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lunedì 28 aprile 2014

martedì 22 aprile 2014

se fossi ricco penserei al Tao

Capitolo III

Io non credo all'infinito. Si fa presto a dire: Non finisce più. Possibile? A camminare in linea retta un milione di secoli, se le pare un miliardo di secoli, non si arriverà al termine dei termini? Capisca, ho detto un miliardo di secoli. E facciamo due miliardi, anzi.... Secondo me, si arriverebbe, in tanto tempo, anche più in là. Ma il problema mi pare un altro: da che parte dovremmo avviarci, a destra o a sinistra?

"Non saprei...." rispose la guida. Tacque alcuni minuti, poi riprese.

L'infinito, la morte.... Due cose, una cosa. Gli uomini non pensano all'infinito, non pensano alla morte. Creda, ognuno è convinto di non morire. "Oh, uno, uno solamente può cavarsela - pensano - se sa fare!" Non lo dicono a nessuno, neanche ai figli, perché se il numero ingrossa, la cosa diventa difficile. Vivono con questa segreta speranza; se no, andrebbero ai funerali con tanta disinvoltura?

Un'estate, a Saint-Moritz, ero seduto con il banchiere Schappen sull'orlo di un precipizio. Diceva Schappen: "Questa sera mangerò pernici con tartufi". Sarebbe bastata una spinta, una piccola spinta.

L'incoscienza di alcuni giunge a fissare appuntamenti per l'anno dopo: "Arrivederci a Biarritz...." Le mamme poi....; dicono ai figlioli: "Tesoro, quando sarai grande...." Matte!

Io non ignoro la mia sorte. Vivrò dieci anni ancora, cento? Ma gli anni, a saperli gustare, non sono pochi. Basta non essere come coloro che toccano i trenta, dicono, senza accorgersene, o in treno o in ufficio smaniano perché il tempo passi presto.

Così si capisce che i giorni se ne vanno come la sabbia fra le dita, e il vivere diventa una faccenda sbrigativa. Io, invece, considero la giornata, la divido in ventiquattro ore e bado al quarto. Sa quante cose si fanno in un'ora? Una cenetta, una fumata, due passi; guardiamo le vetrine, il passeggio, ci nascono talune riflessioni che a metterle in carta darebbero la fama. Quando mi pare che il tempo scorra troppo veloce, divido l'ora in minuti primi e, talvolta, in minuti secondi; tremilaseicento minuti secondi....

E immagina come passo i momenti più belli della mia giornata?

Davanti allo specchio. Prima mi guardo vestito di tutto punto, poi in mutande, poi senza. Il mio profilo è più delicato visto dalla destra; la maschera del dolore mi imbruttisce.

Mi alzo sulla punta dei piedi: perfetto: sarei perfetto, due dita più alto. Poi danzo, faccio inchini, saluti.... In complesso sono soddisfatto.

Poi dico: come sarei se fossi matto? Sbarro gli occhi, spalanco la bocca, mi arruffo i capelli, rido. È triste, ciò che io credevo possibile solo per gli altri, è possibile anche per me.

In fine faccio il morto: metto il letto davanti allo specchio, mi inciprio la faccia; mi distendo sul letto, sto lì a guardarmi con gli occhi socchiusi. Penso: "anch'io, dunque, fra vent'anni, fra cento, sarò tale e quale, con un altro vestito, forse con i baffi e la barba, ma così in sostanza". Seguito a riflettere e di solito mi addormento. In tal modo, un pochino alla volta mi abituo a morire.

La morte! È un mistero anche per me, per noi larve. Ci sembra di essere ancora lungo il viaggio perché siamo troppo simili a prima. La morte sarà una cosa ben più terribile. Udrete infatti nell'oltretomba parole come fossero dei vivi : ciascuno dietro ai propri sogni o dolori, che sono sogni o dolori nati nei pochi anni di vita terrena e che ci trascineremo dietro per miliardi di secoli, sin che a Dio piacerà.

Se fossi ricco passerei buona parte della giornata sdraiato in una soffice poltrona a pensare alla morte. Sono povero, invece, e posso pensarci solo nei ritagli di tempo, o di nascosto. Alcuni giorni fa il signor Better mi sorprese che guardavo incantato il soffitto e gridò: "Sia l'ultima volta che la trovo a pensare alla morte in ufficio".

Se fossi re obbligherei anche i bambini a pensarci almeno un'ora al giorno. Eccoli ancora accaldati per i recenti giuochi, con le braccia conserte sul banco, che pensano che pensano....

Presto andrò in pensione e sarò libero. Quando incontrerò il signor Better, per fargli dispetto, mi metterò a pensare alla morte con tutte le mie forze.

