mercoledì 19 febbraio 2014

il Te del Tao: LXVIII - RENDERSI EGUALE AL CIELO


LXVIII - RENDERSI EGUALE AL CIELO

Chi ben fa il capitano non è irruente,
chi ben guerreggia non è impetuoso,
chi ben vince il nemico non dà battaglia,
chi bene adopera gli uomini se ne pone al di sotto:
questa è la virtù del non contendere,
questa è la forza dell'adoprar gli uomini,
questo è rendersi eguale al Cielo,
il culmine per gli antichi.

martedì 18 febbraio 2014

Ta000

L'ultimo libro di Roberto Saviano descrive in dettaglio uno dei maggiori processi dinamici globali che stà distruggendo l'intero pianeta, dall'economia criminale a interi territori a milioni di singoli individui.

Nessuna paura che mi calpestino.
Calpestata, l’erba diventa un sentiero.
BLAGA DIMITROVA

Coca # 1

La coca la sta usando chi è seduto accanto a te ora in treno e l’ha presa per svegliarsi stamattina o l’autista al volante dell’autobus che ti porta a casa, perché vuole fare gli straordinari senza sentire i crampi alla cervicale. Fa uso di coca chi ti è più vicino. Se non è tuo padre o tua madre, se non è tuo fratello, allora è tuo figlio. Se non è tuo figlio, è il tuo capoufficio. O la sua segretaria che tira solo il sabato per divertirsi. Se non è il tuo capo, è sua moglie che lo fa per lasciarsi andare. Se non è sua moglie è la sua amante, a cui la regala lui al posto degli orecchini e meglio dei diamanti. Se non sono loro, è il camionista che fa arrivare tonnellate di caffè nei bar della tua città e non riuscirebbe a reggere tutte quelle ore di autostrada senza coca. Se non è lui, è l’infermiera che sta cambiando il catetere di tuo nonno e la coca le fa sembrare tutto più leggero, persino le notti. Se non è lei, è l’imbianchino che sta ritinteggiando la stanza della tua ragazza, che ha iniziato per curiosità e poi si è trovato a fare debiti. Chi la usa è lì con te. È il poliziotto che sta per fermarti, che tira da anni e ormai tutti se ne sono accorti e lo scrivono in lettere anonime che mandano agli ufficiali sperando che lo sospendano prima che faccia cazzate. Se non è lui, è il chirurgo che si sta svegliando ora per operare tua zia e con la coca riesce ad aprire anche sei persone in un giorno, o l’avvocato da cui devi andare per divorziare. È il giudice che si pronuncerà sulla tua causa civile e non ritiene questo un vizio, ma solo un aiuto a godersi la vita. È la cassiera che ti sta dando il biglietto della lotteria che speri possa cambiare il tuo destino. È l’ebanista che ti sta montando un mobile che ti è costato lo stipendio di un mese. Se non è lui, a usarla è il montatore venuto a casa tua a metter su l’armadio Ikea che da solo non sapresti assemblare. Se non è lui, è l’amministratore di condominio del tuo palazzo che sta per citofonarti. È l’elettricista, proprio quello che ora sta cercando di spostarti la presa nella stanza da letto. O il cantautore che stai ascoltando per rilassarti. Usa coca il parroco da cui stai andando per chiedere se puoi cresimarti perché devi battezzare tuo nipote, ed è stupito che tu non l’abbia ancora preso, quel sacramento. Sono i camerieri che ti serviranno al matrimonio di sabato prossimo, se non sniffassero non riuscirebbero ad avere in quelle gambe così tanta energia per ore. Se non sono loro, è l’assessore che ha appena deliberato le nuove isole pedonali, e la coca gliela danno gratis in cambio di favori. La usa il parcheggiatore, che ormai sente l’allegria solo quando tira. È l’architetto che ha messo a nuovo la tua villetta delle vacanze, ne fa uso il postino che ti ha recapitato la lettera con il tuo nuovo bancomat. Se non è lui, è la ragazza del call