mercoledì 22 agosto 2012

osservazione del Tao

Vladimir Kush, Astronomer
Ancient people thought that their world was flat and yet right before them in the sky at night they saw another world that was round. Their lack of perspective and knowledge blinded them to the truth. In retrospect it would be easy to say that we would not make the same judgments, however don't we do this every day with others due to our limitations?

il Te del Tao: XLII - LE TRASFORMAZIONI DEL TAO


XLII - LE TRASFORMAZIONI DEL TAO

Il Tao generò l'Uno,
l'Uno generò il Due,
il Due generò il Tre,
il Tre generò le diecimila creature.
Le creature voltano le spalle allo yin
e volgono il volto allo yang,
il ch'i infuso le rende armoniose.
Ciò che l'uomo detesta
è d'essere orfano, scarso di virtù, incapace,
eppur sovrani e duchi se ne fanno appellativi.
Perciò tra le creature
taluna diminuendosi s'accresce,
taluna accrescendosi si diminuisce.
Ciò che gli altri insegnano
anch'io l'insegno:
quelli che fan violenza non muoiono di morte naturale.
Di questo farò l'avvio del mio insegnamento.

martedì 21 agosto 2012

se il Tao si ammala


Watzlawick, se le idee si ammalano

Umberto Galimberti
“La Repubblica”, 4 aprile 2007

Paul Watzlawick, morto ieri nella sua casa di Palo Alto in California all’età di 85 anni, è lo psicologo che meglio di tutti è riuscito a coniugare i problemi della psiche con quelli del pensiero e quindi a sollevare le tematiche psicologiche al livello che a loro compete, perché ad “ammalarsi” non è solo la nostra anima, ma anche le nostre idee che, quando sono sbagliate, intralciano e complicano la nostra vita rendendola infelice. E proprio Istruzioni per rendersi infelici, che Feltrinelli pubblicò nel 1984 facendo undici edizioni in due anni, è stato il libro che ha reso noto Watzlawick in Italia al grande pubblico.
Nato a Villach, in Austria, nel 1921, Watzlawick nel 1949 ha conseguito all’Università di Venezia la laurea in lingue moderne e filosofia. L’anno successivo prese a frequentare l’Istituto di Psicologia analitica di Zurigo dove nel 1954 conseguì il diploma di analista. Dal 1957 al 1960 ottenne la cattedra di psicoterapia presso l’Università di El Salvador e dal 1960 si trasferì al Mental Research Institute di Palo Alto dove lavorò con Don D. Jackson, Janet Helmick Beavin e Gregory Bateson, diventando il massimo studioso della pragmatica della comunicazione umana, delle teorie del cambiamento, del costruttivismo radicale e della terapia breve fondata sulla modificazione delle idee con cui ci costruiamo la nostra “immagine” del mondo, spesso dissonante con la “realtà” del mondo.
Le tesi centrali che sono alla base del pensiero di Watzlawick sono: in primo luogo che la nevrosi, la psicosi e in generale le forme psicopatologiche non originano nell’individuo isolato, ma nel tipo di interazione patologica che si instaura tra individui, in secondo luogo che è possibile, studiando la comunicazione, individuarne le patologie e dimostrare che è la comunicazione a produrre le interazioni patologiche.
A un individuo può capitare infatti di trovarsi sottoposto a due ordini contraddittori, convogliati attraverso lo stesso messaggio che Watzlawick chiama “paradossale”. Se la persona non riesce a svincolarsi da questo doppio messaggio la sua risposta sarà un comportamento interattivo patologico, le cui manifestazioni siamo soliti chiamare “follia”. Questa analisi, ben descritta in Pragmatica della comunicazione umana non si limita a un’interpretazione dei meccanismi interattivi, ma scopre procedimenti pragmatici o comportamentali che consentono di intervenire nelle interazioni e di modificarle. “Paradossalmente” è proprio con l’iterazione di doppi messaggi o di messaggi paradossali, nonché con la “prescrizione del sintomo” e altri procedimenti di questo tipo che il terapeuta riesce a sbloccare situazioni nevrotiche o psicotiche apparentemente inespugnabili.
Partendo da queste premesse Watzlawick intende la terapia non come “guarigione”, ma come “cambiamento” a cui ha dedicato Il linguaggio del cambiamento, Il codino del Barone di Münchhausen e, con Giorgio Nardone L’arte del cambiamento. Secondo Watzlawick sono distinguibili due realtà, una delle quali è supposta oggettiva ed esterna, e un’altra che è il risultato delle nostre opinioni sul mondo. Ogni persona deve sintetizzare queste due realtà ed è questa sintesi che determina convinzioni, pregiudizi, valutazioni e distorsioni dovute al fatto che il mondo della razionalità è controllato dall’emisfero cerebrale sinistro che ci consente di interpretare la realtà oggettiva in termini razionali secondo una logica metodologica. Ma questa è spesso in conflitto con l’attività dell’emisfero destro da cui nascono fantasie, sogni e idee che possono sembrare illogiche e assurde.
Il linguaggio della psicoterapia deve intervenire sull’emisfero destro perché in esso l’immagine del mondo è concepita ed espressa, e, mutandone la grammatica attraverso paradossi, spostamenti di sintomi, giochi verbali, prescrizioni, si determina il cambiamento dell’immagine del mondo che è alla base della sofferenza psichica.
La rivoluzione non è da poco, perché smentisce la persuasione comune secondo cui, a partire dalla nascita la realtà non può che essere “scoperta”. No, dice Watzlawick ne La realtà inventata. Il costruttivismo, che è alla base della sua concezione sostiene che ciò che noi chiamiamo realtà è un’interpretazione personale, un modo particolare di osservare e spiegare il mondo che viene costruito attraverso la comunicazione e l’esperienza. La realtà non verrebbe quindi “scoperta”, ma “inventata”.
Da queste invenzioni nascono “stili di vita” che rendono ciechi non solo gli individui, ma interi sistemi relazionali umani (famiglia, aziende, sistemi sociali e politici) nei confronti di possibilità alternative. Con molti esempi Watzlawick mostra nei suoi libri come attraverso una nuova formulazione di vecchie immagini del mondo possano sorgere nuove “realtà”. E così la psicologia incomincia a respirare. Oggi a raccogliere questo respiro è la consulenza filosofica che spero annoveri presto Watzlawick tra i suoi precursori e, sulla sua traccia, approfondisca quella terapia delle idee che, inosservate dalla psicologia, sono spesso la causa delle sofferenze dell’anima.


