mercoledì 7 agosto 2013

una Rosa nel Tao



21 07 2013


Intervista con Atropo

La signora Atropo?
Esatto, sono io.

Delle tre figlie della Necessità
Lei è quella con la fama peggiore.


Grossa esagerazione, poetessa mia.
Cloto tesse il filo della vita,
ma quel filo è sottile,
non è difficile tagliarlo.
Lachesi con la pertica ne fissa la lunghezza.
Non sono innocentine.

Però le forbici sono in mano Sua.
Giacché lo sono, ne faccio uso.

Vedo che anche ora, mentre conversiamo…
Sono lavorodipendente, questa è la mia natura.

Non si sente annoiata, stanca,
assonnata quantomeno di notte? No, davvero no?
Senza ferie, weekend, feste comandate
o almeno brevi pause per una sigaretta?

Ci sarebbero arretrati, e questo non mi piace.

Uno zelo inconcepibile.
Senza mai qualche riconoscimento,
premi, menzioni, coppe, medaglie?
Magari diplomi incorniciati?

Come dal barbiere? Molte grazie.

Qualcuno L’aiuta? E se sì, chi?
Un paradosso niente male – appunto voi mortali.
Svariati dittatori, numerosi fanatici.
Benché non sia io a costringerli.
Per loro conto si danno da fare.

Di sicuro anche le guerre devono rallegrarLa,
in quanto danno un bell’aiuto.

Rallegrami? È un sentimento sconosciuto.
Non sono io che invito a farle,
non sono io che ne guido il corso.
Ma lo ammetto: è grazie a loro soprattutto
che posso stare al passo.

Non le dispiace per i fili tagliati troppo corti?
Più corti, meno corti -
solo per voi fa la differenza.

E se uno più forte volesse sbarazzarsi di Lei
e provasse a mandarLa in pensione?

Non ho capito. Sii più chiara.

Riformulo la domanda: Lei ha un Superiore?
… Passiamo alla domanda successiva.

Non ne ho altre.
In tal caso, addio.
O per essere più esatti…
Lo so, lo so. Arrivederci.

giovedì 18 luglio 2013

Pienezza (Asso di Denari)


Questa figura si erge solitaria, silenziosa eppure pienamente all'erta. L'essere interiore è colmo di fiori che hanno la qualità della primavera e si rigenerano dovunque egli vada. Questa fioritura interiore e l'integrità che egli prova, gli permettono di muoversi senza alcun limite. Può muoversi in qualunque direzione - all'interno o all'esterno non fa alcuna differenza poiché la sua gioia e maturità non possono essere sminuite da fattori esterni. È arrivato a un tempo in cui si può espandere e centrare - l'alone bianco che lo circonda è insieme la sua luce e la sua protezione. Tutte le esperienze della vita l'hanno condotto a questo istante di perfezione. Quando prendi questa carta, sappi che questo momento porta con sé un dono, in compenso di un duro lavoro compiuto. Ora le tue basi sono solide e la buona sorte è tua, perché sono il risultato di ciò che hai sperimentato all'interno.

La distinzione tra l'erba e la fioritura è la stessa che esiste tra te che non sai di essere un buddha, e il momento in cui scopri di essere un buddha. Di fatto, non c'è modo di essere altrimenti. Buddha è una completa fioritura, è totalmente sbocciato. I suoi fiori di loto, i suoi petali, sono giunti a pienezza... Certo, essere tu stesso pregno di primavera è di gran lunga più bello delle gocce di rugiada autunnali che scivolano dalle foglie del loto. Questa è una delle cose più belle che si possano osservare: allorché le gocce di rugiada autunnali scivolano sulle foglie del loto, e risplendono all'alba simili a vere e proprie perle. Ovviamente, si tratta dell'esperienza di un istante. Col sorger del sole, quelle gocce evaporeranno. Questa bellezza momentanea di certo non può essere paragonata all'eterna primavera del tuo essere. Ti guardi alle spalle e, per quanto lontano possa arrivare il tuo sguardo, vedi che è sempre esistita. Guardi davanti a te e, per quanto lontano possa arrivare il tuo sguardo, resti sorpreso: è il tuo stesso essere. Ovunque ti trovi sarà con te, e i fiori continueranno a piovere su di te. Questa è la primavera spirituale!