center, che ti risponde con la voce squillante e chiede in cosa può esserti utile. Quell’allegria, uguale a ogni telefonata, è effetto della polvere bianca. Se non è lei, è il ricercatore che sta seduto ora a destra del professore e aspetta di farti l’esame. La coca l’ha innervosito. È il fisioterapista che sta cercando di metterti a posto il ginocchio, a lui invece la coca lo rende socievole. È l’attaccante che ne fa uso, quello che ha segnato un gol rovinandoti la scommessa che stavi vincendo a pochi minuti dalla fine della partita. Usa coca la prostituta da cui vai prima di tornare a casa, quando devi sfogarti perché non ne puoi più. Lei la coca la prende per non vedere più chi le è davanti, dietro, sopra, sotto. La prende il gigolo che ti sei regalata per i tuoi cinquant’anni. Tu e lui. La coca gli dà la sensazione di essere il più maschio di tutti. Usa coca lo sparring partner con cui ti alleni sul ring, per cercare di dimagrire. Se non è lui che ne fa uso, è l’istruttore di equitazione di tua figlia, la psicologa da cui va tua moglie. Usa coca il migliore amico di tuo marito, quello che ti corteggia da anni e che non t’è mai piaciuto. Se non è lui, è il preside della tua scuola. Tira coca il bidello. L’agente immobiliare che sta facendo ritardo proprio ora che eri riuscito a liberarti per vedere l’appartamento. Ne fa uso la guardia giurata, quella che ha ancora il riporto quando ormai tutti si rasano i capelli. Se non lui, il notaio da cui non vorresti mai più tornare, che usa coca per non pensare agli alimenti da pagare alle mogli che ha lasciato. Se non è lui, è il taxista che impreca contro il traffico ma poi torna allegro. Se non è lui, la usa l’ingegnere che sei costretto a invitare a casa perché forse ti aiuta a fare uno scatto di carriera. È il vigile urbano che ti sta facendo una multa e mentre parla suda moltissimo anche se è inverno. Oppure è il lavavetri con gli occhi scavati, che riesce a comprarla chiedendo prestiti, o è quel ragazzo che rimpinza di volantini le auto cinque alla volta. È il politico che ti ha promesso una licenza commerciale, quello che hai mandato in parlamento con i voti tuoi e della tua famiglia ed è sempre nervoso. È il professore che ti ha cacciato da un esame alla prima esitazione. O è l’oncologo da cui stai andando a parlare, ti hanno detto essere il migliore e speri ti possa salvare. Lui, quando tira, si sente onnipotente. O è il ginecologo che sta dimenticando di buttare la sigaretta prima di entrare in stanza e visitare tua moglie che ha le prime doglie. È tuo cognato che non è mai allegro, è il ragazzo di tua figlia che invece lo è sempre. Se non sono loro, allora è il pescivendolo che sistema il pesce spada in bella mostra, o è il benzinaio che sbrodola la benzina fuori dalle auto. Tira per sentirsi giovane, ma non riesce ormai a inserire al suo posto neanche la pistola del distributore. O è il medico della mutua che conosci da anni e ti fa entrare prima senza fare la fila perché a Natale sai cosa regalargli. La usa il portiere del tuo palazzo, ma se non la usa lui allora la sta usando la professoressa che dà ripetizioni ai tuoi figli, l’insegnante di piano di tuo nipote, il costumista della compagnia di teatro che andrai a vedere stasera, il veterinario che cura il tuo gatto. Il sindaco da cui sei andato a cena. Il costruttore della casa in cui vivi, lo scrittore che leggi prima di dormire, la giornalista che ascolterai al telegiornale. Ma se, pensandoci bene, ritieni che nessuna di queste persone possa tirare cocaina, o sei incapace di vedere o stai mentendo. Oppure, semplicemente, la persona che ne fa uso sei tu.

