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domenica 20 luglio 2014

1000 Tao: conclusione del Tao



Nei 1001 post di questo blog si è tentato un esempio di descrizione della complessità dei sistemi e processi multi-livello che in questo secolo porteranno un radicale cambiamento distruttivo e irreversibile dell'ecosistema globale, qui identificato con il mito del KaliYuga.

Le due linee guida di discorso sono rappresentate da Processi Dinamici Globali - GDPs - la descrizione dei processi fisici-chimici-biologici-sociali-mentali e ambientali coinvolti a partire dai livelli gerarchici delle scienze naturali e dei domini di conoscenza ai livelli logici di conoscenza della conoscenza - e da Struttura che Connette, basata prevalentemente sulla vastità di idee sviluppate nell'ambito sistemico-cibernetico-ambientale da Gregory Bateson, successivamente proseguita nell'ambito delle neuroscienze e delle scienze della cognizione da Francisco J. Varela e Humberto Maturana, ed infine confluita nell'ambito dell'attuale scienza della complessità grazie ai contributi di Edgar Morin.

All'interno di questi due discorsi - tra loro interallacciati - si trovano collegate le linee di Tao, basata sugli 81 capitoli del Tao Teh Ching, quella di Tao Sincronico, basata sull'insieme di descrizione dei 78+1 simboli delle carte dei Tarocchi, Interludio Tao e, a partire da un determinato punto, quella di Tao Livello 3 e oltre, collegata alla due linee guida principali per le descrizioni in ambiti superiori al livello logico 2 della complessità.

L'evoluzione del KaliYuga reale - non mitologico - nei prossimi decenni è naturalmente imprevedibile, sia perché interessa un insieme di sistemi tra i più complessi conosciuti, sia perché fenomeni e condizioni mai avvenuti in precedenza diventeranno effettivi.

Benché tutto lasci pensare che l'ecosistema globale sarà distrutto o radicalmente trasformato è possibile che, in un sistema altamente complesso di questo tipo, scelte ed azioni rilevanti, diverse da quelle attuali e del passato, possano portare ad altri tipi di evoluzione.


Nota (forse superflua) per un eventuale lettore:
questo sito ha una struttura a blog; come tale è un LIFO - last in first out/first in last out. Per chi è interessato a seguire il racconto inizia nel primo post, il più vecchio, e si conclude nell'ultimo post, il più recente.


L'attimo prima era presente, quello successivo se n'è andato.
Un istante siamo qui, quello dopo ce ne siamo andati.

E per questo minuscolo istante, quanto chiasso facciamo - quanta violenza, quanta ambizione, quante lotte, conflitti, rabbia, odio.
Solo per questo minuscolo attimo!

Stai solo aspettando il treno, in una sala d'attesa, e fai tanto baccano: lotti, ferisci gli altri, cerchi di possedere, di fare il capo, di dominare
- tutte trame politiche.

E alla fine il treno arriva e te ne vai per sempre.


La Via del cielo aiuta, non fa danni;
la Via del saggio agisce senza lotta.

© Elena Cinguino Illustrations

lunedì 14 luglio 2014

l'ultima parola sul Tao


Bill Harford: Alice, cosa pensi che dobbiamo fare?
Alice: Che cosa dobbiamo fare? Che cosa penso io, non lo so. Penso che prima dobbiamo ringraziare il destino. Ringraziarlo per averci fatto uscire senza danno da tutte le nostre avventure. Sia da quelle vere che da quelle solo sognate.
B.: Sei sicura, senza danno?
A.: Se sono sicura? Io lo sono solo tanto quanto sono sicura che la realtà di una sola notte, senza contare quella di un’intera vita, corrisponde alla verità.
B.: E nessun sogno è mai soltanto sogno.
A.: L’importante è che ora siamo svegli. E spero tanto che lo resteremo a lungo.
B.: Per sempre.
A.: Per sempre?
B.: Per sempre.
A.: No, non usiamo quella parola. Mi spaventa. Ma io ti voglio molto bene. E sai? C’è una cosa molto importante che noi dobbiamo fare prima possibile.
B.: Cosa?
A.: Scopare.




"C'è inoltre un romanzo di Arthur Schnitzler, Doppio sogno, che vorrei fare ma su cui non ho ancora cominciato a lavorare"


domenica 13 luglio 2014

le ultime parole del Tao

Wat Pho Buddha, Bangkok
Ultime parole del Buddha

Quindi ora il Sublime disse al venerabile Ânanda:

«Può darsi, Ânanda, che voi pensiate: “Finito è l’insegnamento del Maestro, noi non abbiamo piú Maestro!”. Ma la cosa, Ânanda, non dev’essere vista cosí. Quel che da me, Ânanda, vi è stato mostrato ed insegnato come regola e come insegnamento: quello, dopo la mia dipartita, sarà il vostro Maestro».

Quindi il Sublime si rivolse ai monaci:

«Se anche uno di voi, o monaci, sia in dubbio o in pensiero sul Buddha o sul Dhamma o sul Sangha o sulla via o sui passi, faccia domande ora ora, o monaci, perché poi non abbiate a provare rimorso: “Innanzi ai nostri occhi era il Maestro, e noi non interrogammo personalmente il Sublime!”».

Così esortati, i monaci rimasero silenti. Allora il Sublime disse ai monaci così:

«Può darsi, o monaci, che voi non interroghiate per rispetto del Maestro: allora lo dica l’amico all’amico». Ma, anche cosí esortati, quei monaci rimasero silenti. Allora il venerabile Ânanda disse al Sublime: «È mirabile, o signore, è straordinario, o signore! Io ho tale fede, o signore, in questo Ordine di mendicanti, da credere che non vi sia in esso anche un solo monaco, che sia in dubbio od in pensiero sul Buddha, sul Dhamma o sul Sangha o sulla via o sui passi».

«Di fede ora tu, Ânanda, parli; conoscenza ha però qui il Compiuto: non v’è in questo Ordine di mendicanti anche un solo monaco, che sia in dubbio od in pensiero sul Buddha, sul Dhamma o sul Sangha o sulla via o sui passi. Anche l’infimo di tutti questi monaci, Ânanda, è giunto all’audizione, è scampato al danno, si avanza cosciente verso il completo risveglio».

Quindi ora il Sublime si rivolse ai monaci. «Orsú dunque, o monaci, io vi esorto: periscono tutte le cose; datevi da fare per la vostra salvezza senza tregua».

Questa fu l’ultima parola del Sublime.

