Douglas Hofstadter nel suo libro ha messo in evidenza come un esempio straordinariamente bello e tuttavia allo stesso tempo inquietante di Strano Anello è dato dalla litografia di Escher "Gallerie di Stampe" del 1956, dove tutti i livelli rappresentativi si intersecano in un vortice autoreferenziale.
Diagramma astratto di Galleria di Stampe di M. C. Escher
Il Tao in eterno è senza nome,
è grezzo per quanto minimo sia,
nessuno al mondo è capace di fargli da ministro.
Se principi e sovrani fossero capaci di attenervisi,
le diecimila crature da sé si sottometterebbero,
il Cielo in mutuo accordo con la Terra
farebbe discendere soave rugiada
e il popolo, senza alcuno che lo comandi,
da sé troverebbe il giusto assetto.
Quando si cominciò ad intagliare
si ebbero i nomi.
Tutto quello che ha nome viene trattato come proprio,
perciò sappi contenerti.
Chi sa contenersi
può non correre pericolo.
Paragona la presenza del Tao nel mondo
ai fiumi e ai mari cui accorrono rivi e valli.
Quando ci portiamo sulle spalle un peso di 'devi' e 'non devi' impostici dagli altri, diventiamo come questa figura, logora e stremata, in lotta per arrivare in cima a un monte. "Vai più veloce, impegnati di più, arriva in cima!" urla il folle tiranno che porta sulle spalle, mentre lo stesso tiranno è incoronato da un gallo dall'aspetto imperioso. Se in questi giorni la vita ti sembra solo una lotta che si protrae dalla culla alla tomba, forse è tempo che alzi le spalle e vedi come ci si sente a camminare senza questi personaggi sulla groppa. Hai le tue montagne da conquistare, i tuoi sogni da realizzare, ma non avrai mai l'energia per farlo se non ti liberi da tutte le aspettative che gli altri ti hanno imposto, e che ora pensi essere tue. C'è la possibilità che esistano solo nella tua mente, ma ciò non significa che non pesino su di te. È tempo di alleggerire il fardello, e di mandare quei personaggi per la loro strada.
La vera vita di un uomo sta nel suo eliminare le menzogne che gli altri gli hanno imposto. Spoglio, nudo, naturale, è ciò che è. Qui si tratta di essere, non di diventare. La bugia non può diventare verità, la personalità non può diventare anima. Non c'è modo di rendere essenziale ciò che non lo è. Ciò che non è essenziale rimarrà tale, e l'essenziale rimarrà essenziale, non sono cose convertibili. Inoltre, se lotti per il vero non fai altro che creare una confusione maggiore. La verità non deve essere conseguita, non può essere conquistata - esiste già. Occorre solo lasciar cadere le menzogne. Tutte le mete e i fini e gli ideali e gli scopi e le ideologie, tutte le religioni e i sistemi per migliorare e per crescere, sono menzogne. Guardatene! Riconosci questo fatto: così come sei, sei una menzogna. Manipolato, coltivato dagli altri. Lottare per raggiungere il vero è una distrazione e un rimandare. È il modo che le menzogne usano per nascondersi. Osserva la bugia, guarda profondamente nella menzogna della tua personalità. Vedere la menzogna, decreta la sua fine. Non mentire più significa non cercare più alcuna verità - non è necessario. Nel momento in cui la menzogna scompare, la verità appare in tutta la sua bellezza e nel suo splendore. Quando vedi la bugia, questa scompare, e ciò che resta è la verità.
An event showing four muons (red tracks) from a proton-proton collision in ATLAS. This event is consistent with two Z particles decaying into two muons each. Such events are produced by Standard Model processes without Higgs particles. They are also a possible signature for Higgs particle production, but many events must be analysed together in order to tell if there is a Higgs signal.
