martedì 22 ottobre 2013

Senso di colpa (8 di Spade)


Il senso di colpa è una delle emozioni più distruttive in cui si possa restare intrappolati. Se abbiamo fatto un torto a qualcuno oppure siamo andati contro la nostra verità, ovviamente ci sentiremo male. Ma lasciare che il senso di colpa ci travolga, vuol dire dare il benvenuto a un bel mal di testa. Finiamo per essere circondati e perseguitati da nuvole di dubbi su noi stessi e dalla sensazione di essere indegni, al punto da non riuscire più a vedere la bellezza e la gioia che la vita sta cercando di offrirci. Tutti aspiriamo a essere persone migliori: più amorevoli, più consapevoli, più aderenti alla nostra verità. Ma quando ci puniamo per i nostri fallimenti, sentendoci in colpa, possiamo restare intrappolati in un ciclo di disperazione e di impotenza che ci sottrae ogni chiarezza su di noi e sulle situazioni che stiamo affrontando. Così come sei, sei perfetto, ed è assolutamente naturale smarrirsi, una volta ogni tanto. Devi solo imparare da queste esperienze, andare oltre, e usare la lezione appresa per non rifare più lo stesso errore.

Questo momento, questo "qui e ora" è dimenticato, allorché inizi a pensare in termini di conseguire qualcosa. Quando arriva in primo piano la mente tesa alla conquista, perdi contatto col paradiso in cui ti trovi. Questo è uno degli approcci più liberatori: ti libera in questo preciso istante! Dimentica totalmente il peccato e scordati la santità - entrambe le cose sono stupide. Entrambe, unite insieme, hanno distrutto tutte le gioie dell'umanità. Il peccatore si sente in colpa, per cui ogni sua gioia va perduta. Come puoi goderti la vita, se ti senti sempre in colpa? Se continui ad andare e venire dalla chiesa per confessare errori e mancanze? E errore su errore su errore, tutta la tua vita sembra essere formata da peccati. Come puoi vivere con gioia? Diventa impossibile godersi la vita. Diventi greve, oberato da pesi: la colpa siede sul tuo petto, simile a una roccia, e ti schiaccia; non ti permette di danzare. Come potresti? Come può il senso di colpa danzare? Come può cantare? Come può la colpa amare? Come può vivere? Pertanto, colui che pensa di fare qualcosa di sbagliato è colpevole, è gravato dalla colpa, è morto prima del tempo: ha già fatto un passo nella tomba!

lunedì 21 ottobre 2013

la freccia del Tao

La freccia del tempo


«Sino all'inizio di questo secolo si credette in un tempo assoluto. In altri termini, ogni evento poteva essere etichettato da un numero chiamato «tempo» ad esso associato in un modo unico, e ogni buon orologio avrebbe concordato con ogni altro nel misurare l'intervallo di tempo compreso fra due eventi. La scoperta che la velocità della luce appare la stessa a ogni osservatore, in qualsiasi modo si stia muovendo, condusse però alla teoria della relatività, nella quale si dovette abbandonare l'idea che esista un tempo unico assoluto. Ogni osservatore avrebbe invece la sua propria misura del tempo quale viene misurato da un orologio che egli porta con sé: orologi portati da differenti osservatori non concorderebbero necessariamente fra loro. Il tempo diventò così un concetto più personale, relativo all'osservatore che lo misurava.
Quando si tentò di unificare la gravità con la meccanica quantistica, si dovette introdurre l'idea del tempo "immaginario". Il tempo immaginario è indistinguibile dalle direzioni nello spazio. Se si può andare verso nord, si può fare dietro-front e dirigersi verso sud; nello stesso modo, se si può procedere in avanti nel tempo immaginario, si dovrebbe poter fare dietro-front e procedere a ritroso. Ciò significa che non può esserci alcuna differenza importante fra le direzioni in avanti e all'indietro del tempo immaginario. D'altra parte, quando si considera il tempo "reale", si trova una differenza grandissima fra le direzioni in avanti e all'indietro, come ognuno di noi sa anche troppo bene. Da dove ha avuto origine questa differenza fra il passato e il futuro? Perché ricordiamo il passato ma non il futuro?


