giovedì 18 ottobre 2012

Tao e motociclette: logica

Ora voglio continuare l'inseguimento del fantasma della razionalità, questo fantasma classico, noioso e complesso della forma soggiacente.
Stamattina ho parlato delle gerarchie del pensiero — del sistema. Adesso parlerò dei metodi per aprirsi un varco attraverso queste gerarchie: parlerò della logica.
Si usano due tipi di logica: la logica induttiva e la logica deduttiva. La prima parte dall'osservazione della macchina per arrivare a conclusioni generali. Per esempio: la moto supera una serie di cunette e ogni volta il motore perde colpi. Su un tratto di strada liscio corre senza perdere colpi, poi supera un'altra cunetta e il motore perde di nuovo colpi. Qui si può concludere logicamente che la perdita di colpi è causata dalle cunette.
La deduzione segue il processo inverso, ovvero parte da un conoscenza generale per prevedere un'osservazione specifica. Per esempio, se chi lavora sulla moto ha letto la descrizione gerarchica della struttura della moto stessa e sa che il clacson è alimentato esclusivamente dalla batteria, può dedurre logicamente che se la batteria è scarica il clacson non funzionerà. Questa è una deduzione.
Certi problemi, troppo complicati per il senso comune, possono essere risolti solo grazie a una lunga catena di ragionamenti, tanto induttivi che deduttivi, che fanno la spola tra la macchina osservata e la gerarchia  mentale della macchina descritta nei manuali. L'uso corretto di questi ragionamenti è codificato dal metodo scientifico.
A dire il vero non ho mai visto un problema di manutenzione della motocicletta abbastanza complesso da richiedere un vero e proprio metodo scientifico formale. I problemi di riparazione non sono tanto difficili. Quando penso al metodo scientifico formale a volte mi si presenta alla mente l'immagine di un enorme bulldozer — lento, tedioso, ingombrante, laborioso, ma invincibile. Ci vuole il doppio del tempo che non applicando le tecniche empiriche di un meccanico, ma puoi star sicuro che alla fine ce la farai.
Per seguire il metodo scientifico si tiene un quaderno di lavoro. Bisogna scriverci tutto con precisione, in modo da avere sempre il quadro della situazione. A volte basta annotare i problemi per chiarirsi le idee.
Gli enunciati logici da annotare sul quaderno sono da dividere in sei categorie:
1. Enunciato del problema. 2. Ipotesi sulle cause del problema. 3. Esperimenti destinati a verificare ciascuna ipotesi. 4. Risultati probabili degli esperimenti. 5. Risultati effettivi degli esperimenti. 6. Conclusioni sulla base dei risultati degli esperimenti.
Questa elaborazione non è diversa da quella delle esercitazioni di laboratorio di molte scuole e università, ma qui lo scopo non è solo quello di fare esercizi astratti. Lo scopo qui è di orientare il pensiero in modo preciso. Il vero scopo del metodo scientifico è quello di accertare che la natura non ti abbia indotto a credere di sapere quello che non sai. Non esiste un solo meccanico, scienziato o tecnico che non sia stato soggetto a quest'illusione tanto da stare istintivamente in guardia. È soprattutto per questo che i trattati scientifici e le istruzioni meccaniche sembrano così noiosi e pedanti. Le negligenze e le fantasie romantiche in campo scientifico fanno dei brutti scherzi, e la natura imbroglia già abbastanza da sola senza che gliene diamo noi l'occasione. Alla prima deduzione falsa riguardo al motore, ci si ritrova irrimediabilmente bloccati. Per quanto riguarda il punto 1 (Enunciato del problema), l'abilità principale consiste nel non dire assolutamente più di quanto non si sia sicuri di sapere. È molto meglio un'annotazione del tipo: «Problema: perché la motocicletta non funziona?», che sembra poco furba ma è corretta, che scrivere: «Problema: Cos'è che non va nell'impianto elettrico?» se non si è assolutamente sicuri che il guasto sia nell'impianto elettrico. La cosa giusta da scrivere è: «Problema: Cos'è che non va nella moto?» , e poi mettere al primo posto al punto 2: «Ipotesi Numero 1: Il guasto è nell'impianto elettrico». Si pensa al maggior numero di ipotesi possibile, poi si progettano gli esperimenti per verificarle e vedere quali sono vere e quali sono false.