free man in Tao


"The way I see it," he said
"You just can't win it..."
Everybody's in it for their own gain
You can't please 'em all
There's always somebody calling you down
I do my best
And I do good business
There's a lot of people asking for my time
They're trying to get ahead
They're trying to be a good friend of mine

I was a free man in Paris
I felt unfettered and alive
There was nobody calling me up for favors
And no one's future to decide
You know I'd go back there tomorrow
But for the work I've taken on
Stoking the star maker machinery
Behind the popular song

I deal in dreamers
And telephone screamers
Lately I wonder what I do it for
If l had my way
I'd just walk through those doors
And wander
Down the Champs Elysees
Going cafe to cabaret
Thinking how I'll feel when I find
That very good friend of mine

I was a free man in Paris
I felt unfettered and alive
Nobody was calling me up for favors
No one's future to decide
You know I'd go back there tomorrow
But for the work I've taken on
Stoking the star maker machinery
Behind the popular song.


mercoledì 17 luglio 2013

i grandi processi del Tao - IV


I GRANDI PROCESSI STOCASTICI.

5. NELL'EPIGENESI “DAL NULLA NASCE NULLA”.

Ho già osservato che l'epigenesi sta all'evoluzione come l'elaborazione di una tautologia sta al pensiero creativo. Nello sviluppo embriologico di una creatura non solo non vi è alcuna necessità di nuove informazioni o di cambiamenti di programma, ma l'epigenesi dev'essere in gran parte protetta dall'intrusione di nuove informazioni. Per ottenere ciò, il modo è quello di sempre. Lo sviluppo del feto dovrebbe seguire gli assiomi e i postulati depositati nel D.N.A. o altrove. Per usare i termini del capitolo 2, l'evoluzione e l'apprendimento sono necessariamente "divergenti" e imprevedibili, ma l'epigenesi dovrebbe essere convergente.
Ne segue che nel campo dell'epigenesi i casi in cui si avrà bisogno di nuove informazioni saranno rari e assai vistosi. Viceversa, vi potranno essere casi, quantunque patologici, in cui una mancanza o una perdita di informazione porta a gravi distorsioni dello sviluppo. In questo contesto, i fenomeni di simmetria e asimmetria offrono una ricca messe di esempi. Sotto questo aspetto le idee guida dell'embrione al suo primo stadio sono semplici e formali, sicch‚ la loro presenza o assenza è inconfondibile.
Gli esempi meglio conosciuti provengono dallo studio sperimentale dell'embriologia degli anfibi; qui discuterò alcuni fenomeni legati alla simmetria dell'uovo di rana. Ciò che si sa sulla rana vale probabilmente per tutti i vertebrati. Sembra che senza informazioni provenienti dal mondo esterno l'uovo di rana non fecondato non contenga le informazioni necessarie (cioè la "differenza" necessaria) per conseguire la simmetria bilaterale. L'uovo ha due poli differenziati: il polo "animale", dove predomina il protoplasma, e il polo "vegetale", dove predomina il tuorlo. Ma non vi è differenziazione tra i meridiani o linee di longitudine: in questo senso l'uovo ha una simmetria radiale.
La differenziazione dei poli animale e vegetale è stata sicuramente determinata dalla posizione dell'uovo nel tessuto follicolare o dal piano dell'ultima divisione cellulare nella produzione dei gameti; a sua volta, quel piano era stato probabilmente determinato dalla posizione occupata dalla cellula madre nel follicolo. Ma ciò non basta.
Senza una qualche differenziazione laterale tra i lati o meridiani dell'uovo non fecondato, questo non può 'sapere' o 'decidere' quale sarà il futuro piano mediano di simmetria della rana, che è dotata di simmetria bilaterale. L'epigenesi non può cominciare fino a quando un meridiano non è reso diverso da tutti gli altri. Per fortuna, sappiamo come viene fornita questa informazione cruciale: essa proviene, necessariamente, dal mondo esterno e consiste nel punto d'ingresso dello spermatozoo. Di solito lo spermatozoo entra nell'uovo un po' sotto l'equatore, e il meridiano che passa per i due poli e per il punto d'ingresso definisce il piano mediano della simmetria bilaterale della rana. La prima segmentazione dell'uovo segue questo meridiano, e il lato dell'uovo da cui entra lo spermatozoo diviene il lato ventrale della rana.
Inoltre, si sa che il messaggio occorrente non è contenuto nel D.N.A. o in altre parti complesse della struttura dello spermatozoo. Basta anche solo la puntura con una fibra di un pennello di peli di cammello: l'uovo si segmenterà e continuerà a svilupparsi, fino a diventare una rana adulta che salta e acchiappa le mosche. Naturalmente sarà aploide (cioè le mancherà metà del normale corredo cromosomico). Sarà sterile, ma per il resto sarà perfetta in tutto e per tutto.
A questo fine lo spermatozoo non è necessario: quello che serve è solo un "marcatore di differenza", quanto alla sua natura l'organismo non ha preferenze. Senza un qualche marcatore non vi sarà embrione. “Dal nulla nasce nulla”.
Ma la storia non finisce qui. La futura rana, anzi, già il giovanissimo girino, ha un'anatomia endodermica notevolmente asimmetrica. Come quasi tutti i vertebrati, la rana possiede una simmetria abbastanza precisa nell'ectoderma (pelle, cervello e occhi) e nel mesoderma (scheletro e muscoli dello scheletro), ma è fortemente asimmetrica nelle strutture endodermiche (intestino, fegato, pancreas, e così via). (Anzi, ogni creatura le cui anse intestinali si trovino in un piano diverso da quello mediano dev'essere asimmetrica sotto questo aspetto. Se osservate il ventre di un girino vedrete chiaramente, attraverso la pelle, l'intestino arrotolato su se stesso in una grande spirale).