LA TOTALE ESTINZIONE
(Mahâparinibbanâsutta)
tradotto dal pâli e condensato da Giuseppe De Lorenzo


Angkor Wat
Maha-Parinibbana Sutta
[…]
Disse allora il Beato al venerabile Ananda: “Può darsi il caso, Ananda, che questo pensiero si presenti a qualcuno di voi: ‘Più non si farà udire la parola del Maestro, noi non avremo più un Maestro’. Così però non dovete credere: quando io non ci sarò, il Dhamma [l’insegnamento] e la disciplina che vi ho insegnato saranno per voi Maestro.
[…]
Così proseguì il Beato: “Può darsi il caso, o fratelli, che qualche dubbio voi nutriate o qualche incertezza, relativamente al Buddha, al Dhamma o alla Comunità, al Metodo o alla Via; interrogatemi allora in tutta libertà perché non abbiate più tardi a farvi questo rimprovero: ‘Davanti a noi era il nostro Maestro, faccia a faccia, e noi non abbiamo saputo interrogarlo, eppure era lì con noi’”.
Così parlò il Beato, ma i fratelli rimasero in silenzio, e col silenzio risposero anche ad un secondo e ad un terzo invito del Maestro.
Allora il Beato disse loro: “Se solo per rispetto verso il Maestro esitate a porgli le vostre domande, comunicatevi allora l’un l’altro i vostri pensieri”.
Ma anche dopo queste parole i fratelli mantennero il silenzio.
Disse allora il venerabile Ananda al Beato: “Quale meraviglia, o signore, prodigioso è tutto ciò: proprio non credo che vi sia, in tutta l’assemblea, qualcuno che provi dubbio o incertezza relativamente al Buddha, al Dhamma, alla Comunità, al Metodo o alla Via”.
“La pienezza della tua fede ispira, Ananda, le tue parole, ma ben sa il Tathagata [il Buddha] che non vi è nell’intera assembea un fratello che provi dubbio o incertezza relativamente al Buddha, al Dhamma, alla Comunità, al Metodo o alla Via. Perché, infatti, fra questi cinquecento fratelli, Ananda, anche il meno istruito è perfettamente convertito, non è più soggetto a una nuova nascita nel dolore, ed è sicuro di raggiungere un giorno l’illuminazione perfetta”.
Poi il Beato esclamò: “Ricordate sempre queste parole, fratelli: periscono tutte le cose, lottate senza tregua”.
E queste furono le ultime parole del Tathagata.

Entrò allora il Beato nella prima contemplazione e si innalzò poi alla seconda, alla terza e alla quarta. Giunto così alla quarta contemplazione, prese a vagare per la regione dello spazio infinito, per arrivare poi alla regione dell’Intelligenza infinita. Di lì pervenne quindi nella regione in cui non esiste più nulla, e dalla regione dove non esiste più nulla raggiunse la regione dove non vi è né idea né assenza di idea. Tappa successiva fu la regione dove cessano l’idea e la percezione.
Fu allora che il venerabile Ananda disse al venerabile Anuruddha: “Il Beato, Anuruddha, è morto”.
“No, Ananda, il Beato non è morto: è entrato nella regione dove cessano l’idea e la percezione”.
Da questa regione tornò il Beato in quella dove non si ha né idea né assenza di idea, e poi in quella dove non esiste più niente, per riemergere poi nella regione dell’intelligenza infinita, e ancora in quella dello spazio infinito; da qui entrò poi nel quarto grado della contemplazione, per discendere poi nel terzo, nel secondo, e nel primo. Per l’ultima volta passò di nuovo dal primo grando al secondo, dal secondo al terzo e dal terzo al quarto grado della contemplazione. Fu a questo punto che il Beato spirò.




Last Words of the Tathagata

      216. Then the Bhagava said to the Venerable Ananda:

      It may happen that (some among) you have this thought: 'The Doctrine; (lit, the word) is bereft of the Teacher of the Doctrine; our Teacher is no more.' But Ananda, it should not be so considered. Ananda, the Doctrine and Discipline I have taught and laid down to all of you will be your Teacher when I am gone.

      Ananda, when I have passed away, bhikkhus should not address one another as they do at present by the term 'avuso' (Friend) (irrespective of seniority). Ananda, the senior bhikkhus should address the junior bhikkhus by name, or by family name, or by the term 'avuso'. And the junior bhikkhus should address the senior bhikkhus by the term 'bhante' or 'ayasma' (Venerable Sir).

      Ananda, after I have passed away, the Samgha, the Order of the bhikkhus, may, if it wishes to, abolish lesser and minor Rules of Discipline.

      Ananda, after I have passed away, let the Brahma penalty be imposed upon Bhikkhu Channa.

      "But, Venerable Sir, what is the Brahma penalty?"

      Ananda, let Bhikkhu Channa say whatever he wishes to. The bhikkhus should neither advise him nor admonish him, nor deter him.

      217. Then the Bhagava addressed the bhikkhus thus:

      O Bhikkhus, if any bhikkhu should happen to have any uncertainty or perplexity regarding the Buddha, or the Dhamma (the Teaching), or the Samgha (the Order of bhikkhus), or Magga, or the Practice, then, bhikkhus, ask (me) questions. Do not let yourselves feel regret later with the thought that 'even though our Teacher was (with us) in our very presence, we were not able to ask him questions personally in return.'

      When this was said, the bhikkhus remained silent. For a second time, the Bhagava said ..............

      For a third time, the Bhagava said:

      O Bhikkhus, if any bhikkhu should happen to have any uncertainty or perplexity regarding the Buddha, or the Dhamma, or the Samgha, or Magga, or the Practice, then, bhikkhus, ask (me) questions. Do not let yourselves feel regret later with the thought that 'even though our Teacher was (with us) in our very presence, we were not able to ask him questions personally in return.'

      For the third time, too, the bhikkhus remained silent.

      Then the Bhagava said to the bhikkhus:

      O Bhikkhus, it may be that you do not ask questions out of respect for the Teacher. Then, bhikkhus, let a bhikkhu tell a companion (his uncertainty or perplexity).

      Even when this was said, the bhikkhus continued to remain silent.

      Then the Venerable Ananda said to the Bhagava:

      "Wonderful it is, Venerable Sir! Marvellous it is, Venerable Sir! I believe that in this community of bhikkhus not a single bhikkhu has uncertainty or perplexity regarding the Buddha, or the Dhamma, or the Samgha, or Magga, or the Practice."

      Ananda, you say this only out of faith. Indeed, Ananda, the Tathagata knows for certain that in this community of bhikkhus not a single bhikkhu has uncertainty or perplexity regarding the Buddha, or the Dhamma, or the Samgha, or Magga, or the Practice.

      Ananda, amongst these five hundred bhikkhus, even the least (in attainment) is a Sotapanna, a Stream-enterer, not liable to be reborn in any apaya realm of misery, assured (of reaching desirable realms of existence or of teaching the end of dukkha), bound for (the three higher levels of Insight, culminating in) Enlightenment.

