venerdì 3 dicembre 2010

immagini del Tao

 
I PROCESSI DI FORMAZIONE DELLE IMMAGINI SONO INCONSCI.

Questa asserzione generale sembra sia vera per tutto ciò che accade tra la mia azione a volte conscia di rivolgere un organo di senso verso una sorgente di informazione e l'azione conscia di ricavare informazioni da un'immagine che 'io' credo di vedere, udire, sentire, gustare o odorare. Anche un dolore è sicuramente un'immagine creata.
Gli uomini, gli asini e i cani indubbiamente sono tutti consci di ascoltare e addirittura di drizzare le orecchie nella direzione del suono. Quanto alla vista, un oggetto che si muova alla periferia del mio campo visivo richiamerà la mia 'attenzione' (qualunque cosa voglia dire), sicch‚ volgerò gli occhi e anche il capo per guardare. E' un atto spesso conscio, ma a volte quasi automatico, al punto che passa inosservato. Spesso sono conscio di girare il capo, ma ignoro quale oggetto periferico mi abbia spinto a farlo. La retina periferica riceve moltissime informazioni che rimangono fuori della coscienza - forse, ma non sicuramente, sotto forma d'immagine.
I "processi" della percezione sono inaccessibili; solo i "prodotti" sono consci e, ovviamente, sono i prodotti ad essere necessari. I due fatti generali - primo, che non sono conscio del processo di formazione delle immagini che vedo consciamente, e, secondo, che in questi processi inconsci io uso tutta una gamma di presupposti che vanno a integrarsi nell'immagine compiuta - sono, per me, il principio dell'epistemologia empirica.
Tutti, ovviamente, sappiamo che le immagini che 'vediamo' sono in realtà fabbricate dal cervello o dalla mente; ma saperlo con l'intelletto è molto diverso dal rendersi conto che è davvero così.
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Siamo d'accordo che sotto il profilo dell'adattamento ha senso presentare alla coscienza soltanto le immagini, senza spreco di attività psicologica per rendere cosciente la loro formazione. Ma non esiste alcuna chiara ragione fondamentale per cui si debbano usare proprio le immagini, o anzi si debba essere "consapevoli" delle fasi dei nostri processi mentali.
Il ragionamento suggerisce che la formazione delle immagini è forse un metodo vantaggioso o economico per far passare informazioni attraverso un qualche genere di "interfaccia". In particolare, quando un essere umano deve operare in un contesto tra due macchine, è vantaggioso che esse gli forniscano le loro informazioni sotto forma di immagini.
Un caso che è stato studiato sistematicamente è quello di un artigliere addetto a un pezzo antiaereo su una nave. Le informazioni provenienti da una serie di dispositivi di puntamento orientati su un bersaglio in volo vengono riassunte all'artigliere sotto forma di un punto mobile su uno schermo (cioè di un'immagine). Sullo stesso schermo vi è un altro punto, la cui posizione riassume la direzione in cui è puntato il cannone antiaereo. L'uomo può spostare questo secondo punto girando certe manopole del dispositivo. Queste manopole modificano anche il puntamento del cannone. L'uomo deve manovrare le manopole finch‚ i due punti sullo schermo non coincidono: allora spara.
Il sistema contiene due interfacce: sistema sensore-uomo e uomo-sistema effettore. Naturalmente, è possibile immaginare in questo caso che le informazioni tanto in entrata quanto in uscita possano essere trattate facendo uso di segni discreti piuttosto che di una presentazione iconica. Tuttavia a me pare che il dispositivo iconico sia senz'altro più vantaggioso, non solo perchè‚, in quanto essere umano, io sono un costruttore di immagini mentali, ma anche perchè‚ in queste interfacce le immagini sono economiche o efficienti. Se questo ragionamento è corretto, sarebbe logico congetturare che i mammiferi formano immagini perchè‚ i loro processi mentali devono attraversare molte interfacce.
La nostra non-consapevolezza dei nostri processi di percezione ha alcuni interessanti effetti collaterali. Ad esempio, quando questi processi operano senza essere controllati dal materiale in entrata proveniente da un organo di senso, come nel caso del sogno o dell'allucinazione o dell'immaginazione eidetica (*), è talora difficile dubitare della realtà esterna di ciò che le immagini sembrano rappresentare. Per converso, è forse un bene "non" conoscere o quasi il meccanismo di creazione delle immagini percettive. Ignorando questo lavoro, siamo liberi di "credere" a ciò che ci dicono i nostri sensi. Potrebbe essere scomodo dubitare continuamente della validità dei messaggi mandati dai nostri sensi.

(*) Un immagine mentale è "eidetica" se possiede tutte le caratteristiche della cosa che viene percepita, specialmente se è riferita a un organo di senso, e sembra così provenire dall'esterno.

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