In a seminar held at CERN today, the ATLAS and CMS experiments presented the status of their searches for the Standard Model Higgs boson. Their results are based on the analysis of considerably more data than those presented at the summer conferences, sufficient to make significant progress in the search for the Higgs boson, but not enough to make any conclusive statement on the existence or non-existence of the elusive Higgs. The main conclusion is that the Standard Model Higgs boson, if it exists, is most likely to have a mass constrained to the range 116-130 GeV by the ATLAS experiment, and 115-127 GeV by CMS. Tantalising hints have been seen by both experiments in this mass region, but these are not yet strong enough to claim a discovery.
Nicholas Durnan, Mobius 3, 70 x 240 x 170 mm, English Alabaster, 2010
4. Il passo successivo fu l'esame del messaggio 'Questo è un gioco', esame da cui apparve che questo messaggio contiene gli elementi che di necessità generano un paradosso del tipo di Russell o di Epimenide, cioè un'asserzione negativa che contiene una meta-asserzione negativa implicita. L'asserzione 'Questo è un gioco', se la si sviluppa, assume la forma: «Le azioni che in questo momento stiamo compiendo non denotano ciò che denoterebbero le azioni per cui esse stanno».
Veniamo ora alle parole in corsivo per cui esse stanno. Noi diciamo che la parola 'gatto' sta per un qualunque membro di una certa classe; cioè l'espressione 'sta per' è un sinonimo stretto di 'denota'. Se ora si sostituiscono le parole 'che esse denotano' alle parole 'per cui esse stanno' nella definizione sopra sviluppata di gioco, si ricava: «Le azioni che in questo momento stiamo compiendo non denotano ciò che sarebbe denotato da quelle azioni che queste azioni denotano». Il mordicchiare giocoso denota il morso, ma non denota ciò che sarebbe denotato dal morso.
Secondo la teoria dei tipi logici, tale messaggio è ovviamente inammissibile, poiché il tennine 'denota' viene usato a due gradi di astrazione, e questi due usi sono trattati come sinonimi; ma ciò che apprendiamo da questa critica è che si farebbe della cattiva storia naturale se ci si aspettasse che i processi mentali e le abitudini di comunicazione dei mammiferi si uniformassero all'ideale dei logici. E, in realtà, se il pensiero e la comunicazione umana si uniformassero sempre all'ideale, Russell non avrebbe formulato, anzi non avrebbe potuto formulare, l'ideale.
Nicholas Durnan, Borromean Rings 2, 50 x 220 x 220 mm, English Alabaster, 2011
Lo Svedese. Negli anni della guerra, quando ero ancora alle elementari, questo era un nome magico nel nostro quartiere di Newark, anche per gli adulti della generazione successiva a quella del vecchio ghetto cittadino di Prince Street che non erano ancora così perfettamente americanizzati da restare a bocca aperta davanti alla bravura di un atleta del liceo. Era magico il nome, come l’eccezionalità del viso.
Dei pochi studenti ebrei di pelle chiara presenti nel nostro liceo pubblico prevalentemente ebraico, nessuno aveva nulla che somigliasse anche lontanamente alla mascella quadrata e all’inerte maschera vichinga di questo biondino dagli occhi celesti spuntato nella nostra tribù con il nome di Seymour Irving Levov.
Lo Svedese brillava come estremo nel football, pivot nel basket e prima base nel baseball. Soltanto la squadra di basket combinò qualcosa di buono (vincendo per due volte il campionato cittadino con lui come marcatore principale), ma per tutto il tempo in cui eccelse lo Svedese il destino delle nostre squadre sportive non ebbe troppa importanza per una massa studentesca i cui progenitori - in gran parte poco istruiti, ma molto carichi di preoccupazioni -veneravano il primato accademico più di ogni altra cosa. L’aggressione fisica, anche se dissimulata da tenute sportive e norme ufficiali, e priva dell’intento di nuocere agli ebrei, non era tradizionalmente una fonte di soddisfazione nella nostra comunità; i buoni voti sì.