      218. Then the Bhagava said to the bhikkhus:

      O Bhikkhus, I say this now to you: "All conditioned and compounded things (sankhara) have the nature of decay and disintegration. With mindfulness endeavour diligently (to complete the task)"

      These were the last words of the Tathagata













Angkor Wat
Part Six: The Passing Away

The Blessed One's Final Exhortation


1. Now the Blessed One spoke to the Venerable Ananda, saying: "It may be, Ananda, that to some among you the thought will come: 'Ended is the word of the Master; we have a Master no longer.' But it should not, Ananda, be so considered. For that which I have proclaimed and made known as the Dhamma and the Discipline, that shall be your Master when I am gone.

2. "And, Ananda, whereas now the bhikkhus address one another as 'friend,' let it not be so when I am gone. The senior bhikkhus, Ananda, may address the junior ones by their name, their family name, or as 'friend'; but the junior bhikkhus should address the senior ones as 'venerable sir' or 'your reverence.'

3. "If it is desired, Ananda, the Sangha may, when I am gone, abolish the lesser and minor rules.

4. "Ananda, when I am gone, let the higher penalty be imposed upon the bhikkhu Channa."

"But what, Lord, is the higher penalty?"

"The bhikkhu Channa, Ananda, may say what he will, but the bhikkhus should neither converse with him, nor exhort him, nor admonish him."

5. Then the Blessed One addressed the bhikkhus, saying: "It may be, bhikkhus, that one of you is in doubt or perplexity as to the Buddha, the Dhamma, or the Sangha, the path or the practice. Then question, bhikkhus! Do not be given to remorse later on with the thought: 'The Master was with us face to face, yet face to face we failed to ask him.'"

6. But when this was said, the bhikkhus were silent. And yet a second and a third time the Blessed One said to them: "It may be, bhikkhus, that one of you is in doubt or perplexity as to the Buddha, the Dhamma, or the Sangha, the path or the practice. Then question, bhikkhus! Do not be given to remorse later on with the thought: 'The Master was with us face to face, yet face to face we failed to ask him.'"

And for a second and a third time the bhikkhus were silent. Then the Blessed One said to them: "It may be, bhikkhus, out of respect for the Master that you ask no questions. Then, bhikkhus, let friend communicate it to friend." Yet still the bhikkhus were silent.

7. And the Venerable Ananda spoke to the Blessed One, saying: "Marvellous it is, O Lord, most wonderful it is! This faith I have in the community of bhikkhus, that not even one bhikkhu is in doubt or perplexity as to the Buddha, the Dhamma, or the Sangha, the path or the practice."

"Out of faith, Ananda, you speak thus. But here, Ananda, the Tathagata knows for certain that among this community of bhikkhus there is not even one bhikkhu who is in doubt or perplexity as to the Buddha, the Dhamma, or the Sangha, the path or the practice. For, Ananda, among these five hundred bhikkhus even the lowest is a stream-enterer, secure from downfall, assured, and bound for enlightenment."

8. And the Blessed One addressed the bhikkhus, saying: "Behold now, bhikkhus, I exhort you: All compounded things are subject to vanish. Strive with earnestness!"

This was the last word of the Tathagata.

How the Blessed One Passed into Nibbana


9. And the Blessed One entered the first jhana. Rising from the first jhana, he entered the second jhana. Rising from the second jhana, he entered the third jhana. Rising from the third jhana, he entered the fourth jhana. And rising out of the fourth jhana, he entered the sphere of infinite space. Rising from the attainment of the sphere of infinite space, he entered the sphere of infinite consciousness. Rising from the attainment of the sphere of infinite consciousness, he entered the sphere of nothingness. Rising from the attainment of the sphere of nothingness, he entered the sphere of neither-perception-nor-non-perception. And rising out of the attainment of the sphere of neither-perception-nor-non-perception, he attained to the cessation of perception and feeling.

10. And the Venerable Ananda spoke to the Venerable Anuruddha, saying: "Venerable Anuruddha, the Blessed One has passed away."

"No, friend Ananda, the Blessed One has not passed away. He has entered the state of the cessation of perception and feeling."

11. Then the Blessed One, rising from the cessation of perception and feeling, entered the sphere of neither-perception-nor-non-perception. Rising from the attainment of the sphere of neither-perception-nor-non-perception, he entered the sphere of nothingness. Rising from the attainment of the sphere of nothingness, he entered the sphere of infinite consciousness. Rising from the attainment of the sphere of infinite consciousness, he entered the sphere of infinite space. Rising from the attainment of the sphere of infinite space, he entered the fourth jhana. Rising from the fourth jhana, he entered the third jhana. Rising from the third jhana, he entered the second jhana. Rising from the second jhana, he entered the first jhana.

Rising from the first jhana, he entered the second jhana. Rising from the second jhana, he entered the third jhana. Rising from the third jhana, he entered the fourth jhana. And, rising from the fourth jhana, the Blessed One immediately passed away.
takinoreien.com

venerdì 11 luglio 2014

un nuovo Tao


Io insegno un uomo nuovo, una nuova umanità, un concetto nuovo di stare al mondo. Io proclamo l'Homo Novus. Il vecchio uomo sta morendo, e non è affatto necessario aiutarlo a sopravvivere. Il vecchio uomo è sul letto di morte: non piangere per lui, aiutalo a morire. Perché solo con la morte del vecchio può nascere il nuovo. La fine del vecchio è l'inizio del nuovo.

Il mio messaggio all'umanità è un uomo nuovo. Nient'altro basterà! Non un semplice ritocco, non una continuità col passato, ma qualcosa che rompa completamente con il passato. Fino ad oggi l'uomo ha vissuto in modo non vero, non autentico: ha vissuto una vita molto falsa. L'uomo ha vissuto vittima di una grande patologia, di una malattia molto grave. E vivere nella malattia non è necessario: possiamo uscire dalla prigione perché la prigione è fatta con le nostre stesse mani. Siamo in prigione perché noi stessi abbiamo deciso di restarci, perché abbiamo creduto che la prigione fosse la nostra casa. Il mio messaggio per l'umanità è: Adesso basta, svegliati! Guarda cosa l'uomo ha fatto a se stesso. In tremila anni ha combattuto cinquemila guerre. Non puoi chiamare sana un'umanità come questa. Solo una volta ogni tanto fiorisce un Buddha. Se in un giardino solo eccezionalmente fiorisce una pianta, e per il resto del tempo il giardino è privo di fiori, lo chiami ancora un giardino? Deve esserci qualcosa di fondo che non va. Ognuno nasce per essere un Buddha, meno di questo nulla potrà mai soddisfarti.