Le leggi della scienza non distinguono fra passato e futuro. Più precisamente, le leggi della scienza sono invarianti sotto la combinazione di operazioni (o simmetrie) note come C, P e T. (C significa lo scambio fra particelle e antiparticelle; P significa l'assunzione dell'immagine speculare, con inversione di destra e sinistra; T significa, infine, l'inversione del moto di tutte le particelle, ossia l'esecuzione del moto all'indietro.) Le leggi della scienza che governano il comportamento della materia in tutte le situazioni normali rimangono immutate sotto la combinazione delle due operazioni C e P prese a sé. In altri termini, la vita sarebbe esattamente identica alla nostra per gli abitanti di un altro pianeta che fossero una nostra immagine speculare e che fossero composti di antimateria anziché di materia.
Se le leggi della scienza rimangono immutate sotto la combinazione delle operazioni C e P, e anche sotto la combinazione C, P e T, devono rimanere immutate anche sotto la sola operazione T. Eppure c'è una grande differenza fra le operazioni in avanti e all'indietro del tempo reale nella vita comune. Immaginiamo una tazza d'acqua che cada da un tavolo e vada a frantumarsi sul pavimento. Se filmiamo questo fatto, potremo dire facilmente, osservandone la proiezione, se la scena che vediamo si stia svolgendo in avanti o all'indietro. Se la scena è proiettata all'indietro, vedremo i cocci riunirsi rapidamente e ricomporsi in una tazza intera che balza sul tavolo. Possiamo dire che la scena che vediamo è proiettata all'indietro perché questo tipo di comportamento non viene mai osservato nella vita comune. Se lo fosse, i produttori di stoviglie farebbero fallimento.
La spiegazione che si dà di solito del perché non vediamo mai i cocci di una tazza riunirsi assieme a ricostituire l'oggetto integro è che questo fatto è proibito dal secondo principio della termodinamica. Questo dice che in ogni sistema chiuso il disordine, o l'entropia, aumenta sempre col tempo. In altri termini, questa è una forma della legge di Murphy: le cose tendono sempre ad andare storte! Una tazza integra sul tavolo è in uno stato di alto ordine, mentre una tazza rotta sul pavimento è in uno stato di disordine. Si può passare facilmente dalla tazza sul tavolo nel passato alla tazza rotta sul pavimento nel futuro, ma non viceversa.
L'aumento col tempo del disordine o dell'entropia è un esempio della cosiddetta freccia del tempo, qualcosa che distingue il passato dal futuro, dando al tempo una direzione ben precisa. Esistono almeno tre frecce del tempo diverse. Innanzitutto c'è la freccia del tempo termodinamica: la direzione del tempo in cui aumenta il disordine o l'entropia. Poi c'è la freccia del tempo psicologica: la direzione in cui noi sentiamo che passa il tempo, la direzione in cui ricordiamo il passato ma non il futuro. Infine c'è la freccia del tempo cosmologica: la direzione del tempo in cui l'universo si sta espandendo anziché contraendo.
Orbene, nessuna condizione al contorno per l'universo può spiegare perché tutt'e tre le frecce puntino nella stessa direzione, e inoltre perché debba esistere in generale una freccia del tempo ben definita. La freccia psicologica è determinata dalla freccia termodinamica, e queste due frecce puntano sempre necessariamente nella stessa direzione. Se si suppone la condizione dell'inesistenza di confini per l'universo, devono esistere una freccia del tempo termodinamica e una cosmologica ben definite, ma esse non punteranno nella stessa direzione per l'intera storia dell'universo. Solo però quando esse puntano nella stessa direzione le condizioni sono idonee allo sviluppo di esseri intelligenti in grado di porsi la domanda: Perché il disordine aumenta nella stessa direzione del tempo in cui l'universo si espande?.
Esaminerò dapprima la freccia del tempo termodinamica. La seconda legge della termodinamica risulta dal fatto che gli stati disordinati sono sempre molti di più di quelli ordinati. Per esempio, consideriamo i pezzi di un puzzle in una scatola. Esiste uno, e un solo, ordinamento in cui tutti i pezzi formano una figura completa. Di contro esiste un numero grandissimo di disposizioni in cui i pezzi sono disordinati e non compongono un'immagine.
Supponiamo che un sistema prenda l'avvio in uno del piccolo numero di stati ordinati. Al passare del tempo il sistema si evolverà secondo le leggi della scienza e il suo stato si modificherà. In seguito è più probabile che il sistema si trovi in uno stato disordinato piuttosto che in uno ordinato, dato che gli stati disordinati sono in numero molto maggiore. Il disordine aumenterà quindi probabilmente col tempo se il sistema obbedisce alla condizione iniziale di grande ordine.
Supponiamo che nello stato iniziale i pezzi siano raccolti nella scatola nella disposizione ordinata in cui formano un'immagine. Se scuotiamo la scatola i pezzi assumeranno un'altra disposizione. Questa sarà probabilmente una disposizione disordinata in cui i pezzi non formeranno un'immagine appropriata, semplicemente perché le disposizioni disordinate sono in numero molto maggiore di quelle ordinate. Alcuni gruppi di pezzi potranno formare ancora parti della figura, ma quanto più scuotiamo la scatola tanto più aumenta la probabilità che anche questi gruppi si rompano e che i pezzi vengano a trovarsi in uno stato completamente mischiato, nel quale non formeranno più alcuna sorta di immagine. Così il disordine dei pezzi aumenterà probabilmente col tempo se i pezzi obbediscono alla condizione iniziale che si prenda l'avvio da uno stato altamente ordinato.
