venerdì 24 maggio 2013

ritorno al Tao nuovo


Con il saggio del 1958, che fa seguito al romanzo del 1932, Huxley dimostra come i temi base sociali-economico-politici della distruzione dell'ecosistema globale erano ampiamente riconoscibili già nel Novecento, anche se visti nella prospettiva storica del tempo.

RITORNO AL MONDO NUOVO.
Traduzione di Luciano Bianciardi.

Titolo originale dell'opera: "Brave New World Revisited".
Copyright 1961 Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., Milano.

SOVRAPPOPOLAZIONE.
Nel 1931, quando scrivevo "Il mondo nuovo", ero convinto che ci fosse ancora tempo, e parecchio.
La società totalmente organizzata, il sistema scientifico delle caste, l'abolizione del libero arbitrio mediante il condizionamento metodico, la soggezione resa accettabile grazie alla felicità indotta chimicamente, a dosi regolari, l'ortodossia martellata in capo alla gente coi corsi notturni di insegnamento ipnopedico: tutte cose a venire, certo, ma non nei tempi miei, e nemmeno nei tempi dei miei nipotini.
Non ricordo con esattezza in che anno erano collocati i fatti del "Mondo nuovo"; nel sesto o settimo secolo d. F. (dopo Ford) all'incirca.
Noi, vivi nel secondo quarto del ventesimo secolo d.C. abitavamo, certo, in un mondo piuttosto raccapricciante; ma l'incubo di quegli anni di depressione era radicalmente diverso dall'incubo del futuro descritto nel "Mondo nuovo".
Il nostro era l'incubo del disordine; il loro, l'incubo dell'ordine eccessivo. Nella transizione dall'uno all'altro estremo doveva esserci - immaginavo io - un lungo intervallo, durante il quale un terzo, il più fortunato, del genere umano, avrebbe preso il meglio dal primo e dal secondo mondo, quello disordinato del liberalismo e quello ordinatissimo della mia favola, nel quale l'efficienza perfetta non lasciava spazio alla libertà e all'iniziativa personale.
Ventisette anni più tardi, nel nostro terzo quarto del ventesimo secolo, molto prima della fine del primo secolo d. F., io son molto meno ottimista di quel che non fossi quando scrivevo "Il mondo nuovo".
Le mie profezie del 1931 si avverano assai più presto di quel che pensassi.
Quel felice intervallo fra il disordine e l'incubo dell'ordine eccessivo non è cominciato, e nulla mostra che stia per cominciare.
Certo, in Occidente gli uomini e le donne, singolarmente, godono d'una vasta dose di libertà.
Ma anche nei paesi a tradizione di governo democratica, la libertà, e persino il desiderio di essa, paiono in declino.
Nel resto del mondo la libertà individuale è già scomparsa, o sta per scomparire, palesemente.
L'incubo dell'organizzazione totale, che io ponevo nel settimo secolo dopo Ford, è sortito dal futuro, lontano e tranquillante, e ora ci attende, lì all'angolo.
"1984", di George Orwell era un'ottima proiezione nel futuro di un presente che conteneva lo stalinismo, e di un passato prossimo che aveva visto il fiorire del nazismo. "Il nuovo mondo" fu scritto prima che Hitler salisse al potere in Germania, e quando il tiranno russo non si era ancora avviato sulla sua strada.
Nel 1931 il terrorismo sistematico non era ancora un fatto attuale e ossessivo, come fu poi nel 1948, e la dittatura del mio mondo immaginario era meno brutale di quella che con tanta maestria rappresentava Orwell.
Letto nel 1948, "1984" sonava tremendamente plausibile.
Ma, dopo tutto, i tiranni sono mortali, e le circostanze mutano.
Certi avvenimenti attuali, in Russia, gli ultimi progressi della scienza e della tecnologia, hanno tolto di peso dal libro di Orwell qualche tetra verosimiglianza.
La guerra nucleare, ovviamente, annullerebbe le profezie di chiunque.
Ma, ammesso che per il momento le Grandi Potenze evitino di distruggerci, dobbiamo ritenere più probabile qualcosa che somigli al "Mondo nuovo" e non qualcosa che somigli a "1984".
Alla luce delle ultime scoperte sulla condotta animale in genere, e umana in particolare, è chiaro che, a lunga scadenza, il controllo è meno efficace se ricorre al castigo della condotta indesiderata, anziché indurre la condotta desiderata mediante premi; è chiaro che un governo del terrore funziona nel complesso meno bene del governo che, con mezzi non-violenti, manipola l'ambiente e i pensieri e i sentimenti dei singoli, uomini donne e bambini.
Il castigo pone un temporaneo arresto alla condotta indesiderata, ma non contiene permanentemente la tendenza della vittima a tale condotta.
Non solo: i sottoprodotti psicofisici del castigo possono rivelarsi indesiderabili quanto il comportamento indesiderato per cui l'individuo ha avuto il castigo.
Infatti la psicoterapia affronta proprio le conseguenze debilitanti o antisociali dei castighi, nel passato dell'individuo. La società descritta in "1984" è una società controllata quasi esclusivamente dal castigo e dal timore di esso.
Nel mondo immaginario della mia favola il castigo è raro e di solito mite.
Il governo realizza il suo controllo, quasi perfetto, inducendo sistematicamente la condotta desiderata, e per far questo ricorre a varie forme di manipolazione pressoché non-violenta, fisica e psicologica, e alla standardizzazione genetica.
Forse non è impossibile la gestazione "in vitro", come non è impossibile il controllo centralizzato della riproduzione; ma è chiaro che per molti anni a venire la nostra rimarrà una specie vivipara che si riproduce a casaccio.
Può darsi che per motivi pratici si escluda la standardizzazione genetica. Il controllo sulle società continuerà a esercitarsi dopo che l'uomo è venuto al mondo; mediante il castigo, come accadeva in passato, e in misura sempre maggiore mediante metodi più efficienti di premio e di manipolazione scientifica.
In Russia la dittatura di Stalin, modello "1984", e quindi superata, ha ceduto il posto a una forma di tirannia più aggiornata.
Almeno ai livelli più alti della società gerarchica sovietica, l'induzione della condotta desiderata comincia a sostituirsi ai vecchi metodi di controllo mediante castigo della condotta indesiderata.
Tecnici, scienziati, insegnanti, funzionari di Stato sono ben retribuiti, se lavorano bene, e sono tassati moderatamente: questo è un continuo incentivo a far meglio, per cavarne premi sempre maggiori.
In certi settori son liberi di pensare, e di fare più o meno quello che vogliono. Il castigo li attende solo quando oltrepassano i limiti prescritti, per invadere il campo dell'ideologia e della politica.
