mercoledì 26 marzo 2014

il Tao dei morti - quarto stadio


LIBRO II

Il Sidpa Bardo

Questo è conosciuto come la parte principale di ciò che è chiamato "La Profonda Essenza della Liberazione Attraverso l‟Ascolto" - il ricordo, il chiaro confronto faccia a faccia nello Stato Intermedio quando si cerca la rinascita.

Le Riverenze

Alle Divinità Riunite, Agli Dei Tutelari, ai Guru
Con Umiltà ci inchiniamo:
Possano Essi concedere la Liberazione nello Stato Intermedio

Versetti Introduttivi

Prima, nel Grande Bardo Thodol,
fu insegnato il Bardo chiamato Chonyid;
Ed ora, nel Bardo chiamato Sidpa,
il vivido ricordo è qui portato.

PARTE I

Il Mondo del Dopo la Morte

(Istruzioni Introduttive per l'Officiante): Anche se fino a qui sono stati forniti nel Chonyid Bardo molti vividi ricordi – escludendo quelli che avevano grande familiarità con la Verità reale e coloro che avevano un buon karma – quelli che avevano un cattivo karma a causa della mancanza di familiarità con la Verità o a causa del cattivo karma dovuto agli influssi, sono stati assaliti dalla paura e dal terrore, ed hanno avuto difficoltà nel compiere il riconoscimento. Costoro vanno oltre il Quattordicesimo Giorno, e per reimprimerli vividamente è necessario leggere quanto segue.