Filosofia a Venezia

Dipartimento di Filosofia e Teoria delle Scienze

                              Umberto Galimberti

lunedì 20 agosto 2012

pragmatica del Tao: i limiti ultimi


Watzlawick Beavin e Jackson concludono Pragmatics con un ultimo capitolo intitolato "Esistenzialismo e Teoria della Comunicazione Umana", dove esplorano i limiti ultimi di una teoria dell'interazione e della comunicazione quale il loro modello sistemico-relazionale.

1.
L’uomo non può andare oltre i limiti stabiliti dalla sua mente; soggetto e oggetto alla fine sono identici, la mente studia se stessa, e ogni asserzione che si faccia sull’uomo, considerato nel suo nesso esistenziale, tende ad incorrere nello stesso fenomeno di riflessività che genera il paradosso.

2.
Nella biologia moderna sarebbe impensabile studiare anche l’organismo più primitivo isolandolo artificialmente dal suo ambiente. Come la Teoria Generale dei Sistemi postula in modo specifico, gli organismi sono sistemi aperti che mantengono il loro stato stazionario (stabilità) e magari si evolvono verso stati di complessità più elevata mediante uno scambio costante sia di energia che di informazione con il loro ambiente. Comunicazione ed esistenza sono quindi concetti inseparabili. Le reazioni dell’organismo a loro volta influenzano l’ambiente; è chiaro che anche a livelli di vita molto primitivi hanno luogo interazioni complesse e continue che non sono mai casuali e che sono quindi governate da un programma o, per usare un termine esistenzialista, da un significato.
L’esistenza è una funzione della relazione tra l’organismo e il suo ambiente.

3.
La vita è un partner che accettiamo o respingiamo, e da cui ci sentiamo accettati o respinti, sostenuti o traditi. A questa partner esistenziale, forse come al partner umano, l’uomo propone la sua definizione di sé che trova poi, dunque, confermata o disconfermata; e da tale partner l’uomo si sforza di ricevere dei segni sulla “vera” natura della loro relazione.

