lunedì 20 agosto 2012

pragmatica del Tao: i limiti ultimi


Watzlawick Beavin e Jackson concludono Pragmatics con un ultimo capitolo intitolato "Esistenzialismo e Teoria della Comunicazione Umana", dove esplorano i limiti ultimi di una teoria dell'interazione e della comunicazione quale il loro modello sistemico-relazionale.

1.
L’uomo non può andare oltre i limiti stabiliti dalla sua mente; soggetto e oggetto alla fine sono identici, la mente studia se stessa, e ogni asserzione che si faccia sull’uomo, considerato nel suo nesso esistenziale, tende ad incorrere nello stesso fenomeno di riflessività che genera il paradosso.

2.
Nella biologia moderna sarebbe impensabile studiare anche l’organismo più primitivo isolandolo artificialmente dal suo ambiente. Come la Teoria Generale dei Sistemi postula in modo specifico, gli organismi sono sistemi aperti che mantengono il loro stato stazionario (stabilità) e magari si evolvono verso stati di complessità più elevata mediante uno scambio costante sia di energia che di informazione con il loro ambiente. Comunicazione ed esistenza sono quindi concetti inseparabili. Le reazioni dell’organismo a loro volta influenzano l’ambiente; è chiaro che anche a livelli di vita molto primitivi hanno luogo interazioni complesse e continue che non sono mai casuali e che sono quindi governate da un programma o, per usare un termine esistenzialista, da un significato.
L’esistenza è una funzione della relazione tra l’organismo e il suo ambiente.

3.
La vita è un partner che accettiamo o respingiamo, e da cui ci sentiamo accettati o respinti, sostenuti o traditi. A questa partner esistenziale, forse come al partner umano, l’uomo propone la sua definizione di sé che trova poi, dunque, confermata o disconfermata; e da tale partner l’uomo si sforza di ricevere dei segni sulla “vera” natura della loro relazione.

4.
Esistono due tipi di conoscenza: la conoscenza delle cose e la conoscenza sulle cose. La prima è la consapevolezza che ci viene trasmessa dai sensi. E’ il tipo di conoscenza che ha il cane di I. Pavlov quando percepisce il cerchio o l’ellisse. Ma durante gli esperimenti il cane impara anche qualcosa sulle due figure geometriche, vale a dire che in qualche modo indicano rispettivamente il piacere e il dolore e che quindi hanno un significato per la sua sopravvivenza. Se, dunque, la consapevolezza dei sensi si può definire conoscenza di primo ordine, questo secondo tipo di conoscenza (su un oggetto) e conoscenza di secondo ordine; è conoscenza sulla conoscenza di primo ordine e quindi metaconoscenza. Una volta che il cane ha capito il significato del cerchio e dell’ellisse per la sua sopravvivenza, egli si comporterà come se avesse concluso: “Questo è un mondo in cui io sto al sicuro finché riesco a differenziare tra il cerchio e l’ellisse”. Una conclusione simile, però, non sarebbe più di secondo ordine; sarebbe una conoscenza a cui si è giunti grazie a una conoscenza di secondo ordine: sarebbe quindi una conoscenza di terzo ordine. In sostanza è lo stesso processo mediante il quale l’uomo acquisisce la conoscenza e attribuisce livelli di significato all’ambiente e alla realtà.
L’uomo non smette mai di cercare di conoscere gli oggetti della sua esperienza, di capire che significato hanno per la sua esistenza e di reagire ad essi a seconda di quello che capisce. Infine, dalla somma totale dei significati che ha dedotto dai contatti con numerosi oggetti singoli del suo ambiente si sviluppa una visione unitaria del mondo in cui si trova “gettato”, e questa visione è di terzo ordine.

4.1
Concetti equivalenti o analoghi alle premesse di terzo ordine sono stati formulati da altri studiosi delle scienza comportamentistiche. Questa branca della teoria dell’apprendimento postula che insieme con l’acquisizione della conoscenza o di una certa destrezza si verifica anche un processo che rende l’acquisizione stessa progressivamente più facile. In altre parole, uno non si limita ad imparare, ma impara ad imparare. Per questo tipo di ordine più elevato di apprendimento, G. Bateson ha coniato il termine “deutero-apprendimento”. G. A. Miller, E. Galanter e K. H. Pribram nel loro “Plans and the Structure of Behavior” hanno proposto che il comportamento intenzionale è guidato da un progetto, così come un calcolatore è guidato da un programma.

5.
L’uomo ha una capacità quasi incredibile di adattarsi ai cambiamenti al secondo livello, ma sembra che la resistenza umana sia possibile finché restano intatte le premesse di terzo ordine sulla sua esistenza e il significato del mondo in cui vive.
L’uomo non può sopravvivere psicologicamente in un universo che le sue premesse di terzo ordine non riescono a spiegare, in un universo che per lui è assurdo. E’ proprio questo il risultato disastroso del doppio legame; ma c’è la possibilità che si abbia lo stesso risultato anche in circostanze (e attraverso sviluppi) che sfuggono completamente al controllo e alle intenzioni dell’uomo.
Dovunque questo tema si presenti, implica il problema del significato, e qui il significato va inteso non nella sua connotazione semantica ma esistenziale. L’assenza di significato è l’orrore del nulla esistenziale. E’ la soggettività in cui la realtà si è allontanata o è completamente scomparsa, e con essa ogni consapevolezza del sé e degli altri.
Che la vita abbia perso il suo significato (o ne sia priva) è forse il denominatore comune di tutte le forme di angoscia.
La definizione più esatta dell’angoscia esistenziale si trova nella discrepanza dolorosa tra ciò che è e ciò che dovrebbe essere, tra le proprie percezioni e le proprie premesse di terzo ordine.

