venerdì 22 ottobre 2010

esercizi di Tao


1 Notazioni

Sulla S, in un’ora di traffico. Un tipo di circa ventisei anni, cappello floscio con una cordicella al posto del nastro, collo troppo lungo, come se glielo avessero tirato. La gente scende. Il tizio in questione si arrabbia con un vicino. Gli rimprovera di spingerlo ogni volta che passa qualcuno. Tono lamentoso, con pretese di cattiveria. Non appena vede un posto libero, vi ci butta.
Due ore più tardi lo incontro alla Cour de Rome, davanti alla Gare Saint-Lazare. È con un amico che gli dice: “Dovresti far mettere un bottone in più al soprabito”. Gli fa vedere dove (alla sciancratura) e perché.


2 Partita doppia

Nel mezzo della giornata e a mezzodí, mi trovavo e salii sulla piattaforma e balconata posteriore di un autobus e di un tram a cavalli autopropulso affollato e pressocché brulicante di umani viventi della linea S che va dalla Contre-scarpe a Champerret. Vidi e rimarcai un giovinotto non anziano, assai ridicolo e non poco grottesco, dal collo magro e dalla gola scarnita, cordicella e laccetto intorno al feltro e cappello. Dopo uno spingi-spingi e un schiacci-aschiaccia, quello affermò e asserí con voce e tono lacrimoso e piagnucoloso che il suo vicino e sodale di viaggio s’intenzionava e s’ingegnava volontariamente e a bella posta di spingerlo e importunarlo ogni qual volta si scendesse uscendo o si salisse entrando. Questo detto e dopo aver aperto bocca, ecco che si precipita ed affanna verso uno scranno e sedile vergine e disoccupato.
Due ore dopo e centoventi minuti piú tardi, lo reincontro e lo ritrovo alla Cour de Rome a cospetto della Gare Saint-Lazare, mentre è e si trova con un amico e contubernale che gli insinua di, e lo incita a, far applicare e assicurare un bottone e bocciolo d’osso al suo mantello e ferraiuolo.

4 Metaforicamente


Nel cuore del giorno, gettato in un mucchio di sardine passeggere d’un coleottero dalla grossa corazza biancastra, un pollastro dal gran collo spiumato, di colpo arringò la piú placida di quelle, e il suo linguaggio si librò nell’aria, umido di protesta. Poi, attirato da un vuoto, il volatile vi si precipitò.
In un triste deserto urbano lo rividi il giorno stesso, che si faceva smoccicar l’arroganza da un qualunque bottone.

5 Retrogrado

Dovresti aggiungere un bottone al soprabito, gli disse l’amico. L’incontrai in mezzo alla Cour de Rome, dopo averlo lasciato mentre si precipitava avidamente su di un posto a sedere. Aveva appena finito di protestare per la spinta di un altro viaggiatore che, secondo lui, lo urtava ogni qualvolta scendeva qualcuno. Questo scarnificato giovanotto era latore di un cappello ridicolo. Avveniva sulla piattaforma di un S sovraffollato, di mezzogiorno.

6 Sorprese

Com’eravamo schiacciati su quella piattaforma! E come non era ridicolo e vanesio quel ragazzo! E che ti fa? Non si mette a discutere con un poveretto che - sai la pretesa, il giovinastro! - lo avrebbe spinto? E non ti escogita niente po’ po’ di meno che andar svelto a occupare un posto libero? Invece di lasciarlo a una signora!
Due ore dopo, indovinate chi ti incontro davanti alla Gare Saint-Lazare? Ve la do a mille da indovinare! Ma proprio lui, il bellimbusto! Che si faceva dar consigli di moda! Da un amico!
Stento ancora a crederci!

7 Sogno

Mi pareva che tutto intorno fosse brumoso e biancastro tra presenze multiple e indistinte, tra le quali si stagliava tuttavia abbastanza netta la figura di un uomo giovane, il cui collo troppo lungo sembrava manifestarne da solo il carattere vile e astioso. Il nastro del suo cappello era sostituito da una cordicella intrecciata. Poco dopo ecco che discuteva con un individuo che intravvedevo in modo impreciso e poi - come colto da súbita paura - si gettava nell’ombra di un corridoio.
Un altro momento del sogno me lo mostra mentre procede in pieno sole davanti alla Gare Saint-Lazare. P, con un amico che gli dice: «Dovresti fare aggiungere un bottone al tuo soprabito».
A questo punto mi sono svegliato.