http://www.robertosaviano.com/

lunedì 17 febbraio 2014

il Matto - 0 Major


Attimo per attimo, e ad ogni passo, il Matto si lascia il passato alle spalle. Egli porta con sé null'altro che la propria purezza, la propria innocenza e la propria fiducia, simbolizzate dalle rose bianche che ha in mano. Lo schema del suo abito è composto dai colori di tutti e quattro gli elementi dei tarocchi, per indicare che egli è in armonia con tutto ciò che lo circonda. La sua intuizione funziona al sommo delle sue capacità. In questo momento il Matto ha il sostegno dell'universo per fare questo balzo nell'ignoto. Nel fiume della vita lo attendono avventure su avventure. La carta vuole indicare questo: se hai fiducia nella tua intuizione qui e ora, se ti fidi della tua sensazione di ciò che è giusto, non puoi sbagliare. Le tue azioni possono sembrare “sciocche” agli altri, o perfino a te, se cerchi di analizzarle con la mente razionale. Ma lo zero che il Matto occupa all'interno della numerazione è il numero che non ha numero in cui la fiducia e l'innocenza sono le guide, e non lo scetticismo o le esperienze fatte in passato.

Un Matto è qualcuno che continua ad aver fiducia; un Matto continua a fidarsi in contrasto con tutte le sue esperienze. Tu lo inganni, e lui ha fiducia in te; tu torni a ingannarlo, e lui si fida di te; di nuovo lo inganni, e lui si fida. A quel punto dirai che quella persona è matta, non impara nulla. La sua fiducia è incredibile; la sua fiducia è così pura che nessuno la può corrompere. Sii un matto nel senso taoista o Zen. Non cercare di creare intorno a te un muro di sapere. Qualsiasi esperienza ti coinvolga, lascia che accada, e poi continua a lasciarla andare. Continua senza posa a ripulire la tua mente; continua a morire al passato, in modo da restare nel presente, nel qui e ora, come se fossi appena nato, un infante. All'inizio sarà difficilissimo. Il mondo inizierà ad abusare di te, lascia che accada. Quelle persone sono dei poveretti: anche se vieni ingannato e imbrogliato e derubato, lascia che accada, poiché ciò che realmente ti appartiene non ti può essere portato via, ciò che veramente è tuo non ti può essere rubato da nessuno. E ogni volta che non permetti alle situazioni di corromperti, quella diventa un'integrazione interiore. La tua anima diventerà più cristallizzata.

close to the Tao



giovedì 13 febbraio 2014

rigidità - flessibilità meta-Tao

Jos Leys, Kaleido 4D
La successiva metastruttura discussa da Tyler Volk e Jeff Bloom è la complementarietà binaria rigidità/flessibilità, intesa nello spazio, tempo e relazioni:
Alexandre Arrechea, No Limit

Background

Rigidity and flexibility can be binaries of space, time, and relationship. Rigidity implies strength and impenetrability, while flexibility implies adaptability and change. In a spatial sense, a tube, sphere, sheet, border, or layer can be rigid or flexible. Boundaries of time can be rigid sequences of steps or stages or can delimit actions and activities. Binary relationships can be rigidly established or provide for flexibility. Both flexibility and rigidity can serve to protect.

Examples

  • In science: Adaptation, acclimatization, organism tolerance to environmental change and variation, cell walls vs. cell membranes, "class of atoms that are inert", etc.
  • In architecture and design: flexibility in skyscrapers, rigid vs. flexible interior designs, car crumple zones and uni-body construction, springs, etc.
  • In the arts: rigid and flexible representations in dance and theater, malleable vs. static sculpture, etc.
  • In social sciences: rules, mores, cultural borders, national borders, social layering, personality typologies, institutional and organization, etc.
  • In other senses: athletic protective wear, yoga, martial arts, “letter of the law” vs. “spirit of the law”, rigid vs. flexible writing styles, flexible scheduling, open-mindedness vs. close-mindedness and dogma, etc.

Metapatterns

The Pattern Underground

venerdì 7 febbraio 2014

Umgreifende Tao

"Noi non viviamo immediatamente nell'essere, perciò la verità non è un nostro possesso definitivo; noi viviamo nell'essere temporale, perciò la verità è la nostra via".