6.
Se l’uomo vuole cambiare le sue premesse di terzo ordine, il che ci sembra una funzione essenziale della psicoterapia, egli può farlo soltanto da un livello quarto.
Si dubita che la mente umana possa essere in grado di affrontare livelli di astrazione più elevati senza l’aiuto del simbolismo matematico o dei calcolatori.
Il livello quarto sembra assai vicino ai limiti della mente umana e a questo livello è raro che la consapevolezza sia presente, ammesso che si tratti di consapevolezza. Ci sembra che questa sia la zona dell’intuizione e dell’empatia, forse della consapevolezza immediata che danno l’LSD o allucinogeni di questo tipo, ed è la zona dove si verifica il cambiamento terapeutico, cambiamento di cui, dopo una terapia riuscita, non si è in grado di dire come e perché è avvenuto e in che cosa consiste veramente.
Soltanto da questo livello si può vedere che la realtà è costituita dall’esperienza soggettiva che ci facciamo dell’esistenza, dalle nostre intenzioni e dai nostri scopi.

6.1
Nella teoria della dimostrazione, il termine “procedura di decisione” si riferisce ai metodi per trovare dimostrazioni di verità o di falsità di un’asserzione fatta all’interno di un dato sistema formalizzato. Il termine correlato “problema di decisione” si riferisce al problema che si pone per stabilire se esiste o no una procedura del tipo che abbiamo appena descritto. Di conseguenza, ai problemi di decisione ci si riferisce o come a problemi computabili o come a problemi irrisolvibili.
C’è però una terza possibilità. Soluzioni ben definite (positive o negative) di un problema di decisione sono possibili soltanto dove il problema in questione si trova entro il dominio (l’area di applicabilità) di una particolare procedura di decisione. Se tale procedura di decisione viene applicata a un problema fuori dal suo dominio, il calcolatore continuerà all’infinito senza mai dimostrare che non potrà dare una soluzione (positiva o negativa). E’ a questo punto che incontriamo ancora il concetto di indecidibilità.

6.2
Questo concetto è il punto centrale del lavoro di K. Gödel che tratta delle proposizioni formalmente indecidibili.
K. Gödel ha dimostrato che in questo sistema o in uno equivalente è possibile costruire una formula, G, che a.) è dimostrabile partendo dalle premesse e dagli assiomi del sistema, ma che b.) dice di se stessa che non è dimostrabile. Ciò significa che se G è dimostrabile nel sistema, è dimostrabile anche la sua indimostrabilità.
Ma se sia la dimostrabilità che la indimostrabilità si possono dedurre dagli assiomi del sistema, e gli assiomi stessi sono coerenti, allora G è indecidibile nei termini del sistema. Questo teorema dimostra una volta per tutte che ogni sistema formale (matematico, simbolico, etc.) è necessariamente incompleto e che, inoltre, la coerenza di un sistema simile può essere dimostrata soltanto ricorrendo a metodi di dimostrazione più generali di quelli che il sistema stesso può produrre.

6.3
Il lavoro di K. Gödel costituisce l’analogia matematica di ciò che vorremmo chiamare il “paradosso ultimo dell’esistenza umana”. L’uomo, in definitiva, è soggetto e oggetto della sua ricerca, che egli compie per capire il significato della sua esistenza: è un tentativo di formalizzazione.
Ma dieci anni prima che K. Gödel presentasse il suo brillante teorema, un’altra grande mente del nostro secolo aveva già formulato questo paradosso in termini filosofici: alludiamo a Wittgenstein e al suo “Tractatus Logico-Philosophicus”, dove mostra che potremmo sapere qualcosa sul mondo nella sua totalità soltanto se potessimo uscire fuori da esso; ma se ciò fosse possibile, questo mondo non sarebbe più tutto il mondo.
Tuttavia la nostra logica non conosce nessuna cosa che sia fuori di esso:

5.61    La logica riempie il mondo; i limiti del mondo sono anche i suoi limiti.

Non possiamo dunque dire nella logica: Questo e quest'altro v'è nel mondo, quello no.
Ciò parrebbe infatti presupporre che noi escludiamo certe possibilità, e questo non può essere, poiché altrimenti la logica dovrebbe trascendere i limiti del mondo; solo così potrebbe considerare questi limiti anche dall'altro lato.
Ciò, che non possiamo pensare, non possiamo pensare; né dunque possiamo dire ciò che non possiamo pensare.

Il mondo, dunque, è limitato e al tempo stesso senza limiti, senza limiti proprio perché non c’è nulla fuori e non c’è nulla dentro che possa costituire un confine. Ma se è così ne consegue che “mondo e vita sono una cosa sola. Io sono il mio mondo”. Soggetto e mondo non sono più, dunque, entità la cui funzione relazionale è in qualche modo governata dall’ausiliare “avere” (uno ha l’altro, lo contiene o gli appartiene) ma dal verbo essenziale essere: “Il soggetto non appartiene al mondo, ma è un limite del mondo” .
Non c’è nulla dentro uno schema, o anche chiedere, qualcosa su quello schema. La soluzione, dunque, non sta nel trovare una risposta all’enigma dell’esistenza, ma nel prendere atto che non c’è nessun enigma.