Supponiamo, però, che Dio abbia deciso che l'universo debba finire in uno stato di alto ordine, ma che non abbia alcuna importanza in quale stato sia iniziato. In principio l'universo sarebbe probabilmente in uno stato molto disordinato. Ciò significherebbe che il disordine è destinato a diminuire col tempo. Vedremmo allora i cocci di tazze rotte riunirsi assieme e le tazze intere saltare dal pavimento sul tavolo. Gli esseri umani che si trovassero a osservare queste scene vivrebbero però in un universo in cui il disordine diminuisce col tempo. Ebbene, tali esseri avrebbero una freccia del tempo psicologica orientata all'indietro. In altri termini, essi ricorderebbero gli eventi del futuro e non del passato. Quando la tazza è rotta, essi ricorderebbero di averla vista integra sul tavolo, ma vedendola sul tavolo non ricorderebbero di averla vista in pezzi sul pavimento.
È piuttosto difficile parlare della memoria umana perché non sappiamo nei particolari in che modo funzioni il cervello. Però sappiamo tutto su come funzionano le memorie dei computer. Esaminerò perciò la freccia del tempo psicologica per i computer. Io penso che sia ragionevole supporre che la freccia del tempo psicologica per i computer sia la stessa che per gli esseri umani. Se così non fosse, si potrebbe fare una strage sul mercato azionario avendo un computer che ricordasse le quotazioni di domani!
Una memoria di un computer è fondamentalmente un dispositivo contenente elementi che possono esistere in uno di due stati diversi. Un esempio semplice è un abaco. Nella sua forma più semplice, esso consiste in un certo numero di bacchette su ciascuna delle quali può scorrere una pallina forata, che può essere messa in una di due posizioni. Prima che un'informazione venga registrata in una memoria di computer, la memoria si trova in uno stato disordinato, con probabilità uguali per ciascuno dei due stati possibili. (Le palline dell'abaco sono distribuite in modo casuale sulle bacchette.) Dopo avere interagito col sistema che dev'essere ricordato, la memoria si troverà decisamente nell'uno o nell'altro stato, a seconda dello stato del sistema. (Ogni pallina dell'abaco si troverà o nella parte destra o nella parte sinistra di ogni bacchetta.) La memoria sarà quindi passata da uno stato disordinato a uno stato ordinato. Per essere certi, però, che la memoria si trovi nello stato giusto, è necessario usare una certa quantità di energia (per spostare le palline o per fornire energia al computer, per esempio). Quest'energia viene dissipata sotto forma di calore, e contribuisce ad aumentare la quantità di disordine nell'universo. Si può mostrare che quest'aumento del disordine è sempre maggiore dell'aumento dell'ordine nella memoria stessa. Così, il calore espulso dal ventilatore del computer significa che, quando un computer registra un'informazione nella sua memoria, la quantità totale di disordine nell'universo aumenta ancora. La direzione del tempo in cui un computer ricorda il passato è la stessa in cui aumenta il disordine.
Il nostro senso soggettivo della direzione del tempo, la freccia del tempo psicologica, è perciò determinato nel nostro cervello dalla freccia del tempo termodinamica. Esattamente come un computer, anche noi dobbiamo ricordare le cose nell'ordine in cui aumenta l'entropia. Questo fatto rende la seconda legge della termodinamica quasi banale. Il disordine aumenta col tempo perché noi misuriamo il tempo nella direzione in cui il disordine aumenta. Non c'è una cosa di cui possiamo essere più sicuri di questa!
Ma per quale ragione deve esistere la freccia del tempo termodinamica? O, in altri termini, perché l'universo dovrebbe essere in uno stato di grande ordine a un estremo del tempo, l'estremo che chiamiamo passato? Perché non si trova sempre in uno stato di completo disordine? Dopo tutto, questa cosa potrebbe sembrare più probabile. E perché la direzione del tempo in cui aumenta il disordine e la stessa in cui l'universo si espande?
Nella teoria classica della relatività generale non si può predire in che modo l'universo sia cominciato perché tutte le leggi note della scienza verrebbero meno in presenza della "singolarità" del Big Bang. L'universo potrebbe avere avuto inizio in un modo molto omogeneo e ordinato. Questo fatto avrebbe condotto a frecce del tempo termodinamica e cosmologica ben definite, come quelle che osserviamo. Esso avrebbe però potuto avere origine altrettanto bene in uno stato molto grumoso e disordinato. In questo caso l'universo si sarebbe trovato già in uno stato di completo disordine, cosicché il disordine non avrebbe potuto aumentare col tempo. Esso sarebbe stato destinato o a restare costante, nel qual caso non ci sarebbe stata una freccia del tempo termodinamica ben definita, o a diminuire, nel qual caso la freccia del tempo termodinamica avrebbe puntato nella direzione opposta a quella della freccia cosmologica. Nessuna di queste due possibilità e in accordo con ciò che osserviamo. Ma la teoria classica della relatività generale predice il suo stesso venir meno. Quando ci si avvicina alla singolarità del Big Bang, gli effetti gravitazionali quantistici diventeranno importanti e la teoria classica cesserà di essere una buona descrizione dell'universo. Si deve usare una teoria quantistica della gravità per capire in che modo abbia avuto inizio l'universo.