Ma cos'è che è andato storto? Perché l'uomo ha vissuto per migliaia di anni in una specie di inferno? Per migliaia di anni abbiamo vissuto con una concezione dualista dell'uomo, come se esso fosse un campo di battaglia tra ciò che sta in basso e ciò che è più elevato, tra il materiale e lo spirituale, il mondano e l'altro mondo, il buono e il cattivo, tra dio e il diavolo. Di conseguenza, il potenziale dell'uomo è stato severamente limitato. Per distruggere l'uomo, per distruggere il suo potere è stata usata una grande strategia: dividere l'uomo in due. L'uomo ha vissuto col concetto di essere o una cosa o l'altra: o un materialista o uno spiritualista. Ti hanno detto che non puoi essere tutte e due le cose insieme. O sei il corpo o sei l'anima. Questa è stata la causa originaria dell'infelicità umana. Un uomo diviso contro se stesso rimane all'inferno. Il paradiso nasce quando l'uomo non è più diviso. Un uomo diviso vuol dire sofferenza e un uomo integrato vuol dire beatitudine. Finora l'umanità è stata schizofrenica, perché ti è stato detto di reprimere, rifiutare, negare, molte parti del tuo essere naturale. Ma rifiutandole, negandole, non riesci a distruggerle; restano semplicemente nascoste. Continuano a operare dall'inconscio e diventano veramente pericolose. L'uomo è una unità organica. Tutto ciò che dio gli ha dato, deve essere usato; nulla va negato. L'uomo può diventare un'orchestra; occorre solo conoscere l'arte di creare armonia dentro di sé. E invece le cosiddette religioni ti hanno insegnato la strada della disarmonia, della discordia, del conflitto. Quando continui a lottare con te stesso non fai che sprecare la tua energia. Resti ottuso, poco intelligente, sciocco, perché nessuno può essere intelligente se non ha una grande energia. L'intelligenza accade quando l'energia è abbondante. Un'energia traboccante è la causa della crescita dell'intelligenza. Ma l'uomo ha vissuto in uno stato di povertà interiore. Il mio messaggio per l'umanità è: creare un uomo nuovo, privo di divisioni, integrato, totale. Buddha non è intero e non lo è nemmeno Zorba il Greco. Entrambi sono solo metà. Amo Zorba, amo Buddha. Ma se osservo il nucleo più profondo di Zorba, manca qualcosa: non ha anima. Se guardo Buddha, di nuovo manca qualcosa: non ha corpo. Il mio insegnamento è: un grande incontro, quello di Zorba con Buddha. Insegno Zorba il Buddha: una nuova sintesi. L'incontro della terra e del cielo, del visibile e dell'invisibile, l'incontro di tutte le polarità: uomo e donna, giorno e notte, estate e inverno, sesso e samadhi. Solo con questo incontro, un uomo nuovo potrà apparire sulla terra.


L'uomo nuovo non sarà orientale o occidentale; l'uomo nuovo rivendicherà tutta la terra come la propria casa. Solo allora l'umanità potrà sopravvivere - e non solo sopravvivere - con l'avvento di un nuovo concetto dell'uomo... il vecchio concetto è essere questo o quello, il nuovo sarà essere entrambe le cose.
L'uomo deve vivere una vita ricca all'esterno e ricca all'interno; non occorre scegliere. La vita interiore non è in contrasto con la vita esteriore, fanno parte di un unico ritmo. Non dovrai essere povero da una parte, solo per essere ricco dall'altra. Fino ad oggi è stato proprio così, l'Occidente ha scelto una via: diventa ricco all'esterno!
L'Oriente ne ha scelto un'altra: diventa ricco all'interno!
Entrambi sono sbilanciati.

Entrambi hanno sofferto e stanno soffrendo. Io ti insegno la ricchezza totale. Essere ricco all'esterno tramite la scienza ed essere ricco nel tuo nucleo più intimo tramite la religione. Questo farà di te una unità organica, un individuo. L'uomo nuovo non è un campo di battaglia, una personalità divisa, ma l'immagine di un uomo riunificato, unico, in piena sinergia con la vita nella sua totalità. L'uomo nuovo incarna una diversa immagine dell'uomo, più vitale, un modo nuovo di essere nel cosmo, un modo qualitativamente diverso di percepire e sperimentare la realtà. Perciò, per favore, non piangere il tramonto del vecchio. Gioisci, il vecchio sta morendo, la notte sta finendo, e sta spuntando l'alba. Sono felice, perfettamente felice, che l'uomo tradizionale stia morendo, che le vecchie chiese stiano andando in rovina, che i vecchi templi siano deserti. Sono straordinariamente felice che la vecchia moralità stia crollando. è una crisi di proporzioni immense.

Se raccogliamo la sfida, questa è un'opportunità per creare il nuovo. La situazione non è mai stata così matura. Stai vivendo in una delle epoche più belle, perché il vecchio sta scomparendo, o è già scomparso, e si è creato il caos. E solo dal caos nascono le stelle più grandi. Tu hai l'opportunità di creare un universo nuovo. Accade solo eccezionalmente, è molto raro. Sei fortunato a vivere in questi tempi di crisi. Usa questa opportunità per creare l'uomo nuovo. E per creare l'uomo nuovo devi cominciare proprio da te. L'uomo nuovo sarà un mistico, un poeta e uno scienziato, tutto quanto insieme. Non guardere la vita attraverso divisioni vecchie e marce. Sarà un mistico, perché sentirà la presenza di dio. Sarà un poeta, perché celebrerà la presenza di dio. E sarà uno scienziato, perché ricercherà questa presenza attraverso un metodo scientifico.
Quando un uomo è tutte e tre queste cose insieme, è un uomo integro. Questo è il mio concetto di uomo santo. L'uomo vecchio era represso, aggressivo. Era portato a essere aggressivo perché la repressione comporta sempre aggressione. L'uomo nuovo sarà spontaneo, creativo. L'uomo vecchio ha vissuto sulla base di ideologie.

L'uomo nuovo non vivrà affatto sulla base di ideologie, o di precetti morali, ma attraverso la consapevolezza. L'uomo nuovo vivrà solo attraverso la consapevolezza. Sarà responsabile, responsabile nei confronti di se stesso e dell'esistenza. L'uomo nuovo non sarà morale nel vecchio senso della parola, sarà amorale. L'uomo nuovo porta con sé un mondo nuovo. In questo momento l'uomo nuovo è inevitabilmente una minoranza in trasformazione, ma è il portatore di una nuova cultura ne è il seme. Aiutalo. Annuncia il suo arrivo dai tetti delle case: questo è il mio messaggio per te. L'uomo nuovo è aperto e onesto è trasparente, autentico e disponibile.