6.5   D'una risposta che non si può formulare non può formularsi neppure la domanda.
L'enigma non v'è.
Se una domanda può porsi, può pure aver risposta.

6.52    Noi sentiamo che, anche una volta che tutte le possibili domande scientifiche hanno avuto risposta, i nostri problemi vitali non sono ancora neppur toccati. Certo allora non resta più domanda alcuna; e appunto questa è la risposta.

6.521    La risoluzione del problema della vita si scorge allo sparir di esso.
(Non è forse per questo che uomini, cui il senso della vita divenne, dopo lunghi dubbi, chiaro, non seppero poi dire in che consisteva questo senso?)

6.522    V'è davvero dell'ineffabile. Esso mostra sé, è il mistico.

7.  Su ciò di cui non si può parlare, si deve tacere. 

multistrato Tao-ricursivo


"Il neoplatonico Plotino dimostra per mezzo dei fiori e delle foglie che dal Dio Supremo, la cui bellezza è invisibile e ineffabile, la Provvidenza giunge fino alle cose della terra quaggiù. Egli fa osservare che questi oggetti fragili e mortali non potrebbero essere dotati di una bellezza così immacolata e di così squisita fattura se essi non promanassero dalla Divinità che senza fine pervade tutte le cose con la sua invisibile e immutabile bellezza".

Agostino di Ippona, "La Città di Dio".