A me, da vivo, anche il destino si presentava come una forza più di ogni altra inesplicabile e meritevole di meditazione. Fu un fatto insignificante a scuotere la tranquillità del mio spirito. Ascoltate: "Un giorno passeggio per il mio giardino, vedo una mosca prigioniera in una tela di ragno tesa fra due rami. "Destino", penso. Sto per allontanarmi, mi viene un'idea: tolgo la mosca dalla rete. "Destino", penso. Ma un minuto dopo torno a mettere la mosca in prigionia. Quale sarà il destino di questa mosca? Trascorsa un'ora sono ancora lì a togliere e a mettere la mosca nella rete. Quale imbarazzo. Passa il mio vicino Smith. Lo chiamo, lo metto al corrente della cosa in due parole, gli consegno la mosca, mi allontano mentre egli se ne sta lì molto perplesso con l'insetto tra le dita".

Questo caso mi pare assai meno ossessionante di quello che mi riguarda.

Un mattino esco di casa verso il mezzodì. Ho mangiato un panino così piccolo che quasi non lo ricordo. Ero allora solo e poverissimo. Allo svolto della strada mi fermo davanti a Gypper, il pasticcere. Guardo le belle cose che sono nella vetrina. Il cagnolino di Milton mi arriva tra i piedi. Cosa fa il cagnolino di Milton? Sferro un gran calcio allo screanzato. Milton vede, mi offende, io rispondo per le rime, tanta gente sta intorno a noi. Mi allontano: ma prendo una via solitaria; l'episodio mi ha messo di un umore più tetro. Cammina cammina, nel primo vicolo che imbocco vedo un pacchetto per terra. Facciamola breve, mi metto in tasca le banconote e mi sento felice, così felice che mi vengono le lacrime agli occhi. Mi avvio a casa, voglio contare in pace il danaro. Davanti a Gypper c'è ancora un capannello di gente con Milton in mezzo che parla e parla. Passo, saluto Milton, saluto tutti. Sì, un po' di sterline sono la vita. Ma, ahimè, da quel giorno non ebbi quiete. Pensavo al caso, alla potenza del caso. Mentre ero in letto mi tormentavo: "E se giù nella strada c'è un pacchetto, un pacchettino di banconote? O ci sarà tra cinque minuti, o tra cinque secondi? Basta un secondo a decidere il bene e il male. Insomma non riuscivo a stare fermo, dovevo scendere subito, subito".

Zobi, la mouche Taò

lunedì 14 aprile 2014

mercoledì 9 aprile 2014

effetto Tao


Nel 1988 i risultati di un progetto denominato “International Peace Project in the Middle East”, realizzato per un periodo di due mesi nel 1983 durante la guerra in Libano, furono pubblicati dal Journal of Conflict Resolution. Durante la guerra fra Israele e Libano verificatasi all'inizio degli anni '80 alcuni praticanti furono istruiti sull'uso di tecniche specifiche di TM - Meditazione Trascendentale secondo le pratiche di Maharishi Mahesh, per “sentire” la pace dentro di sé a livello fisico, anziché pensare alla pace coinvolgendo solo la mente, o limitarsi a pregare per la pace, determinando in modo attivo il cosidetto effetto Maharishi.
L'effetto della pratica di singoli individui sulla società è spiegato come un'inflenza della coscienza collettiva:

Just as the consciousness of an individual determines the quality of his thought and behavior, so also there exists another type of consciousness for society as a whole: a collective consciousness for each family, city, state, or nation, having its own reality and the possibility of growth. The quality of collective consciousness of a society is a direct and sensitive reflection of the level of consciousness of its individual members.

...

All occurrences of violence, negativity and conflict, crises, or problems in any society are just the expression of growth of stress in collective consciousness. When the level of stress becomes sufficiently great, it bursts out into large-scale violence, war, and civil uprising necessitating military action.

...
Whatever may seem to be the cause of the outbursts of terrorism, whatever little excuses there are, these excuses arise on the surface of the human race only from the stress in world consciousness, and stress is not seen until it bursts out.

...
The basis of stress in world consciousness is the violation of natural law by the people. The basis of the violation of natural law is the fact that the educational systems do not educate the people to spontaneously think and act according to natural law.
Maharishi Mahesh Yogi

Ogni mese, in determinati giorni e ore, le persone partecipanti al progetto agivano secondo le tecniche di TM a Gerusalemme. Durante la finestra temporale in cui i partecipanti evocavano interiormente la pace, le attività terroristiche, i crimini contro le persone, i ricoveri al pronto soccorso e il numero di incidenti stradali venivano monitorati e con un confronto ed una elaborazione statistica si trovò che si riducevano. Quando interrompevano la pratica, le statistiche si invertivano. Le ricerche indicavano che quando una piccola percentuale della popolazione praticava e sperimentava individualmente la pace interiore, quella sensazione si rifletteva sul mondo circostante.
I risultati tennero conto dei giorni feriali e festivi e perfino dei cicli lunari, rivelando dati sufficientemente coerenti da permettere di stabilire quante persone sono necessarie per agire in modo positivo sul mondo circostante, la radice quadrata dell'uno per cento della popolazione presa in considerazione:1 % popolazione. Questo è solo il numero di base necessario a far iniziare l'effetto - più persone partecipano, maggiore e più concreto è il risultato.