I limiti delle scienze e l’impulso alla comunicazione sono due cose che ci additano il cammino verso la verità, la quale è qualcosa di ben più che un semplice possesso da parte dell’intelletto.
L’esattezza rigorosa delle scienze non è tutta la verità. Tale esattezza, nella sua validità universale, non ci vincola in tutto e per tutto quali uomini reali, ma solo quali esseri forniti d’intelletto. Si tratta solamente di un vincolo rispetto alle cose che vengono conosciute, di un vincolo particolare ma non pieno e totale. È vero che nella comunità dell’indagine scientifica, in grazia delle idee che in essa si realizzano e degli altri impulsi dell’esistenza che in essa si manifestano, possono darsi degli uomini che siano dei veri amici. Ma l’esattezza della conoscenza scientifica come tale vincola tutte le nature intellettive nella loro somiglianza, in quanto punti rappresentabili, e non vincola sostanzialmente gli uomini stessi.

Per l’intelletto che ha come mèta e come punto di vista l’esattezza il resto vale solo come sentimento, come soggettività, come istinto. Con questa bipartizione, accanto al mondo luminoso dell’intelletto, rimane solamente l’irrazionale, nel quale viene a sboccare tutto ciò che, secondo le circostanze, viene disprezzato o portato alle stelle. Intanto bisogna riconoscere che l’esattezza pura e semplice non ci appaga. E il movimento, che, nel pensare, va alla ricerca dell’autentica verità, nasce appunto da questo inappagamento. [...] La verità è qualche cosa di infinitamente più dell’esattezza scientifica.

Tutto considerato, anche la comunicazione ci fa avvertire e sentire che la verità è qualche cosa di infinitamente di più. La comunicazione è la via verso la verità in tutti i suoi aspetti. Lo stesso intelletto diventa chiaro a se stesso soltanto nella discussione. La maniera come l’uomo, in quanto esserci, in quanto spirito, in quanto esistenza, sta o può stare in comunicazione, è quella che rende possibile la rivelazione di ogni altra verità. La verità con la quale veniamo a contatto ai limiti delle scienze è quella stessa verità con la quale veniamo a contatto in questo movimento della comunicazione. La questione è d’intender bene quale verità essa sia.

La fonte di questa verità, per distinguerla da ciò che si presta a essere formulato e oggettivato, da ciò che è particolare, e determinato, nelle forme nelle quali l’essere può starci dinanzi, noi la chiamiamo il Tutto-avvolgente (Umgreifende). Questo concetto non è affatto familiare e tanto meno di per se stesso evidente. Il Tutto-avvolgente possiamo cercare di rischiararlo filosofando, ma non possiamo conoscerlo oggettivamente.
Qui ci attende il bivio fatale, dove noi raggiungiamo o il vero filosofare o torniamo da capo indietro, mentre, giungendo al nostro limite, dovremmo osare il salto verso il pensiero trascendente.

Se ci basiamo su tutto ciò che è sentimento, istinto, impulso, cuore e stato d’animo, come se soltanto questo fosse fonte di verità, non facciamo che nominare quel che rimane nel buio, quel che vorrebbe dar motivo alla nostra vita, con parole che inducono ad un’analisi psicologica, e ci fanno cascare in una psicologia che si presume comprensiva, mentre quel che importa è di raggiungere lo spazio luminoso del filosofare autentico e genuino.
I metodi del trascendere sorreggono la filosofia tutta intera. È impossibile anticipare in breve ciò che con essi possiamo raggiungere. Possiamo forse accostarci, con poche parole, se non alla piena comprensibilità, almeno all’atmosfera di cui si tratta.

Tutto ciò che diventa oggetto per me emerge, per così dire, dal fondo oscuro dell’Essere. Ogni oggetto è un essere determinato, che mi sta di fronte nella scissione di soggetto e oggetto; ma non è mai tutto l’Essere. Nessun essere conosciuto in questa maniera, cioè oggettivamente, è l’Essere.