Non è un ipocrita. Non vive per raggiungere degli obiettivi: vive qui ed ora. Conosce solo un tempo, l'adesso, e conosce solo uno spazio, questo! Attraverso questa presenza, saprà cos'è dio. Gioisci! L'uomo nuovo sta arrivando e il vecchio sta scomparendo. Il vecchio è già sulla croce, e il nuovo è all'orizzonte. Gioisci, lo ripeto ancora: gioisci!

mercoledì 2 luglio 2014

canti del Tao























I. 13. "mo ko kahân dhûnro bande"

O SERVANT, where dost thou seek Me?
Lo! I am beside thee.
I am neither in temple nor in mosque: I am neither in Kaaba nor in Kailash:
Neither am I in rites and ceremonies, nor in Yoga and renunciation.
If thou art a true seeker, thou shalt at once see Me: thou shalt meet Me in a moment of time.
Kabîr says, "O Sadhu! God is the breath of all breath."

O SERVO, dove Mi cerchi?
Guarda! Io sono vicino a te.
Non sono nel tempio, né nella moschea; non sono nel Kaaba nè nel Kailash;
Non sono nei riti, né nelle cerimonie; non sono nello Yoga, nella rinuncia.
Se tu sei un buon cercatore Mi vedrai immediatamente: Mi incontrerai in un attimo.
Kabir dice: "O Santo! Iddio è il respiro di ogni respiro".


I. 57. "sadho bhai, jivat hi karo asa"

O Amico! spera in Lui finché vivi; finché vivi, conosciLo; finché vivi, comprendiLo; poiché, nella vita c'è liberazione.
Se i tuoi legami non saranno spezzati mentre vivi, come potrai sperare liberazione nella morte?
E' vano sogno il credere che l'anima si unirà a Lui soltanto perché uscita dal corpo.
Se lo troveremo ora, Lo troveremo poi; se no, andremo a dimorare nel Regno della Morte.
Se ora hai l'unione anche dopo l'avrai.
Immergiti nella verità; conosci il vero Guru; abbi fede nel vero Nome.
Kabir dice: "E' lo Spirito della Ricerca che aiuta, e di questo Spirito io sono lo schiavo".

I. 58. "bago na ja re na ja"

Non andare nel giardino fiorito!
O Amico! Non andarci.
Il giardino fiorito è nella tua persona.
Siediti sui mille petali del loto e contempla la Bellezza Infinita.

I. 101. "is ghat antar bag bagice"

Dentro questo vaso d'argilla vi sono pergolati e boschetti, e dentro c'è pure il Creatore.
Dentro questo vaso vi sono i sette oceani e le innumerevoli stelle.
Vi sono la pietra di paragone e lo stimatore del gioiello. Dentro questo vaso l'Eterno risuona e la fonte sgorga.
Kabir dice: "Ascoltami, amico! Il mio Diletto Signore è lì dentro."

II. 37. "angadhiya deva"

O Signore Increato, chi Ti servirà? Ogni fedele offre il suo culto al Dio della propria creazione: ogni giorno, Egli riceve il servizio divino.
Ma nessuno cerca Lui, il Perfetto, Brahma, l'Indivisibile Signore.
Essi credono in dieci Avatar, ma lo Spirito Infinito non può assolutamente essere un Avatar, poiché l'Avatar soffre le conseguenze delle proprie azioni.
Ben altra cosa deve essere l'Altissimo. Lo Yoghi, il Sannyasi e l'Asceta ne disputano insieme. Kabir dice: "O fratello!Salvo è colui che ha visto quella radiosità d'amore".

II. 56. "dariya ki lahar dariyao hai ji"

Il fiume e le sue onde sono lo stesso flutto: dove è la differenza?
Quando l'onda si solleva, non è che acqua, e quando ricade è sempre la stessa acqua.
Dimmi, Signore, dov'è la differenza?
Forse perché si chiama onda non si deve più considerare come acqua?
Nel supremo Brahma i mondi si contano come i chicchi di un rosario: E tu quel rosario guarda con gli occhi della sapienza.

II. 20. "paramatam guru nikat virajain"

O mio cuore! Lo Spirito Eccelso, il grande Maestro è vicino a te!
Destati, oh, destati!
Gettati ai piedi dell'Amato, poiché il tuo Signore sta ritto presso al tuo capo.
Hai dormito per innumerevoli evi; e neanche stamane vuoi destarti?

II. 33. "ghar ghar dipak barai"

Lampade ardono in ogni casa, o cieco!
E tu non puoi vederle.
Un giorno, improvvisamente, i tuoi occhi si apriranno e vedrai; e i ceppi della morte cadranno da te.
Non v'è nulla da dire, o da udire; nulla da fare: è colui che, sebbene vivente, è già morto, che non più morrà.
Poiché vive nella solitudine, lo Yoghi dice che la sua casa è lontana.
Il tuo Signore è vicino, eppure ti arrampichi sul palmizio per cercarLo.
Il sacerdote di Brahma va di casa in casa ed inizia le genti alla fede.
Ahimè! la vera fonte di Vita è presso di te, e tu hai inalzata sull'altare una pietra per adorarla!
Kabir dice: " Non potrò mai esprimere quanto sia dolce il mio Signore.Yoga e recitazione di rosari, virtù e vizi sono nulla al paragone di Lui"

II. 38. "sadho, so satgur mohi bhawai"

O Fratello, il mio cuore brama quel santo Guru, che, ricolmata la coppa del vero amore, prima ne beve Egli Stesso e, poi, me l'offre.
Egli allontana il velo dai miei occhi e mi dà la vera visione di Brahma; Egli in Se Stesso rivela i mondi e mi fa udire una Musica, suonata senza strumenti; Egli mi dimostra che gioia e dolore sono una sola cosa; Egli riempie d'amore ogni espressione.
Kabir dice: "In verità non teme chi ha un tale Guru, che lo guida all'asilo di salvezza".

II. 45. "Hari ne apna ap chipaya"

Il mio Signore Si nasconde; il mio Signore Si rivela meravigliosamente; Il mio Signore mi ha circondato di avversità; il mio Signore mi ha abbattuto ogni barriera innanzi a me.
Il mio Signore mi porta parole di dolore e parole di gioia: ed Egli Stesso risana il loro contrasto.
Al mio Signore voglio offrire il corpo e la mente. Rinuncerò alla vita, ma non dimenticherò mai il mio Signore!