Dimensione
Popolazione
Numero persone TM
villaggio/paese
1000
3
città piccole dimensioni
10000
10
città medie dimensioni
100000
31
città
1 milione
100
città grandi dimensioni
10 milioni
316
nazione
100 milioni
1000
continente
1 miliardo
3162
popolazione mondiale
6 miliardi
7745

International Peace Project in the Middle East

The Effects of the Maharishi Technology of the Unified Field

    David W. Orme-Johnson, John L. Davies, Howard M. Chandler
    Department of Psychology, Maharishi International University
    Charles N. Alexander
    Department of Psychology and Social Relations, Harvard University
    Wallace E. Larimore
    Computational Engineering, Inc., Woburn, Massachusetts
Abstract
This prospective social experiment tests a new theory and technology for alleviating violent conflict through reducing societal stress in an underlying field of “collective consciousness.” It was predicted that group practice of the Maharishi Technology of the Unified Field (the Transcendental Meditation and TM-Sidhi program) during August and September, 1983, in Jerusalem, would reduce stress in the collective consciousness and behavior of Israel and Lebanon. Box-Jenkins Arima impact assessment, cross-correlation, and transfer function analyses were used to study the effects of changes in the size of the group on several variables and composite indices reflecting (a) the quality of life in Jerusalem (automobile accidents, fires, and crime), (b) the quality of life in Israel (crime, stock market, and national mood, derived from news content analysis), and (c) the war in Lebanon (war deaths of all factions and war intensity, derived from news content analysis). Increases in the size of the group had a statistically significant effect in the predicted direction on the individual variables and on all composite quality-of-life indices. The effects of holidays, temperature, weekends, and other forms of seasonality were explicitly controlled and could not account for these results. Cross-correlations and transfer functions indicated that the group had a leading relationship to change on the quality-of-life indicators, supporting a causal interpretation.

Journal of Conflict Resolution, December 1988 32: 776-812

http://jcr.sagepub.com/content/32/4/776.abstract

lunedì 7 aprile 2014

Tao supremo



Live At Montreux 2011: Invitation To Illumination

Backing Vocals -- Andy Vargas, Carlos Santana, John McLaughlin, Tony Lindsay
Bass Guitar -- Etienne Mbappe
Congas -- Raul Rekow
Drums -- Cindy Blackman, Dennis Chambers
Keyboards -- David K. Mathews
Lead Guitar -- Carlos Santana, John McLaughlin
Recorded Live on July 1, 2011, at The Auditorium Stravinski, Montreux Jazz Festival, Switzerland.

venerdì 4 aprile 2014

Tao confetto

Alexander Nevsky Monastery, Saint Petersburg, Saint Petersburg Federal City, Russian Federation

mercoledì 2 aprile 2014

realizzazione del Tao


La realizzazione del Sé è un bisogno fondamentale?


















Innanzitutto cerca di capire cosa si intende per realizzazione del . E’ stato A.H. Maslow a usare questo termine. L’uomo è nato come potenzialità: non è un’attualità, è solo potenziale.
L’uomo è nato come possibilità, non come attualità. Può diventare qualcosa. Può realizzare come non realizzare le sue potenzialità. Può sfruttare come non sfruttare l’opportunità e la natura non ti costringe a realizzarti. Sei libero. Puoi scegliere di realizzarti come di non fare nulla al riguardo. L’uomo nasce come seme. Quindi, nessuno è nato già realizzato, ma solo con la possibilità della realizzazione. Se le cose stanno così – e le cose stanno così – la realizzazione del Sé diventa un bisogno fondamentale, perché se non sei realizzato, se non diventi ciò che puoi essere o ciò che sei destinato a essere, se il tuo destino non si compie, se non ti realizzi, se il tuo seme non diventa un albero realizzato, sentirai che ti manca qualcosa. E tutti lo sentono. Questo senso di mancanza in realtà è dovuto al fatto che non ti sei ancora realizzato. In realtà non è che a mancarti sono le ricchezze o una posizione, il prestigio o il potere. Anche se ti venisse dato tutto ciò che chiedi – ricchezze, potere, prestigio, qualunque cosa – avresti questa impressione costante che manchi qualcosa dentro di te, perché questo “qualcosa che manca” non ha alcun rapporto con ciò che è esterno: riguarda la tua crescita interiore. Percepirai questo senso di mancanza a meno che non ti realizzi, se non giungi a una realizzazione, a una fioritura, a un appagamento interiore nel quale senti di essere ciò che dovevi essere. E non potrai distruggere questa sensazione con nessun’altra cosa. Perciò realizzazione del Sé significa che una persona è diventata quello che doveva essere: era nata come seme e ora è fiorita. E’ giunta al suo completo sviluppo, uno sviluppo interiore, è giunta al termine interiore. Non appena senti che tutte le tue potenzialità si sono attuate, sentirai anche l’apice della vita, dell’amore, dell’esistenza stessa. Abraham Maslow, ha anche coniato un altro termine: “Esperienza della vetta”.
Quando una persona realizza se stessa, raggiunge un culmine, una vetta di beatitudine. Allora non c’è più smania di nulla: è totalmente appagata da se stessa. Ora non le manca più nulla: non c’è più desiderio, richiesta, movimento. Qualsiasi cosa sia, è totalmente appagata da se stessa. La realizzazione del Sé diventa un’esperienza culminante, e solo un individuo realizzato può vivere esperienze culminanti. Allora qualsiasi cosa tocchi, qualsiasi cosa faccia o non faccia – anche il semplice esistere – per lui è un’esperienza culminante, il semplice esistere è beatitudine.
Perciò la beatitudine non riguarda nulla di esterno, è solamente una conseguenza della crescita interiore. Un Buddha è un individuo che ha realizzato se stesso: questa è la ragione per la quale raffiguriamo il Buddha, Mahavira e altri – in sculture, in pitture e in qualsiasi raffigurazione – che siedono su un loto pienamente sbocciato.