4.
Esistono due tipi di conoscenza: la conoscenza delle cose e la conoscenza sulle cose. La prima è la consapevolezza che ci viene trasmessa dai sensi. E’ il tipo di conoscenza che ha il cane di I. Pavlov quando percepisce il cerchio o l’ellisse. Ma durante gli esperimenti il cane impara anche qualcosa sulle due figure geometriche, vale a dire che in qualche modo indicano rispettivamente il piacere e il dolore e che quindi hanno un significato per la sua sopravvivenza. Se, dunque, la consapevolezza dei sensi si può definire conoscenza di primo ordine, questo secondo tipo di conoscenza (su un oggetto) e conoscenza di secondo ordine; è conoscenza sulla conoscenza di primo ordine e quindi metaconoscenza. Una volta che il cane ha capito il significato del cerchio e dell’ellisse per la sua sopravvivenza, egli si comporterà come se avesse concluso: “Questo è un mondo in cui io sto al sicuro finché riesco a differenziare tra il cerchio e l’ellisse”. Una conclusione simile, però, non sarebbe più di secondo ordine; sarebbe una conoscenza a cui si è giunti grazie a una conoscenza di secondo ordine: sarebbe quindi una conoscenza di terzo ordine. In sostanza è lo stesso processo mediante il quale l’uomo acquisisce la conoscenza e attribuisce livelli di significato all’ambiente e alla realtà.
L’uomo non smette mai di cercare di conoscere gli oggetti della sua esperienza, di capire che significato hanno per la sua esistenza e di reagire ad essi a seconda di quello che capisce. Infine, dalla somma totale dei significati che ha dedotto dai contatti con numerosi oggetti singoli del suo ambiente si sviluppa una visione unitaria del mondo in cui si trova “gettato”, e questa visione è di terzo ordine.

4.1
Concetti equivalenti o analoghi alle premesse di terzo ordine sono stati formulati da altri studiosi delle scienza comportamentistiche. Questa branca della teoria dell’apprendimento postula che insieme con l’acquisizione della conoscenza o di una certa destrezza si verifica anche un processo che rende l’acquisizione stessa progressivamente più facile. In altre parole, uno non si limita ad imparare, ma impara ad imparare. Per questo tipo di ordine più elevato di apprendimento, G. Bateson ha coniato il termine “deutero-apprendimento”. G. A. Miller, E. Galanter e K. H. Pribram nel loro “Plans and the Structure of Behavior” hanno proposto che il comportamento intenzionale è guidato da un progetto, così come un calcolatore è guidato da un programma.

5.
L’uomo ha una capacità quasi incredibile di adattarsi ai cambiamenti al secondo livello, ma sembra che la resistenza umana sia possibile finché restano intatte le premesse di terzo ordine sulla sua esistenza e il significato del mondo in cui vive.
L’uomo non può sopravvivere psicologicamente in un universo che le sue premesse di terzo ordine non riescono a spiegare, in un universo che per lui è assurdo. E’ proprio questo il risultato disastroso del doppio legame; ma c’è la possibilità che si abbia lo stesso risultato anche in circostanze (e attraverso sviluppi) che sfuggono completamente al controllo e alle intenzioni dell’uomo.
Dovunque questo tema si presenti, implica il problema del significato, e qui il significato va inteso non nella sua connotazione semantica ma esistenziale. L’assenza di significato è l’orrore del nulla esistenziale. E’ la soggettività in cui la realtà si è allontanata o è completamente scomparsa, e con essa ogni consapevolezza del sé e degli altri.
Che la vita abbia perso il suo significato (o ne sia priva) è forse il denominatore comune di tutte le forme di angoscia.
La definizione più esatta dell’angoscia esistenziale si trova nella discrepanza dolorosa tra ciò che è e ciò che dovrebbe essere, tra le proprie percezioni e le proprie premesse di terzo ordine.

6.
Se l’uomo vuole cambiare le sue premesse di terzo ordine, il che ci sembra una funzione essenziale della psicoterapia, egli può farlo soltanto da un livello quarto.
Si dubita che la mente umana possa essere in grado di affrontare livelli di astrazione più elevati senza l’aiuto del simbolismo matematico o dei calcolatori.
Il livello quarto sembra assai vicino ai limiti della mente umana e a questo livello è raro che la consapevolezza sia presente, ammesso che si tratti di consapevolezza. Ci sembra che questa sia la zona dell’intuizione e dell’empatia, forse della consapevolezza immediata che danno l’LSD o allucinogeni di questo tipo, ed è la zona dove si verifica il cambiamento terapeutico, cambiamento di cui, dopo una terapia riuscita, non si è in grado di dire come e perché è avvenuto e in che cosa consiste veramente.
Soltanto da questo livello si può vedere che la realtà è costituita dall’esperienza soggettiva che ci facciamo dell’esistenza, dalle nostre intenzioni e dai nostri scopi.