Ma l’insieme delle cose conosciute come oggetti non rappresenta tutto l’Essere?
No. Come in un paesaggio dall’orizzonte sono racchiuse le cose, così tutti gli oggetti sono racchiusi dall’orizzonte in cui essi si trovano. Nel mondo dello spazio ci accade che, per quanto ci accostiamo all’orizzonte, non riusciamo mai a raggiungerlo, e esso piuttosto si muove con noi e sempre nuovamente si riforma, come quello che, volta per volta, tutto racchiude in sé.

Allo stesso modo, nel processo dell’indagine oggettiva, noi ci accostiamo, volta per volta, ad apparenti totalità, le quali però non ci si dimostrano mai come l’Essere pieno e autentico, ma devono, invece, essere oltrepassate in estensioni sempre nuove. Solo se tutti gli orizzonti si trovassero insieme, in un tutto compatto, dato che in tal caso essi ci rappresenterebbero una pluralità finita, noi potremmo, in uno sforzo di penetrazione a traverso tutti gli orizzonti, raggiungere l’Essere unico che vi è rinchiuso. Ma l’Essere non ci può esser dato rinchiuso, e gli orizzonti sono per noi illimitati. L’Essere ci trascina in tutti i sensi verso l’infinito.
Noi vogliamo renderci conto dell’Essere che, mentre ci si rivela venendoci incontro in ogni oggetto e in ogni orizzonte, pure, come tale, sempre indietreggia e si allontana. Questo Essere noi lo chiamiamo: il Tutto che ci avvolge. Il Tutto-avvolgente è dunque ciò che sempre e continuamente si annunzia a noi, e ci si annunzia non in quanto ci venga innanzi esso stesso, ma in quanto è la scaturigine di ogni altra cosa.

Con questo pensiero filosofico fondamentale noi vogliamo pensare al di là di quell’essere determinato dirigendoci verso il Tutto-avvolgente, nel quale siamo e che noi stessi siamo. È questo un pensiero che, per così dire, capovolge la nostra situazione perché ci libera dal vincolo di ogni essere determinato. Ma questo pensiero del Tutto-avvolgente è solo la prima pietra. In breve si direbbe che è ancora soltanto un pensiero puramente formale. Nello sforzo di un ulteriore avvicinamento, ci si mostrano subito i modi del Tutto-avvolgente insieme col compito del loro rischiaramento. L’Essere del Tutto-avvolgente, in se stesso, è Mondo e Trascendenza. L’Essere del Tutto-avvolgente che noi siamo è Esserci, Coscienza in generale, Spirito, Esistenza. Solo a traverso i modi del Tutto-avvolgente noi diventiamo interamente consapevoli della verità in tutte le sue possibilità, nel suo orizzonte possibile, nella sua ampiezza e nella sua profondità.
Il rischiaramento del Tutto-avvolgente riceve la sua spinta dalla nostra Ragione e dalla nostra Esistenza.

I movimenti nei quali noi ci apriamo sconfinatamente, coi quali vorremmo dare la parola a tutto ciò che è, attraverso i quali quasi attiriamo a noi ciò che ci è più lontano ed estraneo, in seno ai quali cerchiamo un rapporto con tutte le cose, e grazie ai quali non rompiamo la comunicazione con niente, questi movimenti noi li denominiamo ragione. Questa parola, che va radicalmente distinta da intelletto, esprime la condizione della verità, così come essa può venire in luce nei modi del Tutto-avvolgente. La logica filosofica riguarda la ragione in quanto si rende conto di se stessa.

Nel suo valore più largo e più comprensivo, entro il quale il valore delle scienze, vale a dire dell’intelletto, è soltanto un elemento, la verità trova, in ultimo, il suo fondamento nell’esistenza che noi possiamo essere. Tutto dipende dal lasciarci guidare nella vita da una incondizionatezza, da un possesso e un dominio pieno e assoluto di noi, il quale nasce soltanto dalla risoluzione. Mediante la risoluzione l’esistenza diventa reale, la vita viene foggiata e trasformata in quell’agire interiore che, rischiarandoci, ci sorregge nel volo. Quando l’amore ha come fondamento una risoluzione, non è più l’infida passione che s’agita senza mèta, ma la completa realizzazione di noi, nella quale ci si manifesta il vero Essere.