In una teoria quantistica della gravità per specificare lo stato dell'universo si dovrebbe ancora dire in che modo le possibili storie dell'universo si comporterebbero all'èstremo confine dello spazio-tempo in passato. Si potrebbe evitare questa difficoltà di dover descrivere quel che non sappiamo e non possiamo sapere solo se le storie soddisfano la condizione dell'inesistenza di ogni confine: se hanno un'estensione finita, ma non hanno confini, margini o singolarità. In questo caso l'inizio del mondo sarebbe un punto regolare, omogeneo, dello spazio-tempo e l'universo avrebbe cominciato la sua espansione in un modo molto regolare e ordinato. Esso non potrebbe essere stato completamente uniforme, poiché in tal caso avrebbe violato il principio di indeterminazione della teoria quantistica. Dovettero esserci piccole fluttuazioni nella densità e nelle velocità delle particelle. La condizione dell'assenza di confine implicava però che queste fluttuazioni fossero il più possibile piccole, in accordo col principio di indeterminazione di Heisenberg.
L'universo avrebbe avuto inizio con un periodo di espansione esponenziale o "inflazionaria" in cui le sue dimensioni sarebbero aumentate di un fattore molto grande.
Nel corso di tale espansione le fluttuazioni di densità sarebbero rimaste dapprima piccole, ma in seguito avrebbero cominciato a crescere. Nelle regioni in cui la densità era leggermente maggiore della media si sarebbe avuto un rallentamento dell'espansione per opera dell'attrazione gravitazionale della massa extra. Infine,- tali regioni avrebbero cessato di espandersi e si sarebbero contratte a formare galassie, stelle ed esseri come noi. L'universo sarebbe iniziato in uno stato omogeneo e ordinato e sarebbe diventato grumoso e disordinato al passare del tempo. Ciò spiegherebbe l'esistenza della freccia del tempo termodinamica.
Ma che cosa accadrebbe se l'universo cessasse di espandersi e cominciasse a contrarsi? La freccia del tempo termodinamica si rovescerebbe e il disordine comincerebbe a diminuire col tempo? Questo fatto condurrebbe a ogni sorta di possibilità fantascientifiche per coloro che fossero riusciti a sopravvivere dalla fase di espansione a quella di contrazione. Quei nostri lontani pronipoti vedrebbero i cocci di tazze ridotte in frammenti ricomporsi in tazze integre, e vedrebbero queste volare dal pavimento sul tavolo? Sarebbero in grado di ricordare le quotazioni di domani e guadagnare una fortuna sul mercato azionario? Potrebbe sembrare un po' accademico preoccuparsi di che cosa accadrebbe se l'universo tornasse a contrarsi, giacché questa contrazione non avrà inizio in ogni caso se non fra altri dieci miliardi di anni almeno. C'è però un modo più rapido per sapere che cosa accadrebbe: saltare in un buco nero. Il collasso di una stella a formare un buco nero è molto simile alle ultime fasi del collasso dell'intero universo. Se nella fase di contrazione dell'universo il disordine dovesse diminuire, potremmo quindi attenderci che esso diminuisca anche all'interno di un buco nero. Così, un astronauta che cadesse in un buco nero sarebbe forse in grado di vincere alla roulette ricordando in quale scomparto si trovava la pallina prima della sua puntata. (Purtroppo, però, non potrebbe giocare a lungo prima di essere trasformato in una fettuccina. Né sarebbe in grado di fornirci informazioni sull'inversione della freccia del tempo termodinamica, o neppure di versare in banca i suoi guadagni, giacché sarebbe intrappolato dietro l'orizzonte degli eventi del buco nero.)
In principio credevo che nella fase di collasso dell'universo il disordine sarebbe diminuito. Questo perché pensavo che nel corso della contrazione l'universo dovesse tornare a uno stato omogeneo e ordinato. Ciò avrebbe significato che la fase di contrazione sarebbe stata simile all'inversione temporale della fase di espansione. Le persone nella fase di contrazione avrebbero vissuto la loro vita a ritroso: sarebbero morte prima di nascere e sarebbero diventate più giovani al procedere della contrazione dell'universo.
Quest'idea è attraente perché comporterebbe una bella simmetria fra le fasi di espansione e di contrazione. Non è però possibile adottarla a se, indipendentemente da altre idee sull'universo. La domanda è: essa è implicita nella condizione che l'universo sia illimitato o è in contraddizione con tale condizione? In principio pensavo che la condizione che l'universo non avesse alcun limite implicasse effettivamente che nella fase di contrazione il disordine sarebbe diminuito. Fui sviato in parte dall'analogia con la superficie terrestre. Se si supponeva che l'inizio dell'universo corrispondesse al Polo Nord, la fine dell'universo doveva essere simile al principio, esattamente come il Polo Sud è simile al Polo Nord. I poli Nord e Sud corrispondono però all'inizio e alla fine dell'universo nel tempo immaginario. L'inizio e la fine nel tempo reale possono essere molto diversi l'uno dall'altro. Fui tratto in inganno anche da una ricerca che avevo fatto su un modello semplice dell'universo in cui la fase di contrazione assomigliava all'inversione del tempo della fase di espansione. Un mio collega, Don Page, della Penn State University, sottolineò però che la condizione dell'assenza di ogni confine non richiedeva che la fase di contrazione dovesse essere necessariamente l'inversione temporale della fase di espansione. Inoltre un mio allievo, Raymond Laflamme, trovò che, in un modello leggermente più complicato, il collasso dell'universo era molto diverso dall'espansione. Mi resi conto di aver commesso un errore: la condizione dell'assenza di ogni limite implicava che il disordine sarebbe in effetti continuato ad aumentare anche durante la contrazione. Le frecce del tempo termodinamica e psicologica non si sarebbero rovesciate quando l'universo avesse cominciato a contrarsi, e neppure all'interno dei buchi neri.