Questo loto pienamente sbocciato è il culmine della fioritura interiore. Nell’interiorità sono fioriti e sbocciati pienamente. Questa fioritura interiore produce una radiosità, una rugiada di beatitudine che emana costantemente da loro. Basta andare sotto la loro ombra, avvicinarsi a loro, per sentirsi avvolti dal silenzio. C’è un interessante aneddoto su Mahavira. E’ un mito, ma i miti sono affascinanti e possono esprimere molte cose che non potrebbero essere dette in altro modo. Si narra che quando Mahavira si spostava, tutt’intorno a lui, per un raggio di circa quaranta chilometri, tutti i fiori sbocciassero, anche se non era stagione. Questa è solo un’immagine poetica, ma persino una persona che non ha realizzato il Sé, se venisse in contatto con Mahavira, sarebbe contagiata dalla sua fioritura e sentirebbe anche in se stessa una fioritura interiore. Anche se non fosse la stagione giusta per quella persona, anche se non fosse pronta, la rifletterebbe, sentirebbe un’eco. Se Mahavira fosse vicino a qualcuno, quella persona sentirebbe un’eco dentro di sé, e avrebbe una visione fugace di ciò che potrebbe essere. La realizzazione del Sé è il bisogno fondamentale, e quando dico fondamentale, intendo che ti sentiresti incompiuto anche se tutti i tuoi bisogni venissero soddisfatti, tutti accetto questo. Se, al contrario, accadesse la realizzazione del Sé senza che si compisse nient’altro, sentiresti comunque un profondo, totale compimento. Questa è la ragione per la quale il Buddha era un mendicante, eppure un imperatore. Quando s’illuminò, il Buddha andò a Kashi. Il re andò a fargli visita e gli chiese: “Vedo che tu non hai nulla. Sei solo un mendicante, eppure io mi sento un mendicante in confronto a te. Non hai nulla, ma il modo in cui cammini, in cui guardi, in cui ridi, fa sembrare che l’intero mondo sia il tuo regno, e tu non possiedi nulla di visibile, nulla di nulla. Dov’è quindi il segreto del tuo potere? Sembri un imperatore”. In realtà nessun imperatore ha mai avuto un aspetto così regale – come se tutto il mondo gli appartenesse. “Tu sei il re, ma dov’è il tuo potere, la fonte?” E il Buddha disse: “E’ in me. Il mio potere, la fonte del mio potere, tutto quello che senti intorno a me, in realtà è dentro di me. Non ho nulla salvo me stesso, ma questo è sufficiente. Sono realizzato; ora non desidero più nulla. Sono diventato privo di desideri”. In realtà, un individuo che abbia realizzato se stesso diventerà privo di desideri. Ricordati di questo: in genere diciamo che, se diventi privo di desideri, conoscerai te stesso. Ma è più esatto il contrario: se conosci te stesso diventerai privo di desideri. E l’accento del Tantra non è sull’essere senza desideri, ma sull’avere realizzato se stessi. Da questo consegue l’assenza di desideri. Desiderio significa che non sei realizzato interiormente. Ti manca qualcosa, perciò la desideri e continui a saltare da un desiderio all’altro in cerca dell’appagamento. Questa ricerca è infinita, perché un desiderio ne crea un altro. In realtà, un desiderio ne crea dieci. Se ricerchi uno stato di beatitudine senza desideri attraverso dei desideri, non arriverai da nessuna parte. Ma se provi qualcos’altro – metodi per la realizzazione del Sé, per realizzare la tua potenzialità interiore, per attuarla – quanto più ti realizzerai tanto meno desidererai, perché, in realtà, desideri perché sei interiormente vuoto. Quando non sei più vuoto nell’interiorità, smetti di desiderare.
Che cosa si deve fare per realizzare il Sé? Ci sono due cose da capire.
La prima: realizzazione del Sé non significa che, se diventi un grande pittore, un grande musicista o un grande poeta avrai realizzato te stesso. E’ ovvio che una parte di te sarà realizzata, e anche questo dà una grande soddisfazione. Se hai il talento per diventare un buon musicista, e se lo metti a frutto e diventi musicista, una parte di te sarà compiuta – ma non la totalità. L’umanità che rimane dentro di te resterà incompiuta. Sarai in uno squilibrio: una parte sarà cresciuta e il resto sarà rimasto come una pietra appesa al tuo collo. Guarda un poeta. Quando è in vena poetica sembra un Buddha: dimentica se stesso completamente. E’ come se nel poeta l’uomo comune non ci fosse più. Perciò quando un poeta è in vena, ha una vetta – una vetta parziale. E a volte i poeti hanno visioni fugaci che accadono solo a menti illuminate, come quella del Buddha. Un poeta può parlare come un Buddha. Per esempio Kahlil Gibran: parla come un Buddha, ma non è un Buddha. E’ un poeta, un grande poeta. Perciò, se vedi Kahlil Gibran attraverso la sua poesia, assomiglia al Buddha, a Cristo o Krishna, ma se vai dall’uomo Kahlil Gibran, scoprirai che è una persona comunissima. Parla dell’amore in un modo talmente meraviglioso che, forse, neppure un Buddha potrebbe farlo. Ma un Buddha conosce l’amore con l’intero suo essere. Kahlil Gibran conosce l’amore quando è trasportato dalla poesia. Quando vola, sulla ali della poesia ha delle visioni fugaci dell’amore, intuizioni meravigliose, e le ha espresse con rara penetrazione. Ma se vai a vedere il vero Kahlil Gibran, l’uomo, sentirai una sproporzione. Il poeta e l’uomo sono separati, remoti l’uno dall’altro. Il poeta sembra essere qualcosa che talvolta capita a quest’uomo, ma quest’uomo non è il poeta. Questa è la ragione per la quale i poeti sentono che, quando stanno creando della poesia, è qualcun altro che la sta creando, non sono loro. Si sentono come se fossero diventati veicoli di qualche altra energia, di qualche altra forza. Loro non ci sono più. In realtà hanno questa sensazione perché si è realizzata solo una parte, un frammento di loro, non la totalità. Non hai toccato il cielo: solo un dito ha toccato il cielo, e tu rimani radicato in terra. A volte salti, e per un istante non sei più sulla terra; ti sei beffato della gravità. Ma il momento successivo sei di nuovo per terra. Se un poeta si sente realizzato, avrà delle visioni fugaci – delle visioni fugaci e parziali. Se un musicista si sente realizzato, avrà delle visioni fugaci. Si dice che quando Beethoven era sul palcoscenico, sul podio, era un uomo differente, completamente diverso. Goethe ha detto quando Beethoven era sul podio a dirigere la sua orchestra sembrava un dio. Non si poteva dire che era un uomo comune. Non era affatto un uomo: era sovrumano. Il modo in cui guardava, il modo in cui alzava le mani, era tutto sovrumano. Ma quando scendeva dal podio, era solo un uomo comune, L’uomo sul podio sembrava posseduto da qualcos’altro, come se Beethoven non ci fosse più e qualche altra forza fosse entrata in lui. Sceso dal podio era di nuovo Beethoven, l’uomo. E’ per questo che i poeti, i musicisti, i grandi artisti, la gente creativa sono più tesi: perché hanno due tipi di essere. L’uomo comune non è così teso perché vive sempre in un solo: vive sulla terra; mentre i poeti, i musicisti, i grandi artisti saltano, vanno al di là della gravità. In certi momenti non sono più su questa Terra, non fanno più parte dell’umanità. Diventano parte del mondo dei Buddha – il paese dei Buddha. Poi tornano di nuovo qui. Hanno due punti di esistenza; le loro personalità sono scisse. Perciò ogni artista creativo, ogni grande artista è in un certo senso squilibrato. La tensione è immensa! La frattura, L’intervallo tra questi due tipi di esistenza è grandissimo – insormontabilmente grande! A volte l’artista è solo un uomo comune, a volte diventa simile a un Buddha. E’ diviso tra questi due punti, ma ha delle visioni fugaci. Quando parlo di realizzazione del Sé, non intendo che devi diventare un grande poeta o un grande musicista. Intendo che devi diventare un uomo totale. Non dico un grande uomo perché un grande uomo è sempre parziale. La grandezza in qualcosa è sempre parziale. Una persona continua incessantemente a muoversi in una direzione sola, e rimane la stessa in tutte le altre, è sbilanciata. Quando dico di diventare un uomo totale non intendo che tu diventi un grande uomo, ti dico: “Crea un equilibrio, sii centrato, sii realizzato come uomo – non come musicista, non come poeta, non come artista, sii realizzato come uomo”. Che cosa significa essere compiuti come uomini? Un grande poeta è tale grazie alla sua grande poesia. Un grande musicista è tale grazie alla sua grande musica. Un grande uomo è tale per certe cose che ha fatto: potrebbe essere un grande eroe. Un grande uomo è parziale in ogni direzione. La grandezza è parziale, frammentaria. Ecco perché i grandi uomini devono affrontare un’angoscia maggiore rispetto alle persone comuni. Che cos’è l’uomo totale? Che cosa si intende con essere un uomo intero, un uomo totale? Innanzitutto significa essere centrati, non esistere senza un centro. In questo istante sei qualcosa e l’istante successivo sei qualcos’altro. Le persone vengono da me e in genere chiedo loro: “Dov’è che sentite il vostro centro – nel cuore, nella mente, nell’ombelico – dove? Nel centro sessuale? Dove? Dov’è che sentite il vostro centro?”