8 Pronostici

Quando verrà mezzogiorno ti troverai sulla piattaforma posteriore di un autobus dove si comprimeranno dei viaggiatori tra i quali tu noterai un ridicolo giovincello, collo scheletrico e nessun nastro intorno al feltro molle. Non si sentirà a proprio agio, lo sciagurato. Penserà che un tale lo spinge a bella posta, ad ogni passaggio di gente che sale e che scende. Glielo dirà, ma l’altro, sdegnoso, non risponderà motto. Poi il ridicolo giovincello, preso dal panico, gli sfuggirà sotto il naso, verso un posto vacante.
Lo rivedrai piú tardi, Cour de Rome, davanti alla stazione di San Lazzaro. Un amico lo accompagnerà, e udirai queste parole: «Il tuo soprabito non si chiude bene. occorre che tu faccia aggiungere un bottone».

10 Arcobaleno

Mi trovavo sulla piattaforma di un autobus violetto. V’era un giovane ridicolo, collo indaco, che protestava contro un tizio blu. Gli rimproverava con voce verde di spingerlo, poi si lanciava su di un posto giallo.
Due ore dopo, davanti a una stazione arancio. Un amico gli dice di fare aggiungere un bottone al suo soprabito rosso.

11 Logo-rallye

(Istruzioni: inserire nel racconto le parole dote, baionetta, nemico, cappella, atmosfera, Bastiglia, lettera).
Un giorno mi trovavo sulla piattaforma di un autobus che faceva parte della dote comunale. C’era un giovanotto ridicolo, non perché portasse una baionetta, ma perché aveva l’aria di averla pur non avendola. All’improvviso, costui balza sul suo presunto nemico e lo accusa di comportarsi come non si dovrebbe in una cappella. E dopo aver reso l’atmosfera tesa, questo bischero va a sedersi.
Lo reincontro due ore dopo, non lontano dalla Bastiglia, con un amico che gli consiglia di far aggiungere un bottone al suo soprabito. Consiglio che avrebbe potuto dargli anche per lettera.

12 Esitazioni

Non so bene dove accadesse... in una chiesa, in una bara, in una cripta? Forse... su di un autobus. E c’era... Cosa diavolo c’era? Spade, omenòni, inchiostro simpatico? Forse... scheletri? Sí scheletri, ma ancora con la carne intorno, vivi e vegeti. Almeno, temo. Gente su di un autobus. Ma ce n’era uno (o erano due?) che si faceva notare, non vorrei dire per che cosa. Per la sua astuzia sorniona? Per la sua adipe sospetta? Per la sua melanconia? No, meglio - o piú precisamente - a causa della sua imprecisa immaturità, ornata di un lungo... naso... mento... alluce? No: collo. E un cappello strano, strano, strano. Si mise a litigare (sí, è cosí) senza dubbio con un altro passeggero (uomo o donna? bambino o vegliardo?). Poi finí - perché finí pure, in qualche modo o maniera - probabilmente perché uno dei due era scomparso...
Credo sia proprio lo stesso individuo quello che ho rivisto... ma dove? Davanti a una chiesa, a una cripta, a una bara? Con un amico che doveva certo parlargli di qualcosa, ma di che, di che, di che?

13 Precisazioni

Alle 12,17 in un autobus della linea S lungo 10 metri, largo 3, alto 3,5, a 3600 metri dal suo capolinea, carico di 48 persone, un individuo umano di sesso maschile, 27 anni, 3 mesi e 8 giorni, alto m 1,62 e pesante 65 chilogrammi, con un cappello (in capo) alto 17 centimetri, la calotta circondata da un nastro di 35 centimetri, interpella un uomo di 48 anni meno tre giorni, altezza 1,68, peso 77 chilogrammi, a mezzo parole 14 la cui enunciazione dura 5 secondi, facenti allusione a spostamenti involontari di quest’ultimo, su di un arco di millimetri 15-20. Quindi il parlante si reca a sedere metri 2,10 più in là.
Centodiciotto minuti piú tardi lo stesso parlante si trovava a io metri dalla Gare Saint-Lazare, entrata banlieue, e passeggiava in lungo e in largo su di un tragitto di metri 30 con un amico di 28 anni, alto 1,70, 57 chilogrammi, che gli consigliava in 15 parole di spostare di centimetri 5 nella direzione dello zenith un bottone d’osso di centimetri 3,5 di diametro.