Che cosa si deve fare quando si scopre di aver commesso un errore come questo? Alcuni non ammettono mai di avere sbagliato e continuano a trovare argomenti nuovi, a volte contraddittori fra loro, per sostenere la loro causa, come fece Eddington nella sua opposizione alla teoria dei buchi neri. Altri affermano di non avere mai sostenuto realmente la teoria sbagliata o, se lo hanno fatto, pretendono di averlo fatto solo per dimostrare che era contraddittoria. A me pare molto meglio e molto più chiaro ammettere in una pubblicazione di avere sbagliato. Un buon esempio in proposito fu quello di Einstein, che definì la costante cosmologica, da lui introdotta nel tentativo di costruire un modello statico dell'universo, l'errore più grave di tutta la sua vita. Per tornare alla freccia del tempo, rimane l'interrogativo: perché osserviamo che le frecce termodinamica e cosmologica puntano nella stessa direzione? O, in altri termini, perché il disordine aumenta nella stessa direzione del tempo in cui si espande l'universo? Se si crede che l'universo passi prima per una fase di espansione per tornare poi a contrarsi, come sembra implicare la proposta dell'inesistenza di confini, la domanda si trasforma nell'altra del perché dovremmo trovarci nella fase di espansione e non in quella della contrazione.
Si può rispondere a questa domanda sulla base del "principio antropico debole". Le condizioni nella fase di contrazione non sarebbero idonee all'esistenza di esseri intelligenti in grado di porsi la domanda: perché il disordine cresce nella stessa direzione del tempo in cui si sta espandendo l'universo? L'inflazione nel primissimo periodo di esistenza dell'universo, predetta dalla condizione dell'inesistenza di alcun confine, significa che l'universo deve espandersi con una velocità molto vicina al valore critico in corrispondenza del quale riuscirebbe a evitare di strettissima misura il collasso, e quindi che non invertirà comunque la direzione del suo movimento per moltissimo tempo. A quell'epoca tutte le stelle avranno esaurito il loro combustibile, e i protoni e i neutroni in esse contenuti saranno probabilmente decaduti in particelle di luce e radiazione. L'universo si troverebbe allora in uno stato di disordine quasi completo. Non ci sarebbe una freccia del tempo termodinamica forte. Il disordine non potrebbe aumentare di molto perché l'universo sarebbe già in uno stato di disordine quasi completo. Una freccia del tempo termodinamica forte è però necessaria per l'operare della vita intelligente. Per sopravvivere, gli esseri umani devono consumare cibo, che è una forma ordinata di energia, e convertirlo in calore, che è una forma di energia disordinata. Perciò nella fase di contrazione dell'universo non potrebbero esistere forme di vita intelligente. Questa è la spiegazione del perché osserviamo che le frecce del tempo termodinamica e cosmologica sono puntate nella stessa direzione. Non che l'espansione dell'universo causi un aumento del disordine. A causare l'aumento del disordine, e a far sì che le condizioni siano favorevoli alla vita intelligente soltanto nella fase di espansione, è piuttosto la condizione dell'assenza di confini dell'universo.
Per compendiare, le leggi della scienza non distinguono fra le direzioni del tempo in avanti e all'indietro. Ci sono però almeno tre frecce del tempo che distinguono il passato dal futuro. Esse sono la freccia termodinamica: la direzione del tempo in cui aumenta il disordine; la freccia psicologica: la direzione del tempo in cui ricordiamo il passato e non il futuro; e la freccia cosmologica: la direzione del tempo in cui l'universo si espande anziché contrarsi. Ho mostrato che la freccia psicologica è essenzialmente identica con la freccia termodinamica, cosicché le due puntano sempre nella stessa direzione. La proposta dell'assenza di un confine per l'universo predice l'esistenza di una freccia del tempo termodinamica ben definita perché l'universo deve cominciare in uno stato omogeneo e ordinato. È la ragione per cui noi vediamo questa freccia termodinamica accordarsi con la freccia cosmologica e che forme di vita intelligente possono esistere soltanto nella fase dell'espansione. La fase della contrazione non sarà adatta perché non ha una freccia del tempo termodinamica forte.
Il progresso del genere umano nella comprensione dell'universo ha stabilito un cantuccio d'ordine in un universo sempre più disordinato. Se il lettore ricordasse ogni parola di questo libro, la sua memoria avrebbe registrato circa due milioni di elementi di informazione: l'ordine nel suo cervello sarebbe aumentato di circa due milioni di unità. Leggendo il libro, però, egli avrà convertito almeno un migliaio di calorie di energia ordinata, sotto forma di cibo, in energia disordinata sotto forma di calore, che viene dissipato nell'aria per convezione e sotto forma di sudore. Il disordine dell'universo risulterà in tal modo accresciuto di circa venti milioni di milioni di milioni di milioni di unità - ossia di quasi dieci milioni di milioni di milioni di volte più dell'aumento dell'ordine nel suo cervello - e questo nell'ipotesi che ricordasse perfettamente l'intero contenuto di questo libro!!!»