Proprio perché hanno avuto una certa misura di libertà professionale, scienziati e tecnici hanno conseguito successi così ragguardevoli.
A quelli che stanno alla base della piramide sovietica non toccano i privilegi concessi alla minoranza di chi ha avuto o fortuna o particolari doti di natura. Hanno magri salari e, sotto forma di prezzi alti, pagano una porzione di tasse sproporzionatamente alta.
Estremamente ristretto è il settore in cui possono fare quel che vogliono, e i governanti li controllano ricorrendo più al castigo e alla minaccia di esso, che non alla manipolazione non-violenta o all'induzione del comportamento desiderato mediante premi.
Nel sistema sovietico, a elementi modello "1984" si affiancano elementi che presagiscono quanto succederà, per le caste più alte, nel "Mondo nuovo".
Frattanto forze impersonali, da noi incontrollabili, paiono spingerci tutti quanti nella direzione dell'incubo del "Mondo nuovo": una spinta impersonale che i rappresentanti delle organizzazioni politiche e commerciali consapevolmente accelerano.
Esse hanno perfezionato nuove tecniche per manipolare, nell'interesse d'una minoranza, i pensieri e i sentimenti delle masse.
Nei capitoli che seguono discuteremo di queste tecniche.
Per adesso esaminiamo più da vicino queste forze impersonali, le quali trasformano il mondo in un luogo assai malsicuro per la democrazia, disadatto alla libertà individuale.
Cosa sono queste forze? E perché l'incubo, che io presagivo per il settimo secolo d. F., ci viene oggi incontro così veloce? Per rispondere a queste domande bisogna cominciare da dove comincia la vita d'ogni società, anche la più civile: al livello della biologia.
Quando nacque Cristo la popolazione del nostro pianeta era di duecentocinquanta milioni - meno della metà della popolazione della Cina odierna.
Sedici secoli dopo, quando i Padri Pellegrini sbarcarono a Plymouth, le creature umane superavano di poco i cinquecento milioni.
Il giorno della firma della Dichiarazione d'Indipendenza, la popolazione mondiale superava il livello dei settecento milioni.
Nel 1931, quando io scrissi "Il mondo nuovo", sfiorava i due miliardi.
Oggi - sono trascorsi appena ventisette anni - siamo due miliardi e ottocento milioni.
E domani? Penicillina, D.D.T., acqua pulita, sono merci a buon mercato, e hanno sulla salute del prossimo effetti incommensurabili col loro costo. Anche il governo più povero è ricco quanto basta per fornire ai suoi soggetti il controllo delle morti.
Altro discorso per il controllo delle nascite.
Pochi tecnici al soldo di un governo paternalista bastano a fornire a tutto il popolo il controllo delle morti. Ma per il controllo delle nascite occorre la cooperazione di un popolo intero. Deve essere praticato da innumerevoli individui, e richiede un'intelligenza e una volontà che quasi mai ritroviamo nel formicaio di analfabeti che popolano il mondo; richiede (là dove si usano metodi antifecondativi di tipo chimico e meccanico) una spesa che pochi di quei milioni e milioni di individui possono permettersi.
Non solo: mentre non esistono tradizioni religiose contrarie al controllo delle morti, assai diffuse sono le tradizioni religiose e sociali che si oppongono al controllo della riproduzione.
Per tutti questi motivi si realizza facilmente il controllo delle morti; con molta difficoltà quello delle nascite.
Perciò il tasso di mortalità in questi ultimi anni è caduto improvvisamente, mentre il tasso di natalità, se non è rimasto al vecchio livello - assai alto – è sceso di pochissimo e assai lentamente. Di conseguenza la storia delle specie non ha mai visto un così rapido accrescimento del numero degli umani.
E cresce inoltre lo stesso incremento annuo; cresce regolarmente, secondo la legge dell'interesse composto: cresce irregolarmente ogni volta che una nostra società tecnicamente arretrata applica i principi della Sanità Pubblica.
Oggi l'incremento annuo della popolazione umana si aggira sui quarantatré milioni.
Ciò significa che ogni quattro anni al genere umano si aggiunge una popolazione pari a quella odierna degli Stati Uniti; ogni otto anni e mezzo una popolazione pari a quella dell'India.
Col tasso di incremento vigente fra la nascita di Cristo e la morte della regina Elisabetta. Prima, occorsero milleseicento anni perché la popolazione del globo raddoppiasse. Col ritmo attuale raddoppierà in meno di mezzo secolo.
E questo continuo, rapido, incredibile raddoppio avverrà in un pianeta le cui zone più felici e produttive sono già densamente popolate; in cui la sconsiderata fatica di pessimi coltivatori, in cerca di altro cibo, ha stremato la terra; in cui le ricchezze minerali, lì a portata di mano, si sprecano con la smaniosa stravaganza del marinaio ubriaco, quando butta via la paga accumulata in navigazione.
Nel mondo nuovo della mia favola, era ben risolto il problema del rapporto fra popolazione umana e risorse naturali.
S'era calcolato il numero ideale per la popolazione del mondo (poco meno di due miliardi, se ben ricordo) e si provvedeva a contenerla entro quel limite, una generazione dopo l'altra.
Ma nel mondo vero contemporaneo non si è risolto il problema della popolazione; al contrario, d'anno in anno il problema si fa più grave.
Su questa cupa scena biologica si svolgono tutti i drammi politici, economici e psicologici del nostro tempo.
Va avanti il ventesimo secolo, nuovi miliardi di uomini si aggiungono a quelli che già ci sono (al cinquantesimo compleanno della mia nipotina, sulla terra ci saranno cinque miliardi e mezzo di individui), e intanto si fa avanti, sempre più pressante, sempre più minaccioso, questo fondale biologico, a occupare il palcoscenico della storia.
Il problema del rapporto fra rapido accrescimento della popolazione e risorse naturali, stabilità sociale e benessere dei singoli, è oggi il maggior problema per l'umanità; resterà tale per un altro secolo, forse per alcuni secoli a venire.
Si dice che il 4 ottobre 1957 è cominciata un'era nuova.
Ma in realtà, se pensiamo a quanto si è ora detto, tutti i nostri discorsi di esultanza, dopo lo Sputnik, suonano fatui, forse assurdi. Per ciò che riguarda le masse della umanità, quella a venire non sarà l'Era Spaziale; sarà l'Era della Sovrappopolazione.
Potremmo dire, parodiando una vecchia canzone:

"Lo spazio di cui tanto sei ricco Basterà ad accendere il fuoco O penserà lo gnomo dello spazio A girare lo spiedo?"

Evidentemente la risposta è no.
Una colonia lunare può essere di qualche vantaggio militare alla nazione che la installa, ma in nessun modo contribuirà a rendere meno insopportabile l'esistenza, nel mezzo secolo che occorrerà a raddoppiare la nostra popolazione d'oggi, ai miliardi di creature che sulla terra proliferano e patiscono la fame.
E anche se nel futuro sarà possibile l'emigrazione su Marte, anche se la disperazione inducesse un numero ragguardevole di uomini e di donne a scegliere un'esistenza in condizioni paragonabili solo a quelle che esisterebbero su un'ipotetica montagna alta il doppio dell'Everest, anche in questo caso, cosa cambierebbe? Nel corso degli ultimi quattro secoli un numero ragguardevole di individui lasciarono il Vecchio per il Nuovo Mondo.
Ma a risolvere i problemi del Vecchio Mondo non bastò né quella dipartita, né il conseguente riflusso di materie prime e di alimentari.
Allo stesso modo, non si risolverebbe il problema della crescente pressione demografica sul nostro pianeta imbarcando per Marte una limitata eccedenza di uomini (al costo, per trasporto e impianto, di diversi milioni di dollari a testa).
Non risolto, quel problema impedirà la soluzione di tutti gli altri.
Peggio ancora, determinerà condizioni tali per cui la libertà individuale e il rispetto fra gli uomini, e la vita in democrazia saranno impossibili, quasi impensabili.
Non tutte le democrazie nascono allo stesso modo.
Molte son le strade che portano al mondo nuovo; ma forse la più diretta, la più larga, è quella che noi stiamo percorrendo adesso, la strada della popolazione che cresce a ritmo accelerato.
Vediamo in breve i motivi di questo stretto rapporto fra i vari elementi: troppi individui, che si moltiplicano troppo rapidamente, formulazione di filosofie autoritarie, nascita di sistemi di governo totalitari.
Quanto più cresce la popolazione e preme sulle risorse disponibili, tanto più si fa precaria la situazione economica d'una società che subisca tale prova. Ciò vale soprattutto per quelle zone sottosviluppate dove a un improvviso crollo del tasso di mortalità (grazie al D.D.T., alla penicillina, e all'acqua pulita) non si è accompagnato un crollo corrispondente del tasso di natalità.
In certe zone dell'Asia, in quasi tutta l'America centrale e meridionale, l'incremento della popolazione è così rapido che in poco più di vent'anni si sarà raddoppiata.
Se la produzione di alimenti e di manufatti, di case, scuole e maestri, crescesse a un ritmo superiore a quello della popolazione, noi potremmo migliorar la sorte di chi vive in tali zone sottosviluppate e sovrappopolate.
Purtroppo quei paesi non hanno né le macchine agricole, né gli impianti industriali per produrle, né i capitali occorrenti per far sorgere questi impianti.
Per capitale si intende ciò che resta dopo che siano soddisfatti i bisogni primari d'una popolazione.
Ma quasi mai si riesce a soddisfare in pieno i bisogni primari della popolazione in un paese sottosviluppato.
Così a fine d'anno non avanza quasi nulla, e non ci sono capitali disponibili per creare gli impianti agricoli e industriali che consentirebbero di soddisfare i bisogni della popolazione.
Non solo: in queste zone sottosviluppate manca la mano d'opera specializzata, senza la quale non funzionano impianti agricoli e industriali moderni.
I mezzi disponibili per l'istruzione non bastano; le risorse finanziarie e culturali per portarli all'altezza della situazione sono inadeguate.
Intanto la popolazione di alcuni fra questi paesi sottosviluppati cresce al ritmo del 3 per cento ogni anno.
Su questa tragica situazione è uscito nel 1957 un libro notevole, "The Next Hundred Years", dei professori Harrison Brown, James Bonner e John Weir, dell'Istituto di Tecnologia della California.
Come può l'umanità far fronte al problema del rapido incremento demografico? Non molto bene. 'I fatti dimostrano che in quasi tutti i paesi sottosviluppati la sorte dell'individuo medio è considerevolmente peggiorata nell'ultimo mezzo secolo.
La gente si nutre peggio.
E' diminuita la quantità dei beni disponibili "pro capite".
E in pratica ogni tentativo di migliorare la situazione è andato a vuoto, per la pressione continua dell'incremento demografico.' Ogni qual volta si fa precaria la vita economica d'una nazione, il governo centrale è costretto ad assumersi nuove responsabilità, per il benessere generale.
