notte che cessa
e l'inizio del giorno,
il mio cuore ha urgenza
della tua nostalgia.
Non è che ti desideri
o ti voglia avere,
o in sogno, volando, baci
il sogno di vederti.
Vuole solo nostalgia di te;
ama il ricordarti, e non
l'ombra della verità
o il corpo dell'illusione.