Come è prevedibile, il "situs inversus" (cioè la condizione di simmetria inversa) si presenta nella rana, ma rarissimamente. Nella specie umana esso è ben noto e riguarda circa un individuo su un milione. Questi individui hanno lo stesso aspetto degli altri, ma all'interno essi sono alla rovescia: la parte destra del cuore alimenta l'aorta, mentre la sinistra alimenta i polmoni, e così via. Le cause di questa inversione non sono note, ma il fatto stesso che essa si presenti indica che l'asimmetria normale "non" è determinata dall'asimmetria delle molecole. Per invertire una parte qualunque dell'asimmetria chimica sarebbe necessario invertirle tutte, poichè‚ le molecole si devono adattare le une alle altre in modo corretto. L'inversione dell'intera chimica è impensabile e non potrebbe sopravvivere se non in un mondo invertito.
Resta quindi il problema della sorgente dell'informazione che determina l'asimmetria. Deve certamente esistere un'informazione che fornisce all'uovo istruzioni sull'asimmetria corretta (cioè statisticamente normale).
Per quanto ne sappiamo, dopo la fecondazione non vi è nessuna occasione in cui potrebbe essere fornita quest'informazione. L'ordine degli eventi è: primo, l'espulsione dalla madre, poi la fecondazione; dopo di che l'uovo è protetto da una massa gelatinosa per tutto il periodo della segmentazione e del primo sviluppo dell'embrione. In altre parole, l'uovo deve contenere l'informazione necessaria a determinare l'asimmetria già "prima" della fecondazione. Che forma deve avere questa informazione?
Nella discussione sulla natura della spiegazione, nel capitolo 2, ho osservato che nessun dizionario è in grado di definire le parole "destra" o "sinistra", cioè nessun sistema discreto arbitrario può risolvere la questione: l'informazione dev'essere ostensiva. Ora abbiamo la possibilità di scoprire come questo stesso problema viene risolto dall'uovo.
Credo che, in linea di principio, vi possa essere soltanto un genere di soluzione (e spero che qualcuno con un microscopio elettronico a scansione ne ricerchi le prove). La risposta deve trovarsi nell'uovo prima della fecondazione, e perciò dev'essere in forma tale da poter determinare la stessa asimmetria "qualunque sia il meridiano segnato dall'ingresso dello spermatozoo". Ne segue che ciascun meridiano, quale che sia la sua posizione, dev'essere asimmetrico e che tutti devono essere asimmetrici nello stesso senso.
Questa condizione è soddisfatta nel modo più semplice da una qualche sorta di "spirale di relazioni non quantitative o vettoriali". Tale spirale intersecherà ciascun meridiano obliquamente determinando in ciascuno la stessa differenza tra est e ovest.
Un problema simile sorge nella differenziazione degli arti bilaterali. Il mio braccio destro è un oggetto asimmetrico e un'immagine speculare formale del sinistro. Ma esistono alcuni rari individui mostruosi che hanno due braccia o un braccio biforcuto su un lato del corpo. In questi casi la coppia costituisce un sistema a simmetria bilaterale. Un componente sarà un braccio destro e l'altro un braccio sinistro ed essi saranno in posizione tale da costituire un'immagine speculare. Questa osservazione generale fu enunciata per la prima volta da mio padre intorno al 1890 e per molto tempo fu nota come "regola di Bateson". Egli riuscì a dimostrare la validità della sua regola in quasi tutti i phyla di animali attraverso una ricerca compiuta in tutti i musei e in molte collezioni private d'Europa e d'America. In particolare raccolse un centinaio di casi di siffatte aberrazioni nelle zampe dei coleotteri.
Io riesaminai questa faccenda, e dai dati originali di mio padre conclusi che egli aveva sbagliato a chiedersi: che cos'ha determinato questa ulteriore simmetria? Avrebbe dovuto chiedersi: che cos'ha determinato la "perdita" di asimmetria? Avanzai l'ipotesi che le forme mostruose fossero prodotte da una "perdita o dimenticanza" di informazione. La simmetria bilaterale richiede più informazione della simmetria radiale e l'asimmetria richiede più informazione della simmetria bilaterale. L'asimmetria di un arto laterale, per esempio di una mano, richiede un giusto orientamento in tre direzioni: la direzione verso il dorso della mano dev'essere diversa da quella verso il palmo; la direzione verso il pollice dev'essere diversa da quella verso il mignolo; la direzione verso il gomito dev'essere diversa da quella verso le dita. Queste tre direzioni devono essere combinate in modo corretto per costruire una mano "destra" invece di una mano "sinistra". Se una delle direzioni viene invertita, come quando la mano è riflessa in uno specchio, ne risulta un'immagine rovesciata. Ma se una delle tre differenziazioni è "perduta o dimenticata", l'arto potrà raggiungere solo la simmetria bilaterale.
In questo caso il postulato “dal nulla nasce nulla” diventa un po' più complesso: dall'asimmetria nasce la simmetria bilaterale quando viene perduta una discriminazione.