Ciononostante, grazie allo Svedese, il quartiere cominciò a fantasticare su se stesso e sul resto del mondo, così come fantastica il tifoso di ogni paese: quasi come i gentili (come esse immaginavano i gentili), le nostre famiglie poterono dimenticare come andavano realmente le cose e fare di una prestazione atletica il depositario di tutte le loro speranze. In primo luogo, poterono dimenticare la guerra.
L’assunzione di Levov lo Svedese a domestico Apollo degli ebrei di Weequahic si può spiegare meglio, credo, con la guerra contro i tedeschi e i giapponesi e le paure che essa generò. Con lo Svedese che furoreggiava sul campo da gioco, l’insensata superficie della vita forniva una specie di bizzarro, illusorio sostentamento, il felice abbandono a una svedesiana innocenza, per coloro che vivevano nella paura di non rivedere mai più i figli, i fratelli o i mariti.
E che effetto ebbe su di lui questa glorificazione, la santificazione di ogni gancio che andava a canestro, di ogni passaggio che prendeva al volo, di ogni battuta bassa e tesa che fruttava due basi alla squadra? Era questo a fare di lui il ragazzo posato e impassibile che era? O la sobrietà da persona matura era la manifestazione di una dura lotta interiore per tenere a freno il narcisismo che un’intera comunità alimentava col proprio affetto? Le ragazze ponpon della scuola avevano un urrà apposta per lo Svedese. Diversamente dalle altre grida, destinate a incitare la squadra o galvanizzare gli spettatori, questo era un omaggio ritmico e cadenzato riservato esclusivamente a lui, pura e semplice espressione di entusiasmo per la sua perfezione. L’urlo delle ragazze pon-pon faceva tremare la palestra durante gli incontri di pallacanestro ogni volta che lo Svedese si impadroniva di un rimbalzo o segnava un punto, spazzava il nostro lato dello stadio durante le partite di football ogni volta che lui guadagnava un metro o intercettava un passaggio. Anche ai poco seguiti incontri di baseball casalinghi di Irvington Park, dove non c’erano squadre di ragazze pon-pon ansiosamente inginocchiate ai bordi del campo, lo si udiva salire, debolmente, dal manipolo dei tifosi di Weequahic appollaiati sulle tribune di legno, e non soltanto quando lo Svedese stava per battere, ma anche quando non faceva altro che una normale eliminazione in prima base. Era un grido formato da dodici sillabe, sei delle quali costituivano il suo nome, e faceva così: Ta-ta-ta-ta-ta-tà! Ta-ta-ta-ta-ta-ta... Ta-tà! E il ritmo, soprattutto durante i match di football, diventava sempre più veloce a ogni ripetizione finché, al colmo dell’adorante frenesia, le dieci ragazze pon-pon facevano la ruota, gonfiando le gonnelle in un’esplosione estatica, e le loro calzamaglie da ginnastica arancione lampeggiavano come fuochi artificiali davanti ai nostri occhi stupiti... E non per amor vostro o per amor mio, ma per amore del magnifico Svedese. - Seymour Levov! Rima con... «Love!»... Seymour Levov! Rima con... «Love!» Sì, ovunque apparisse, la gente era innamorata di lui. I proprietari dei negozi di dolciumi assediati da noi ragazzi ci apostrofavano dicendo: - Ehi, tu! No! - oppure: - Giù le mani! - Lui lo chiamavano, rispettosamente, «Svedese». I genitori sorridevano e lo chiamavano bonariamente «Seymour». Le ragazze chiacchierine che incontrava per la strada fingevano di svenire, e la più audace gli gridava: - Torna indietro, torna indietro, Levov della mia vita! - E lui lasciava fare, girava per il quartiere che lo inondava di tutto quell’amore, e sembrava non provare nulla. Contrariamente a tutti i nostri sogni a occhi aperti sull’effetto di un’adulazione così assoluta, acritica