I GRANDI PROCESSI STOCASTICI.
7. ADATTAMENTO E ASSUEFAZIONE.
“Adattamento”, nel linguaggio degli evoluzionisti, è più o meno sinonimo del termine “disegno” nel linguaggio di teologi come William Paley, il cui "Evidences" è una voluminosa raccolta di esempi ragguardevoli di eleganti modifiche speciali di adattamento degli animali al loro modo di vita.
Ma io sospetto che tanto “adattamento” quanto “disegno” siano concetti fuorvianti. Se consideriamo la produzione di particolari casi di adattamento - la chela del granchio, la mano e l'occhio dell'uomo e così via - come il problema al centro di tutto il vasto insieme di problemi che l'evoluzionista deve risolvere, distorciamo e limitiamo la visione totale dell'evoluzione. Si direbbe che, forse come conseguenza delle sciocche battaglie tra i primi evoluzionisti e la Chiesa, di tutto l'ampio flusso eracliteo del processo evolutivo ci si sia soffermati a esaminare solo certi vortici e ristagni di corrente. Di conseguenza, i due grandi processi stocastici sono stati in parte ignorati. Perfino i biologi professionisti non hanno visto che, nella prospettiva più ampia, l'evoluzione è altrettanto scevra di valori e bella quanto la danza di Shiva, dove tutto, bellezza e bruttezza, creazione e distruzione, è espresso o concentrato in un unico percorso simmetrico complesso.
Mettendo l'uno accanto all'altro i termini "adattamento" e "assuefazione" nel titolo di questo paragrafo, ho cercato di correggere questa visione sentimentale, o per lo meno troppo ottimistica, dell'evoluzione nel suo complesso. Gli affascinanti casi di adattamento che fanno apparire la natura così intelligente e ingegnosa possono anche essere i primi passi verso la patologia e l'eccessiva specializzazione. Eppure è difficile vedere la chela del granchio e la retina umana come primi passi verso la patologia.
Si direbbe che la domanda da porre è: che cosa caratterizza gli adattamenti che si rivelano disastrosi, e in che cosa differiscono da quelli che sembrano essere benefici e che, come la chela del granchio, restano benefici nel corso delle ere geologiche?
La domanda è pressante e tocca da vicino gli attuali dilemmi della nostra civiltà. Ai tempi di Darwin ogni invenzione appariva benefica; oggi non è così. Agli occhi più acuti del Novecento ogni invenzione apparirà sospetta, e si dubiterà che i ciechi processi stocastici cooperino sempre a fin di bene.
Abbiamo un assoluto bisogno di una scienza che analizzi l'intera questione dell'adattamento e della assuefazione a tutti i livelli. Forse l'ecologia è l'inizio di una simile scienza, benché‚ gli ecologi siano ancora ben lungi dallo spiegarci come sfuggire alla corsa agli armamenti atomici.
In linea di principio, il cambiamento genetico casuale accompagnato dalla selezione naturale, per quanto riguarda il pensiero, i processi casuali di tentativi ed errori accompagnati dal rinforzo selettivo agiranno necessariamente per il bene della specie o dell'individuo. E a livello sociale non è ancora sicuro che le invenzioni e gli stratagemmi che vengono premiati nell'individuo siano necessariamente vantaggiosi per la sopravvivenza della società; e, per converso, le linee politiche scelte dai rappresentanti della società non sono necessariamente vantaggiose per la sopravvivenza degli individui.
Si possono addurre un gran numero di modelli che indicano come la fiducia nella selezione naturale o nel "laissez faire" sia chiaramente ingenua:
a) Il resto del sistema cambia fino ad accerchiare l'innovazione per renderla irreversibile.
b) L'interazione con altre specie o altri individui porta a un cambiamento del contesto, sicché‚ diventa necessaria un'ulteriore innovazione dello stesso genere e il sistema subisce un'amplificazione sempre più forte o va in fuga.
c) L'innovazione provoca altri cambiamenti entro il sistema, rendendo necessario rinunciare ad altri adattamenti.
d) La flessibilità (cioè l'entropia positiva) del sistema si esaurisce.
e) La specie adattata è talmente favorita che distruggerà la propria nicchia ecologica per eccesso di sfruttamento.
f) Ciò che in una prospettiva a breve termine pareva desiderabile diventa disastroso nei tempi più lunghi.
g) La specie o l'individuo innovatore arriva ad agire come se non fosse più parzialmente dipendente dalle specie e dagli individui limitrofi.
h) Con un processo di assuefazione l'innovatore si trova costretto a perpetuare lo sforzo di mantenere costante un certo ritmo di cambiamento. L'assuefazione sociale alla corsa agli armamenti non è fondamentalmente diversa dall'assuefazione individuale agli stupefacenti. Il buon senso spinge sempre il drogato a procurarsi un'altra dose. E così via.
Insomma, si scoprirà che ciascuna di queste situazioni disastrose contiene un errore di 'tipo logico'. Nonostante il guadagno immediato a un livello logico, in qualche altro contesto, più ampio o più esteso nel tempo, il segno cambia e il vantaggio diventa calamità.