6.1
Nella teoria della dimostrazione, il termine “procedura di decisione” si riferisce ai metodi per trovare dimostrazioni di verità o di falsità di un’asserzione fatta all’interno di un dato sistema formalizzato. Il termine correlato “problema di decisione” si riferisce al problema che si pone per stabilire se esiste o no una procedura del tipo che abbiamo appena descritto. Di conseguenza, ai problemi di decisione ci si riferisce o come a problemi computabili o come a problemi irrisolvibili.
C’è però una terza possibilità. Soluzioni ben definite (positive o negative) di un problema di decisione sono possibili soltanto dove il problema in questione si trova entro il dominio (l’area di applicabilità) di una particolare procedura di decisione. Se tale procedura di decisione viene applicata a un problema fuori dal suo dominio, il calcolatore continuerà all’infinito senza mai dimostrare che non potrà dare una soluzione (positiva o negativa). E’ a questo punto che incontriamo ancora il concetto di indecidibilità.

6.2
Questo concetto è il punto centrale del lavoro di K. Gödel che tratta delle proposizioni formalmente indecidibili.
K. Gödel ha dimostrato che in questo sistema o in uno equivalente è possibile costruire una formula, G, che a.) è dimostrabile partendo dalle premesse e dagli assiomi del sistema, ma che b.) dice di se stessa che non è dimostrabile. Ciò significa che se G è dimostrabile nel sistema, è dimostrabile anche la sua indimostrabilità.
Ma se sia la dimostrabilità che la indimostrabilità si possono dedurre dagli assiomi del sistema, e gli assiomi stessi sono coerenti, allora G è indecidibile nei termini del sistema. Questo teorema dimostra una volta per tutte che ogni sistema formale (matematico, simbolico, etc.) è necessariamente incompleto e che, inoltre, la coerenza di un sistema simile può essere dimostrata soltanto ricorrendo a metodi di dimostrazione più generali di quelli che il sistema stesso può produrre.

6.3
Il lavoro di K. Gödel costituisce l’analogia matematica di ciò che vorremmo chiamare il “paradosso ultimo dell’esistenza umana”. L’uomo, in definitiva, è soggetto e oggetto della sua ricerca, che egli compie per capire il significato della sua esistenza: è un tentativo di formalizzazione.
Ma dieci anni prima che K. Gödel presentasse il suo brillante teorema, un’altra grande mente del nostro secolo aveva già formulato questo paradosso in termini filosofici: alludiamo a Wittgenstein e al suo “Tractatus Logico-Philosophicus”, dove mostra che potremmo sapere qualcosa sul mondo nella sua totalità soltanto se potessimo uscire fuori da esso; ma se ciò fosse possibile, questo mondo non sarebbe più tutto il mondo.
Tuttavia la nostra logica non conosce nessuna cosa che sia fuori di esso:

5.61    La logica riempie il mondo; i limiti del mondo sono anche i suoi limiti.

Non possiamo dunque dire nella logica: Questo e quest'altro v'è nel mondo, quello no.
Ciò parrebbe infatti presupporre che noi escludiamo certe possibilità, e questo non può essere, poiché altrimenti la logica dovrebbe trascendere i limiti del mondo; solo così potrebbe considerare questi limiti anche dall'altro lato.
Ciò, che non possiamo pensare, non possiamo pensare; né dunque possiamo dire ciò che non possiamo pensare.

Il mondo, dunque, è limitato e al tempo stesso senza limiti, senza limiti proprio perché non c’è nulla fuori e non c’è nulla dentro che possa costituire un confine. Ma se è così ne consegue che “mondo e vita sono una cosa sola. Io sono il mio mondo”. Soggetto e mondo non sono più, dunque, entità la cui funzione relazionale è in qualche modo governata dall’ausiliare “avere” (uno ha l’altro, lo contiene o gli appartiene) ma dal verbo essenziale essere: “Il soggetto non appartiene al mondo, ma è un limite del mondo” .
Non c’è nulla dentro uno schema, o anche chiedere, qualcosa su quello schema. La soluzione, dunque, non sta nel trovare una risposta all’enigma dell’esistenza, ma nel prendere atto che non c’è nessun enigma.