martedì 14 agosto 2012

le radici della crisi del Tao

Milan Dobrojevic © ∞, World Beyond Despair
LE RADICI DELLA CRISI ECOLOGICA*

Sommario: Altri hanno fornito testimonianze sui disegni di legge presentati in relazione a problemi specifici di inquinamento e di degradazione ambientale nelle Hawaii. Si spera che il proposto Ufficio per il controllo della qualità dell'ambiente e il Centro per l'ambiente dell'Università delle Hawaii andranno più in là di quest'impostazione ad hoc e studieranno le cause più profonde dell'attuale ondata di disordini ambientali.
Nella mia testimonianza sostengo che queste cause profonde risiedono nell'azione combinata di: a) progresso tecnico; b) aumento della popolazione; c) idee tradizionali (ma sbagliate) sulla natura dell'uomo e sui suoi rapporti con l'ambiente.
La conclusione è che i prossimi cinque o dieci anni saranno un periodo come quello federalista nella storia degli Stati Uniti, durante il quale l'intera strategia della cosa pubblica, dell'istruzione e della tecnica dovrà esser messa in discussione.
Sosteniamo:
1. Che tutti i provvedimenti ad hoc non sono in grado di correggere le più profonde cause delle difficoltà, e, peggio ancora, permettono di solito a quelle cause di rafforzarsi e di allearsi. In medicina alleviare i sintomi senza curare la malattia è ragionevole se e solo se la malattia avrà sicuramente esito mortale oppure guarirà da sé.
La storia del DDT illustra l'errore fondamentale dei provvedimenti ad hoc. Quando fu inventato e usato la prima volta, era anch'esso un provvedimento ad hoc. Nel 1939 si scoprì che si trattava di un insetticida (e chi lo scoprì vinse il premio Nobel). C'era 'bisogno' di insetticidi a) per incrementare la produzione agricola, e b) per proteggere la gente dalla malaria, specialmente le truppe oltremare. In altre parole il DDT era una cura sintomatica per le difficoltà causate dall'aumento della popolazione.
Già nel 1950 gli scienziati avevano capito che il DDT era fortemente tossico per molti altri animali (il noto libro Silent Spring di Rachel Carson fu pubblicato nel 1962 [trad. it. Primavera silenziosa, Feltrinelli, Milano, 1966]).
Ma nel frattempo a) molte industrie si erano impegnate nella produzione del DDT, b) gli insetti contro cui il DDT era diretto stavano immunizzandosi, c) gli animali che normalmente mangiavano quegli insetti andavano incontro allo sterminio, d) la popolazione del globo poteva aumentare grazie al DDT.
In altre parole, il mondo si era assuefatto a quello che era stato un tempo un provvedimento ad hoc, che è, ora lo sappiamo, un pericolo tremendo. Infine, nel 1970 si cominciò a proibire o controllare questa pericolosa sostanza. E ancora non si sa, ad esempio, se la specie umana con la sua alimentazione attuale possa per certo sopravvivere al DDT che già circola nel mondo e che ci resterà per i prossimi vent'anni, anche se se ne sospenderà immediatamente e completamente l'impiego.
È ora ragionevolmente sicuro (da quando si sono scoperte quantità considerevoli di DDT nei pinguini dell'Antartide) che tutti gli uccelli che si cibano di pesci, come pure tutti gli uccelli carnivori migratori e quelli che un tempo mangiavano insetti nocivi, hanno il destino segnato. È probabile che tutti i pesci carnivori [Nota: Per ironia della sorte, accadrà probabilmente che il pesce diventerà tossico per il mercurio che contiene, e non per il DDT (G. Bateson, 1971)] conterranno ben presto troppo DDT per poter essere mangiati dall'uomo e che possano essi stessi estinguersi. È possibile che scompaiano i lombrichi, almeno nelle foreste e in altre aree irrorate, con le conseguenze per le foreste che ciascuno può immaginare. Il plancton d'alto mare (dal quale dipende tutta l'ecologia del nostro pianeta) è, si ritiene, ancora incontaminato.
Questa è la storia della cieca applicazione di un provvedimento ad hoc; e la storia può essere ripetuta per un'altra dozzina di invenzioni.
2. Che la proposta combinazione di enti statali e universitari dovrebbe impegnarsi nella diagnosi, nella comprensione e, se possibile, nell'indicazione di rimedi per i più vasti processi di degradazione sociale e ambientale nel mondo, e dovrebbe tentare di definire la politica delle Hawaii alla luce di questi processi.
3. Che tutte le molte attuali minacce alla sopravvivenza dell'uomo sono riconducibili a tre cause primitive:
a) progresso tecnico;
b) aumento della popolazione;
c) certi errori nel pensiero e negli atteggiamenti della cultura occidentale. I nostri 'valori' sono sbagliati.
Noi riteniamo che tutti e tre questi fattori fondamentali siano condizioni necessarie per la distruzione del nostro mondo. In altre parole, crediamo ottimisticamente che la correzione di uno solo di essi ci darebbe la salvezza.
4. Che questi fattori fondamentali certamente interagiscono. L'aumento della popolazione stimola il progresso tecnico e crea quell'ansia che ci oppone al nostro ambiente come a un nemico; mentre la tecnica da una parte facilita l'aumento demografico e dall'altra rafforza la nostra arroganza, o hybris, nei confronti dell'ambiente naturale.
Il diagramma allegato illustra le interconnessioni. Si osserverà che in questo diagramma ogni angolo è dotato di una freccia oraria, il che denota che esso è di per sé un fenomeno che si auto esalta (o, come dicono gli scienziati, è «autocatalitico»): più numerosa è la popolazione, più rapida è la sua crescita; più perfezionata è la tecnica, maggiore è il numero delle nuove invenzioni; e più crediamo nel nostro 'potere' su un ambiente ostile, più 'potere' ci sembra di possedere e più disprezzabile ci sembra l'ambiente.
Analogamente, gli angoli sono collegati a due a due in senso orario, e così si creano tre sottosistemi autocatalitici.
Il problema che devono affrontare il mondo e le Hawaii è semplicemente come si possa introdurre in questo sistema qualche processo antiorario.
E questo è uno dei problemi fondamentali che dovrebbero affrontare l'Ufficio statale per il controllo della qualità dell'ambiente e il Centro universitario per l'ambiente, ora proposti.
Al momento attuale sembra che l'unico punto d'accesso possibile per !'inversione del processo stia negli atteggiamenti tradizionali verso l'ambiente.
5. Che un ulteriore progresso tecnico non possa ormai essere evitato, ma che esso possa forse essere guidato nelle direzioni opportune, che gli uffici proposti dovrebbero studiare.
6. Che l'esplosione demografica è il più importante problema che il mondo abbia oggi davanti. Fino a quando la popolazione continuerà a crescere, dobbiamo attenderci una continua creazione di nuove minacce alla sopravvivenza, forse al ritmo di una all'anno, fino a raggiungere una definitiva situazione di carestia (che le Hawaii non possono in alcun modo fronteggiare). Non abbiamo alcuna soluzione da proporre qui per l'esplosione demografica, ma osserviamo che ogni soluzione immaginabile è resa difficile o impossibile dal pensiero e dagli atteggiamenti della cultura occidentale.
7. Che la condizione primissima della stabilità ecologica è un equilibrio fra il tasso di natalità e quello di mortalità. Per il bene o per il male, abbiamo interferito nel tasso di mortalità, specialmente mediante il controllo delle malattie più gravi e della mortalità infantile. Sempre, in qualunque sistema vivente (cioè ecologico), ogni squilibrio crescente produce di per sé i fattori che lo limitano, come effetti collaterali della crescita dello squilibrio stesso. Nel caso attuale, cominciamo a vedere alcuni dei modi in cui la natura corregge lo squilibrio - smog, inquinamento, avvelenamento da DDT, rifiuti industriali, carestia, pioggia radioattiva e guerra. Ma lo squilibrio ha raggiunto un punto tale che non si può essere sicuri che la natura non lo corregga in maniera eccessiva.
8. Che le idee che dominano oggi la nostra civiltà risalgono nella loro forma più virulenta alla rivoluzione industriale.
Esse si possono così riassumere:
a) Noi contro l'ambiente.
b) Noi contro altri uomini.
c) È il singolo (o la singola compagnia, o la singola nazione) che conta.
d) Possiamo avere un controllo unilaterale sull'ambiente e dobbiamo sforzarci di raggiungerlo.
e) Viviamo all'interno di una 'frontiera' che si espande all'infinito.
j) Il determinismo economico è cosa ovvia e sensata.
g) La tecnica ci permetterà di attuarlo.
Noi sosteniamo che queste idee si sono semplicemente dimostrate false alla luce delle grandi, ma in definitiva distruttive, conquiste della nostra tecnica negli ultimi centocinquant'anni. Allo stesso modo esse si rivelano false alla luce della moderna storia ecologica. La creatura che la spunta contro il suo ambiente distrugge se stessa.
9. Che atteggiamenti e premesse diversi - altri sistemi di 'valori' umani - hanno retto i rapporti tra l'uomo e il suo ambiente o il suo prossimo in altre civiltà e in altri tempi. In particolare, l'antica civiltà hawaiiana e gli hawaiiani di oggi non danno alcun valore alla hybris occidentale. In altre parole, la nostra non è l'unica maniera di essere uomini: è concepibile che la si possa cambiare.
10. Che questo cambiamento nel nostro modo di pensare è già cominciato - tra gli scienziati e i filosofi, e tra i giovani.
Ma non sono solo i professori capelloni e i giovani capelloni che stanno cambiando il loro modo di pensare. Vi sono anche molte migliaia di uomini d'affari e anche di legislatori che vorrebbero poter cambiare, ma che ritengono che farlo sarebbe pericoloso o contro il 'buon senso'. I cambiamenti continueranno, inevitabili come il progresso tecnico.
11. Che questi cambiamenti di pensiero incideranno sul nostro governo, sulla nostra struttura economica, sui nostri programmi educativi, sul nostro atteggiamento militare, poiché le vecchie premesse sono profondamente radicate in tutti questi aspetti della nostra società.
12. Che nessuno può prevedere quali nuove strutture emergeranno da questi drastici cambiamenti. Speriamo che il periodo di cambiamento possa essere caratterizzato dalla saggezza piuttosto che dalla violenza o dalla paura della violenza. Di fatto, lo scopo ultimo di questo disegno di legge è di render possibile questa transizione.
13. In conclusione, i prossimi cinque o dieci anni saranno paragonabili al periodo federalista nella storia degli Stati Uniti. Nuove filosofie politiche, educative e tecniche devono essere discusse tanto all'interno del governo quanto sulla stampa, e specialmente fra i cittadini più autorevoli. In questi dibattiti, l'Università delle Hawaii e il governo dello Stato potrebbero assumere una posizione guida.