Deve elaborare nuovi programmi per far fronte alla situazione critica; deve imporre nuove restrizioni alle attività dei soggetti; e se, come è probabile, dal peggioramento delle condizioni economiche consegue agitazione politica, o ribellione aperta, il governo centrale deve intervenire, a tutela dell'ordine pubblico e della propria autorità.
In tal modo una quantità sempre maggiore di potere si concentra nelle mani dei dirigenti e dell'apparato statale.
Ma tale è la natura del potere che anche coloro i quali, pur non cercandolo, vi sono stati costretti, tendono ad acquisirne il gusto, a desiderarne di più. 'Non c'indurre in tentazione' dice la nostra preghiera, e a buon motivo, perché quando la tentazione stuzzica troppo e troppo a lungo, le creature umane in genere cedono.
La costituzione democratica è un mezzo per impedire che singoli governanti cedano alle tentazioni, oltremodo pericolose, che nascono quando troppo potere si concentra in troppe poche mani.
Una costituzione siffatta funziona abbastanza bene là dove, come in Gran Bretagna o negli Stati Uniti, c'è tradizionale rispetto per la procedura costituzionale.
Ma dove la repubblica o la monarchia costituzionale sono deboli non servirebbe nemmeno l'ottima fra le costituzioni a impedire che politici ambiziosi cedano, e con gusto, alle tentazioni del potere.
E nei paesi dove l'accrescersi della popolazione più preme sulle risorse disponibili, immancabilmente sorgeranno di queste tentazioni.
L'eccesso di popolazione porta al disagio economico e sociale.
Il disagio a sua volta chiede maggior controllo da parte dei governi centrali, maggior potere nelle loro mani.
Mancando una tradizione costituzionale, è assai probabile che questo maggior potere si eserciti in forme dittatoriali.
Questo succederebbe anche se il comunismo non l'avessero mai inventato.
E invece il comunismo è stato inventato.
Stando così le cose, in pratica diventa certezza la probabilità che l'eccesso della popolazione conduca al disagio e quindi alla dittatura.
Possiamo senz'altro scommettere che, di qui a vent'anni, tutti i paesi sovrappopolati e sottosviluppati cadranno sotto un dominio di tipo totalitario, probabilmente comunista.
In che modo questa tendenza agirà sui paesi europei, sovrappopolati ma industrializzati e ancora democratici? Se le dittature di recente formazione prendessero nei loro riguardi un atteggiamento ostile, se s'interrompesse il normale afflusso di materie prime dai paesi sottosviluppati, le nazioni dell'Occidente si ritroverebbero in cattive acque.
Crollerebbe il loro sistema industriale, e la loro evolutissima tecnologia – che ha consentito di mantenere una popolazione assai maggiore di quanto sarebbe stato possibile con le sole risorse disponibili sul posto - la loro tecnologia non sarebbe più un riparo alle conseguenze d'una concentrazione così elevata in così breve territorio.
Se questo accadesse, se le condizioni sfavorevoli costringessero i governi centrali ad assumersi un potere enorme, questo potere si eserciterebbe, alla fine, secondo lo spirito totalitario della dittatura.
Per adesso gli Stati Uniti non sono un paese sovrappopolato.
Ma se la popolazione continua a crescere col ritmo attuale (maggiore rispetto all'India, ma per fortuna alquanto inferiore rispetto al Messico o al Guatemala), agli inizi del ventiduesimo secolo è assai probabile che cominci ad avvertirsi il problema del rapporto fra popolazione e risorse disponibili.
Per adesso la sovrappopolazione non è una minaccia diretta alla libertà personale degli americani.
Ma è pur sempre una minaccia indiretta.
Se l'eccessiva popolazione spingesse i paesi sottosviluppati verso il totalitarismo, e se le nuove dittature si alleassero con la Russia, allora assai meno stabile diverrebbe la posizione militare degli Stati Uniti, e bisognerebbe intensificare i preparativi alla difesa e alla rappresaglia.
Ma la libertà, come tutti sappiamo, non fiorisce in un paese che sta sempre sul piede di guerra, o che si prepara a combattere.
Una crisi permanente giustifica il controllo su tutto e su tutti, da parte del governo centrale.
E proprio una crisi permanente noi dobbiamo attenderci in questo mondo, dove l'eccesso di popolazione provoca uno stato di cose tali per cui quasi diventa indispensabile la dittatura sotto auspici comunisti.