Il Corpo Del Bardo: La Sua Nascita e Le Sue Facoltà Sopranormali

Quindi, dopo aver reso omaggio alla Trinità ed aver recitato le invocazioni d'aiuto ai Buddha ed ai Bodhisattva, si dica quanto segue per tre o sette volte, chiamando il defunto per nome.
Oh, nobile essere, ascolta bene, e ricorda che la nascita nel mondo Infernale, nel mondo dei Deva ed in questo corpo del Bardo è del tipo chiamato nascita sopranormale.
Infatti, mentre stavi sperimentando la radiosità delle Pacificatrici e delle Furiose, nel Chonyid Bardo, essendo incapace di riconoscerle, subito dopo la tua morte, sei svenuto dalla paura, per circa tre giorni e mezzo; poi, quando ti sei riavuto dallo svenimento, il "Conoscitore" si è sollevato nella sua condizione primordiale ed è scaturito un corpo radioso, somigliante al tuo corpo precedente – come dice il Tantra:
"Avendo un corpo senza carne, somigliante al precedente ed a quello che sarà prodotto, dotato di tutte le facoltà dei sensi e del potere del movimento senza limiti, che possiede miracolosi poteri karmici, visibile agli stessi occhi celestiali della stessa sua natura."
Allora, questo è l'insegnamento:
Questo corpo radioso – che si dice somigliante al "precedente ed a quello che sarà prodotto" (intendendo che si avrà un corpo proprio come quello di sangue di carne, come il precedente corpo umano delle propensioni) – sarà dotato di certi segni e di certe qualità perfette, come ne posseggono gli esseri dai grandi destini.
Questo corpo, nato dal desiderio, è una forma pensiero allucinatoria dello Stato Intermedio, ed è chiamato corpo del desiderio.
In questo momento – se devi rinascere come Deva – ti appariranno visoni del mondo dei Deva; similmente, nel caso tu debba nascere come un asura, o un essere umano, o una bestia, o un preta o un essere infernale, ti apparirà una visione del luogo.
Di conseguenza, la parola "precedente" (nella citazione) implica che prima del terzo giorno e mezzo tu hai creduto di avere lo stesso tipo di corpo di quello di carne e di sangue, da te posseduto nell‟esistenza precedente, a causa delle tue propensioni abituali; e la parola "prodotto" è così usata perché, dopo, ti apparirà la visione del tuo futuro luogo di nascita. Pertanto, l‟espressione completa "al precedente e a quello che sarà prodotto" si riferisce a questo.
In questo momento, non andare dietro alle visioni che ti appaiono. Non lasciarti attrarre; non essere debole: se per debolezza ti affezionassi ad esse, dovresti vagare tra i Sei Loka soffrendone le pene.
Fino all‟altro giorno non sei stato capace di riconoscere il Chonyid Bardo e hai dovuto vagare scendendo lontano, fino a qui. Ora se vuoi aggrapparti alla Verità reale, devi permettere al tuo spirito di riposare senza distrazioni nella condizione del non agire e del non provare attaccamento, dello stato privo di oscurità, primordiale, luminoso e vuoto della tua mente, a cui sei stato introdotto dal tuo guru. In questo modo conseguirai la liberazione senza dover entrare nella porta del ventre. Ma se non sei capace di riconoscere te stesso, allora, chiunque siano la tua divinità tutelare e il tuo guru, medita su di loro, in uno stato di intenso affetto ed umile affidamento, proteggendo la corona della tua testa. Ciò è di grande importanza. Non distrarti.
(Istruzioni per l‟officiante): Parlate così, e, se da ciò conseguirà il riconoscimento, si otterrà la Liberazione, senza bisogno di aggirarsi per i Sei Loka. Se, tuttavia, il cattivo karma rendesse difficile il riconoscimento, allora dite quanto segue:
Oh, nobile essere, ascolta ancora: "Dotato delle facoltà di tutti i sensi e del potere del movimento senza limiti" significa che quando vivevi potevi essere cieco, o sordo, o zoppo, ma in questo Piano Dopo la Morte, i tuoi occhi vedono, le tue orecchie odono i suoni e tutti gli altri tuoi organi di senso sono integri, molto acuti e perfetti. Per questo il corpo del Bardo è detto "dotato di tutte le facoltà dei sensi". Questo è un indicatore del fatto che sei morto e che stai aggirandoti nel Bardo. Comportati in base a questo. Ricorda gli insegnamenti; ricorda gli insegnamenti.
Oh, nobile essere, "movimento senza limiti" significa che il corpo attuale, essendo un corpo del desiderio della tua mente, è separato dal suo sostegno, non è un corpo di materia grossolana, cosicché adesso tu hai il potere di attraversare i cumuli di massi, le colline, i macigni, la terra, le case ed il Monte Meru stesso senza alcun impedimento. Eccetto Buddha Gaya ed i ventre materno, anche il Re dei Monti, il Monte Meru stesso, può essere attraversato da te, avanti e indietro, senza alcun impedimento. Anche questo ti indica che stai aggirandoti nel Sidpa Bardo. Ricorda gli insegnamenti del guru e prega il Signore Compassionevole.
Oh, nobile essere, sei in realtà dotato del potere di agire in modo miracoloso, che non è, però, il frutto di un Samhadhi, ma un potere da te acquisito naturalmente, e pertanto è un potere karmico. Tu sei capace di attraversare in un momento i quattro continenti che circondano il Monte Meru. Oppure puoi recarti istantaneamente in qualunque luogo desideri; hai il potere di arrivarci nel tempo che un uomo impiega a piegare o a distendere la sua mano. Non desiderare questi vari poteri illusionistici e di cambiamento di forma, non desiderarli.
Non c'è nessuno di tali poteri, che potresti desiderare, che non potresti esibire. Esiste in te ora la capacità di esercitarli senza impedimento. Sappilo e prega il guru.
Oh, nobile essere, "visibile ai puri occhi celesti della stessa natura" significa che questi esseri della stessa natura, essendo di composizione simile o di simile livello di conoscenza dello Stato Intermedio, si potranno vedere reciprocamente. Per esempio, quegli esseri destinati a nascere tra i deva si vedranno gli uni con gli altri (e così via). Non innamorarti di loro, ma medita sul Compassionevole.
"Visibile ai puri occhi celesti" significa che i deva, essendo nati puri in virtù del merito, sono visibili ai puri occhi celestiali di coloro che praticano il dhyhana. Questi non li vedranno sempre; quando sono concentrati li vedranno, quando non lo sono, non li vedranno.