Questo cauto approccio alle domande iniziali vi impedirà di imboccare la strada sbagliata risparmiandovi una settimana di lavoro o addirittura una impasse totale. Spesso le domande scientifiche sembrano a tutta prima poco furbe proprio per questa ragione, ma si formulano al fine di evitare errori poco furbi in seguito.
La sperimentazione (il punto 3) viene vista a volte dai romantici come la scienza nel suo complesso, perché è la più appariscente: loro si immaginano un mucchio di provette, attrezzature bizzarre e gente affaccendata a far scoperte. Non vedono l'esperimento come parte di un più vasto processo intellettuale, e confondono spesso esperimenti e dimostrazioni, i quali, in effetti, si somigliano. Uno scienziato da baraccone che, con una attrezzatura alla Frankenstein, faccia sensazionali ' esperimenti scientifici ', sa in anticipo i risultati dei suoi tramestii e quindi non fa affatto un lavoro scientifico. In compenso, un meccanico che suona il clacson della moto per vedere se la batteria è carica, fa, in modo informale, un vero e proprio esperimento scientifico, poiché verifica un'ipotesi facendo la domanda direttamente alla natura. Lo scienziato televisivo che borbotta tristemente: «L'esperimento è un fiasco; non siamo riusciti a ottenere quello che speravamo» è vittima di un copione scadente. Un esperimento che non ottenga i risultati previsti non è un fiasco. Lo è solo quando non fornisce alcuna conclusione valida, in un senso o nell'altro, rispetto alle ipotesi di partenza.
A questo punto l'abilità sta nel valersi di esperimenti che verifichino solo le ipotesi formulate, niente di meno e niente di più. Se il clacson suona, e il meccanico conclude che tutto l'impianto elettrico funziona, trae una conclusione illogica. Il suono del clacson dimostra solo che funzionano la batteria e il clacson. Per programmare un esperimento in modo adeguato, il meccanico deve porsi, in modo estremamente preciso, il problema delle cause: cioè di cosa provoca direttamente qualcos'altro. E questo lo può stabilire in base alle gerarchie. È nelle candele che l'impianto elettrico causa direttamente l'accensione del motore, e se non si fa una verifica in quel punto non si potrà mai sapere veramente se il guasto è di origine elettrica o no.
Per una verifica precisa il meccanico toglie le candele e le appoggia al motore in modo da stabilire un contatto elettrico, preme la leva dell'avviamento e guarda la candela in attesa di una scintilla azzurra. Se la scintilla non scocca, ci sono due possibilità: a) c'è un guasto elettrico; oppure b) il suo esperimento è mal fatto. Un meccanico esperto lo ripeterà ancora un paio di volte, verificherà i contatti e cercherà in tutti i modi di far scoccare la scintilla. Se non ci riesce, arriverà alla conclusione che a è corretto, cioè che c'è un guasto elettrico, e l'esperimento è concluso: egli ha verificato la sua ipotesi.
Per quanto riguarda il punto finale, le conclusioni, l'abilità sta nel non affermare più di quanto l'esperimento non abbia dimostrato. In questo caso, ad esempio, esso non ha dimostrato che, una volta riparato l'impianto elettrico, la motocicletta partirà. Ci può essere qualcos'altro che non funziona. Ma il meccanico sa per certo che la motocicletta non funzionerà finché non funzioni l'impianto elettrico, per cui formulerà la seguente domanda formale: «Problema: Cos'è che non va nell'impianto elettrico?».
Poi formulerà delle ipotesi in base a questa domanda e le verificherà. Facendo le domande giuste, scegliendo le verifiche giuste e traendo le giuste conclusioni il meccanico si farà strada attraverso i vari gradi della gerarchia  della motocicletta fin quando non troverà la causa o le cause specifiche del guasto al motore, e poi le sopprimerà in modo che non causino più il guasto.
Un osservatore inesperto vedrà solo il lavoro fisico, ma questo non è che l'aspetto più banale. La parte di gran lunga più impegnativa è l'attenta osservazione e il rigore operativo. Questo è il motivo per cui i meccanici al lavoro hanno un'aria così scostante: non vogliono essere distratti perché si stanno concentrando su immagini mentali, su gerarchie, e non sulla motocicletta nella sua materialità. Stanno usando gli esperimenti per allargare la gerarchia della loro conoscenza della motocicletta guasta e paragonarla alla gerarchia corretta che hanno in testa. Stanno guardando la forma soggiacente.

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