https://eventhorizontelescope.org/

venerdì 18 ottobre 2013

meta-Tao breaks

Vladimir Kush, Sunrise by the ocean
La successiva metastruttura discussa da Tyler Volk e Jeff Bloom sono i breaks, termine inteso come rotture, fratture, trasformazioni, salti, sequenze di stati diversi:

Background

Transformations; change; leaps; shifts; sequences of stages; dilemmas and decisions.

Examples
  • In science: chemical reactions, metamorphosis, evolutionary change (punctuated equilibrium), energy transformations, phenotypic plasticity, point of change from action to reaction, waterfalls, branching, etc.
  • In architecture and design: divisions of space and activity, vehicle brakes, etc.
  • In art: perceptual shifts, design changes, etc.
  • In social sciences: insights, stages in development, events that change psychosocial states, etc.
  • In other senses: divorce, death, birth, marriage, crashing waves, breakthroughs, etc.

Metapatterns

The Pattern Underground

giovedì 17 ottobre 2013

mercoledì 16 ottobre 2013

sottosistemi del Tao - IX



Subsystems

Motor Output

The Motor Output subsystem consists of those structures which we physically affect the external world and our own bodies. In terms of conscious awareness, these structures are primarily the skeletal, voluntary musculature. If I take a minute out from writing to pet my cat, I am using my Motor Output subsystem with full awareness. The Motor Output subsystem elements that primarily affect our own bodies are glandular secretions and other internal, biological processes. These latter, involuntary effectors are controllable not directly, but through intermediates. I cannot directly increase the amount of adrenaline in my bloodstream, for example, but if I make myself angry and wave my fists and shout and holler, I will almost certainly increase the amount of adrenaline secreted.
Two kinds of inputs control Motor Output: input from the Evaluation and Decision-Making subsystem, conscious decisions to do or not to do something, and input from a series of controlling signals that bypasses the Evaluation and Decision-Making subsystem. The latter includes reflexes (jumping at a sudden sound, for example), emotional reactions, and direct control of Motor Output from the Subconscious subsystem. Subconscious control in the ordinary d-SoC includes qualities added to otherwise conscious gestures that reflect nonconscious mental processes: you may state, for example, that a certain person does not make you angry, but an observer notices that your fists clench whenever this person is mentioned.
Motor Output operates with almost constant feedback control. By monitoring the environment with the Exteroception subsystem and the body with the Interoception subsystem, you constantly check on the effect of your physical actions and on whether these are desirable and make adjustments accordingly.
Many voluntary movements are quite unconscious in terms of their details. You decide to lift your arm, yet you have little awareness of the individual muscle actions that allow you to do so. In d-ASCs, greatly increased awareness of particular aspects of the Motor Output subsystem are sometimes reported. Greatly decreased awareness has also been reported: actions that are ordinarily subject to conscious awareness, via feedback from the interoceptors, are done with no awareness at all. During my first experience with a psychedelic drug, mescaline, I told my body to walk down to the end of the hall. Then my awareness became completely absorbed in various internal events. After what seemed a very long time, I was surprised to notice that my body had walked down the hall and obligingly stopped at the end, with no conscious participation or awareness on my part. To some extent this occurs in an ordinary d-SoC, especially with well-learned actions, but the effect can be much more striking in a d-ASC. We should distinguish lack of sensory awareness of body actions from awareness of them but without the sense of ego added. The latter also creates a different relationship with motor actions.
Deautomatization of motor actions is another sort of altered awareness of motor output that can occur in a d-ASC. Either you become unusually aware of components of automatized actions normally inaccessible to consciousness or you have deliberately to will each of these component actions to take place because the whole automated action will not occur by itself.
D-ASC related changes in the way the body is experienced via the Exteroception subsystem and in awareness of functioning of the Motor Output subsystem can alter the operating characteristics of voluntary action. You may have to perform a different kind of action internally in order to produce the same kind of voluntary action. Carlos Castaneda gives a striking example of this in a drug-induced d-ASC. His body was completely paralyzed from the "little smoke" in terms of his ordinary way of controlling it. Doing all the things he ordinarily did to move produced zero response. But if he simply willed movement in a certain way, his body responded.
Changes in the awareness of the functioning of the Motor Output subsystem may include feelings of greatly increased strength or skill, or of greatly decreased strength or skill. Often these feelings do not correspond with performance: you may feel exceptionally weak or unsure of your skill, and yet perform in a basically ordinary fashion. Or you may feel exceptionally strong, but show no actual increase in performance. The potential for a true increment in strength in d-ASCs is real, however, because in the ordinary d-SoC you seldom use your musculature to its full strength. Safety mechanisms prevent you from fully exerting yourself and possibly damaging yourself. For example, some muscles are strong enough to break your own bones if they were maximally exerted. In various d-ASCs, especially when strong emotions are involved, these safety mechanisms may be temporarily bypassed, allowing greater strength, at the risk of damage.
In a d-ASC the Subconscious subsystem may control the Motor Output subsystem or parts of it. For example, if a hypnotist suggests to a subject that his arm is moving up and down by itself, the arm will do so and the subject will experience the arm moving by itself, without his conscious volition. If a hypnotist suggests automatic writing, the subject's hand will write complex material, with as much skill as in ordinary writing, without any conscious awareness by the subject of what he is going to write and without any feeling of volitional control over the action. This kind of disassociated motor action can also sometimes occur in the ordinary d-SoC, where it may represent the action of a disassociated d-ASC.
This ends our survey of the main subsystems of states of consciousness. It is only a survey, pointing out the major variations. Much literature already exists from which more specific information about various subsystems can be gleaned, and much research remains to be done to clarify our concepts of particular subsystems. Particularly we need to know exactly how each subsystem changes for each specific d-ASC. So we must know our parts better, although I emphasize again that it is just as important to know how these parts are put into the functioning whole that constitutes a system, a d-SoC.

sottosistemi del Tao - VIII

Tao beyond passion




I often watched you the way you whore yourself/You're so beautiful/You flirt, tease, enviously I wish you'd flirt with me.

Perhaps I'm enticed by what you are/I imagined us jumpin' the broom, foolish I know/'Cause that's not the life you live.

You live alone in a crowded bed never remembering faces

Conversations just a body for the lonely

Spend one night with me satisfy me for free and I'll love you endlessly

I overheard you say you'd give them what they wanted

So give me what I want

Tell me I'm the only one

I want to marry you

Tell me I'm the only one

In a harlot's dress you wear the smile of a child with the faith of

Mary Magdalene

Yet you wash the feet of unworthy men

Come and I'll set you free into an endless valley of fruits both sweet and sour

And whatever displeases your palate my kisses will wash away

Stay. If you must dance, dance for me

Blessed are the pure at heart for they shall see god so close your eyes and dream

For the world will blind you and I'll judge not so that I may not be judged

Please give me what I want

Tell me I'm the only one

I want to marry you

Tell me I'm the only one

martedì 15 ottobre 2013

Tao dal profondo


Il settimo libro di Carlos Castaneda, del 1984, riprende e approfondisce una serie di punti dei libri precedenti, in particolare la storia della tradizione a cui i maestri di Castaneda si rifanno, quella degli "antichi Toltechi", e un modello della percezione umana descritta come un uovo luminoso che i veggenti possono percepire e manipolare per entrare in stati di coscienza sempre più alieni da questo mondo.
American Museum of Natural History collection
I NUOVI VEGGENTI