e idolatra, pareva che l’amore prodigato per lo Svedese in realtà lo svuotasse di ogni sentimento. In questo ragazzo abbracciato da tanta gente come simbolo di speranza - come l’incarnazione della forza, della decisione e del valore baldanzoso che alla fine avrebbero avuto la meglio, permettendo ai ragazzi della nostra scuola che erano sotto le armi di tornare a casa illesi da Midway, Salerno, Cherbourg, dalle Salomone, dalle Aleutine, da Tarawa - sembrava non esistere una goccia di spirito o d’ironia che interferisse col dono prezioso della sua responsabilità. Ma lo spirito o l’ironia, per un ragazzo come lo Svedese, sono solo intoppi al suo passo spedito: l’ironia è una consolazione della quale non hai proprio bisogno quando tutti ti considerano un dio. Oppure c’era tutto un lato della sua personalità che lo Svedese nascondeva,o questa cosa era ancora in embrione o, più verosimilmente, mancava. Il suo distacco, la sua apparente passività come oggetto di desiderio di tutto questo amore asessuato, lo facevano apparire, se non divino, di molte spanne al di sopra della primordiale umanità di quasi tutti gli altri frequentatori della scuola. Era incatenato alla storia, era uno strumento della storia, al centro di una passione che forse non ci sarebbe mai stata se lo Svedese avesse battuto il record di basket di Weequahic - segnando ventisette punti contro Barringer - in un giorno diverso dal triste, tristissimo giorno del 1943 in cui cinquantotto fortezze volanti furono abbattute dai caccia della Luftwaffe, due caddero sotto i colpi della contraerea e altre cinque precipitarono dopo aver attraversato la Manica di ritorno da un bombardamento sulla Germania.
Qual è la struttura che connette
il granchio con l’aragosta,
l'orchidea con la primula
e tutti quattro con me?
E me con voi?
E tutti noi
con l’ameba da una parte
e lo schizofrenico dall’altra?
"I maggiori problemi nel mondo risultano dalla differenza tra come funziona la natura e come la gente pensa."
A very schematic view of the history of umanity;poorlydrawnlines
E ricordati, io ci sarò. Ci sarò su nell’aria. Allora ogni tanto, se mi vuoi parlare, mettiti da una parte, chiudi gli occhi e cercami. Ci si parla. Ma non nel linguaggio delle parole. Nel silenzio.
Tiziano Terzani, La fine è il mio inizio
Coloro che ci hanno lasciati non sono degli assenti, sono solo degli invisibili: tengono i loro occhi pieni di gloria puntati nei nostri pieni di lacrime.
Agostino d'Ippona
Avrei voluto mettermi a piangere forte, ma non potevo. Non avevo più l'età per versare lacrime, avevo fatto troppe esperienze. Esiste anche questo al mondo, la tristezza di non poter piangere a calde lacrime. È una di quelle cose che non si può spiegare a nessuno, e anche se si potesse, nessuno la capirebbe. È una tristezza che non può prendere forma, si accumula quietamente nel cuore come la neve in una notte senza vento.
Una volta, quando ero più giovane, avevo provato a esprimerla a parole. Ma non ne avevo trovata una che potesse trasmettere il mio sentimento ad altri, anzi nemmeno a me stesso, così avevo rinunciato. E avevo chiuso sia le mie parole sia il mio cuore. La tristezza troppo profonda non può prendere la forma delle lacrime.
Murakami Haruki, La fine del mondo e il paese delle meraviglie
"Non è come nasci, ma come muori, che rivela a quale popolo appartieni."
Alce Nero, 1890
Tra la notte che cessa
e l'inizio del giorno,
il mio cuore ha urgenza
della tua nostalgia.
Non è che ti desideri
o ti voglia avere,
o in sogno, volando, baci
il sogno di vederti.
Vuole solo nostalgia di te;
ama il ricordarti, e non
l'ombra della verità
o il corpo dell'illusione.