II. 81. "satgur soi daya kar dinha"

E' la misericordia del mio verace Guru che mi ha fatto conoscere l'ignoto.
Ho appreso da Lui a camminare senza piedi, a vedere senza occhi, a udire senza orecchi, a bere senza bocca, a volare senza ali.
Ho portato il mio amore e la mia meditazione in quella terra dove non sono, né sole, né luna, né giorno, né notte.
Senza mangiare ho gustato la dolcezza del nettare, e senza acqua ho spenta la mia sete.
Dove è corrispondenza di delizia, la gioia è perfetta.
Innanzi a chi può essere espressa quella gioia?
Kabir dice: "Il Guru è grande oltre ogni parola; e grande è la buona fortuna del discepolo".

The Songs of Kabir, tr. by Rabindranath Tagore, introduction by Evelyn Underhill, [1915]


Kabir crede nella vita, non in dio. La vita è il divino. E lasciate che vi dica: la vita con la “v” minuscola... la vita di tutti i giorni: dormire, svegliarsi, mangiare, camminare, amare. Questa vita ordinaria è il divino. Se non riesci a trovarlo in questa vita ordinaria, non lo troverai mai da nessuna parte.

mercoledì 26 marzo 2014

Tao che guarda dentro la culla


"Sono nato a Innsbruck
le montagne guardavano dentro la mia culla."

Dal 2 al 4 Luglio 1953 Hermann Buhl compì un'impresa leggendaria nella storia dell'alpinismo mondiale effettuando la prima ascesa assoluta - senza ossigeno e in solitaria a partire dall'ultimo campo (unico caso fra le prime assolute di un ottomila) - del Nanga Parbat lungo la via Diamir, raggiungendo la vetta il 3 Luglio. Nel corso di 40 ore Buhl percorse da solo una via non solo di grande dislivello ma anche di notevole sviluppo di lunghezza; colto dall'oscurità all'inizio della discesa, in parete e senza la possibilità di cercare un luogo più idoneo per bivaccare, dovette trascorrere la notte in piedi appoggiato alla parete e privo di sacco da bivacco, ad una quota di circa 8000 metri, riportandpo gravi congelamenti ai piedi, in seguito ai quali gli furono amputate due dita del piede destro. Durante la parte terminale della salita fece uso del Pervitin, una metanfetamina, che aveva portato con sé in caso di emergenza.


"L'alpinista è un inquieto inguaribile:
si continua a salire e non si raggiunge mai la meta.
Forse è anche questo che affascina:
si è alla ricerca di qualcosa che non si trova mai."


la tomba di Hermann Buhl
Innsbruck, 21 settembre 1924 – Chogolisa, Pakistan, 7865 m., 27 giugno 1957

giovedì 27 febbraio 2014

Tao bird


Lincoln Cemetery, Kansas City, Jackson County, Missouri, USA

venerdì 7 febbraio 2014

Umgreifende Tao

"Noi non viviamo immediatamente nell'essere, perciò la verità non è un nostro possesso definitivo; noi viviamo nell'essere temporale, perciò la verità è la nostra via".

I limiti delle scienze e l’impulso alla comunicazione sono due cose che ci additano il cammino verso la verità, la quale è qualcosa di ben più che un semplice possesso da parte dell’intelletto.
L’esattezza rigorosa delle scienze non è tutta la verità. Tale esattezza, nella sua validità universale, non ci vincola in tutto e per tutto quali uomini reali, ma solo quali esseri forniti d’intelletto. Si tratta solamente di un vincolo rispetto alle cose che vengono conosciute, di un vincolo particolare ma non pieno e totale. È vero che nella comunità dell’indagine scientifica, in grazia delle idee che in essa si realizzano e degli altri impulsi dell’esistenza che in essa si manifestano, possono darsi degli uomini che siano dei veri amici. Ma l’esattezza della conoscenza scientifica come tale vincola tutte le nature intellettive nella loro somiglianza, in quanto punti rappresentabili, e non vincola sostanzialmente gli uomini stessi.

Per l’intelletto che ha come mèta e come punto di vista l’esattezza il resto vale solo come sentimento, come soggettività, come istinto. Con questa bipartizione, accanto al mondo luminoso dell’intelletto, rimane solamente l’irrazionale, nel quale viene a sboccare tutto ciò che, secondo le circostanze, viene disprezzato o portato alle stelle. Intanto bisogna riconoscere che l’esattezza pura e semplice non ci appaga. E il movimento, che, nel pensare, va alla ricerca dell’autentica verità, nasce appunto da questo inappagamento. [...] La verità è qualche cosa di infinitamente più dell’esattezza scientifica.

Tutto considerato, anche la comunicazione ci fa avvertire e sentire che la verità è qualche cosa di infinitamente di più. La comunicazione è la via verso la verità in tutti i suoi aspetti. Lo stesso intelletto diventa chiaro a se stesso soltanto nella discussione. La maniera come l’uomo, in quanto esserci, in quanto spirito, in quanto esistenza, sta o può stare in comunicazione, è quella che rende possibile la rivelazione di ogni altra verità. La verità con la quale veniamo a contatto ai limiti delle scienze è quella stessa verità con la quale veniamo a contatto in questo movimento della comunicazione. La questione è d’intender bene quale verità essa sia.

La fonte di questa verità, per distinguerla da ciò che si presta a essere formulato e oggettivato, da ciò che è particolare, e determinato, nelle forme nelle quali l’essere può starci dinanzi, noi la chiamiamo il Tutto-avvolgente (Umgreifende). Questo concetto non è affatto familiare e tanto meno di per se stesso evidente. Il Tutto-avvolgente possiamo cercare di rischiararlo filosofando, ma non possiamo conoscerlo oggettivamente.
Qui ci attende il bivio fatale, dove noi raggiungiamo o il vero filosofare o torniamo da capo indietro, mentre, giungendo al nostro limite, dovremmo osare il salto verso il pensiero trascendente.

Se ci basiamo su tutto ciò che è sentimento, istinto, impulso, cuore e stato d’animo, come se soltanto questo fosse fonte di verità, non facciamo che nominare quel che rimane nel buio, quel che vorrebbe dar motivo alla nostra vita, con parole che inducono ad un’analisi psicologica, e ci fanno cascare in una psicologia che si presume comprensiva, mentre quel che importa è di raggiungere lo spazio luminoso del filosofare autentico e genuino.
I metodi del trascendere sorreggono la filosofia tutta intera. È impossibile anticipare in breve ciò che con essi possiamo raggiungere. Possiamo forse accostarci, con poche parole, se non alla piena comprensibilità, almeno all’atmosfera di cui si tratta.

Tutto ciò che diventa oggetto per me emerge, per così dire, dal fondo oscuro dell’Essere. Ogni oggetto è un essere determinato, che mi sta di fronte nella scissione di soggetto e oggetto; ma non è mai tutto l’Essere. Nessun essere conosciuto in questa maniera, cioè oggettivamente, è l’Essere.