* Questo documento è una testimonianza presentata a nome della Commissione dell'Università delle Hawaii per l'Ecologia e l'Uomo, nel marzo 1970, a una Commissione del Senato delle Hawaii in favore di un disegno di legge (S.B. 1132). Questo disegno di legge proponeva l'istituzione di un Ufficio per il controllo della qualità dell'ambiente presso il governo e di un Centro per l'ambiente presso l'Università delle Hawaii. Il disegno di legge fu approvato.

MoonMirrorTao

la Fonte (Asso di Bastoni)


Quando parliamo di essere 'centrati' e di 'avere radici', parliamo di questa Fonte. Quando intraprendiamo un progetto creativo, è in questa Fonte che ci sintonizziamo. Questa carta ci ricorda che esiste in noi un'immensa riserva di energia, sempre accessibile. E l'accesso non è dato dal pensare o dal pianificare, bensì dal radicarsi, dal centrarsi, e dall'essere sufficientemente silenziosi per essere in contatto con la Fonte. Si trova all'interno di ognuno di noi, simile a un sole personale e individuale che ci dà vita e nutrimento. Pura energia che pulsa, disponibile, pronta a darci qualsiasi cosa di cui necessitiamo per agire, e pronta ad accoglierci a casa ogni volta che vogliamo riposare. Pertanto, sia che tu in questo momento stia iniziando qualcosa di nuovo e abbia bisogno di ispirazione, sia che tu abbia finito qualcosa e ti voglia riposare, vai alla Fonte. Ti aspetta sempre, e non devi neppure uscire di casa per trovarla.

Lo Zen ti chiede di uscire dalla testa e raggiungere la fonte primaria... Non che lo Zen non sia consapevole degli usi dell'energia quando è nella testa, ma se tutta l'energia è usata nella testa, non diventerai mai cosciente della tua eternità, non conoscerai mai, in quanto esperienza, cosa significhi essere uno col Tutto. L'energia che si trova esattamente nel centro, e pulsa, che non si muove né nella testa né nel cuore, ma si trova nella fonte stessa da cui il cuore l'estrae, e da cui l'estrae la testa, e pulsa lì nella fonte: questo è il significato di Zazen. Zazen significa essere semplicemente seduti nella sorgente stessa, senza andare da nessuna parte: sorge una forza incredibile, una trasformazione dell'energia in luce e amore, in vita ulteriore e più grande, in compassione, in creatività - può assumere molte forme. Ma, come prima cosa, devi imparare come essere nella fonte. Allora la fonte stessa deciderà dove si trova il tuo potenziale. Nella fonte ti puoi rilassare, ed essa ti condurrà al tuo potenziale.

lunedì 13 agosto 2012

Tao circolarizzato

    Alexandre Duret-Lutz - Paris
  Alexandre Duret-Lutz - Fort de Marigot - circular 360°
Alexandre Duret-Lutz - Cathédrale de Saint-Pierre-et-Saint-Paul de Maguelone
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la complessità dal KaliYuga al Tao - VII