14 Aspetto soggettivo I


Non ero proprio scontento del mio abbigliamento, oggi. Stavo inaugurando un cappello nuovo, proprio grazioso, e un soprabito di cui pensavo tutto il bene possibile. Incontro X davanti alla Gare Saint-Lazare che tenta di guastarmi la giornata provando a convincermi che il soprabito è troppo sciancrato e che dovrei aggiungervi un bottone in piú. Cara grazia che non ha avuto il coraggio di prendersela col mio copricapo.
Non ne avevo proprio bisogno, perché poco prima ero stato strigliato da un villan rifatto che ce la metteva tutta per brutalizzarmi ogni qual volta i passeggeri scendevano o salivano. E questo in una di quelle immonde bagnarole che si riempiono di plebaglia proprio all’ora in cui debbo umiliarmi a servirmene.

15 Altro aspetto soggettivo


C’era oggi sull’autobus, proprio accanto a me, sulla piattaforma, un mocciosetto come pochi - e per fortuna, che son pochi, altrimenti un giorno o l’altro ne strozzo qualcuno. Ti dico, un monellaccio di venticinque o trent’anni, e m’irritava non tanto per quel suo collo di tacchino spiumato, quanto per la natura del nastro del cappello, ridotto a una cordicella color singhiozzo di pesce. Il mascalzoncello gaglioffo!
Bene, c’era abbastanza gente a quell’ora, e ne ho approfittato: non appena la gente che scendeva e saliva faceva un po’ di confusione, io tac, gli rifilavo il gomito tra le costolette. Ha finito per darsela a gambe, il vigliacco, prima che mi decidessi a premere il pedale sui suoi fettoni e a ballargli il tip tap sugli allucini santi suoi! E se reagiva gli avrei detto, tanto per metterlo a disagio, che al suo soprabito troppo attillato mancava un bottoncino. Tiè!

16 Svolgimento

Ieri la signora maestra ci ha portato a fare la consueta gita in autobus (linea S) per fare interessanti esperienze umane e capire meglio i nostri simili. Abbiamo socializzato con un signore molto buffo dal collo molto lungo che portava un cappello molto strano con una cordicella attorno. Questo signore non si è comportato in modo molto educato perché ha litigato con un altro signore che lo spingeva, ma poi ha avuto paura di prendersi un bel ceffone ed è andato a sedersi su un posto libero. Questo episodio ci insegna che non bisogna mai perdere il controllo di noi stessi e che, se sappiamo comprenderci l’un l’altro perdonandoci reciprocamente i nostri difetti, dopo ci sentiremo molto piú buoni e non faremo brutte figure.
Due ore piú tardi abbiamo incontrato lo stesso signore col collo lungo che parlava davanti a una stazione grandissima con un amico, il quale gli diceva delle cose a proposito del suo cappottino.
La signora maestra ci ha fatto osservare che questo episodio è stato molto istruttivo perché ci ha insegnato che nella vita accadono molte coincidenze curiose e che dobbiamo osservare con interesse le persone che incontriamo perché potremmo poi reincontrarle in altra occasione.

19 Animismo

Un cappello floscio, bruno, con una fenditura, dai bordi abbassati, la forma circondata da una treccia come un cordoncino militare, un cappello stava ritto tra gli altri, sussultando appena per le asperità del suolo trasmesse alle ruote del veicolo automobile che lo trasportava, lui - il cappello. A ogni fermata l’andirivieni dei passeggeri gli imprimeva movimenti laterali, talora assai pronunciati, il che finí per irritarlo, lui - il cappello. Egli espresse la propria ira attraverso una voce umana che gli era collegata da una massa di carne strutturalmente disposta intorno a una sorta di sfera ossea perforata da alcuni buchi e che si trovava sotto di lui, lui - il cappello.
Una o due ore dopo lo rividi che deambulava a circa un metro e sessantasei da terra, in lungo e in largo, davanti alla Gare Saint-Lazare, lui - il cappello. Un amico lo consigliava di far aggiungere un bottone supplementare al suo soprabito... un bottone supplementare... al suo soprabito... lui dire cosí... a lui - il cappello.