Ma l’insieme delle cose conosciute come oggetti non rappresenta tutto l’Essere?
No. Come in un paesaggio dall’orizzonte sono racchiuse le cose, così tutti gli oggetti sono racchiusi dall’orizzonte in cui essi si trovano. Nel mondo dello spazio ci accade che, per quanto ci accostiamo all’orizzonte, non riusciamo mai a raggiungerlo, e esso piuttosto si muove con noi e sempre nuovamente si riforma, come quello che, volta per volta, tutto racchiude in sé.

Allo stesso modo, nel processo dell’indagine oggettiva, noi ci accostiamo, volta per volta, ad apparenti totalità, le quali però non ci si dimostrano mai come l’Essere pieno e autentico, ma devono, invece, essere oltrepassate in estensioni sempre nuove. Solo se tutti gli orizzonti si trovassero insieme, in un tutto compatto, dato che in tal caso essi ci rappresenterebbero una pluralità finita, noi potremmo, in uno sforzo di penetrazione a traverso tutti gli orizzonti, raggiungere l’Essere unico che vi è rinchiuso. Ma l’Essere non ci può esser dato rinchiuso, e gli orizzonti sono per noi illimitati. L’Essere ci trascina in tutti i sensi verso l’infinito.
Noi vogliamo renderci conto dell’Essere che, mentre ci si rivela venendoci incontro in ogni oggetto e in ogni orizzonte, pure, come tale, sempre indietreggia e si allontana. Questo Essere noi lo chiamiamo: il Tutto che ci avvolge. Il Tutto-avvolgente è dunque ciò che sempre e continuamente si annunzia a noi, e ci si annunzia non in quanto ci venga innanzi esso stesso, ma in quanto è la scaturigine di ogni altra cosa.

Con questo pensiero filosofico fondamentale noi vogliamo pensare al di là di quell’essere determinato dirigendoci verso il Tutto-avvolgente, nel quale siamo e che noi stessi siamo. È questo un pensiero che, per così dire, capovolge la nostra situazione perché ci libera dal vincolo di ogni essere determinato. Ma questo pensiero del Tutto-avvolgente è solo la prima pietra. In breve si direbbe che è ancora soltanto un pensiero puramente formale. Nello sforzo di un ulteriore avvicinamento, ci si mostrano subito i modi del Tutto-avvolgente insieme col compito del loro rischiaramento. L’Essere del Tutto-avvolgente, in se stesso, è Mondo e Trascendenza. L’Essere del Tutto-avvolgente che noi siamo è Esserci, Coscienza in generale, Spirito, Esistenza. Solo a traverso i modi del Tutto-avvolgente noi diventiamo interamente consapevoli della verità in tutte le sue possibilità, nel suo orizzonte possibile, nella sua ampiezza e nella sua profondità.
Il rischiaramento del Tutto-avvolgente riceve la sua spinta dalla nostra Ragione e dalla nostra Esistenza.

I movimenti nei quali noi ci apriamo sconfinatamente, coi quali vorremmo dare la parola a tutto ciò che è, attraverso i quali quasi attiriamo a noi ciò che ci è più lontano ed estraneo, in seno ai quali cerchiamo un rapporto con tutte le cose, e grazie ai quali non rompiamo la comunicazione con niente, questi movimenti noi li denominiamo ragione. Questa parola, che va radicalmente distinta da intelletto, esprime la condizione della verità, così come essa può venire in luce nei modi del Tutto-avvolgente. La logica filosofica riguarda la ragione in quanto si rende conto di se stessa.

Nel suo valore più largo e più comprensivo, entro il quale il valore delle scienze, vale a dire dell’intelletto, è soltanto un elemento, la verità trova, in ultimo, il suo fondamento nell’esistenza che noi possiamo essere. Tutto dipende dal lasciarci guidare nella vita da una incondizionatezza, da un possesso e un dominio pieno e assoluto di noi, il quale nasce soltanto dalla risoluzione. Mediante la risoluzione l’esistenza diventa reale, la vita viene foggiata e trasformata in quell’agire interiore che, rischiarandoci, ci sorregge nel volo. Quando l’amore ha come fondamento una risoluzione, non è più l’infida passione che s’agita senza mèta, ma la completa realizzazione di noi, nella quale ci si manifesta il vero Essere.

Quello che deve esser fatto nella vita del pensiero è reso possibile da un filosofare che, rimembrando e presagendo, faccia manifesta la verità. Questo filosofare ha il suo vero significato solamente se al pensiero corrisponde una realtà di chi pensa, la quale venga a integrarlo. Questa realtà non è la conseguenza o l’applicazione di una dottrina, ma è la prassi dell’essere umano, che si protende in avanti nell’eco del pensiero. È un impeto di movimento che ha luogo, per dir così, con due ali, che sono il pensiero e la realtà. L’uno e l’altra debbono spiegarsi, se si vuole che il volo riesca. Il pensiero puro e semplice rimarrebbe un vuoto agitarsi di possibilità; la realtà pura e semplice rimarrebbe una cupa incoscienza, dato che senza spiegamento non potrebbe intendere se stessa.

Questo modo di filosofare ebbe per me la sua prima origine nel campo della psicologia, che doveva subire una trasformazione e diventare poi rischiaramento dell’esistenza. Questo rischiaramento dell’esistenza mi riportò di nuovo all’orientamento nel mondo e alla metafisica. Il significato di questo pensare e di questo filosofare si risolve, in ultimo, in una logica filosofica, che non tien conto soltanto dell’intelletto e delle sue forme (giudizio e ragionamento), ma indica il fondo ultimo della verità, quale si mostra, in tutta la sua portata, nel Tutto-avvolgente.
L’Essere non è la somma degli oggetti. Bisogna dire piuttosto che gli oggetti nella scissione di soggetto e oggetto, vengono incontro al nostro intelletto dal Tutto-avvolgente dell’Essere stesso, che, mentre sfugge alla nostra comprensione oggettiva, è quello da cui tutte le nostre conoscenze oggettive e determinate ricevono senso e limiti, e da cui si effonde la melodia del Tutto, nel quale soltanto esse acquistano valore.
trad. di R. De Rosa
Friedhof am Hörnli Basel, Basel-Stadt, Switzerland
Yad Vashem Photo Archive

mercoledì 22 gennaio 2014

in Memoriam Tao: Claudio Abbado


Claudio Abbado in Memoriam (26.06.1933 - 20.01.2014)
Gustav Mahler, "Adagietto", Symphony No 5
Lucerne Festival Orchestra 2004


Val Fex, Sils Maria, Switzerland

mercoledì 13 novembre 2013

il Tao dell'intima relazione

La leggenda narra che il re Huang Ti (l'Imperatore Giallo, 2697 a.C.) ebbe questi insegnamenti, raccolti nella brevissima opera Yinfujing (Il Libro dell'Intima Relazione), da Kuang-Ch'eng-Tse, mitico anacoreta, il quale sarebbe un'incarnazione di colui che dopo una ventina di secoli rinacque con il nome di Lao-Tse.