Compton Village Cemetery, Compton, Surrey, England

giovedì 23 maggio 2013

centri meta-Tao


La successiva metastruttura discussa da Tyler Volk e Jeff Bloom sono i centri, strutture che delineano le caratteristiche di centralità di un sistema:

Background

Centers act to stabilize the whole, provide resistance to change, and provide for organization of the whole. They can act as attractors for autopoietic (self-generating, self-sustaining) systems. In a more general sense, they can imply importance or significance and a sense of centricity. As such, centers can radiate relations to other centers, information, and so forth.
Milann Dobrojevic, Psihodelic Style 2

Examples

  • In science: nucleus, strange attractor, queen ant or bee, fulcrum, dominant male in primate societies, center of gravity, heart within circulatory system, brain within nervous system, etc.
  • In architecture and design: main office, central meeting places, central structural supports (such as elevator shafts in skyscrapers), etc.
  • In art: the central figure or object as subject; the organizing principle or emotional focus of a piece of art, etc.
  • In social sciences: president, governor, major, dictator, leader, teacher, principal, central physical site of specific types of activity, heart as center of individual in many indigenous cultures, organizing principles of societies and other groups, brain as center of individual in most technologically developed cultures, focus of life or activity (e.g., individuals may consider self, family, work, sport, hobby, or spiritual efforts as center), ego or self centric, anthropocentrism, conceptual prototype, conceptual defining characteristics, etc.
  • In other senses: altar in a church, shrine in a temple, a deity or deities, sacred sites (Mecca, Bodhgaya, Jerusalem), shopping center, etc.













Metapatterns

The Pattern Underground

8 € di Tao




il Libro Tao: dentro l'informazione - II


INSIDE INFORMATION

This feeling of being lonely and very temporary visitors in the universe is in flat contradiction to everything known about man (and all other living organisms) in the sciences. We do not "come into" this world; we come out of it, as leaves from a tree. As the ocean "waves," the universe "peoples." Every individual is an expression of the whole realm of nature, a unique action of the total universe. This fact is rarely, if ever, experienced by most individuals. Even those who know it to be true in theory do not sense or feel it, but continue to be aware of themselves as isolated "egos" inside bags of skin.
The first result of this illusion is that our attitude to the world "outside" us is largely hostile. We are forever "conquering" nature, space, mountains, deserts, bacteria, and insects instead of learning to cooperate with them in a harmonious order. In America the great symbols of this conquest are the bulldozer and the rocket—the instrument that batters the hills into flat tracts for little boxes made of ticky-tacky and the great phallic projectile that blasts the sky. (Nonetheless, we have fine architects who know how to fit houses into hills without ruining the landscape, and astronomers who know that the earth is already way out in space, and that our first need for exploring other worlds is sensitive electronic instruments which, like our eyes, will bring the most distant objects into our own brains.)(1) The hostile attitude of conquering nature ignores the basic interdependence of all things and events—that the world beyond the skin is actually an extension of our own bodies—and will end in destroying the very environment from which we emerge and upon which our whole life depends.
The second result of feeling that we are separate minds in an alien, and mostly stupid, universe is that we have no common sense, no way of making sense of the world upon which we are agreed in common. It's just my opinion against yours, and therefore the most aggressive and violent (and thus insensitive) propagandist makes the decisions. A muddle of conflicting opinions united by force of propaganda is the worst possible source of control for a powerful technology.
It might seem, then, that our need is for some genius to invent a new religion, a philosophy of life and a view of the world, that is plausible and generally acceptable for the late twentieth century, and through which every individual can feel that the world as a whole and his own life in particular have meaning. This, as history has shown repeatedly, is not enough. Religions are divisive and quarrelsome. They are a form of one-upmanship because they depend upon separating the "saved" from the "damned," the true believers from the heretics, the in-group from the out-group. Even religious liberals play the game of "we're-moretolerant-than-you." Furthermore, as systems of doctrine, symbolism, and behavior, religions harden into institutions that must command loyalty, be defended and kept "pure," and—because all belief is fervent hope, and thus a cover-up for doubt and uncertainty—religions must make converts. The more people who agree with us, the less nagging insecurity about our position. In the end one is committed to being a Christian or a Buddhist come what may in the form of new knowledge. New and indigestible ideas have to be wangled into the religious tradition, however inconsistent with its original doctrines, so that the believer can still take his stand and assert, "I am first and foremost a follower of Christ/Mohammed/Buddha, or whomever." Irrevocable commitment to any religion is not only intellectual suicide; it is positive unfaith because it closes the mind to any new vision of the world. Faith is, above all, open-ness—an act of trust in the unknown.
An ardent Jehovah's Witness once tried to convince me that if there were a God of love, he would certainly provide mankind with a reliable and infallible textbook for the guidance of conduct. I replied that no considerate God would destroy the human mind by making it so rigid and unadaptable as to depend upon one book, the Bible, for all the answers. For the use of words, and thus of a book, is to point beyond themselves to a world of life and experience that is not mere words or even ideas. Just as money is not real, consumable wealth, books are not life. To idolize scriptures is like eating paper currency.
Therefore The Book that I would like to slip to my children would itself be slippery. It would slip them into a new domain, not of ideas alone, but of experience and feeling. It would be a temporary medicine, not a diet; a point of departure, not a perpetual point of reference. They would read it and be done with it, for if it were well and clearly written they would not have to go back to it again and again for hidden meanings or for clarification of obscure doctrines.