Tao karate


martedì 16 luglio 2013

Tao Paradoxico-Philosophicus 5-6



    Un dieu donne le feu     
     Pour faire l'enfer;      
      Un diable, le miel     
       Pour faire le ciel.  
   



TRACTATUS PARADOXICO-PHILOSOPHICUS

5 The logical perspective: from this perspective one or more observers distinguish an organizationally closed unity from its cognitive domain, thereby adopting the logical dichotomy: the distinguished organizationally closed unity or the distinguished cognitive domain, one or the other.
5.1 For these observers, dimensions (e.g., space, time) emerge together with this distinction.
5.11 So do a processor (the distinguished organizationally closed unity) and an environment (the distinguished cognitive domain).
5.12 For these observers, however, these distinctions appear as “discoveries” (of dimensions, processor and environment) to share with other observers adopting a logical perspective, in a world a priori “out there” and as free of paradoxes as possible.
5.2 If these observers attempt to “explain” the processor, it will appear to them as an open organization (with inputs, outputs, divisions and parts) made of processes (events in time) that produce components (objects in space), but no longer organizationally closed.
5.21 The organizations that constitute the environment of the processor also appear open, with outputs and inputs that match the inputs and outputs of the processor.



6 The paradoxical perspective: from this perspective, one or more observers do not distinguish the organizationally closed unity from its cognitive domain such that the unity and its cognitive domain appear to these observers as a paradoxical continuum or as a paradoxical context.
6.01 For these observers, dimensions, processor and the environment vanish.
6.1 Since a paradoxical perspective implies a paradoxical and logical perspective, these same observers may make tentative distinctions in this paradoxical context as attempts at distinguishing a world “in and out there” to share, at least in part, with other observers.
6.11 This world “in and out there” welcomes paradoxes.
6.12 The paradoxical context (the unity and its cognitive domain) remains untouched and ready for new attempts.
6.2 Paradoxes (paradoxical perspective): consider self-referential sets of different, even conflicting, possibilities such that they blend into each other dissolving their differences and conflicts.
6.3 Logics (logical perspective): consider non self-referential sets of conflicting possibilities that exclude each other without solving their differences and conflicts.