I

1. Osserva bene il Principio (Tao) che regge la Natura, guarda il modo con cui essa opera e seguilo: ciò è tutto.
2. I cinque elementi operano in natura producendo e distruggendo. Essi operano nella mente, estrinsecandovi la natura stessa. Così il mondo sta in nostra mano; e le miriadi di forme, che vi si manifestano, emanano da noi stessi.
3. L'uomo è un complesso di qualità naturali, delle quali l'impulso è la mente; e se egli s'affida del tutto al supremo principio (Tao) della Natura, vivrà sicuro di se stesso.
4. Se nel cielo cessa l'impulso, sono rimossi i pianeti, e le costellazioni mutate; se cessa l'impulso in Terra, il suolo si popola di mostri, di draghi, di serpenti; e se cessa tra gli uomini, è sconvolto il mondo; se poi il cielo e gli uomini insieme insorgono, l'evoluzione universale ricomincerà su nuovi fondamenti più sicuri.
5. Gli uomini per natura sono o ingegnosi o di corto intendimento, ma tutti sono ugualmente simulatori.
6. La corruzione umana deriva dal mal uso dei sentimenti e specialmente da tre di essi (i sentimenti prodotti dalla vista, quelli prodotti dalla gola e quelli prodotti dagli organi genitali); ma è in facoltà degli uomini eccitarli o calmarli. Il fuoco è prodotto dal legno, ma se è occasione di disastro v'è modo di domarlo. Lo Stato produce anche gente malvagia, ma se quella riesce a suscitare disordini, v'è pur modo di tenerla a dovere o punirla.

II

1. La Natura produce e distrugge: è legge eterna e necessaria del Principio (Tao) che la regge. Il cielo e la terra sono ladri di tutto ciò che esiste. Tutto ciò che esiste deruba gli uomini; e gli uomini rubano da ogni cosa nel mondo. Quando questi tre ladri (il mondo, le cose, l'uomo) trovano ciascuno il loro contentamento, dappertutto è pace. Perciò si dice che nutrire il corpo a tempo opportuno, dà vigoria a tutte le membra; e se vengono suscitati a tempo opportuno gli impulsi (della Natura), la vita universale procederà imperturbata.
2. Gli uomini conoscono la spiritualità degli Spiriti (del loro culto), ma ignorano la spiritualità di ciò che essi non giudicano spirituale.
Del sole e della luna si calcola il corso, del grande e del piccolo se ne precisa la misura, e tutto questo per il merito degli antichi sapienti, che in tal modo emanarono luce spirituale.
3. Il predare è l'impulso. Il mondo non se ne accorge; ma l'uomo superiore lo sa e ne fa la sua forza, mentre l'uomo volgare se ne tenta gli effetti attenua il suo destino.

III

1. Il cieco affina l'udito, il sordo procura affinare la vista. Entrambi attingono le accresciute facoltà ad un'unica fonte. Chi dirige qualche decina d'uomini, per un ripetuto esercizio quotidiano riuscirà a comandare a più centinaia.
2. L'attività della mente nasce dalle cose esterne, e finisce con esse: il suo impulso è la vita.
La Natura non ha per fine precipuo il beneficio, ma è tuttavia grandemente benefica. Anche i fulmini e gli uragani non sono inutili.
3. Il massimo gioire è indizio di esuberanza; perfetta calma, di moderazione.
La Natura appare sovente parziale, ma negli effetti è sovranamente giusta.
4. La legge che regola la vita degli animali sta tutta nell'Essenza vitale (Ki).
La vita è origine della morte; e questa, della vita.
La compassione e il beneficio nascono dal danno altrui; e il danno, talvolta dal beneficio.
Gli uomini per diventare saggi prendono a studiare il mondo intero; io mi riconosco intelligente anche solo osservando le cose del mio tempo.

© Vincenzo di Ieso

lunedì 4 novembre 2013

Tao matrix

Caustiche di luce dopo due superfici d'acqua.
© Eric J. Heller, Resonance Fine Art
Meine Herren, als Physiker, der sein ganzes Leben der nüchternen Wissenschaft, der Erforschung der Materie widmete, bin ich sicher von dem Verdacht frei, für einen Schwarmgeist gehalten zu werden. Und so sage ich nach meinen Erforschungen des Atoms dieses: Es gibt keine Materie an sich. Alle Materie entsteht und besteht nur durch eine Kraft, welche die Atomteilchen in Schwingung bringt und sie zum winzigsten Sonnensystem des Alls zusammenhält. Da es im ganzen Weltall aber weder eine intelligente Kraft noch eine ewige Kraft gibt - es ist der Menschheit nicht gelungen, das heiß ersehnte Perpetuum mobile zu erfinden - so müssen wir hinter dieser Kraft einen bewußten intelligenten Geist annehmen. Dieser Geist ist der Urgrund aller Materie.
Avendo dedicato tutta la mia vita alla scienza più lucida, lo studio della materia, posso affermare questo sui risultati della mia ricerca sull’atomo: la materia in quanto tale non esiste. Tutta la materia trae origine ed esiste solo in virtù di una forza che fa vibrare le particelle atomiche e tiene insieme quel minuscolo sistema solare che è l’atomo [….]. Dobbiamo presumere che dietro questa forza esiste una Mente cosciente e intelligente. Questa Mente è la matrice di tutta la materia.

Gentlemen, As a man who has devoted his whole life to the most clear headed science, to the study of matter, I can tell you as a result of my research about atoms this much: There is no matter as such. All matter originates and exists only by virtue of a force which brings the particle of an atom to vibration and holds this most minute solar system of the atom together. Considering that in the entire universe there is no intelligent force, nor an eternal force, - Mankind has been able to invent the much longed for Perpetuum Mobile - we have to assume a conscious and intelligent spirit behind this force. This spirit is the cause of all matter.

Max Planck, “Das Wesen der Materie”, Firenze, 1944
Archiv zur Geschichte der Max-Planck-Gesellshaft, Abt. Va, Rep. II Planck, N. 1797.
Caustic Sunset
Resonance Fine Art
Stadtfriedhof Göttingen, Gottingen,Göttinger Landkreis, Lower Saxony (Niedersachsen), Germany
https://www.archiv-berlin.mpg.de/