6.5   D'una risposta che non si può formulare non può formularsi neppure la domanda.
L'enigma non v'è.
Se una domanda può porsi, può pure aver risposta.

6.52    Noi sentiamo che, anche una volta che tutte le possibili domande scientifiche hanno avuto risposta, i nostri problemi vitali non sono ancora neppur toccati. Certo allora non resta più domanda alcuna; e appunto questa è la risposta.

6.521    La risoluzione del problema della vita si scorge allo sparir di esso.
(Non è forse per questo che uomini, cui il senso della vita divenne, dopo lunghi dubbi, chiaro, non seppero poi dire in che consisteva questo senso?)

6.522    V'è davvero dell'ineffabile. Esso mostra sé, è il mistico.

7.  Su ciò di cui non si può parlare, si deve tacere. 

multistrato Tao-ricursivo


"Il neoplatonico Plotino dimostra per mezzo dei fiori e delle foglie che dal Dio Supremo, la cui bellezza è invisibile e ineffabile, la Provvidenza giunge fino alle cose della terra quaggiù. Egli fa osservare che questi oggetti fragili e mortali non potrebbero essere dotati di una bellezza così immacolata e di così squisita fattura se essi non promanassero dalla Divinità che senza fine pervade tutte le cose con la sua invisibile e immutabile bellezza".

Agostino di Ippona, "La Città di Dio".