Non possediamo alcuna conoscenza sistematica della dinamica di questi processi.
“Adattamento”, nel linguaggio degli evoluzionisti, è più o meno sinonimo del termine “disegno” nel linguaggio di teologi come William Paley, il cui "Evidences" è una voluminosa raccolta di esempi ragguardevoli di eleganti modifiche speciali di adattamento degli animali al loro modo di vita.
Ma io sospetto che tanto “adattamento” quanto “disegno” siano concetti fuorvianti. Se consideriamo la produzione di particolari casi di adattamento - la chela del granchio, la mano e l'occhio dell'uomo e così via - come il problema al centro di tutto il vasto insieme di problemi che l'evoluzionista deve risolvere, distorciamo e limitiamo la visione totale dell'evoluzione. Si direbbe che, forse come conseguenza delle sciocche battaglie tra i primi evoluzionisti e la Chiesa, di tutto l'ampio flusso eracliteo del processo evolutivo ci si sia soffermati a esaminare solo certi vortici e ristagni di corrente. Di conseguenza, i due grandi processi stocastici sono stati in parte ignorati. Perfino i biologi professionisti non hanno visto che, nella prospettiva più ampia, l'evoluzione è altrettanto scevra di valori e bella quanto la danza di Shiva, dove tutto, bellezza e bruttezza, creazione e distruzione, è espresso o concentrato in un unico percorso simmetrico complesso.
Mettendo l'uno accanto all'altro i termini "adattamento" e "assuefazione" nel titolo di questo paragrafo, ho cercato di correggere questa visione sentimentale, o per lo meno troppo ottimistica, dell'evoluzione nel suo complesso. Gli affascinanti casi di adattamento che fanno apparire la natura così intelligente e ingegnosa possono anche essere i primi passi verso la patologia e l'eccessiva specializzazione. Eppure è difficile vedere la chela del granchio e la retina umana come primi passi verso la patologia.
Si direbbe che la domanda da porre è: che cosa caratterizza gli adattamenti che si rivelano disastrosi, e in che cosa differiscono da quelli che sembrano essere benefici e che, come la chela del granchio, restano benefici nel corso delle ere geologiche?
La domanda è pressante e tocca da vicino gli attuali dilemmi della nostra civiltà. Ai tempi di Darwin ogni invenzione appariva benefica; oggi non è così. Agli occhi più acuti del Novecento ogni invenzione apparirà sospetta, e si dubiterà che i ciechi processi stocastici cooperino sempre a fin di bene.
Abbiamo un assoluto bisogno di una scienza che analizzi l'intera questione dell'adattamento e della assuefazione a tutti i livelli. Forse l'ecologia è l'inizio di una simile scienza, benché‚ gli ecologi siano ancora ben lungi dallo spiegarci come sfuggire alla corsa agli armamenti atomici.
In linea di principio, il cambiamento genetico casuale accompagnato dalla selezione naturale, per quanto riguarda il pensiero, i processi casuali di tentativi ed errori accompagnati dal rinforzo selettivo agiranno necessariamente per il bene della specie o dell'individuo. E a livello sociale non è ancora sicuro che le invenzioni e gli stratagemmi che vengono premiati nell'individuo siano necessariamente vantaggiosi per la sopravvivenza della società; e, per converso, le linee politiche scelte dai rappresentanti della società non sono necessariamente vantaggiose per la sopravvivenza degli individui.
Si possono addurre un gran numero di modelli che indicano come la fiducia nella selezione naturale o nel "laissez faire" sia chiaramente ingenua:
a) Il resto del sistema cambia fino ad accerchiare l'innovazione per renderla irreversibile.
b) L'interazione con altre specie o altri individui porta a un cambiamento del contesto, sicché‚ diventa necessaria un'ulteriore innovazione dello stesso genere e il sistema subisce un'amplificazione sempre più forte o va in fuga.
c) L'innovazione provoca altri cambiamenti entro il sistema, rendendo necessario rinunciare ad altri adattamenti.
d) La flessibilità (cioè l'entropia positiva) del sistema si esaurisce.
e) La specie adattata è talmente favorita che distruggerà la propria nicchia ecologica per eccesso di sfruttamento.
f) Ciò che in una prospettiva a breve termine pareva desiderabile diventa disastroso nei tempi più lunghi.
g) La specie o l'individuo innovatore arriva ad agire come se non fosse più parzialmente dipendente dalle specie e dagli individui limitrofi.
h) Con un processo di assuefazione l'innovatore si trova costretto a perpetuare lo sforzo di mantenere costante un certo ritmo di cambiamento. L'assuefazione sociale alla corsa agli armamenti non è fondamentalmente diversa dall'assuefazione individuale agli stupefacenti. Il buon senso spinge sempre il drogato a procurarsi un'altra dose. E così via.
Insomma, si scoprirà che ciascuna di queste situazioni disastrose contiene un errore di 'tipo logico'. Nonostante il guadagno immediato a un livello logico, in qualche altro contesto, più ampio o più esteso nel tempo, il segno cambia e il vantaggio diventa calamità.
Non possediamo alcuna conoscenza sistematica della dinamica di questi processi.