Tractatus Paradoxico-Philosophicus

A Philosophical Approach to Education
Un Acercamiento Filosófico a la Educación
Une Approche Philosophique à l'Education
Eine Philosophische Annäherung an Bildung

Ricardo B. Uribe

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Tao Paradoxico-Philosophicus 3-4

lunedì 15 luglio 2013

carattere del Tao nazionale - I


MORALE E CARATTERE NAZIONALE*

* Questo saggio apparve in Civilian Morale, a cura di Goodwin Watson, proprietà letteraria della Sodety for Psychological Study of Social Issues, 1942. Viene qui ripubblicato per concessione dell'editore. Parte del materiale introduttivo è stata espunta.

Procederemo così: l. Esamineremo le critiche che si possono fare a chi volesse proporre un qualsiasi concetto di 'carattere nazionale'. 2. Questo esame ci permetterà di stabilire certi limiti concettuali entro i quali l'espressione 'carattere nazionale' è verosimilmente valida. 3. Passeremo poi, entro questi limiti, a delineare quali ordini di differenze possiamo aspettarci di trovare tra le nazioni occidentali, cercando anche, a scopo illustrativo, di individuare più concretamente alcune di queste differenze. 4. Infine esamineremo come sui problemi del morale collettivo e sulle relazioni internazionali influiscano differenze di quest' ordine.

OSTACOLI A UN QUALSIASI CONCETTO DI 'CARATTERE NAZIONALE'