martedì 14 agosto 2012

le radici della crisi del Tao

Milan Dobrojevic © ∞, World Beyond Despair
LE RADICI DELLA CRISI ECOLOGICA*

Sommario: Altri hanno fornito testimonianze sui disegni di legge presentati in relazione a problemi specifici di inquinamento e di degradazione ambientale nelle Hawaii. Si spera che il proposto Ufficio per il controllo della qualità dell'ambiente e il Centro per l'ambiente dell'Università delle Hawaii andranno più in là di quest'impostazione ad hoc e studieranno le cause più profonde dell'attuale ondata di disordini ambientali.
Nella mia testimonianza sostengo che queste cause profonde risiedono nell'azione combinata di: a) progresso tecnico; b) aumento della popolazione; c) idee tradizionali (ma sbagliate) sulla natura dell'uomo e sui suoi rapporti con l'ambiente.
La conclusione è che i prossimi cinque o dieci anni saranno un periodo come quello federalista nella storia degli Stati Uniti, durante il quale l'intera strategia della cosa pubblica, dell'istruzione e della tecnica dovrà esser messa in discussione.
Sosteniamo:
1. Che tutti i provvedimenti ad hoc non sono in grado di correggere le più profonde cause delle difficoltà, e, peggio ancora, permettono di solito a quelle cause di rafforzarsi e di allearsi. In medicina alleviare i sintomi senza curare la malattia è ragionevole se e solo se la malattia avrà sicuramente esito mortale oppure guarirà da sé.
La storia del DDT illustra l'errore fondamentale dei provvedimenti ad hoc. Quando fu inventato e usato la prima volta, era anch'esso un provvedimento ad hoc. Nel 1939 si scoprì che si trattava di un insetticida (e chi lo scoprì vinse il premio Nobel). C'era 'bisogno' di insetticidi a) per incrementare la produzione agricola, e b) per proteggere la gente dalla malaria, specialmente le truppe oltremare. In altre parole il DDT era una cura sintomatica per le difficoltà causate dall'aumento della popolazione.
Già nel 1950 gli scienziati avevano capito che il DDT era fortemente tossico per molti altri animali (il noto libro Silent Spring di Rachel Carson fu pubblicato nel 1962 [trad. it. Primavera silenziosa, Feltrinelli, Milano, 1966]).
Ma nel frattempo a) molte industrie si erano impegnate nella produzione del DDT, b) gli insetti contro cui il DDT era diretto stavano immunizzandosi, c) gli animali che normalmente mangiavano quegli insetti andavano incontro allo sterminio, d) la popolazione del globo poteva aumentare grazie al DDT.
In altre parole, il mondo si era assuefatto a quello che era stato un tempo un provvedimento ad hoc, che è, ora lo sappiamo, un pericolo tremendo. Infine, nel 1970 si cominciò a proibire o controllare questa pericolosa sostanza. E ancora non si sa, ad esempio, se la specie umana con la sua alimentazione attuale possa per certo sopravvivere al DDT che già circola nel mondo e che ci resterà per i prossimi vent'anni, anche se se ne sospenderà immediatamente e completamente l'impiego.
È ora ragionevolmente sicuro (da quando si sono scoperte quantità considerevoli di DDT nei pinguini dell'Antartide) che tutti gli uccelli che si cibano di pesci, come pure tutti gli uccelli carnivori migratori e quelli che un tempo mangiavano insetti nocivi, hanno il destino segnato. È probabile che tutti i pesci carnivori [Nota: Per ironia della sorte, accadrà probabilmente che il pesce diventerà tossico per il mercurio che contiene, e non per il DDT (G. Bateson, 1971)] conterranno ben presto troppo DDT per poter essere mangiati dall'uomo e che possano essi stessi estinguersi. È possibile che scompaiano i lombrichi, almeno nelle foreste e in altre aree irrorate, con le conseguenze per le foreste che ciascuno può immaginare. Il plancton d'alto mare (dal quale dipende tutta l'ecologia del nostro pianeta) è, si ritiene, ancora incontaminato.
Questa è la storia della cieca applicazione di un provvedimento ad hoc; e la storia può essere ripetuta per un'altra dozzina di invenzioni.
2. Che la proposta combinazione di enti statali e universitari dovrebbe impegnarsi nella diagnosi, nella comprensione e, se possibile, nell'indicazione di rimedi per i più vasti processi di degradazione sociale e ambientale nel mondo, e dovrebbe tentare di definire la politica delle Hawaii alla luce di questi processi.
3. Che tutte le molte attuali minacce alla sopravvivenza dell'uomo sono riconducibili a tre cause primitive:
a) progresso tecnico;
b) aumento della popolazione;
c) certi errori nel pensiero e negli atteggiamenti della cultura occidentale. I nostri 'valori' sono sbagliati.
Noi riteniamo che tutti e tre questi fattori fondamentali siano condizioni necessarie per la distruzione del nostro mondo. In altre parole, crediamo ottimisticamente che la correzione di uno solo di essi ci darebbe la salvezza.
4. Che questi fattori fondamentali certamente interagiscono. L'aumento della popolazione stimola il progresso tecnico e crea quell'ansia che ci oppone al nostro ambiente come a un nemico; mentre la tecnica da una parte facilita l'aumento demografico e dall'altra rafforza la nostra arroganza, o hybris, nei confronti dell'ambiente naturale.
Il diagramma allegato illustra le interconnessioni. Si osserverà che in questo diagramma ogni angolo è dotato di una freccia oraria, il che denota che esso è di per sé un fenomeno che si auto esalta (o, come dicono gli scienziati, è «autocatalitico»): più numerosa è la popolazione, più rapida è la sua crescita; più perfezionata è la tecnica, maggiore è il numero delle nuove invenzioni; e più crediamo nel nostro 'potere' su un ambiente ostile, più 'potere' ci sembra di possedere e più disprezzabile ci sembra l'ambiente.
