Soap bubble nebula |
Nel suo sesto libro Castaneda riprende e descrive più in dettaglio il modello della consapevolezza divisa in due parti, quella del lato destro - la prima attenzione o tonal -, la realtà ordinaria percepita e organizzata, e quella del lato sinistro - la seconda attenzione o nagual-, la realtà separata, visibili agli stregoni-veggenti come un uovo luminoso diviso a metà. In questo modello viene descritto un essere umano molto speciale, denominato il Nagual:
LA REGOLA DEL NAGUAL
Don Juan era stato avaro di informazioni specie sul suo passato e sulla sua vita privata. La sua reticenza era, fondamentalmente, un accorgimento didattico; per quel che lo riguardava, la sua vita cominciava da quando era diventato guerriero; quanto gli era successo prima aveva scarsissima importanza.
Tutto quello che la Gorda e io sapevamo sulla sua vita precedente era che era nato in Arizona, figlio di due indios yaqui e yuma. Ancora bambino, i suoi lo avevano portato a vivere con gli Yaqui nel Messico del nord. A dieci anni era stato travolto dalla marea delle guerre yaqui. A quell’epoca la madre fu uccisa e il padre fatto prigioniero dell’esercito messicano. Sia don Juan sia suo padre furono mandati in un centro di smistamento, una riserva nella zona più meridionale dello stato dello Yucatan, dove crebbe.
Quello che gli successe in quel periodo non ci fu mai rivelato Don Juan credeva che non ci fosse alcun bisogno di parlarcene. Io la pensavo altrimenti. L’importanza che davo a quel periodo della sua vita dipendeva dalla convinzione che i tratti caratteristici e l’efficacia della sua guida nascevano dal suo bagaglio di esperienze.
Ma non era questo bagaglio, per quanto importante, a conferirgli quell’immenso significato che lui aveva ai nostri occhi e a quelli dei suoi altri compagni. La sua assoluta preminenza si fondava sul fatto casuale di essere legato alla “regola”.
Essere legato alla regola può essere descritto come vivere un mito. Don Juan viveva un mito, un mito che s’era impossessato di lui e ne aveva fatto un Nagual.
Don Juan disse che quando la regola s’era impossessata di lui, era un uomo aggressivo, che viveva in esilio come migliaia di altri indios yaqui del Messico del nord. A quel tempo lavorava nelle piantagioni di tabacco del Messico del sud. Un giorno, dopo il lavoro, in uno scontro quasi mortale con un altro lavoratore per questione di soldi, gli spararono al petto. Quando tornò in sé, un vecchio indio era chino su di lui e stava frugando con le dita nella piccola ferita. La pallottola non era penetrata nella cavità toracica, ma si era fermata nel muscolo contro una costola. Don Juan svenne due o tre volte per lo shock, per la perdita di sangue e, secondo la sua stessa ammissione, per la paura di morire. Il vecchio indio rimosse la pallottola, e poiché don Juan non aveva dove andare, se lo portò a casa sua e lo curò per più di un mese.
L’indio era gentile ma severo. Un giorno, quando don Juan era abbastanza in forze, quasi guarito, il vecchio gli diede un forte colpo sulla schiena e lo fece piombare in uno stato di intensa percezione. Poi, senza altro preavviso, rivelò a don Juan quella parte della regola che riguarda il Nagual e la sua funzione.
Don Juan fece esattamente la stessa cosa con me e con la Gorda; ci fece mutare livello di consapevolezza e ci spiegò la regola del Nagual nel modo seguente:
Tutto quello che la Gorda e io sapevamo sulla sua vita precedente era che era nato in Arizona, figlio di due indios yaqui e yuma. Ancora bambino, i suoi lo avevano portato a vivere con gli Yaqui nel Messico del nord. A dieci anni era stato travolto dalla marea delle guerre yaqui. A quell’epoca la madre fu uccisa e il padre fatto prigioniero dell’esercito messicano. Sia don Juan sia suo padre furono mandati in un centro di smistamento, una riserva nella zona più meridionale dello stato dello Yucatan, dove crebbe.
Quello che gli successe in quel periodo non ci fu mai rivelato Don Juan credeva che non ci fosse alcun bisogno di parlarcene. Io la pensavo altrimenti. L’importanza che davo a quel periodo della sua vita dipendeva dalla convinzione che i tratti caratteristici e l’efficacia della sua guida nascevano dal suo bagaglio di esperienze.
Ma non era questo bagaglio, per quanto importante, a conferirgli quell’immenso significato che lui aveva ai nostri occhi e a quelli dei suoi altri compagni. La sua assoluta preminenza si fondava sul fatto casuale di essere legato alla “regola”.
Essere legato alla regola può essere descritto come vivere un mito. Don Juan viveva un mito, un mito che s’era impossessato di lui e ne aveva fatto un Nagual.