Gli scienziati sono stati dissuasi dall'indagare su questioni di questo genere da numerose riflessioni, che li hanno portati a considerarle inutili o infondate. Pertanto, prima di arrischiare una qualsiasi opinione costruttiva nei confronti dell'entità delle differenze che ci si deve aspettare di trovare tra le popolazioni europee, dobbiamo esaminare queste riflessioni dissuasive.
In primo luogo si sostiene che sono non le persone, bensì le circostanze in cui esse vivono, che differiscono da una comunità all'altra; che abbiamo inevitabilmente a che fare con differenze nei precedenti storici o nelle condizioni attuali e che questi fattori sono sufficienti a spiegare tutte le differenze di comportamento, senza che si debbano invocare differenze di carattere negli individui considerati. In sostanza questo argormento è un richiamo al rasoio di Ockham, principio secondo cui non si debbono moltiplicare gli enti più di quanto sia necessario. L'argomento consiste nell'affermare che quando esistano differenze osservabili nelle circostanze, dovremmo chiamare in causa queste, piuttosto che differenze solo inferite nel carattere, le quali non sono osservabili.
A questo ragionamento si può in parte controbattere citando dati sperimentali, come le esperienze di Lewin (materiale non pubblicato), le quali misero in luce le grandi differenze nel modo in cui i tedeschi e gli americani reagivano all'insuccesso nel corso di un'esperienza: gli americani consideravano l'insuccesso come un incitamento ad accrescere i loro sforzi; la reazione dei tedeschi allo stesso insuccesso era lo scoraggiamento. Tuttavia coloro che sostengono l'influenza delle condizioni piuttosto che del carattere possono sempre replicare che le condizioni sperimentali non sono, in realtà, le stesse per i due gruppi; che il valore di stimolo di una qualsiasi circostanza dipende da come quella circostanza si staglia sullo sfondo di altre circostanze nella vita del soggetto, e che questo contrasto non può essere lo stesso per i due gruppi.
È possibile, in effetti, sostenere che, poiché per individui di formazione culturale diversa non si presentano mai le stesse circostanze, è superfluo invocare astrazioni come il carattere nazionale. Questo argomento non tiene più, io credo, quando si osservi che, dando importanza alle circostanze piuttosto che al carattere, si verrebbe a ignorare ciò che sappiamo sull'apprendimento. Forse la generalizzazione meglio documentata nel campo della psicologia è che, ad ogni dato istante, le caratteristiche di comportamento di ogni mammifero, e specialmente dell'uomo, dipendono dall'esperienza e dal comportamento precedenti di quell'individuo. Di conseguenza, quando si presume che, oltre le circostanze, anche il carattere debba essere tenuto in considerazione, non si moltiplicano gli enti più di quanto sia necessario; sulla base di altri tipi di dati, noi conosciamo l'importanza del carattere appreso, ed è questa conoscenza che ci spinge a considerare l"ente' supplementare.
Un secondo ostacolo all'accettazione della nozione di 'carattere nazionale' sorge una volta che sia stato discusso il primo. Coloro che concedono che si possa parlare di carattere nazionale possono ancora dubitare che all'interno di quel campione di esseri umani che è una nazione possa verosimilmente vigere una qualunque uniformità o regolarità. Concediamo subito che ovviamente l'uniformità non esiste, e chiediamoci che sorta di regolarità ci si possa attendere.
La critica cui stiamo cercando di controbattere può verosimilmente assumere cinque forme. 1. Il critico può far rilevare sia la presenza di differenziazione subculturale, sia le differenze tra i sessi, o tra le classi, o tra gruppi professionali all'interno della comunità. 2. Egli può far rilevare l'estrema eterogeneità e confusione di norme culturali che si può osservare nelle' comunità-crogiolo'. 3. Può citare il caso dei devianti accidentali, cioè di quegli individui che hanno subìto qualche esperienza traumatica 'accidentale', insolita per gli appartenenti alloro ambiente sociale. 4. Può far presenti i fenomeni del cambiamento culturale, e specialmente quel genere di differenziazione che nasce quando una parte della comunità ha una velocità di cambiamento minore rispetto a un'altra. 5. Infine, il critico può far presente la natura arbitraria dei confini nazionali.
Queste obiezioni sono strettamente connesse, e le risposte a tutte derivano in ultima analisi da due postulati: primo, che dal punto di vista sia fisiologico sia psicologico l'individuo è una singola entità organizzata, tale che tutte le sue 'parti' o 'aspetti' sono reciprocamente modificabili e reciprocamente interagenti; secondo, che una comunità è del pari organizzata in questo senso.
Se consideriamo una differenziazione sociale in una qualche comunità stabile - diciamo, per esempio, la differenziazione tra i sessi in una tribù della Nuova Guinea - vediamo che non è sufficiente dire che il sistema delle abitudini o la struttura dei caratteri di un sesso sono diversi da quelli dell'altro. Il punto significativo è che il sistema delle abitudini di ciascun sesso ingrana col sistema di abitudini dell'altro; che il comportamento dell'uno promuove le abitudini dell'altro.2 Così per esempio si ritrovano tra i sessi strutture complementari, come ammirazione-esibizionismo, autorità-sottomissione e assistenza-dipendenza, o combinazioni di queste. Fra tali gruppi non è mai dato di osservare reciproca irrilevanza.
Benché sia purtroppo vero che molto poco si sa sui termini della differenziazione delle abitudini tra classi, sessi, gruppi professionali, ecc., esistenti nelle nazioni occidentali, non credo sia arrischiato applicare questa conclusione generale a tutti i casi di differenziazione stabile tra gruppi che vivono a contatto reciproco. Per me è inconcepibile che due gruppi differenti possano coesistere fianco a fianco in una comunità senza che vi sia un qualche rapporto tra le caratteristiche particolari di un gruppo e quelle dell'altro; una tale evenienza sarebbe contraria al postulato che una comunità è un'unità organizzata. Presumeremo pertanto che tale generalizzazione valga per tutte le differenziazioni stabili.