Caratteristiche Dell‟Esistenza Nello Stato Intermedio

Oh, nobile essere, il possessore di questa specie di corpo vede i luoghi ed i suoi parenti come si vedono in sogno.
Vedi i tuoi parenti ed i tuoi familiari e parli loro, ma non ricevi alcuna risposta. Allora, vedendo loro e la tua famiglia piangere, pensi: "Sono morto! Cosa farò adesso?" e provi una grande sofferenza, proprio come un pesce preso e messo sulle braci ardenti. In questo momento stai sperimentando una tale sofferenza. Ma sentirti infelice non ti sarà di alcun aiuto adesso. Se hai un guru divino, pregalo. Prega le Divinità Protettrici, il Compassionevole. Anche sentire attaccamento verso i tuoi parenti e familiari non ti farà bene. Perciò, non attaccarti. Prega il Signore Compassionevole; e non sentirai nessun dolore, nessun terrore, nessun timore.
Oh, nobile essere, quando ti senti spinto qua e là dal vento del karma, che è sempre in movimento, il tuo spirito, non avendo un oggetto su cui soffermarsi, è come una piuma sballottata in giro dal vento, che cavalca il respiro. Incessantemente ed involontariamente ti aggiri senza fine. A tutti coloro che stanno piangendo dici: "Sono qui, non piangete!" ma loro non ti sentono e tu pensi: "Sono morto!" e di nuovo ti sentirai molto infelice. Non sentirti infelice.
C'è una luce grigia come al crepuscolo, sia di giorno che di notte, per tutto il tempo. Puoi rimanere in questo stato per una, due, tre, quattro, cinque, sei, sette settimane, fino al quarantanovesimo giorno. Si dice che normalmente le sofferenze del Sidpa Bardo vengono vissute per circa ventidue giorni; ma a causa dell‟influenza determinata dal karma, non vi è un periodo fissato con sicurezza.
Oh, nobile essere, da un momento all'altro, il terribile vento del karma, terrificante ed insostenibile, ti sospingerà da dietro, con raffiche spaventose. Non aver paura, è una tua illusione. Una fitta, terrificante oscurità appare continuamente di fronte a te, a dal suo centro escono grida spaventose e terrorizzanti come "Colpisci! Uccidi!" e minacce simili. Non le temere.
In altri casi, persone con un karma molto cattivo, producono karmicamente dei rhakshasa o demoni divoratori di carne, che portano varie armi e gridano "Colpisci! Uccidi!" e così via, facendo un tumulto spaventoso. Essi attaccano di sorpresa come gareggiando tra loro per chi riuscirà ad afferrare la persona. Sorgono anche apparizioni illusorie di venire inseguiti da varie terribili bestie predatrici. Neve, pioggia, tenebre, raffiche di vento e l'allucinazione di essere inseguito da molte persone, come se stessero arrivando, e rumori come se una montagna crollasse, o se mari infuriati tracimassero, o si levasse un fuoco ruggente o un vento devastatore.
Quando arrivano questi rumori, rimanendo terrorizzati, si cerca di scappare in ogni direzione, senza badare a dove si sta scappando. Ma la via è ostruita da tre terribili precipizi, uno bianco, uno nero ed uno rosso. Essi sono profondi ed evocano terrore e la sensazione di cadervi dentro. Oh, nobile essere, questi non sono veri precipizi, sono la Collera, l'Avidità e l'Ignoranza.