Don Juan disse che quando la regola s’era impossessata di lui, era un uomo aggressivo, che viveva in esilio come migliaia di altri indios yaqui del Messico del nord. A quel tempo lavorava nelle piantagioni di tabacco del Messico del sud. Un giorno, dopo il lavoro, in uno scontro quasi mortale con un altro lavoratore per questione di soldi, gli spararono al petto. Quando tornò in sé, un vecchio indio era chino su di lui e stava frugando con le dita nella piccola ferita. La pallottola non era penetrata nella cavità toracica, ma si era fermata nel muscolo contro una costola. Don Juan svenne due o tre volte per lo shock, per la perdita di sangue e, secondo la sua stessa ammissione, per la paura di morire. Il vecchio indio rimosse la pallottola, e poiché don Juan non aveva dove andare, se lo portò a casa sua e lo curò per più di un mese.
L’indio era gentile ma severo. Un giorno, quando don Juan era abbastanza in forze, quasi guarito, il vecchio gli diede un forte colpo sulla schiena e lo fece piombare in uno stato di intensa percezione. Poi, senza altro preavviso, rivelò a don Juan quella parte della regola che riguarda il Nagual e la sua funzione.
Don Juan fece esattamente la stessa cosa con me e con la Gorda; ci fece mutare livello di consapevolezza e ci spiegò la regola del Nagual nel modo seguente:
Engraved Hourglass Nebula (MyCn 18) - Nebulosa Clessidra; image taken with the Wide Field and Planetary Camera 2 (WFPC2) aboard the Hubble Space Telescope (HST). The image has been composed from three separate images taken in the light of ionized nitrogen (represented by red), hydrogen (green), and doubly-ionized oxygen (blue). |
Il potere che governa il destino di ogni vivente è chiamato Aquila, non perché sia un’aquila, o abbia a che fare con un’aquila, ma perché appare al veggente come una immensa aquila nera come l’ebano, eretta come stanno erette le aquile, così alta da arrivare all’infinito.
Quando il veggente contempla il nero d’ebano dell’Aquila, quattro lame di luce rivelano quale sia il suo aspetto. Il primo, che è come il bagliore di un lampo, permette al veggente di individuare il contorno del corpo dell’Aquila. Ci sono chiazze di bianco che sembrano le penne e gli artigli di un’aquila. Un secondo bagliore di luce rivela un nero agitato e turbinoso che sembra simile alle ali di un’aquila. Con il terzo bagliore il veggente scorge un occhio acuto, non umano. E il quarto e ultimo bagliore gli rivela quello che l’Aquila sta facendo.
L’Aquila sta divorando la consapevolezza di quelle creature che un attimo prima vive sulla terra e ora morte si sono lasciate trasportare dall’aria come un interminabile sciame di lucciole, fino al suo rostro, per incontrare il loro padrone, la loro ragione di vita.
L’Aquila libera queste fiammelle, le spiana, come un conciatore stende una pelle, e poi le consuma; poiché la consapevolezza è il cibo dell’Aquila.
L’Aquila, quel potere che governa i destini di tutte le cose viventi, riflette esattamente e subito tutte queste cose viventi. Nessuno ha quindi la possibilità di supplicare l’Aquila, chiedere favori, sperare nella grazia. La parte umana dell’Aquila è troppo insignificante per smuovere il tutto. E solo dalle azioni dell’Aquila che un veggente può capire quello che essa desidera. L’Aquila, per quanto non si lasci toccare dalle condizioni di nessun essere vivente, concede a ciascuno di essi un dono. Ognuno, secondo i propri desideri e diritti, ha il potere, se vuole, di mantenere la fiamma della consapevolezza, il potere di disobbedire al richiamo della morte e della consunzione. A ciascun essere vivente è concesso il potere, se vuole, di cercare un passaggio verso la libertà, e di usarlo. Al veggente che scorge quel passaggio, e alle creature che lo attraversano, è evidente che l’Aquila ha concesso tale dono per perpetuare la consapevolezza.
Allo scopo di guidare verso quel passaggio gli esseri viventi, l’Aquila ha creato il Nagual. Il Nagual è un essere duplice a cui è stata rivelata la regola. Che abbia forma di essere umano, di animale, di pianta, o di qualsiasi altro essere vivente, il Nagual è spinto da questa sua duplicità a cercare il passaggio nascosto.
Il Nagual appare in coppia, maschio e femmina. Un uomo duplice, una donna duplice diventano Nagual solo dopo che a ciascuno di loro sia stata rivelata la regola e che ciascuno l’abbia capita e accettata senza riserve. All’occhio del veggente un Nagual, uomo o donna, appare come un uovo luminoso diviso in quattro parti. A differenza dei comuni esseri umani che hanno solo due lati, la sinistra e la destra, il Nagual ha il lato sinistro diviso in due lunghe sezioni, e il lato destro diviso nello stesso modo.