Li Liwei
19. L'inserimento della scienza nella storia
Inoltre, c'è il problema dell'inserimento delle Scienze della storia umana.
Voi sapete che ci sono due concezioni della storia delle scienze, la concezione internalista e la concezione esternalista. La modalità internalista vede lo sviluppo delle scienze in isolamento, solo in funzione della loro logica interna e delle proprie scoperte. La modalità esternalista le vede in funzione degli sviluppi storici e sociali che determinano gli sviluppi scientifici.
Credo che sia necessario collegare entrambe, e questo è appropriato per sviluppi diversi da quelli delle scienze. In questo modo, alcuni volevano capire la perversione dell 'Unione Sovietica a partire da fattori interni, come le insufficienze della dottrina marxista, limiti di quella di Lenin. Altri volevano attribuire a elementi esterni, quali l'ambiente circostante e l'ostilità delle potenze capitaliste per quanto riguarda l'Unione Sovietica o elementi precedenti, quali l'arretratezza della Russia zarista. Laddove il vero gioco cognitivo è quello di collegare questi due aspetti in maniera dialogica.
Se si continua a porsi dal punto di vista della moderna storia della scienza Occidentale, si vede come dalla sua nascita marginale e quasi-deviante nel XVII secolo, si sviluppa nel XVIII, fu introdotto nelle università nel XIX, e poi negli stati società del XX, e come si diventi centrale e di guida all'interno della storia umana sotto forma di tecno-scienza, e produce non solo tutti gli elementi principali per una rinnovata consapevolezza del mondo e gli effetti benefici per l'umanità, ma anche poteri formidabili e incontrollati che la minacciano.
Non so se ho ragione o torto a riprendere un'espressione di Vico, ma è necessario per noi per arrivare alla "Scienza Nuova". Molto precisamente, Vico inscrisse la prospettiva storica nel cuore della Scienza Nuova. È necessario amplificare l'idea di scienza nuova introducendo l'interazione tra il semplice e il complesso, concepire un scienza che non sopprime le discipline ma le collega, e di conseguenza le rende fertili, una scienza che può contemporaneamente distinguere e collegare e dove la transdisciplinarità è inseparabile dalla complessità.
Lo ripeto, quanto la compartimentazione delle discipline disintegra il tessuto naturale di complessità, quanto una visione transdisciplinare è in grado di ripristinarlo.

20. Il legame tra scienza e filosofia
Il legame tra scienza e filosofia è stata interrotto. Sempre nel XVII secolo, i grandi scienziati erano allo stesso tempo grandi filosofi. Certo, non hanno identificato Scienza e Filosofia. Quando Pascal fece i suoi esperimenti nel Puy de Dome, non pensava al problema scommessa. Ma ai tempi di Pascal, Gassendi, Leibniz, non c'era questo taglio. Questo è diventato un fosso spaventoso. Il fossato di ignoranza separa la cultura scientifica dalla cultura delle scienze umane.
Ma la corrente ha cominciato a essere invertita: le scienze più avanzate arrivano ai problemi filosofici fondamentali : Perché c'è un universo dal nulla? Come è stato che questo universo nasce da un vuoto che non era allo stesso tempo il vuoto? Che cos'è la realtà? È l'essenza dell'universo velata o totalmente conoscibile?
Il problema della vita si pone ormai in una complessità che supera la biologia: le condizioni singolari della sua origine, le condizioni di emergenze dei suoi poteri creativi. Bergson si era sbagliato pensando che ci fosse un élan vital, ma aveva ragione quando parla di evoluzione creativa. Avrebbe potuto anche aver parlato di creatività evolutiva.
Oggi siamo in grado di prevedere la possibilità di creare la vita. Dal momento in cui si ritiene che la vita è un processo sviluppato solo a partire dalla materia fisico-chimiche in determinate condizioni, in camini termici subacquei o altrove, si può ben considerare la creazione di caratteristiche fisiche, chimiche, termodinamiche che danno vita a organismi dotati di qualità che chiamiamo vita. Possiamo anche prevedere la possibilità di modificare l'essere umano nella sua natura biologica. Pertanto, dobbiamo meditare sulla vita, perché non abbiamo mai fatto. E allo stesso tempo dobbiamo meditare sul nostro rapporto con la biosfera.
Così tutte le scienze più avanzate arrivano ai problemi filosofici fondamentali che pensavano di aver eliminato. Non solo li trovano, li rinnovano.
Se si definisce la filosofia come la volontà e capacità di riflessione, è necessario che la riflettività venga introdotta anche nelle scienze, che non elimina la relativa autonomia della filosofia, né la relativa autonomia delle procedure scientifiche rispetto alle procedure filosofiche.
Infine e soprattutto, ogni conoscenza, compresa quella scientifica, deve comprendere in sé una riflessione epistemologica sulle sue fondamenta, i principi e i limiti.
Ancora oggi c'è l'illusione che la complessità sia un problema filosofico e non scientifico. In un certo modo, è vero, in un certo modo, è falso. È vero quando vi metterete dal punto di vista di un oggetto isolato e separato: il fatto che isoliate e separate l'oggetto fà scomparie la complessità: quindi non è un problema scientifico dal punto di vista di una disciplina chiusa e un oggetto decontestualizzato. Ma, non appena si inizia a collegare questi oggetti isolati, ci si trova di fronte al problema della complessità.

