Capitolo III
Io non credo all'infinito. Si fa presto a dire: Non finisce più. Possibile? A camminare in linea retta un milione di secoli, se le pare un miliardo di secoli, non si arriverà al termine dei termini? Capisca, ho detto un miliardo di secoli. E facciamo due miliardi, anzi.... Secondo me, si arriverebbe, in tanto tempo, anche più in là. Ma il problema mi pare un altro: da che parte dovremmo avviarci, a destra o a sinistra?
"Non saprei...." rispose la guida. Tacque alcuni minuti, poi riprese.
L'infinito, la morte.... Due cose, una cosa. Gli uomini non pensano all'infinito, non pensano alla morte. Creda, ognuno è convinto di non morire. "Oh, uno, uno solamente può cavarsela - pensano - se sa fare!" Non lo dicono a nessuno, neanche ai figli, perché se il numero ingrossa, la cosa diventa difficile. Vivono con questa segreta speranza; se no, andrebbero ai funerali con tanta disinvoltura?
Un'estate, a Saint-Moritz, ero seduto con il banchiere Schappen sull'orlo di un precipizio. Diceva Schappen: "Questa sera mangerò pernici con tartufi". Sarebbe bastata una spinta, una piccola spinta.
L'incoscienza di alcuni giunge a fissare appuntamenti per l'anno dopo: "Arrivederci a Biarritz...." Le mamme poi....; dicono ai figlioli: "Tesoro, quando sarai grande...." Matte!
Io non ignoro la mia sorte. Vivrò dieci anni ancora, cento? Ma gli anni, a saperli gustare, non sono pochi. Basta non essere come coloro che toccano i trenta, dicono, senza accorgersene, o in treno o in ufficio smaniano perché il tempo passi presto.
Così si capisce che i giorni se ne vanno come la sabbia fra le dita, e il vivere diventa una faccenda sbrigativa. Io, invece, considero la giornata, la divido in ventiquattro ore e bado al quarto. Sa quante cose si fanno in un'ora? Una cenetta, una fumata, due passi; guardiamo le vetrine, il passeggio, ci nascono talune riflessioni che a metterle in carta darebbero la fama. Quando mi pare che il tempo scorra troppo veloce, divido l'ora in minuti primi e, talvolta, in minuti secondi; tremilaseicento minuti secondi....
E immagina come passo i momenti più belli della mia giornata?
Davanti allo specchio. Prima mi guardo vestito di tutto punto, poi in mutande, poi senza. Il mio profilo è più delicato visto dalla destra; la maschera del dolore mi imbruttisce.
Mi alzo sulla punta dei piedi: perfetto: sarei perfetto, due dita più alto. Poi danzo, faccio inchini, saluti.... In complesso sono soddisfatto.
Poi dico: come sarei se fossi matto? Sbarro gli occhi, spalanco la bocca, mi arruffo i capelli, rido. È triste, ciò che io credevo possibile solo per gli altri, è possibile anche per me.
In fine faccio il morto: metto il letto davanti allo specchio, mi inciprio la faccia; mi distendo sul letto, sto lì a guardarmi con gli occhi socchiusi. Penso: "anch'io, dunque, fra vent'anni, fra cento, sarò tale e quale, con un altro vestito, forse con i baffi e la barba, ma così in sostanza". Seguito a riflettere e di solito mi addormento. In tal modo, un pochino alla volta mi abituo a morire.
La morte! È un mistero anche per me, per noi larve. Ci sembra di essere ancora lungo il viaggio perché siamo troppo simili a prima. La morte sarà una cosa ben più terribile. Udrete infatti nell'oltretomba parole come fossero dei vivi : ciascuno dietro ai propri sogni o dolori, che sono sogni o dolori nati nei pochi anni di vita terrena e che ci trascineremo dietro per miliardi di secoli, sin che a Dio piacerà.
Se fossi ricco passerei buona parte della giornata sdraiato in una soffice poltrona a pensare alla morte. Sono povero, invece, e posso pensarci solo nei ritagli di tempo, o di nascosto. Alcuni giorni fa il signor Better mi sorprese che guardavo incantato il soffitto e gridò: "Sia l'ultima volta che la trovo a pensare alla morte in ufficio".
Se fossi re obbligherei anche i bambini a pensarci almeno un'ora al giorno. Eccoli ancora accaldati per i recenti giuochi, con le braccia conserte sul banco, che pensano che pensano....
Presto andrò in pensione e sarò libero. Quando incontrerò il signor Better, per fargli dispetto, mi metterò a pensare alla morte con tutte le mie forze.
A me, da vivo, anche il destino si presentava come una forza più di ogni altra inesplicabile e meritevole di meditazione. Fu un fatto insignificante a scuotere la tranquillità del mio spirito. Ascoltate: "Un giorno passeggio per il mio giardino, vedo una mosca prigioniera in una tela di ragno tesa fra due rami. "Destino", penso. Sto per allontanarmi, mi viene un'idea: tolgo la mosca dalla rete. "Destino", penso. Ma un minuto dopo torno a mettere la mosca in prigionia. Quale sarà il destino di questa mosca? Trascorsa un'ora sono ancora lì a togliere e a mettere la mosca nella rete. Quale imbarazzo. Passa il mio vicino Smith. Lo chiamo, lo metto al corrente della cosa in due parole, gli consegno la mosca, mi allontano mentre egli se ne sta lì molto perplesso con l'insetto tra le dita".
Questo caso mi pare assai meno ossessionante di quello che mi riguarda.
Un mattino esco di casa verso il mezzodì. Ho mangiato un panino così piccolo che quasi non lo ricordo. Ero allora solo e poverissimo. Allo svolto della strada mi fermo davanti a Gypper, il pasticcere. Guardo le belle cose che sono nella vetrina. Il cagnolino di Milton mi arriva tra i piedi. Cosa fa il cagnolino di Milton? Sferro un gran calcio allo screanzato. Milton vede, mi offende, io rispondo per le rime, tanta gente sta intorno a noi. Mi allontano: ma prendo una via solitaria; l'episodio mi ha messo di un umore più tetro. Cammina cammina, nel primo vicolo che imbocco vedo un pacchetto per terra. Facciamola breve, mi metto in tasca le banconote e mi sento felice, così felice che mi vengono le lacrime agli occhi. Mi avvio a casa, voglio contare in pace il danaro. Davanti a Gypper c'è ancora un capannello di gente con Milton in mezzo che parla e parla. Passo, saluto Milton, saluto tutti. Sì, un po' di sterline sono la vita. Ma, ahimè, da quel giorno non ebbi quiete. Pensavo al caso, alla potenza del caso. Mentre ero in letto mi tormentavo: "E se giù nella strada c'è un pacchetto, un pacchettino di banconote? O ci sarà tra cinque minuti, o tra cinque secondi? Basta un secondo a decidere il bene e il male. Insomma non riuscivo a stare fermo, dovevo scendere subito, subito".