Quello che deve esser fatto nella vita del pensiero è reso possibile da un filosofare che, rimembrando e presagendo, faccia manifesta la verità. Questo filosofare ha il suo vero significato solamente se al pensiero corrisponde una realtà di chi pensa, la quale venga a integrarlo. Questa realtà non è la conseguenza o l’applicazione di una dottrina, ma è la prassi dell’essere umano, che si protende in avanti nell’eco del pensiero. È un impeto di movimento che ha luogo, per dir così, con due ali, che sono il pensiero e la realtà. L’uno e l’altra debbono spiegarsi, se si vuole che il volo riesca. Il pensiero puro e semplice rimarrebbe un vuoto agitarsi di possibilità; la realtà pura e semplice rimarrebbe una cupa incoscienza, dato che senza spiegamento non potrebbe intendere se stessa.

Questo modo di filosofare ebbe per me la sua prima origine nel campo della psicologia, che doveva subire una trasformazione e diventare poi rischiaramento dell’esistenza. Questo rischiaramento dell’esistenza mi riportò di nuovo all’orientamento nel mondo e alla metafisica. Il significato di questo pensare e di questo filosofare si risolve, in ultimo, in una logica filosofica, che non tien conto soltanto dell’intelletto e delle sue forme (giudizio e ragionamento), ma indica il fondo ultimo della verità, quale si mostra, in tutta la sua portata, nel Tutto-avvolgente.
L’Essere non è la somma degli oggetti. Bisogna dire piuttosto che gli oggetti nella scissione di soggetto e oggetto, vengono incontro al nostro intelletto dal Tutto-avvolgente dell’Essere stesso, che, mentre sfugge alla nostra comprensione oggettiva, è quello da cui tutte le nostre conoscenze oggettive e determinate ricevono senso e limiti, e da cui si effonde la melodia del Tutto, nel quale soltanto esse acquistano valore.
trad. di R. De Rosa
Friedhof am Hörnli Basel, Basel-Stadt, Switzerland
Yad Vashem Photo Archive

giovedì 6 febbraio 2014

il Tao dei morti - terzo stadio


LIBRO I - PARTE II

Il Bardo dell'Esperienza della Realtà

Istruzioni Introduttive Riguardo l'Esperienza della Realtà durante il Terzo Stadio del Bardo, Chiamato il Chönyid Bardo, quando Compaiono le Apparizioni Karmiche.

Anche se la Chiara Luce Primordiale non è stata riconosciuta, la Liberazione viene raggiunta riconoscendo la Chiara Luce del secondo Bardo. Se non si viene liberati nemmeno attraverso questa, allora sorge quello che è chiamato il terzo Bardo o Chönyid Bardo. In questo stadio del Bardo, si manifestano le illusioni karmiche. È molto importante che questo Grande Confronto faccia a faccia con il Chönyid Bardo venga letto: esso ha molto potere e può dare un grande beneficio.

Adesso il defunto può vedere che il suo cibo viene messo da parte, che il suo corpo è privo di indumenti, che la sua coperta per dormire è stata rimossa; può udire ogni pianto ed ogni gemito dei suoi amici e dei suoi parenti e, anche se può vederli e sentirli mentre lo chiamano, loro non possono sentirlo quando è lui a chiamarli, cosicché si allontana dispiaciuto.

In questo momento sperimenta suoni, luci e radiosità che lo intimoriscono, lo spaventano, e lo terrorizzano e lo affaticano pesantemente. È adesso che il confronto faccia a faccia col Bardo di Realtà deve essere applicato. Si chiami il defunto per nome e, in modo corretto e comprensibile, si spieghi a lui quanto segue:

"Oh, nobile essere, ascolta con attenzione assoluta, senza farti distrarre: Ci sono sei stati del Bardo, chiamati: lo stato naturale del Bardo nell'utero; il Bardo dello stato dei sogni; il Bardo dell'equilibrio estatico durante la meditazione profonda; il Bardo del momento della morte; il Bardo di Realtà; il Bardo del processo inverso dell‟esistenza samsarica. Questi sono i sei stati.