Avevo trascorso la notte nella città di Oaxaca, nel Messico meridionale, diretto ai monti di Ixtlan in cerca di don Juan. Uscendo dalla città con la macchina, alle prime ore del mattino, ebbi la bella idea di passare dalla piazza principale e lì lo trovai, seduto sulla sua panchina preferita come se stesse aspettando che io passassi.
Fermai la macchina e mi unii a lui. Mi disse che si trovava in città per affari, che era alloggiato in una pensione del luogo e che sperava potessi fermarmi con lui poiché doveva restare in città per altri due giorni. Per un po' parlammo delle mie attività e dei problemi del mondo accademico.
Come suo solito, all'improvviso mi diede una manata sulla spalla, quando meno me lo aspettavo, e il colpo mi fece entrare in uno stato di consapevolezza intensa.
Restammo seduti a lungo in silenzio. Io aspettavo con ansia che cominciasse a parlare e tuttavia, quando lo fece, mi prese alla sprovvista.
"Molto prima che gli spagnoli giungessero in Messico" disse "c'erano degli straordinari veggenti toltechi, uomini capaci di azioni incredibili. Erano l'ultimo anello di una catena di conoscenza lunga mille anni.
"Questi veggenti toltechi erano uomini straordinari; sciamani potenti, cupi e ossessionati, che sceveravano misteri e conoscevano segreti arcani che utilizzavano per influenzare o soggiogare chi cadeva in mano loro. Sapevano come immobilizzare l'attenzione delle proprie vittime e fissarla a proprio piacimento.
Finì di parlare e mi guardò. Capii che si aspettava che gli facessi una domanda, ma non sapevo che cosa domandare.
"Devo sottolineare un fatto importante," prosegui "il fatto che quegli sciamani sapessero come immobilizzare l'attenzione delle proprie vittime. Tu non vi hai dato importanza quando io l'ho menzionato, sei rimasto indifferente. Non c'è da meravigliarsi. Una delle cose più difficili da ammettere è che la consapevolezza possa essere manipolata."
Mi sentii confuso. Sapevo che mi stava guidando verso qualcosa. Provavo un'apprensione familiare, lo stesso sentimento che mi assaliva ogni qualvolta don Juan cominciava un nuovo ciclo di lezioni.
Gli dissi come mi sentivo. Accennò un vago sorriso. Di solito, quando sorrideva, emanava felicità; stavolta era decisamente preoccupato. Per un attimo sembrò incerto se continuare a parlare o no. Di nuovo mi guardò con attenzione, facendo scorrere lo sguardo, con estrema lentezza, su tutto il corpo. Apparentemente soddisfatto, assentì col capo e disse che ero pronto a intraprendere la tappa finale; l'apprendistato che tutti i guerrieri devono superare per comprendere la via della conoscenza.
"Parleremo della consapevolezza" continuò "I veggenti toltechi, infatti, furono i supremi maestri dell'arte della percezione. Quando dico che sapevano come immobilizzare l'attenzione delle proprie vittime, voglio dire che la loro conoscenza e le loro pratiche segrete li mettevano in grado di infrangere il mistero della percezione. Molte loro pratiche sono giunte fino ai giorni nostri, fortunatamente in forma modificata. Dico fortunatamente perché quelle attività, come avrò occasione di spiegarti, non portarono gli antichi veggenti toltechi alla libertà ma alla rovina."
"Lei conosce quelle pratiche?" chiesi.
"Ma certamente" replicò. "Non v'è modo, per noi, di ignorare quelle tecniche, ma ciò non vuol dire che noi le usiamo. Noi abbiamo altre idee. Apparteniamo a un nuovo ciclo."
"Ma lei non si considera uno stregone, vero, don Juan?" gli chiesi.
*No" disse. "Io sono un guerriero che vede. A dir la verità, tutti noi siamo i nuovi veggenti. Gli antichi veggenti erano stregoni."
"Per l'uomo comune" proseguì "la stregoneria è un fattore negativo e tuttavia affascinante. Ecco perché, nel tuo stato di consapevolezza normale, ti ho sempre indotto a ritenerci stregoni. E' saggio farlo. Serve ad attirare l'interesse. Ma, per noi, essere stregoni sarebbe come entrare in un vicolo cieco."
Avrei voluto sapere cosa volesse dire con quelle parole, ma lui si rifiutò di parlare su quell'argomento. Disse che sarebbe tornato su quel tema con spiegazioni a mano a mano che sarebbe avanzato nell'analisi della percezione.
Gli chiesi dell'origine della conoscenza dei toltechi.
"I toltechi fecero il primo passo sulla via della conoscenza ingerendo piante di potere" rispose. "Le mangiarono spinti dalla curiosità o dalla fame o per sbaglio. Una volta che le piante ebbero prodotto il loro effetto, fu solo questione di tempo prima che alcuni di loro cominciassero ad analizzare le propriee sperienze. Secondo me, i primi che percorsero la via del sapere furono molto intrepidi ma anche molto sventati."
"Queste sono tutte congetture da parte sua, don Juan?"
"No, non sono affatto mie congetture. Sono veggente, e quando mi concentro su quell'epoca so tutto ciò che accadde." "Lei può vedere i particolari delle cose del passato?" chiesi.
"Vedere è una sensazione particolare del sapere," rispose sapere qualcosa senza il minimo dubbio. In questo caso so quel che fecero quegli uomini non solo per la mia veggenza ma perché siamo tanto strettamente legati." Don Juan allora mi spiegò che il suo uso del termine "tolteco" non corrispondeva al mio. Per me significava una cultura, l'impero tolteco. Per lui, il lemma voleva dire "uomodi conoscenza". Disse che nell'epoca a cui si riferiva, secoli forse anche millenni prima della conquista spagnola, tutti quegli uomini di conoscenza vivevano all'interno di una vasta area geografica, a nord e a sud della valle del Messico, e si dedicavano a specifiche occupazioni: curare, fare incantesimi, raccontar storie, danzare, formulare oracoli, preparare cibi e bevande. Tali occupazioni favorivano una conoscenza particolare, una conoscenza che li differenziava dagli uomini comuni. D'altro canto, questi toltechi erano persone che si inserivano nella struttura della vita quotidiana proprio come nella nostra epoca fanno i medici, gli artisti, gli insegnanti, i sacerdoti e i commercianti. Esercitavano le loro professioni sotto il rigoroso controllo di confraternite organizzate e giunsero a essere cosi saggi e influenti da dominare quasi certamente anche le zone limitrofe. Don Juan disse che,dopo aver usato per secoli le piante di potere, alcuni di questi uomini appresero finalmente a vedere. I più intraprendenti cominciarono allora a insegnare a vedere. E questo fu l'inizio della loro perdizione. Con il passar del tempo aumentò il numero dei veggenti e l'ossessione di vedere giunse a tal punto d'intensità che essi smisero di essere uomini di conoscenza. Divennero esperti in veggenza e nell'esercitare controllo sui mondi strani di cui erano testimoni, ma tutto inutilmente. Vedere aveva sminuito il loro potere, forzandoli nell'ossessione per quel che vedevano. "Tuttavia ci furono veggenti che sfuggirono a quel destino,"prosegui don Juan" grandi uomini che, nonostante vedessero, non smisero mai di essere uomini di conoscenza. Sono convinto che, sotto la loro direzione, le popolazioni di intere città penetrarono nei mondi che vedevano; e non tornarono mai più."
"Però i veggenti che potevano solo vedere furono un disastro e quando la loro terra fu invasa dai conquistatori si trovarono privi di difesa proprio come tutti gli altri. "Questi conquistatori" continuò "si impadronirono del mondo tolteco, si impossessarono di tutto, ma non impararono mai a vedere."
"Perché crede che non abbiano mai imparato a vedere?" domandai.
"Perché copiarono i metodi dei veggenti toltechi senza avere quella conoscenza interiore che vi si accompagnava. Ancora oggi c'è in tutto il Messico una quantità di stregoni, discendenti dei conquistatori, che continuano a imitare i toltechi ma senza sapere quel che fanno o quel che dicono, perché non sono veggenti."
"Chi furono questi conquistatori, donJuan?"
"Altri indios" disse. "Quando giunsero gli spagnoli, gli antichi veggenti erano spariti da secoli. Quelli che gli spagnoli incontrarono appartenevano a una nuova stirpe di veggenti che cominciavano ad assicurarsi una loro posizione del nuovo ciclo."
"Che cos'è una nuova stirpe di veggenti?".
"Dopo la distruzione del mondo dei primi toltechi, i veggenti sopravvissuti andarono in reclusione iniziando un'attenta analisi dei propri metodi. Per prima cosa stabilirono che l'agguato, il sogno e l'intento erano i procedimenti chiave e quindi interruppero l'uso delle piante di potere; forse questo ci dà una certa idea di quale effetto ebbero realmente su di loro le piante di potere."
"Il nuovo ciclo stava appena cominciando a consolidarsi quando i conquistatori spagnoli distrussero tutti. Per fortuna i nuovi veggenti erano perfettamente preparati a far fronte al pericolo. Erano già esperti praticanti dell'arte dell'agguato"
Don Juan disse che i secoli successivi al soggiogamento fornirono ai nuovi veggenti le circostanze ideali per perfezionare le proprie abilità. Per strano che possa sembrare, fu proprio l'estremo rigore e la coercizione di questo periodo a dar loro l'impulso per affinare i loro nuovi principi. E poiché non divulgavano mai le loro attività, rimasero liberi di esplorare e tracciare il corso delle proprie azioni.
"C'erano molti veggenti durante la Conquista?"chiesi.
"All'inizio ce ne erano molti. Nell'epoca coloniale solo un numero esiguo. Il resto era stato sterminato."
"Qual é la situazione ai giorni nostri?"
"Ce n'è qualcuno. Come comprenderai, sono sparsi qua e là"