Riconosci in questo momento che ti trovi nel Sidpa Bardo. Invoca il nome del Compassionevole, prega con fervore così: "Oh, Signore Compassionevole, e mio Guru e Preziosa Trinità non permettete che io (nome del defunto) scenda nei mondi infelici." Fai questo e non dimenticartene.
Altri, che hanno accumulato meriti, e sono stati sinceramente devoti alla religione, sperimentano piaceri deliziosi, felicità e benessere in misura completa. Il gruppo di esseri neutri che non hanno né acquisito meriti, né si sono creati karma cattivo, non sperimentano né piacere né dolore, ma una sorta di incolore, indifferente ottusità. Oh, nobile essere, qualunque cosa ti arrivi in questo modo, per quanto possa essere deliziosamente piacevole ciò che sperimenti, non lasciarti attrarre; non farti stordire da essi; non farlo; pensa: " Possano il Guru e la Trinità essere onorati da queste delizie donate dal merito." Abbandona ogni attaccamento, ogni brama.
Anche se tu non provi né piacere, né dolore, ma solo indifferenza, mantieni la tua attenzione assolutamente concentrata sul Grande Simbolo, senza pensare che stai meditando. Questo ha un'enorme importanza.
Oh, nobile essere, adesso ti trovi per un breve momento a ristorarti alle teste di ponte, nei templi, attraverso gli sthupa delle otto qualità, ma non puoi restare lì molto a lungo, perché il tuo spirito è stato separato dal tuo corpo. A causa di questa impossibilità di indugiare, ti senti spesso turbato, contrariato e in preda al panico. A volte il Conoscitore si sente appannato, provvisorio ed inconsistente. Al che ti trovi a pensare: "Ahimè! sono morto! Cosa farò adesso?" e a causa di questo pensiero il Conoscitore diventa triste ed il suo cuore gelato, e sperimenti una tristezza senza fine. Poiché non puoi trovare ristoro in nessun luogo, e ti senti costretto ad andare avanti, non perderti in pensieri ma permetti alla tua mente di restare rilassata.
Come cibo puoi prendere solo quello che ti è stato destinato, e nessun altro. In quanto agli amici, in questo momento, non vi è nessuna certezza.
Queste sono le indicazioni riguardo al vagare del corpo mentale nel Sidpa Bardo. In questo momento felicità o sofferenza dipendono dal karma.
Vedi la tua casa, i tuoi servitori, la tua famiglia, la tua salma e pensi: "Sono morto! Cosa faccio adesso?" e oppresso da una intensa tristezza, ti sorge questo pensiero: "Oh, cosa non darei per avere un corpo!" e così pensando andrai aggirandoti qua e là alla ricerca di un corpo.
Anche se tu riuscissi ad entrare per nove volte nel tuo corpo esanime, a causa del lungo intervallo da te trascorso nel Chonyid Bardo – esso sarà gelato in inverno e decomposto in estate, o, altrimenti la tua famiglia l'avrà cremato o sepolto o gettato nelle acque o dato agli uccelli o agli animali da preda. Perciò, non trovando nessun posto dove entrare, ti senti scontento ed hai la sensazione di essere spinto dentro crepacci e fenditure tra rocce e macigni. Questo tipo di sofferenze si sperimentano nello Stato Intermedio quando si cerca di rinascere. Anche se cerchi un corpo, non troverai altro che sofferenza. Metti da parte il desiderio di un corpo; e permetti all'intelletto di restare in uno stato dimesso, e cerca di restarvi.
Così, per mezzo del confronto faccia a faccia, si ottiene la liberazione dal Bardo