. Di solito rispondono: “A volte lo sento nella testa, altre nel cuore, altre ancora non lo sento affatto”. Quindi dico loro di chiudere gli occhi di fronte a me e di percepirlo proprio in quell’istante. Nella maggioranza dei casi succede che dicano: “Proprio ora, per un attimo, sento di essere centrato nella testa”. Ma l’istante dopo non sono più lì. Dicono: ”Sono nel cuore”. E un momento dopo il centro è già fuggito via, è altrove, nel centro sessuale o da qualche altra parte. In realtà non sei centrato, lo sei solo momentaneamente. Ogni istante ha il suo centro, perciò tu continui a muoverti. Quando la mente funziona, senti che il centro è la testa; Quando sei innamorato, senti che lo è il cuore; quando non stai facendo nulla di particolare, sei confuso: non riesci a trovare dove sia il centro, poiché riesci a farlo solo mentre stai lavorando, mentre stai facendo qualcosa. In quel caso una particolare parte del tuo corpo diventa il centro. Ma tu non sei centrato. Se non fai nulla non puoi trovare il tuo centro dell’essere. Un uomo totale è centrato: qualunque cosa stia facendo, rimane nel centro. Se è la sua mente a funzionare, sta pensando. Il pensare si svolge nella testa, ma lui rimane centrato nell’ombelico; il centro non gli manca mai. Usa la testa, ma non si trasferisce mai nella testa. Usa il cuore, ma non si trasferisce mai nel cuore. Tutte queste cose diventano strumenti, e lui resta centrato. In secondo luogo, un uomo totale è in equilibrio. Ovviamente, quando un individuo è centrato, è anche in equilibrio. La sua vita è un equilibrio profondo e lui non è mai unilaterale, non è mai agli estremi: rimane nel mezzo. Il Buddha lo ha chiamato “la via di mezzo”. Rimane sempre nel mezzo. Un uomo che non è centrato, si sposterà sempre agli estremi. Se mangerà, mangerà molto: s’ingozzerà. Oppure può digiunare, ma per lui è impossibile mangiare nel modo giusto. Digiunare è facile, ingozzarsi va bene. Una persona simile può stare nel mondo, essere impegnata, coinvolta in esso, oppure può rinunciare al mondo – ma non può mai essere equilibrata. Non riesce mai a rimanere nel mezzo, perché, se non sei centrato non sai neppure che cosa significhi “nel mezzo”. Una persona centrata è sempre nel mezzo, mai ad alcun estremo, in ogni cosa. Il Buddha dice che il suo mangiare è un giusto mangiare: non è né ingozzarsi, né digiunare. La sua fatica è una giusta fatica: mai troppa, mai troppo poca. Qualunque cosa sia, è sempre equilibrata. Prima cosa: un individuo che abbia realizzato il Sé sarà centrato.
Seconda cosa: sarà equilibrato. In terzo luogo, se queste due cose si verificano – centratura ed equilibrio – ne seguiranno molte altre. L’individuo sarà sempre a suo agio, continuerà a essere a suo agio in qualunque circostanza. Dico qualunque sia la circostanza, senza condizioni, perché un individuo centrato è sempre a proprio agio. Anche se viene la morte, sarà a proprio agio, e la riceverà come si riceve qualunque altro ospite. Se vieni l’infelicità, la riceverà. Qualsiasi cosa accada, non può rimuoverlo dal suo centro. Anche questo essere a proprio agio deriva dall’essere centrati. Per un uomo simile nulla è banale, nulla è grande. Ogni cosa diventa sacra, meravigliosa, santa, ogni cosa! Qualunque cosa faccia, qualunque cosa, è per lui di sommo interesse: come se fosse di assoluto interesse. Nulla è banale. “Questo è banale, questo è grande”. In realtà le cose non sono grandi; e non sono neppure piccole e banali. Il tocco dell’uomo è significativo. Una persona che abbia realizzato se stessa, una persona equilibrata, centrata, trasforma