21. Seconda rottura epistemologica con la complessità ristretta
È qui che una seconda rottura epistemologica con la complessità ristretta compare.
Complessità Ristretta è interessata essenzialmente in sistemi dinamici chiamati complessi. Vale a dire, essa costituisce il proprio campo, nel campo delle scienze.
Ma la complessità generalizzata non solo riguarda tutti i campi, ma riguarda anche la nostra conoscenza in quanto esseri umani, individui, persone e cittadini. Dal momento che siamo stati addomesticati dalla nostra educazione che ci ha insegnato molto di più a separare che connettere, la nostra attitudine per il collegamento è sottosviluppata e la nostra attitudine per la separazione è troppo sviluppata; ripeto che conoscere, è allo stesso tempo separare e collegare, è fare analisi e sintesi. Entrambe sono inseparabili, e la nostra atrofia della capacità di connettere è sempre più grave in un mondo globalizzato, complessificato, dove si tratta di interdipendenza generalizzata di tutto e tutti.
L'International Ethical, Political and Scientific Collegium ha formulato una dichiarazione di interdipendenza, che si vorrebbe vedere promulgata dalle Nazioni Unite. Dobbiamo pensare l'interdipendenza in tutti i campi, compresa la complessa relazione tra le parti e il tutto. Dobbiamo essere in grado di affrontare le incertezze della vita, mentre nulla ci prepara per esso. Abbiamo bisogno di affrontare la complessità, anche per l'azione, laddove si oppone al principio di precauzione al principio del rischio, mentre Pericle ha veramente espresso l'unione dei due principi antagonisti, quando ha detto durante un discorso agli Ateniesi durante la guerra del Peloponneso: "noi Ateniesi , siamo in grado di coniugare prudenza e audacia, mentre gli altri sono sia timorosi che audaci". E 'la combinazione di cui abbiamo bisogno. Inoltre, la precauzione ha bisogno oggi a volte di molta invenzione.
Abbiamo bisogno di riformare profondamente tutto il nostro modo di conoscere e di pensare.

22. Il principio dell'ecologia di azione
Il principio dell'ecologia di azione è, a mio parere, centrale: dal momento in cui l'azione entra in un determinato ambiente, sfugge dalla volontà e all'intenzione di ciò che la ha creata, entra in una serie di interazioni e retroazioni multiple e allora si troverà a sua volta difforme dalle sue finalità, e talvolta addirittura va in senso opposto. L'ecologia di azione ha un valore universale, incluso lo sviluppo delle scienze, le cui conseguenze nucleari distruttive erano assolutamente inaspettate.
Pensate che quando Fermi chiarì la struttura dell'atomo negli anni 30, si trattava di una scoperta puramente speculativa e non aveva affatto pensato che questo potesse consentire la fabbricazione di una bomba atomica. Tuttavia, pochi anni dopo, lo stesso Fermi si recò negli Stati Uniti per contribuire alla fabbricazione della bomba atomica che sarebbe stato utilizzata a Hiroshima e Nagasaki. Quando Watson e Crick determinarono la struttura del patrimonio genetico nel DNA, hanno pensato che fosse una grande conquista della conoscenza senza conseguenze pratiche. E appena dieci anni dopo la loro scoperta, il problema delle manipolazioni genetiche è stata posto alla comunità biologia.
L'ecologia di azione ha un valore universale. Si può pensare agli esempi della nostra recente storia francese: uno scioglimento del Parlamento da parte del Presidente Chirac per avere una maggioranza di governo ha portato a una maggioranza socialista, un referendum fatto per ottenere il sostegno generale, ha portato al suo rifiuto. Gorbaciov tentò una riforma per salvare l'Unione Sovietica, ma questo ha contribuito alla sua disintegrazione. Quando si vede che una rivoluzione è stata fatta nel 1917 per sopprimere lo sfruttamento dell'uomo da parte del suo prossimo, per creare una nuova società, fondata sui principi della comunità e della libertà, e che questa rivoluzione, non solo ha causato enormi perdite di sangue, distruzione, e repressione da un sistema di polizia, ma, dopo settant'anni, ha portato al suo contrario, cioè a un capitalismo sempre più feroce e selvaggio di quello dei tempi dello zar, e con un ritorno della religione! Tutto ciò che questa rivoluzione voleva distruggere è risorto.
Come non pensare all'ecologia di azione!

23. Creare "Istituti di cultura fondamentale"
La riforma dello spirito mi sembra assolutamente necessario.
Una volta che avevo capito che la riforma del pensiero, profondo lavoro che ho svolto in La Méthode, è una necessità, ho accettato l'offerta di un Ministero della Pubblica Istruzione quando mi ha chiamato per la riforma del contenuto dellistruzione secondaria. Ho cercato di introdurre le mie idee di riforma del pensiero in un progetto educativo. Ho visto il suo totale fallimento - infine, non ha fallito, non è stato applicato! - Questo mi ha spinto a riflettere ancora di più. Ho scritto un libro intitolato La Tete bien faite (La testa ben fatta), poi su iniziativa dell'UNESCO ho fatto un libro intitolato Les Sept savoirs nécessaire à l'éducation du futur (I sette saperi necessari all'educazione del futuro).
A seguito di una Università che verrà creato su questi principi in Messico, ho avuto l'idea più ristretta ma forse più necessaria di creare "Istituti di cultura fondamentale", che sarebbero messi in ombra in una Università, rivolti a tutti, cioè prima o durante l'Università, studenti, cittadini, membri di sindacati, imprenditori, tutti.
Perché la parola "cultura fondamentale"? Perché è che ciò che manca. In realtà, è la cosa più importante da insegnare, la più importante per affrontare la vita, e che viene ignorata dall'educazione.
  1. La conoscenza come fonte di errore o illusione; da nessuna parte le trappole della conoscenza vengono insegnate, che proviene dal fatto che tutta la conoscenza è traduzione e ricostruzione.
  2. Razionalità, come se fosse una cosa ovvia, mentre sappiamo che la razionalità conosce la sua perversione, le sue malattie infantili o senili.
  3. Scientificità. Che cosa è scienza, le sue frontiere, i suoi limiti, le sue possibilità, le sue regole. Inoltre, vi è una letteratura abbondante, ma che non è mai stato consultato dagli scienziati che vengano assunti al CNRS per esempio. Il più delle volte, non sanno nulla della polemica tra Einstein e Niels Bohr e Einstein, le opere di Popper, Lakatos, Kuhn, etc.
  4. Cos'è la complessità.
E anche:
  • Un insegnamento sul tema "qual'è l'identità e la condizione umana ", che non si trova da nessuna parte.
  • Un insegnamento sull'era globale, non solo la globalizzazione di oggi, ma tutti i suoi precedenti a partire dalla conquista dell'America, la colonizzazione del mondo, la sua fase attuale, e le sue prospettive future.
  • Un insegnamento sulla comprensione umana.
  • Un insegnamento riguardante il confronto delle incertezze in tutti i settori: scienze, vita quotidiana, la storia (abbiamo perso la certezza del progresso, e il futuro è totalmente incerto e oscuro).
  • Un insegnamento sui problemi della nostra civiltà.
Questo è per me l'insegnamento fondamentale che può aiutare la riforma dello spirito, del pensiero, della conoscenza, dell'azione, della vita.