dalla versione di W.Y. Evans - Wentz

il Tao dei morti - terzo stadio

lunedì 24 marzo 2014

liberTaoTango

)
Cementerio Jardín de Paz, Buenos Aires, Capital Federal, Argentina

giovedì 20 marzo 2014

scienza & esperienza del Tao

Igor Morski
La ricerca del Sé e della Coscienza nella prospettiva enazionista, considerando mondi di coscienza ed esperienza senza fondamento analizzato secondo la tradizione del Buddhismo Abhidharma, si ritrova a rispondere in modo circolare alla domanda "Come mai sembra esistere un Sé coerente se non c'è?". La risposta ritorna alla circolarità ricorsiva tra scienza (in particolare scienze della cognizione) ed esperienza senza cadere nel baratro del Nichilismo:

WORLDS WITHOUT GROUND

Laying Down a Path in Walking

Science and Experience in Circulation

In the preface we announced that the theme of this book would be the circulation between cognitive science and human experience. In this final chapter we wish to situate this circulation within a wider contemporary context. In particular we wish to consider some of the  ethical dimensions of groundlessness in relation to the concern with nihilism that is typical of much post-Nietzschean thought. This is not the place to consider the many points that animate current North American and European discussions; our concern, rather, is to indicate how we see our project in relation to these discussions and to suggest further directions for investigation.
The back-and-forth communication between cognitive science and experience that we have explored can be envisioned as a circle. The circle begins with the experience of the cognitive scientist, a human being who can conceive of a mind operating without a self. This becomes embodied in a scientific theory. Emboldened by the theory, one can discover, with a disciplined, mindful approach to experience, that although there is constant struggle to maintain a self, there is no actual self in experience. The natural scientific inquisitiveness of the mind then queries, But how can there seem to be a coherent self when there is none? For an answer one can tum to mechanisms such as emergence and societies of mind. Ideally that could lead one to penetrate further into the causal relationships in one's experience, seeing the causes and effects of ego grasping and enabling one to begin to relax the struggle of ego grasping. As perceptions, relationships, and the activity of mind expand into awareness, one might have insight into the codependent lack of ultimate foundations either for one's mind or for its objects, the world. The inquisitive scientist then asks, How can we imagine, embodied in a mechanism, that relation of codependence between mind and world? The mechanism that we have created (the embodied metaphor of groundlessness) is that of enactive cognition, with its image of structural coupling through a history of natural drift. Ideally such an image can influence the scientific society and the larger society, loosening the hold of both objectivism and subjectivism and encouraging further communication between science and experience, experience and science.
The logic of this back-and-forth circle exemplified the fundamental circularity in the mind of the reflective scientist. The fundamental axis of this circulation is the embodiment of experience and cognition. It  should be recalled that embodiment in our sense, as for Merleau-Ponty, encompasses both the body as a lived , experiential structure and the body as the context or milieu of cognitive mechanisms. Thus in the communication we have portrayed in this book between cognitive science and the tradition of mind fullness/awareness, we have systematically juxtaposed the descriptions of experience taken from mind fullness/awareness practice with descriptions of cognitive architecture taken from cognitive science.
Like Merleau-Ponty, we have emphasized that a proper appreciation of this twofold sense of embodiment provides a middle way or entre-deux between the extremes of absolutism and nihilism. Both of these two extremes can be found in contemporary cognitive science. The absolutist extreme is easy to find, for despite other differences, the varieties of cognitive realism share the conviction that cognition is grounded in the representation of a pregiven world by a pregiven subject. The nihilist extreme is less apparent, but we have seen how it arises when cognitive science uncovers the nonunity of the self yet ignores the possibility of a transformative approach to human experience.
So far we have devoted less attention to this nihilist extreme, but it is in fact far more indicative of our contemporary cultural situation. Thus in the humanities - in art, literature , and philosophy - the growing awareness of groundlessness has taken form not through a confrontation with objectivism but rather with nihilism , skepticism, and extreme relativism. Indeed, this concern with nihilism is typical of late-twentieth-century life. Its visible manifestations are the increasing fragmentation of life , the revival of and continuing adherence to a variety of religious and political dogmatisms, and a pervasive yet intangible feeling of anxiety, which writers such as Milan Kundera in The Unbearable Lightness of Being depict so vividly.


















[...] Se la prese con se stesso, ma alla fine si disse che in realtà era del tutto naturale non sapere quel che voleva. Non si può mai sapere che cosa si deve volere perché si vive una vita soltanto e non si può né confrontarla con le proprie vite precedenti, né correggerla nelle vite future. E’ meglio stare con Tereza o rimanere solo? Non esiste alcun modo di stabilire quale decisione sia la migliore, perché non esiste alcun termine di paragone. L’uomo vive ogni cosa subito per la prima volta, senza preparazioni. Come un attore che entra in scena senza aver mai provato. Ma che valore può avere la vita se la prima prova è già la vita stessa? Per questo la vita somiglia sempre a uno schizzo. Ma nemmeno “schizzo” è la parola giusta, perché uno schizzo è sempre un abbozzo di qualcosa, la preparazione di un quadro, mentre lo schizzo che è la nostra vita è uno schizzo di nulla, un abbozzo senza quadro.
“Einmal ist keinmal”. Tomàs ripetè tra sé il proverbio tedesco. Quello che avviene soltanto una volta è come se non fosse mai avvenuto. Se l’uomo può vivere solo una vita, è come se non vivesse affatto. [...]
It is for this reason (and because nihilism and objectivism are actually deeply connected) that we turn to consider in more detail the nihilistic extreme. We have reserved this issue until now because it is both general and far reaching. Our discussion must accordingly become more equally concerned with the ethical dimension of groundlessness than it has been so far. In the final section of this chapter we will be more explicit about this ethical dimension. Before doing so, however, we wish to examine in more detail the nihilist extreme.