tutto. Il tocco stesso rende grandi le cose. Se osservi un Buddha, vedrai che cammina e ama camminare. Se vai a Bodhgaya dove il Buddha raggiunse l’illuminazione, sulla riva della Niranjana – nel posto in cui era solito sedere sotto l’albero della Bodhi – vedrai che le orme dei suoi passi sono state segnate. Meditava per un’ora e poi passeggiava. Nella terminologia buddista questo viene chiamato chakramana. Si sedeva sotto l’albero della Bodhi, poi camminava. Ma camminava con un atteggiamento sereno, come fosse in meditazione. Qualcuno chiese al Buddha: “Perché lo fai? A volte ti siedi con gli occhi chiusi e mediti, poi cammini”. Il Buddha disse: “Stare seduti per essere in silenzio è facile, perciò cammino. Ma porto dentro di me lo stesso silenzio. Mi siedo, ma interiormente sono lo stesso, silenzioso. Cammino, ma interiormente sono lo stesso silenzioso”. La qualità interiore è la stessa…Un Buddha è lo stesso quando incontra un imperatore e quando incontra un mendicante: ha la stessa qualità interiore. Quando incontra un mendicante non è diverso, quando incontra un imperatore non è diverso: è lo stesso. Il mendicante non è insignificante e l’imperatore non è “qualcuno”: non fa distinzioni. E in realtà, incontrando il Buddha gli imperatori si sono sentiti mendicanti e i mendicanti imperatori. Il tocco, l’uomo, la qualità rimangono gli stessi. Da vivo, ogni giorno al mattino il Buddha era solito dire ai suoi discepoli: “Se avete qualcosa da chiedere, chiedete pure”. Il mattino del giorno in cui sarebbe morto avvenne la stessa cosa, chiamò i suoi discepoli e disse: “Se volete chiedere qualcosa, chiedete pure, r ricordatevi che questo è l’ultimo mattino. Prima che questo giorno finisca, io non ci sarò più”. Lui era lo stesso. Questa era la sua domanda quotidiana al mattino. Lui era lo stesso! Quel giorno era l’ultimo, ma lui era lo stesso. Proprio come in un qualunque altro giorno, disse: “Ebbene, se avete qualcosa da chiedere, chiedetelo pure, ma sappiate che questo è l’ultimo giorno”. Non c’era alcun cambiamento nel tono, ma i discepoli cominciarono a piangere. Si dimenticarono di chiedere alcunché. Il Buddha disse: “Perché piangete? Se aveste pianto in un altro giorno, non sarebbe importato, ma questo è l’ultimo giorno. Stasera non ci sarò più, perciò non perdete tempo piangendo. Un altro giorno non sarebbe importato; avreste potuto perdere tempo. Ora non perdete tempo piangendo. Perché piangete? Chiedete quanto avete da chiedere”. Era lo stesso nella vita e nella morte. Perciò in terzo luogo, l’uomo che ha realizzato il Sé è a suo agio: la vita e la morte sono la stessa cosa, beatitudine e infelicità sono la stessa cosa. Nulla lo turba; nulla lo rimuove da casa sua, dal suo essere centrato.
A un uomo simile non puoi aggiungere nulla. Non puoi togliere nulla, e non puoi aggiungergli nulla. E’ realizzato. Ogni suo respiro è un respiro realizzato: silenzioso, colmo di beatitudine: Hai raggiunto la meta. Hai raggiunto l’esistenza, l’essere. E’ fiorito come uomo totale. Questa non è una fioritura parziale. Il Buddha non è un grande poeta. Naturalmente tutto quanto dice è poesia. Non è affatto un poeta, ma è poesia persino se si muove, se cammina. Non è un pittore, ma diventa una pittura tutte le volte che parla, qualunque cosa dica. Non è un musicista, ma il suo intero essere è musica per eccellenza. L’uomo come totalità è realizzato. Perciò ora, qualunque cosa faccia o non faccia, quando è seduto in silenzio, senza fare nulla, persino in silenzio la sua presenza lavora, crea: diventa creativa. Il Tantra non si occupa di alcuna crescita parziale, si occupa di te come essere totale. Perciò tre cose sono fondamentali: devi essere centrato, radicato,equilibrato, vale a dire, sempre nel mezzo…ovviamente, senza alcuno sforzo. Se c’è uno sforzo non sei in equilibrio. Devi essere a tuo agio, a tuo agio nell’universo, a casa tua nell’esistenza, e poi molte cose seguiranno. Questo è un bisogno fondamentale perché, a meno che questo bisogno non venga soddisfatto, sei un uomo solo di nome, sei un uomo come possibilità, non lo sei realmente. Puoi esserlo; ne hai la potenzialità. Ma la potenzialità deve essere attuata.