"AlanWatts was not a buddha, but he could be one day. He has moved closer to it. THE BOOK is tremendously important. It is his testament, his whole experience with Zen masters, Zen classics. And he is a man of tremendous intelligence; he was also a drunkard. Intelligence plus wine have really created a juicy book."





il Libro Tao: dentro l'informazione - I

sofTao


Roy Babbington (bass), John Etheridge (guitar), John Marshall (drums), Karl Jenkins (keys)

mercoledì 22 maggio 2013

sottosistemi del Tao - V


Dopo l'estero-interocezione, il processamento degli input, la memoria e il subconscio Charles T. Tart introduce il quinto sottosistema del sistema della coscienza, la valutazione e il processo decisionale:

Subsystems

Evaluation and Decision-Making
The Evaluation Decision-Making subsystem refers to those intellectual, cognitive processes with which we deliberately evaluate the meaning of things and decide what to do about them. It is the subsystem constituting our thinking, our problem-solving, our understanding. It is where we apply a logic to data presented to us and reach a conclusion as a result of processing the data in accordance with that logic.
Note that a logic is a self-contained, arbitrary system. Two and two do not make four in any "real" sense; they make four because they have been defined that way. That a particular logic is highly useful in dealing with the physical world should not blind us to the fact that it is basically an arbitrary, self-contained, assumptive system. Thus, when I define the Evaluation and Decision-Making subsystem as processing information in accordance with a logic, I do not intend to give it an ultimate validity, but just to note that there is an assumptive system, heavily influenced by culture and personal history, which processes data. In our ordinary d-SoC there may actually be several different logics applied at various times. I might apply the logic of calculus to certain kinds of problems in electronics, but not to problems of interpersonal relationships.
We should also note, as honest self-observation will reveal, that much of what passes as rationality in our ordinary d-SoC is in fact rationalization. We want something, so we make up "good" reasons for having it.
The discussion that follows is confined to intellectual, conscious evaluation and decision-making. Some aspects of this become automated and go on in the fringes of awareness, but they are potentially available to full consciousness should we turn our attention to them. Other subsystems, such as Emotions and the Subconscious, also evaluate data, classify them as good or bad, threatening or benign, etc. We are not concerned with these here, however; we shall consider only conscious, intellectual kinds of decision-making and evaluation.

Figure 8-3 illustrates the typical operation of the Evaluation and Decision-Making subsystem for the ordinary d-SoC. The process starts (lower left-hand corner) when you encounter some kind of problem situation in life. The stimuli from this situation, coming in via the Exteroception subsystem, are subjected to a large amount of Input-Processing, and some abstraction of the situation reaches your awareness. Assume this initial abstraction is puzzling: it doesn't make sense to you and you don't know what to do. So the Evaluation and Decision-Making subsystem draws upon information stored in the Memory subsystem in order to evaluate it. Figure 8-3 shows information both coming from Memory and going to memory to guide the retrieval of memory information, making it selective and relevant. Further assume that, given the presented information and what is available in Memory, the situation still makes only partial sense. You decide to seek more information. Controlling information is sent to Input-processing to produce more information about the situation, to look at it from another angle. Getting this further information, you again compare it against what you already know, and one of two sequences results. If the situation still does not make sense, and you have no way of getting further information, you may take the option, shown by the upward-slanting arrow, of simply not acting on the situation for the time being. If it doesn't make sense, in accordance with whatever logic you are using, you can then consult your memory for criteria for valued or appropriate kinds of actions, given your understanding of the situation, and then act in that appropriate way. Your action modifies the situation, which changes the data reaching you from the situation through Exteroception and Input-Processing, and the whole process may be repeated. Continuous cycling through this sort of process is what we call thinking and action. In the ordinary d-SoC, the operation of the Evaluation and Decision-Making subsystem is often hyperactive to the point of constituting noise—noise in the sense that the overinvestment of attention/awareness energy in this process lowers the ability to notice and deal with other sources of relevant information. You cannot hear your sense over the noise of your thoughts. The cycle shown in Figure 8-3 tends to be endless and self-perpetuating. Something happens, you think about it, reach a decision, and act, which changes the situation and makes you reevaluate it. Or you do not act, but thinking about it reminds you of something else, which reminds you of something else, about which you make a decision, which results in action that modifies another situation, which starts more evaluation and association processes. For example, someone on the street asks me for money, which starts me thinking about disinterested charity versus the work ethic ("Why doesn't he get a job? I work for my money. Maybe he is unfortunate, but he could also be too lazy. Maybe I'm being manipulated; I've been manipulated before, etc. etc.") and I'm so involved in this thought process that I do not notice various perceptual cues that would inform me about this person's actual situation and intentions.
Earlier, in discussing the stabilization processes that maintain a state of consciousness I pointed out that this endless thinking process is a major source of loading stabilization in an ordinary d-SoC. It continually reinforces consensus reality, for we tend to think continuously about the things we have been reinforced for thinking about, and it absorbs such a large amount of our attention/awareness energy that we have little of that energy available for other processes. This Evaluation and Decision-Making subsystem activity has an extremely large amount of psychological inertia: if you are not fully convinced of this, I suggest that you put this book down right now and try to turn the system off for five minutes. Don't think of anything, don't evaluate anything for the next five minutes. That also means don't think about not thinking.
Now, unless you a rare individual indeed, you have seen the difficulty of stopping activity of your Evaluation and Decision-Making subsystem. This enormous psychological inertia is excellent for maintaining your social membership in consensus reality, but if your personality structure and/or consensus reality is unsatisfactory and/or you wish to explore other d-SoCs besides you ordinary one, this endless activity of the Evaluation and Decision-Making subsystem can be a tremendous liability.
Within the ordinary d-SoC, there is some quantitative variation in the activity of the Evaluation and Decision-Making subsystem. Some days you feel intellectually sharp, and your mind is quick and you solve problems accurately on the first try. Other days you mind seems dull; you fail to grasp things right away, have to think a lot just to understand elementary points, have a hard time putting things together. There is also some variation within the ordinary d-SoC in the overall quantity of thoughts: some days your thoughts seem to race, other days they are a bit slower than normal. There is probably also quantitative variation in the redundancy of thinking, the degree to which you use multiple, overlapping processes to check on your own accuracy. And there is a quantitative variation in the degree to which you logical evaluation is distorted by emotional factors. When you are in a situation that activates conscious and subconscious emotions, your logic borders on pure rationalization; in a less threatening situation your logic may be relatively flawless. But these variations all stay within an expected range that you have come to think of as your ordinary d-SoC.
All the above relatively quantitative variations in the functioning of the Evaluation and Decision-Making subsystem may be exaggerated in various d-ASCs. Your thoughts may seem to race faster than you can comprehend them; the slowing down or accuracy of your logic processes can seem much more extreme than in your ordinary d-SoC. A drunk, for example, may not be able to think through a simple problem, while someone intoxicated on marijuana may have crystal-clear insights into a formerly baffling problem. I cannot be more specific about this, as there has been little quantitative research on it so far. However, experiential reports suggest that the quantitative variations can be large.
Even more interesting are qualitative variations in various d-ASCs. One of these is the substitution of a different logic from one ordinarily used in your b-SoC. Martin Orne has reported some interesting demonstrations. A deeply hypnotized subject is given a suggestion—for example, "The number three no longer makes any sense, the idea of three is a meaningless concept." The subject is then given various arithmetical problems such as two plus one equals what? Depending on subsidiary assumptions the subject makes, he rapidly evolves a new arithmetical logic that does not involve the number three. To the question, "What does two plus one equal?" he answers, "Four." To the question, "Sic divided by two equals what?" he answers either, "Two" or "Four," depending on the subsidiary assumptions. Thus a whole new logic can be readily programmed in the d-ASC of hypnosis. Various state-specific logics have been reported for meditative and psychedelic states, but they do not seem communicable in the ordinary d-SoC.
In the ordinary d-SoC, we are intolerant of contradictions in logic; in a d-ASC, tolerance for contradictions may be much higher. Again, an example from hypnosis is illustrative. I once suggested to an extremely susceptible subject, while he was in the hypnotic d-ASC, that mentally he was getting up from his chair, going down the hall and outside the laboratory building. he described this experience to me as it was happening. He experienced himself as being in the yard in back of the laboratory, where he reported seeing a mole come up to the surface from its tunnel. I asked him to catch the mole and hold on to it, and he said he had. Later I had him in his mental journey come back into the laboratory, walk upstairs, reenter the room where we were sitting, and stand in the middle of the floor. I asked him what he saw in the room, and he gave a general overall description of the room, omitting any mention of the chair in which he was sitting. Something like the following dialogue then occurred:

CT: Is there anyone sitting in the chair?
S: I am.
CT: Didn't you just tell me you were standing in the middle of the room?
S: Yes, I am standing in the middle of the room.
CT: Do you think it's contradictory to tell me you're standing in the middle of the room and sitting in the chair at the same time?
S: Yes.
CT: Does this contradiction bother you?
S: No.
CT: Which one of the two selves is your real self?
S: They are both my real self.

This stumped me until I finally thought of another question.

CT: Is there any difference at all between the two selves?
S: Yes, the me standing in the middle of the floor has a mole in his hands.

It is tempting to view this tolerance for contradictions as a deterioration in logic, but remember that contradiction is itself defined in terms of a particular logic, and since logics are self-contained assumptive structures, thinking in a pattern containing contradictions according to one system of logic may not necessarily mean that the thinking is useless or absolutely invalid. Indeed, some investigators have hypothesized that an increased ability to tolerate contradictions is necessary for creative thought. It should also be noted that many people who experience this ability to tolerate contradictions in d-ASCs believe it to be a transcendent, superior quality, not necessarily an inferior one. Sometimes they feel they are using a superior logic. Nevertheless, the ability to tolerate contradictions per se is not necessarily a superior quality.
Since this book is written in ordinary, Western d-SoC logic, there are difficulties in writing about d-ASC logics. New logics can emerge, appropriate to a particular d-ASC. New sets of (implicit) assumptions and rules for handling information in accordance with these assumptions seem to be inherent or learnable in a particular d-ASC. Within that particular d-ASC, and in repeated experiences in that d-ASC, these rules may be quite consistent and illogical. But writing about this is difficult because new state-specific logics may not seem like logics at all in other d-SoCs. From the viewpoint of some other d-SoC (usually the ordinary one) the logic is apparent, consistent, and useful. The existence of such state-specific logics is obvious to a number of people who experienced them in d-ASCs: they have not yet been proved to exist in a way acceptable to ordinary d-SoC evaluation.
The question whether there are state-specific logics or merely inferior, error-ridden logics in d-ASCs is further complicated by the tendency of new experiencers of d-ASCs to overvalue their experiences in those d-ASCs. The experiences are so fascinating and often so emotionally potent in a d-ASC that is new to you that you tend to accept uncritically everything about it. Clearly, the sense of "This is a remarkable, obviously true and wonderful truth" is a parainformational quality, like the quality "This is a memory" discussed earlier, and can attach itself to various contents regardless of their logical truth value. The feeling that something is true, no matter how emotionally impressive, is no guarantee of its truth. The final test of whether a state-specific logic exists for a particular d-ASC will involve not only the sequential validation and replication of a logic of an individual experiencer as he reenters a particular d-ASC time after time, but also his ability to communicate that logic to others in that d-ASC and have them independently validate it, a point elaborated later in connection with state-specific sciences.