24. Concludo: la complessità generale integra la complessità ristretta
Purtroppo, la complessità ristretta rifiuta la complessità generalizzata, che sembra alla prima come pura chiacchiera, pura filosofia. La respinge perché la complessità ristretta non ha fatto la rivoluzione epistemologica e paradigmatica, che la complessità obbliga. Questo sarà fatto senza dubbio. Ma nel frattempo, vediamo che la problematica della complessità ha invaso tutti i nostri orizzonti, e ripeto "problematico", perché è un errore pensare che si troverà nella complessità un metodo che può essere applicato automaticamente al mondo ed a ogni cosa.
La complessità è un certo numero di principi che aiutano lo spirito autonomo a conoscere. Laddove un programma distrugge l'autonomia di chi cerca, la problematica della complessità stimola una strategia autonoma, impone nel campo dell'azione - una volta che uno sa che l'ecologia dell'azione può pervertire le migliori intenzioni - a riconsiderare le nostre decisioni come scommesse e ci spinge a sviluppare una strategia adeguata per più o meno controllare l'azione.
In altre parole, in tutti i campi, direi "aiuta te stesso e la complessità ti aiuterà", che non ha nulla a che fare con l'applicazione meccanica di un programma o di una regola. Si tratta di una profonda riforma del nostro funzionamento mentale, del nostro essere.
Queste idee ora marginali, devianti, cominciano a costituire una tendenza ancora in minoranza, o meglio tendenze in quanto ci sono numerose vie per andare verso la complessità. Queste idee, queste devianze, possono essere sviluppate e diventare forze culturali, politiche e sociali.
Le probabilità di un futuro globale sono estremamente allarmanti: la nostra astronave è tirata da quattro motori senza alcun controllo: scienza, tecnologia, economia, e la ricerca di profitto - tutto questo in condizioni di caos dato che l'unificazione della tecno-civiltà del pianeta, sotto la spinta Occidentale, provoca singolari resistenze culturali e ri-chiusure religiose.
Il pianeta è in crisi con tutte le possibilità, quelle regressive e distruttive, altri stimolanti e fertili, come invenzione, creazione, di nuove soluzioni.

25. Dobbiamo anche cogliere le possibilità di una metamorfosi
Dobbiamo anche cogliere le possibilità di metamorfosi perché abbiamo esempi completamente sorprendenti dal passato. Il cambiamento in alcuni luoghi in cui ci sono state concentrazioni demografiche in Medio Oriente, nel bacino dell'Indo, in Cina, in Messico, in Perù, dalle società preistoriche di centinaia di uomini, senza città, senza stati, senza agricoltura, senza esercito, senza classe sociale, a enormi società storiche con città, agricoltura, esercito, civiltà, religione, filosofia, opere d'arte ... questo costituisce una metamorfosi sociologica.
Forse stiamo andando verso una metamorfosi meta-storica adatta per la nascita di una società-mondo su scala globale.
Direi che la complessità non ci mette solo il disagio dell'incertezza, ci permette di vedere oltre il probabile, le possibilità dell'improbabile, a causa di quelli che sono stati in passato e quelli che possono essere ritrovati nel futuro.
Siamo in un'epoca di combattimento dubbia e incerta.
Che fa pensare alla guerra del Pacifico, dopo che i giapponesi avevano sfondato nelle isole del Pacifico e avevano cominciato a minacciare la California, c'è stata una gigantesca battaglia navale su oltre 200 chilometri lungo le Midways tra le flotte giapponesi e americana: corazzate, portaerei, sottomarini , gli aerei. La visione globale era impossibile per entrambi: vi erano navi giapponesi affondate, navi americane affondate, aerei che non hanno trovavano la flotta nemica, insomma, confusione totale, la battaglia divisa in più frammenti. A un dato momento, l'Ammiraglio Giapponese, realizzando le sue perdite in navi da guerra e aerei, pensò che erano stati sconfitti, così ordinò la ritirata. Ma gli americani, che avevano perso tanto, non sono stati i primi a pensare che erano sconfitti; dopo il ritiro giapponese, erano vittoriosi.
Ebbene, il risultato di ciò che accadrà, non possiamo concepirlo ancora! Possiamo sempre sperare e agire nella direzione di questa speranza.
L'intelligenza della complessità, non è quello di esplorare il campo delle possibilità, senza limitarlo con ciò che è formalmente probabile? Non ci invita a riformare, persino a rivoluzionare?