Oh, nobile essere, tu sperimenterai ora tre Bardi, il Bardo del momento della morte, il Bardo di Realtà, ed il Bardo della ricerca della rinascita. Di questi tre stati, fino a ieri hai sperimentato il Bardo del momento della morte. Anche se la Chiara Luce di Realtà è sorta su di te, non sei stato in grado di riconoscerla, ed ora devi vagare qui. Sperimenterai ora il Chönyid Bardo ed il Sidpa Bardo.

Presta totale attenzione a quello con cui sto per porti in confronto faccia a faccia, ed accoglilo:

Oh, nobile essere, ciò che è chiamata morte è ora giunta. Tu stai abbandonando questo mondo, ma non sei il solo; la morte viene per tutti. Non aggrapparti a questa vita per sentimento o per debolezza. Anche se per debolezza vi restassi attaccato, non hai il potere di restare qui. Non otteresti nient'altro che di vagare in questo samsara. Non attaccarti, non essere debole. Ricordati della Preziosa Trinità.

Oh, nobile essere, qualsiasi paura o terrore possa assalirti nel Chönyid Bardo, non dimentircare queste parole; e conservando il loro significato nel cuore, vai avanti: in esse si trova il vitale segreto del riconoscimento.

Ahimè! Quando la Mutevole Esperienza della Realtà sorge su di me, che ogni pensiero di paura o di terrore o timore per ogni cosa si faccia da parte, possa io riconoscere che qualunque apparizione è il riflesso della mia stessa coscienza, possa io riconoscere che esse sono della stessa natura delle apparizioni del Bardo: in questo momento fondamentale per conseguire una grande fine, possa io non temere le schiere delle Divinità Pacificatrici e delle Divinità Furiose, che sono soltanto mie forme pensiero.

Ripetiti queste parole chiaramente, e, ricordandoti il loro significato mentre le ripeti, vai avanti. Grazie a loro, qualunque visione spaventosa o terrificante possa apparire, il riconoscimento sarà certo. Non dimenticare il segreto vitale che esse contengono.

Oh, nobile essere, quando il corpo e lo spirito sono stati separati, hai sperimentato una fugace visione della Pura Verità, sottile, brillante, vivida, abbagliante, gloriosa e radiosamente impressionante, che ha le sembianze di un miraggio che si muove attraverso un panorama primaverile in un continuo fluire di vibrazioni. Non esserne però intimidito, né terrorizzato, né intimorito. Questa è l‟irradiazione della tua stessa vera natura. Riconoscila.

Dal centro di questa irradiazione uscirà il suono naturale della Realtà, arriverà rimbombando come migliaia di tuoni simultaneamente. Questo è il suono naturale del tuo stesso essere. Non essere intimidito da esso, né terrorizzato, né timoroso.

Il corpo che hai ora è detto il corpo-mentale delle abitudini. Da quando non hai più un corpo materiale di carne e di sangue, qualunque cosa avvenga, rumori, luci o raggi, nessuna può farti del male. Ti è succificiente sapere che queste apparizioni sono unicamente tue forme pensiero. Sappi riconoscere che questo è il Bardo.

Oh, nobile essere, se non riconoscerai ora le tue proprie forme pensiero, qualunque meditazione o devozione tu possa aver fatto mentre eri nel mondo umano, se tu non incontrerai i presenti insegnamenti, le luci ti intimidiranno, i suoni ti intimoriranno ed i raggi ti terrorizzeranno. Se non incontrerai questa fondamentale chiave di insegnamento, non potendo riconoscere i suoni, le luci ed i raggi, ti troverai a dover vagare nel Samsara."

dalla versione di W.Y. Evans - Wentz

il Tao dei morti - secondo stadio