Ora, tutto ciò che sappiamo sul meccanismo della formazione del carattere - specialmente i processi di proiezione, formazione delle reazioni, compensazione e simili - ci porta a ritenere che queste strutture bipolari siano unitarie all'ìnterno dell'individuo. Se sappiamo che un individuo è abituato a esprimere palesemente metà di una di queste strutture, per esempio un comportamento autoritario, possiamo arguire con sicurezza (anche se non in termini precisi) che nella sua personalità sono allo stesso tempo contenuti i germi dell'altra metà, cioè della sottomissione. Si deve infatti ritenere che questo individuo sia abituato al binomio autorità-sottomissione, e non all'autorità o alla sottomissione soltanto. Da ciò segue che, trattando della differenziazione stabile all'interno di una comunità, siamo autorizzati ad ascrivere un carattere comune ai membri di quella comunità, purché si abbia cura di descrivere quel carattere comune nei termini dei temi di relazione tra le sezioni differenziate della comunità.
Considerazioni dello stesso tipo ci guideranno nel replicare alla seconda critica - gli estremi di eterogeneità che si manifestano nelle moderne 'comunità-crogiolo'. Supponiamo di tentare un'accurata analisi di tutti i temi di relazione tra individui e gruppi in una comunità come la città di New York; se non finissimo in manicomio assai prima di completare questo studio, dovremmo arrivare a un quadro del carattere comune che sarebbe quasi infinitamente complesso, e che comunque conterrebbe differenziazioni più sottili di quelle che la psiche umana è in grado di risolvere in se stessa. A questo punto saremmo quindi costretti, sia noi sia gli individui che stiamo studiando, a prendere una scorciatoia: a trattare cioè 1'eterogeneità come una caratteristica positiva, sui generis, dell'ambiente comune. Quando, sulla base di quest'ipotesi, cominciamo a ricercare i temi comuni del comportamento, ci accorgiamo delle chiarissime tendenze a gloriarsi dell'eterogeneità per l'eterogeneità (come nella Ballad far Amencans di Robinson-Latouche) e a ritenere il mondo costituito da un'infinità di pezzetti di indovinello slegati (come il Believe It or Not di Ripley).
La terza obiezione, il caso degli individui devianti, rientra nello stesso sistema di correlazione della differenziazione dei gruppi stabili. Il ragazzo su cui l'educazione di una scuola privata inglese non fa presa, anche se le radici prime della sua deviazione risalgono a qualche awenimento traumatico 'accidentale', reagisce proprio al sistema della scuola privata. Le abitudini di comportamento che egli acquisisce possono non seguire le norme che la scuola intende stabilire, ma sono acquisite proprio come reazione a quelle norme. Egli può acquisire (e spesso acquisisce) strutture esattamente opposte a quelle normali, ma non è concepibile che acquisisca strutture non correlate. Egli può diventare un 'cattivo' allievo di scuola privata inglese, può diventare pazzo, tuttavia le sue caratteristiche devianti saranno correlate in modo sistematico alle norme alle quali egli si ribella. In effetti si può descrivere il suo carattere dicendo che esso è correlato in modo sistematico al carattere scolastico tipo, così come il carattere degli indigeni iatmul di un sesso è correlato in modo sistematico al carattere dell'altro sesso. Il suo carattere è orientato secondo i temi e le strutture di relazione esistenti nella società in cui vive.
Lo stesso sistema di correlazione vale per la quarta osservazione, quella relativa ai cambiamenti delle comunità e al genere di differenziazione che si produce quando una parte della comunità cambia meno rapidamente di un'altra. Poiché la direzione in cui si produce un cambiamento sarà necessariamente condizionata dallo status quo ante, le nuove strutture, essendo una reazione alle vecchie, saranno correlate a quelle in modo sistematico. Finché ci limitiamo ai termini e ai temi di questa relazione sistematica, avremo quindi il diritto di aspettarci una regolarità di carattere negli individui. Inoltre l'aspettazione e l'esperienza del cambiamento possono, in alcuni casi, essere tanto importanti da divenire un fattore comune sui generis nella determinazione del carattere, allo stesso modo in cui l' "eterogeneità' può avere effetti positivi.
Infine possiamo considerare quei casi in cui i confini nazionali subiscono spostamenti, la nostra quinta critica. E ovvio che non ci si può aspettare che la firma di un diplomatico su un trattato modifichi di colpo i caratteri degli individui la cui cittadinanza viene così a cambiare. Può addirittura accadere (quando, per esempio, una popolazione indigena a livello pre-letterario venga per la prima volta portata a contatto con europei) che, per un certo tempo dopo il fatto, i due protagonisti della situazione si comportino in modo esplorativo e senza una regola, ciascuno di essi conservando le sue norme, e senza ancora manifestare alcun adattamento particolare alla situazione di contatto. Durante questo periodo non ci si devono ancora aspettare generalizzazioni che valgano per entrambi i gruppi. Assai presto, tuttavia, sappiamo che ciascuna parte manifesta strutture speciali di comportamento da impiegare nei suoi contatti con l'altra. A questo punto acquista senso chiedersi quali termini sistematici di relazione descriveranno il carattere comune dei due gruppi; e, da questo punto in poi, il livello della struttura del carattere comune aumenterà fino a che i due gruppi giungeranno a correlarsi l'uno con l'altro proprio come due classi o i due sessi in una società stabile e differenziata.
Insomma, a coloro che sostengono che le comunità umane manifestano una differenziazione interna troppo spiccata, o contengono una componente casuale troppo cospicua perché possa essere valida qualsiasi nozione di carattere comune, vorremmo rispondere che noi riteniamo invece utile tale nozione, a) purché si descriva il carattere comune in termini di relazioni tra gruppi e individui all'interno della comunità, e b) purché si conceda alla comunità abbastanza tempo perché essa possa raggiungere un certo grado di equilibrio, oppure possa accettare tanto il cambiamento quanto l'eterogeneità come una caratteristica del suo ambiente umano.