23 Lettera ufficiale

Ho l’onore di informare la S.V. dei fatti sotto esposti di cui ho potuto essere testimone tanto imparziale quanto orripilato. In questa stessa giornata, verso mezzogiorno, mi trovavo sulla piattaforma di un autobus che andava da rue de Courcelles verso place Champerret. Detto autobus era pieno, anzi piú che pieno, oso dire, perché il bigliettario aveva accolto un sovraccarico di numerosi postulanti, senza valide ragioni e mosso da una eccessiva bontà d’animo che lo portava oltre i limiti imposti dal regolamento e che pertanto rasentava il favoritismo. A ogni fermata il movimento bidirezionale dei passeggeri in salita e in discesa non mancava di provocare una certa ressa tale da incitare uno di detti passeggeri a protestare, anche se con qualche timidezza. Devo riconoscere che detto passeggero andava a sedersi non appena rilevatane la possibilità.
Mi si consenta di aggiungere al mio breve esposto un particolare degno di qualche rilievo: ho avuto l’occasione di riconoscere il sopra menzionato passeggero qualche tempo dopo in compagnia di un personaggio non meglio identificato. La conversazione intrapresa dai due con animazione sembrava vertere su questioni di natura estetica. In considerazione di quanto sopra descritto prego la S.V. di voler cortesemente indicarmi le conseguenze che debbo trarre dai fatti elencati e l’atteggiamento che Ella riterrà opportuno che io assuma per quanto concerne la mia successiva condotta. Nell’attesa di un cortese riscontro assicuro alla S.V. i sensi della mia profonda considerazione e mi dico con osservanza... ecc. ecc.

24 Comunicato stampa


Chi ha detto che il romanzo è morto? In questo nuovo e travolgente racconto l’autore, di cui i lettori ricorderanno l’avvincente «Le scarpe slacciate», fa rivivere con asciutto e toccante realismo dei personaggi a tutto tondo che si muovono in una vicenda di tesa drammaticità, sullo sfondo di lancinante pulsioni collettive. La trama ci parla di un eroe, allusivamente indicato come il Passeggero, che una mattina si imbatte in un enigmatico personaggio, a sua volta coinvolto in un duello mortale con uno sconosciuto. Nella allucinante scena finale, ritroviamo il misterioso personaggio dell’inizio che ascolta con assorta attenzione i consigli di un ambiguo esteta.
Un romanzo che è al tempo stesso di azione e di stranite atmosfere, una storia di terso e spietato vigore, un libro che non vi lascierà dormire.

25 Onomatopee

A boarrrdo di un auto (bit bit, pot pot!) bus, bussante, sussultante e sgangherato della linea S, tra strusci e strisci, brusii, borbottii, borrrborigmi e pissi pissi bao bao, era quasi mezzodin-dong-ding-dong, ed eccoco, cocoricò un galletto col paltò (un Apollo col capello a palla di pollo) che frrr! piroetta come un vvortice vverso un tizio e rauco ringhia abbaiando e sputacchiando «grr grr, arf arf, harffinito di farmi ping pong?!»
Poi guizza e sguazza (plaffete) su di un sedile e sooossspiiira rilasssato.
Al rintocco e allo scampanar della sera, ecco-co cocoricò il galletto che (bang!) s’imbatte in un tale balbettante che farfuglia del botton del paletò. Toh! Brrrr, che brrrividi!!!

26 Analisi logica

Autobus.
Piattaforma.
Piattaforma d’autobus. Il luogo.
Mezzogiorno.
Verso.
Verso mezzogiorno. Il tempo.
Passeggeri.
Litigio.
Litigio di passeggeri. Azione.
Giovanotto.
Cappello collo magro.
Un giovanotto col cappello di gallone a treccia. Il soggetto.
Un tale.
Un tale. Antagonisti.
Io.
Io.
Io. Il narratore.
Parole.
Parole.
Parole. L’argomento.
Posto libero.
Posto occupato.
Un posto libero viene occupato. Risultato.
Stazione.
Un’ora dopo.
Un amico.
Un bottone. È la conclusione.
Conclusione logica.