An exciting finding of recent psychological research is the apparent existence of two discrete modes of cognition associated with functioning of the left and right cerebral hemispheres, respectively. In the normal person there are a huge number of interconnections via the corpus callosum between these two hemispheres, and on that physiological basis a person should be able to alternate between two modes of thinking quite readily, choosing whichever is appropriate for a problem. Our culture, however, has greatly overvalued the style of thinking associated with left hemisphere activity—linear, sequential, rational, intellectual, cause-and-effect, analytical thinking. Right hemisphere functioning seems more concerned with pattern recognition, with wholes, with simultaneity rather than sequence, and with bodily functioning. The right hemisphere mode is more an analog mode than a digital mode. Since each mode of evaluation is highly valid when appropriately applied to a problem it is suited for, we become limited and less effective if we overvalue one mode and apply it to problems more appropriate to the other mode. In the ordinary d-SoC, especially among Western academics, linear thinking is greatly overvalued, so we exist in a unbalanced, pathological state. The reasoning behind this is complex, and the interested reader should consult Ornstein's The Psychology of Consciousness and the sources he draws upon.
Many d-ASC experiences seem to reflect a greatly increased use of the right hemisphere mode of cognition. Experiencers talk of seeing patterns in things, of simultaneously and instantaneously grasping relationships they cannot ordinarily grasp, of being unable to express these things verbally. The experience is usually reported as pleasant and rewarding and often is valued as a higher or more true form of cognition. Apparently left and right hemisphere functioning is more balanced or there may even be a shift to dominance of right hemisphere functioning. The experience does not lend itself to verbal description, but may be communicable in other ways, as through music or dance. It should be noted as a major shift in the Evaluation and Decision-Making subsystem that can occur in d-ASCs.
In the ordinary d-SoC, constant, repetitious thinking absorbs a great deal of attention/awareness energy and acts as a form of loading stabilization. Since attention/awareness energy is taken away from this left hemisphere type of activity in d-ASCs, and the energy becomes more freely available, psychological functions that are only latent potentials in the ordinary d-SoC may become noticeable. They are made noticeable not only through the availability of attention/awareness energy, but also because the noise of constant thinking is reduced. These new functions may resemble instincts giving us information about situations or, since a right hemisphere mode of functioning may emit some of its output in the form of bodily sensations (a hypothesis of mine that I believe future research will validate), they may enhance sensitivity to such sensations. It is as if in our ordinary d-SoC we are surrounded by a crowd of people talking and shouting continually. If they would all quiet down, we might be able to hear individuals or to hear someone at the edge of the crowd who is saying something important.

Ordinarily Evaluation and Decision-Making activity consists of a sequential progression from one thought to another. You think of something, that draws up a certain association from memory, which you then think about; this draws up another association, etc. In this temporal sequence of the Evaluation and Decision-Making process, the progression from one thought to another, from association to association to association, it probabilistically controlled by the particular structures/programming built up by enculturation and life experience. Thus, if I say the word red to you, you are likely to associate some word like blue, green, yellow, some color word, rather than iguana, or sixteen-penny nail, or railroad track. The association that occurs to any particular thought is not absolutely determined, but since some associations are highly likely and others highly unlikely, we could, in principle, generally predict a person's train of thinking if we knew the strength of these various associative habits. Thus, much of our ordinary thinking/evaluation runs in predictable paths. These paths of likely associations are a function of the particular consensus reality we were socialized in.

Figure 8-4 diagrams, with the heavy arrows, ordinary thinking processes. Given a certain input stimulus for thought, a certain deduction or conclusion is likely to be reached that will draw highly probable association 1, which will result in certain deductions, which will draw up highly probable memory association 2, and so on until conclusion 1 is reached. The light arrows represent possible branchings not taken because they are weak, improbable, not made highly likely by habits and enculturation.
In various d-ASCs the rules governing the probability of associations change in a systematic and/or random way, and so progress along a chain of thought becomes much less predictable by ordinary d-SoC criteria. This is shown by the lower chain of light arrows in Figure 8-4. An unlikely association is made to the same input, which calls up different memory associations, leading to different deductions and further memory associations, etc., until a quite different conclusions, conclusion 2, is reached. Given the same presented problem in two d-SoCs, two quite different conclusions may result. This is creative, in the sense of being unusual. Whether it is practically useful is another question.
In some of the more stable d-ASCs, like hypnosis or dreaming, I believe the rules for associations may be systematically changed. In d-ASCs induced by powerful psychedelic drugs like LSD (which may not be stable d-ASCs) there may be a relatively random interference with the association processes that may still lead to creative conclusions but that may show no lawfulness in and of themselves.
Note that the Evaluation and Decision-Making subsystem controls Input-Processing to some extent in order to find "relevant" data to help solve problems. This can be useful or it can merely reinforce prejudices. Our evaluation of a situation may distort our subsequent perception of it and thus increase our faith in our evaluation, but at the price of distorted perception. In our desire for certainty, we can throw out the reality of the situation.

sottosistemi del Tao - IV

Tao minimo