Analogamente, gli angoli sono collegati a due a due in senso orario, e così si creano tre sottosistemi autocatalitici.
Il problema che devono affrontare il mondo e le Hawaii è semplicemente come si possa introdurre in questo sistema qualche processo antiorario.
E questo è uno dei problemi fondamentali che dovrebbero affrontare l'Ufficio statale per il controllo della qualità dell'ambiente e il Centro universitario per l'ambiente, ora proposti.
Al momento attuale sembra che l'unico punto d'accesso possibile per !'inversione del processo stia negli atteggiamenti tradizionali verso l'ambiente.
5. Che un ulteriore progresso tecnico non possa ormai essere evitato, ma che esso possa forse essere guidato nelle direzioni opportune, che gli uffici proposti dovrebbero studiare.
6. Che l'esplosione demografica è il più importante problema che il mondo abbia oggi davanti. Fino a quando la popolazione continuerà a crescere, dobbiamo attenderci una continua creazione di nuove minacce alla sopravvivenza, forse al ritmo di una all'anno, fino a raggiungere una definitiva situazione di carestia (che le Hawaii non possono in alcun modo fronteggiare). Non abbiamo alcuna soluzione da proporre qui per l'esplosione demografica, ma osserviamo che ogni soluzione immaginabile è resa difficile o impossibile dal pensiero e dagli atteggiamenti della cultura occidentale.
7. Che la condizione primissima della stabilità ecologica è un equilibrio fra il tasso di natalità e quello di mortalità. Per il bene o per il male, abbiamo interferito nel tasso di mortalità, specialmente mediante il controllo delle malattie più gravi e della mortalità infantile. Sempre, in qualunque sistema vivente (cioè ecologico), ogni squilibrio crescente produce di per sé i fattori che lo limitano, come effetti collaterali della crescita dello squilibrio stesso. Nel caso attuale, cominciamo a vedere alcuni dei modi in cui la natura corregge lo squilibrio - smog, inquinamento, avvelenamento da DDT, rifiuti industriali, carestia, pioggia radioattiva e guerra. Ma lo squilibrio ha raggiunto un punto tale che non si può essere sicuri che la natura non lo corregga in maniera eccessiva.
8. Che le idee che dominano oggi la nostra civiltà risalgono nella loro forma più virulenta alla rivoluzione industriale.
Esse si possono così riassumere:
a) Noi contro l'ambiente.
b) Noi contro altri uomini.
c) È il singolo (o la singola compagnia, o la singola nazione) che conta.
d) Possiamo avere un controllo unilaterale sull'ambiente e dobbiamo sforzarci di raggiungerlo.
e) Viviamo all'interno di una 'frontiera' che si espande all'infinito.
j) Il determinismo economico è cosa ovvia e sensata.
g) La tecnica ci permetterà di attuarlo.
Noi sosteniamo che queste idee si sono semplicemente dimostrate false alla luce delle grandi, ma in definitiva distruttive, conquiste della nostra tecnica negli ultimi centocinquant'anni. Allo stesso modo esse si rivelano false alla luce della moderna storia ecologica. La creatura che la spunta contro il suo ambiente distrugge se stessa.
9. Che atteggiamenti e premesse diversi - altri sistemi di 'valori' umani - hanno retto i rapporti tra l'uomo e il suo ambiente o il suo prossimo in altre civiltà e in altri tempi. In particolare, l'antica civiltà hawaiiana e gli hawaiiani di oggi non danno alcun valore alla hybris occidentale. In altre parole, la nostra non è l'unica maniera di essere uomini: è concepibile che la si possa cambiare.
10. Che questo cambiamento nel nostro modo di pensare è già cominciato - tra gli scienziati e i filosofi, e tra i giovani.
Ma non sono solo i professori capelloni e i giovani capelloni che stanno cambiando il loro modo di pensare. Vi sono anche molte migliaia di uomini d'affari e anche di legislatori che vorrebbero poter cambiare, ma che ritengono che farlo sarebbe pericoloso o contro il 'buon senso'. I cambiamenti continueranno, inevitabili come il progresso tecnico.
11. Che questi cambiamenti di pensiero incideranno sul nostro governo, sulla nostra struttura economica, sui nostri programmi educativi, sul nostro atteggiamento militare, poiché le vecchie premesse sono profondamente radicate in tutti questi aspetti della nostra società.
12. Che nessuno può prevedere quali nuove strutture emergeranno da questi drastici cambiamenti. Speriamo che il periodo di cambiamento possa essere caratterizzato dalla saggezza piuttosto che dalla violenza o dalla paura della violenza. Di fatto, lo scopo ultimo di questo disegno di legge è di render possibile questa transizione.
13. In conclusione, i prossimi cinque o dieci anni saranno paragonabili al periodo federalista nella storia degli Stati Uniti. Nuove filosofie politiche, educative e tecniche devono essere discusse tanto all'interno del governo quanto sulla stampa, e specialmente fra i cittadini più autorevoli. In questi dibattiti, l'Università delle Hawaii e il governo dello Stato potrebbero assumere una posizione guida.

* Questo documento è una testimonianza presentata a nome della Commissione dell'Università delle Hawaii per l'Ecologia e l'Uomo, nel marzo 1970, a una Commissione del Senato delle Hawaii in favore di un disegno di legge (S.B. 1132). Questo disegno di legge proponeva l'istituzione di un Ufficio per il controllo della qualità dell'ambiente presso il governo e di un Centro per l'ambiente presso l'Università delle Hawaii. Il disegno di legge fu approvato.

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