Nihilism and the Need for Planetary Thinking


Let us begin not by attempting to engage nihilism directly but rather by asking how nihilism arises. Where and at what point does the nihilist tendency first manifest itself?
We have been led to face groundlessness or the lack of stable foundations in both enactive cognitive science and in the mindful, open-ended approach to experience. In both settings we began naively but were forced to suspend our deep-seated conviction that the world is grounded independently of embodied perceptual and cognitive capacities. This deep-seated conviction is the motivation for objectivism-even in its most refined philosophical forms. Nihilism, however, is in a sense based on no analogous conviction, for it arises initially in reaction to the loss of faith in objectivism. Nihilism can, of course, be cultivated to a point where it takes on a life of its own, but in its first moment its form is one of response. Thus we can already see that nihilism is in fact deeply linked to objectivism, for nihilism is an extreme response to the collapse of what had seemed to provide a sure and absolute reference point.
We have already provided an example of this link between objectivism and nihilism when we examined the discovery within cognitive science of selfless minds. This deep and profound discovery requires the cognitive scientist to acknowledge that consciousness and selfidentity do not provide the ground or foundation for cognitive processes; yet she feels that we do believe, and must continue to believe, in an efficacious self. The usual response of the cognitive scientist is to ignore the experiential aspect when she does science and ignore the scientific discovery when she leads her life. As a result, the nonexistence of a self that would answer to our objectivist representations is typically confused with the nonexistence of the relative (practical) self altogether. Indeed, without the resources provided by a progressive approach to experience, there is little choice but to respond to the collapse of an objective self (objectivism) by asserting the objective nonexistence of the self (nihilism).
This response indicates that objectivism and nihilism, despite their apparent differences, are deeply connected-indeed the actual source of nihilism is objectivism. We have already discussed how the basis of objectivism is to be found in our habitual tendency to grasp after regularities that are stable but ungrounded. In fact, nihilism too arises from this grasping mind. Thus faced with the discovery of groundlessness, we nonetheless continue to grasp after a ground because we have not relinquished the deep-seated reflex to grasp that lies at the root of objectivism. This reflex is so strong that the absence of a solid ground is immediately reified into the objectivist abyss. This act of reification performed by the grasping mind is the root of nihilism. The mode of repudiation or denial that is characteristic of nihilism is actually a very subtle and refined form of objectivism: the mere absence of an objective ground is reified into an objective groundlessness that might continue to serve as an ultimate reference point. Thus although we have been speaking of objectivism and nihlism as opposed extremes with differing consequences, they ultimately share a common basis in the grasping mind.
An appreciation of the common source of objectivism and nihilism lies at the heart of the philosophy and practice of the middle way in Buddhism. For this reason, we are simply misinformed when we assume that concern with nihilism is a modem phenomenon of Greco-European origin. To appreciate the resources offered by these other traditions, however, we must not lose sight of the specificity of our present situation. Whereas in Buddhism, as anywhere else, there is always the danger of individuals experiencing nihilism (losing heart, as it is called in Buddhism) or of commentators straying into nihilistic errors of interpretation, nihilism has never become full blown or embodied in societal institutions.
Today nihilism is a tangible issue not only for our Western culture but for the planet as a whole. And yet as we have seen throughout this book, the groundlessness of the middle way in Mahayana Buddhism offers considerable resources for human experience in our present scientific culture. The mere recognition of this fact should indicate that the imaginative geography of "West" and "East" is no longer appropriate for the tasks we face today. Although we can begin from the premises and concerns of our own tradition, we need no longer proceed in ignorance of other traditions, especially of those that continually strived to distinguish rigorously between the groundlessness of nihilism and the groundlessness of the middle way.
Unlike Richard Rorty, then, we are not inspired in our attempt to face the issue of groundlessness and nihilism by the ideal of simply "continuing the conversation of the West." Instead, our project throughout this book owes far more to Martin Heidegger's invocation of "planetary thinking." As Heidegger wrote in The Question of Being,