"Lei,don Juan, li conosce?"
"Una domanda cosi facile è la più difficile a cui rispondere" replicò. "Ce ne sono alcuni che noi conosciamo molto bene. Però non sono esattamente come noi perché si sono concentrati su altri aspetti specifici della conoscenza, come danzare, curare, fare incantesimi, parlare, invece di quel che raccomandano i nuovi veggenti: l'agguato, il sogno, l'intento. Quelli che sono esattamente come noi non attraverseranno la nostra strada. Decisero così i veggenti vissuti durante la colonizzazione spagnola per evitare di essere sterminati dai conquistatori. Ognuno di quei veggenti diede inizio a una stirpe. Non tutti ebbero discendenti, di modo che ne restano molto pochi."
"Lei non ne conosce qualcuno che sia esattamente come noi?"
"Qualcuno" rispose laconicamente.
Gli chiesi allora di darmi tutte le informazioni possibili poiché l'argomento per me rivestiva un interesse esistenziale; era di cruciale importanza conoscere nomi e indirizzi per convalidare e corroborare quanto mi andava dicendo.
Don Juan non sembrava propenso ad accontentarmi.
"I nuovi veggenti superarono tutte quelle prove" disse "La metà, corroborando ci rimise la pelle. Tanto che ora son passeri solitari. Lasciamola così. Tutto quello di cui possiamo parlare è la nostra schiatta. Sull'argomento, tu e io possiamo dire quanto vogliamo.
Mi spiegò che tutte le stirpi di veggenti furono iniziate nel medesimo modo e momento. Verso la fine del sedicesimo secolo ogni nagual si isolò deliberatamente con il proprio seguito di veggenti, in modo da non avere alcun aperto contatto con altri veggenti. La conseguenza di questa drastica segregazione fu la formazione di stirpi individuali. La nostra consisteva di quattordici nagual e centoventisei veggenti, disse. Alcuni di questi nagual avevano un seguito di sette veggenti, altri di undici e altri perfino di quindici.
Mi disse che il suo maestro o - come lo chiamava lui - il suo benefattore, era il nagual Juliàn, e prima di Juliàn era stato il nagual Elias. Gli chiesi se sapesse i nomi di tutti i quattordici nagual. Me li nominò ed enumerò perché sapessi chi erano. Disse anche di aver conosciuto personalmente i quindici veggenti che costituivano il gruppo del suo benefattore; disse inoltre di aver conosciuto il maestro del suo benefattore, il nagual Elias, e gli undici veggenti del suo gruppo.
Don Juan mi assicurò che la nostra stirpe era abbastanza eccezionale, poiché aveva subito un drastico cambiamento nel 1723. Un'influenza esterna ci aveva colpito, alterando in modo inesorabile il corso della nostra vita. Al momento egli non desiderava parlare dell'evento in sé, però disse che, a partire da quell'istante, la nostra stirpe aveva segnato un nuovo inizio e che egli considerava gli otto nagual che avevano governato da allora in po intrinsecamente differenti dai sei che li avevano preceduti.