martedì 1 aprile 2014

lunedì 31 marzo 2014

e ti vengo a cercare Tao



E ti vengo a cercare
anche solo per vederti o parlare
perché ho bisogno della tua presenza
per capire meglio la mia essenza.
Questo sentimento popolare
nasce da meccaniche divine
un rapimento mistico e sensuale
mi imprigiona a te.
Dovrei cambiare l'oggetto dei miei desideri
non accontentarmi di piccole gioie quotidiane
fare come un eremita
che rinuncia a sé.
E ti vengo a cercare
con la scusa di doverti parlare
perché mi piace ciò che pensi e che dici
perché in te vedo le mie radici.
Questo secolo oramai alla fine
saturo di parassiti senza dignità
mi spinge solo ad essere migliore
con più volontà.
Emanciparmi dall'incubo delle passioni
cercare l'Uno al di sopra del Bene e del Male
essere un'immagine divina
di questa realtà.
E ti vengo a cercare
perché sto bene con te
perché ho bisogno della tua presenza

mercoledì 26 marzo 2014

Tao che guarda dentro la culla


"Sono nato a Innsbruck
le montagne guardavano dentro la mia culla."

Dal 2 al 4 Luglio 1953 Hermann Buhl compì un'impresa leggendaria nella storia dell'alpinismo mondiale effettuando la prima ascesa assoluta - senza ossigeno e in solitaria a partire dall'ultimo campo (unico caso fra le prime assolute di un ottomila) - del Nanga Parbat lungo la via Diamir, raggiungendo la vetta il 3 Luglio. Nel corso di 40 ore Buhl percorse da solo una via non solo di grande dislivello ma anche di notevole sviluppo di lunghezza; colto dall'oscurità all'inizio della discesa, in parete e senza la possibilità di cercare un luogo più idoneo per bivaccare, dovette trascorrere la notte in piedi appoggiato alla parete e privo di sacco da bivacco, ad una quota di circa 8000 metri, riportandpo gravi congelamenti ai piedi, in seguito ai quali gli furono amputate due dita del piede destro. Durante la parte terminale della salita fece uso del Pervitin, una metanfetamina, che aveva portato con sé in caso di emergenza.


"L'alpinista è un inquieto inguaribile:
si continua a salire e non si raggiunge mai la meta.
Forse è anche questo che affascina:
si è alla ricerca di qualcosa che non si trova mai."


la tomba di Hermann Buhl
Innsbruck, 21 settembre 1924 – Chogolisa, Pakistan, 7865 m., 27 giugno 1957

lunedì 24 marzo 2014

liberTaoTango

)
Cementerio Jardín de Paz, Buenos Aires, Capital Federal, Argentina

mercoledì 19 marzo 2014

lunedì 17 marzo 2014

evviva 'o Tao


Cimitero comunale di Magliano in Toscana, Magliano in Toscana, Italia

venerdì 14 marzo 2014

Tao somma dei due precedenti: Tao aureo

Statua di Leonardo Fibonacci nel Camposanto di Pisa.
Successione di Fibonacci e approssimazione alla sezione aurea
Un foglio del manoscritto su pergamena del Liber abbaci conservato nella Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze (Codice magliabechiano Conv. Soppr. C 1, 2616, fol. 124r), contenente nel riquadro a destra le prime tredici cifre, in numeri arabi, della cosiddetta "successione di Fibonacci".
Il volo dei numeri di Mario Merz, un'installazione luminosa sulla Mole Antonelliana, rappresenta la successione di Fibonacci
Mathematician Alan Newell of the University of Arizona in Tucson and graduate student Patrick Shipman studied cacti to determine why this pattern is so ubiquitous. The researchers analyzed the plant’s shape, the thickness of its skin, and a host of other biomechanical constraints that steer its growth. When they plugged the data into a computer they discovered, to their surprise, that the most stable configurations inherently follow a Fibonacci-like form. “We show that energy is minimized by this relation”
Courtesy of Patrick Shipman
Girasole - Sunflower
Aeonium tabuliforme
Conchiglia di nautilo
Immagine al microscopio di un'ovaia di Anglerfish (Rana pescatrice)
Cancer cell division. This composite confocal micrograph uses time-lapse microscopy to show a cancer cell (HeLa) undergoing cell division (mitosis). The DNA is shown in red, and the cell membrane is shown in cyan. The round cell in the centre has a diameter of 20 microns.
Credit Kuan-Chung Su, LRI
Jean-Claude Perez discovered a DNA supracode controlling the self-organization of the nucleobases Thymine, Cytosine, Adenine and Guanine (T,C,A,G), which make up the steps in the double helix ladder of DNA. He discovered if you consider 144 contiguous nucleobases it results from 55 T bases and 89 C A G bases, all Fibonacci numbers. These resonances extend to the ratios of the Atomic Weights of the Bio-Atoms of Carbon, Oxygen, Nitrogen and Hydrogen that create the nucleobases of T C A G, such that the ratios of atomic weights in strands considered to be ‘junk DNA’, that is DNA which could not be translated into genetic information or related to known protein synthesis, were equal to Phi, the Golden Ration of 1.618.

mercoledì 12 marzo 2014

lunedì 10 marzo 2014

Tao ricorsivo

M.C. Escher, Reptiles, 1943
M. C. Escher, Drawing Hands, (lithograph, 1948)
Abstract diagram of M. C. Escher's Drawing Hands. On top, a seeming paradox. Below, its resolution.
Douglas Hofstadter
Twelve self-engulfing TV screens. I would have included one more, had 13 not been prime.
Douglas Hofstadter
triangolo di Sierpinski
Alexandre Duret-Lutz, Recursive Blanket Flower