We are obliged not to give up the effort to practice planetary thinking along a stretch of the road, be it ever so short. Here too no prophetic talents and demeanor are needed to realize that there are in store for planetary building encounters for which the participants are by no means equal today. This is equally true of the European and of the East Asiatic languages and, above all, for the area of a possible conversation between them. Neither one of the two is able by itself to open up this area and to establish it.
Our guiding metaphor is that a path exists only in walking, and our conviction has been that as a first step we must face the issue of groundlessness in our scientific culture and learn to embody that groundlessness in the openness of sunyata. One of the central figures of twentieth-century Japanese philosophy, Nishitani Keiji, has in fact made precisely this claim. Nishitani is exemplary for us because he was not only raised and personally immersed in the Zen tradition of mindfulness/awareness but was also one of Heidegger's students and so is thoroughly familiar with European thought in general and Heidegger's invocation of planetary thinking in particular. Nishitani's endeavor to develop a truly planetary form of philosophical yet embodied, progressive reflection is impressive.

mercoledì 19 marzo 2014

lunedì 17 marzo 2014

il Te del Tao: LXX - LA DIFFICOLTÀ DI INTENDERE


LXX - LA DIFFICOLTÀ DI INTENDERE

Le mie parole facilmente si intendono
e facilmente si attuano,
ma nessuno al mondo sa intenderle,
nessuno al mondo sa attuarle.
Le mie parole hanno un progenitore,
le mie imprese hanno un principe,
ma appunto perché non le intendono
non intendono me.
Poiché quelli che mi intendono sono rari
quelli che mi imitano sono da tenere in pregio.
Per questo il santo indossa rozze vesti
e cela nel seno la giada.

evviva 'o Tao


Cimitero comunale di Magliano in Toscana, Magliano in Toscana, Italia

venerdì 14 marzo 2014

Guarigione (Re di Coppe)


È un tempo in cui le ferite del passato, profondamente occultate, tornano a riaffiorare, pronte e disponibili a essere guarite. La figura di questa carta è nuda, vulnerabile, aperta al tocco amorevole dell'esistenza. L'aura intorno al suo corpo è colma di luce, e le qualità di rilassamento, attenzione e amore che la circondano dissolvono la sua lotta e la sua sofferenza. Fiori di loto luminosi appaiono sul suo corpo fisico, e intorno ai corpi energetici sottili che i guaritori dicono circondare ognuno di noi. In ognuno di questi strati sottili prende forma un cristallo o uno schema di guarigione. Quando ci troviamo sotto l'influenza guaritrice del Re d'Acqua, non ci nascondiamo più agli altri. In questa attitudine d'apertura e d'accettazione possiamo essere guariti, e al tempo stesso aiutare anche gli altri ad essere sani.

Ti porti dietro la tua ferita. Se è presente l'ego, tutto il tuo essere è una ferita. E tu te la porti dietro. Nessuno è interessato a ferirti, nessuno vuole intenzionalmente ferirti. Tutti sono impegnati a salvaguardare la propria ferita, chi ha energia ulteriore? Eppure accade, poiché tu sei così pronto a essere ferito, così ben disposto, sei semplicemente in attesa, ti aspetti qualsiasi cosa. Non puoi toccare un uomo del Tao. Come mai? Poiché non c'è nessuno da toccare, non c'è alcuna ferita; egli è sano, guarito, integro. Il termine “whole” (“integro”) è bellissimo. La parola “heal” (“guarire”) deriva da “whole”, come pure “holy” (“santo”): quell'uomo è integro, guarito, santo. Stai attento alla tua ferita. Non aiutarla a crescere, lasciala guarire; e guarirà solo allorché ti avvicinerai alle radici. Meno testa e maggior guarigione: senza mente non c'è alcuna ferita. Vivi una vita spensierata. Agisci come un essere globale e accetta ogni cosa. Provaci soltanto per ventiquattr'ore: totale accettazione di qualsiasi cosa accada. Qualcuno t'insulta, non reagire, accettalo e guarda cosa accade. All'improvviso sentirai fluire in te un'energia che non hai mai percepito in passato.