27 Insistenza

Un giorno, verso mezzogiorno, salii su di un autobus quasi pieno della linea S. Su di un autobus quasi completo della linea S c’era un giovanotto piuttosto ridicolo. lo salii sullo stesso autobus di costui, di questo giovanotto, salito prima di me su questo stesso autobus della linea S, quasi completo, verso mezzogiorno, portando in testa un cappello che trovai assai ridicolo, io che mi trovavo sullo stesso autobus su cui stava lui, sulla linea S, un giorno, verso mezzogiorno.
Questo cappello era avvolto come da una sorta di gallone, di cordoncino intrecciato di tipo militare, e il giovanotto che lo portava, con questa cordicella - o gallone - si trovava sul mio stesso autobus, un autobus quasi pieno perché era mezzogiorno; e sotto questo cappello, il cui nastro imitava una cordicella di tipo militare, si stendeva una faccia seguita da un lungo collo, un lungo, lungo collo. Ah! come era lungo il collo di quel giovanotto che portava il cappello circondato da un cordoncino su un autobus della linea S, un giorno verso mezzogiorno.
Si spingevano tutti sull’autobus che ci trasportava verso il capolinea della linea S, un giorno verso mezzogiorno, io e quel giovanotto che teneva un collo lungo sotto un cappello ridicolo. Dagli spintoni che ne conseguivano ne nacque di colpo una protesta, protesta che emanò da quel giovanotto che aveva un collo cosí lungo sulla piattaforma di un autobus della linea S, un giorno verso mezzogiorno.
Vi fu un momento di accusa formulata con voce umida di dignità offesa, perché sulla piattaforma di un autobus S un giovanotto aveva un cappello munito di un cordoncino tutto intorno, e un collo lungo; ci fu anche un posto libero di colpo su di quell’autobus della linea S quasi pieno perché era mezzogiorno, posto che subito occupò il giovanotto dal collo lungo e dal cappello ridicolo, posto che egli concupiva perché non voleva farsi spingere su questa piattaforma d’autobus, un giorno, verso mezzogiorno.
Due ore dopo lo rividi davanti alla Gare Saint-Lazare, questo giovanotto che avevo notato sulla piattaforma di un autobus della linea S, il giorno stesso, verso mezzogiorno. Era con un camerata della sua risma che gli stava dando un consiglio circa un certo bottone del suo soprabito. L’altro ascoltava con attenzione. L’altro, quel giovanotto che aveva un cordoncino intorno al suo cappello, e che avevo visto sulla piattaforma di un autobus della linea S, quasi pieno, un giorno, verso mezzogiorno.

28 Ignoranza

Io proprio non so cosa vogliono da me. Va bene, ho preso la S verso mezzogiorno. Se c’era gente? Certo, a quell’ora. Un giovanotto dal cappello floscio? Perché no? lo vado mica a guardare la gente nelle palle degli occhi.
Io me ne sbatto. Dice, una specie di cordoncino intrecciato? Intorno al cappello? Capisco, una curiosità come un’altra, ma io queste cose non le noto. Un cordoncino... Boh. E avrebbe litigato con un altro signore? Cose che capitano.
E dovrei averlo rivisto dopo, un’ora o due piú tardi? Non posso negarlo. Capita ben altro nella vita. Guardi, mi ricordo che mio padre mi raccontava sempre che...

29 Passato prossimo

Sono salito sull’autobus della porta Champerret. C’era molta gente, dei giovani, dei vecchi, delle donne, dei militari. Ho pagato e mi sono guardato intorno. Non c’è stato nulla che ho dovuto rilevare. Ho però finito per notare un giovinotto il cui collo m’è parso troppo lungo. Ho esaminato il suo cappello e mi sono accorto che invece del nastro vi avevano messo una treccia. Ogni qualvolta qualcuno è salito vi è stata alquanta confusione, Non ho detto nulla ma il giovane dal collo lungo ha interpellato il suo vicino. Non ho inteso bene che cosa gli ha detto ma si sono guardati in cagnesco. Quindi il giovanotto dal collo lungo è andato precipitosamente a sedersi.
Sono poi tornato dalla porta Champerret e sono passato dalla Gare Saint-Lazare e quivi ho visto il mio tipo che ha discusso con un amico. Costui gli ha indicato un bottone proprio sopra la sciancratura del soprabito. Poi l’autobus mi ha trascinato via e non l’ho piú visto. Non ho pensato piú a nulla.

30 Presente

Mezzogiorno, calore che si spande intorno ai piedi dei passeggeri d’autobus. Come posta su un lunghissimo collo, una stupida testa, ornata da un cappello grottesco, subito s’infiamma ed ecco che di colpo esplode la rissa. Si dà subito la stura a ingiurie definitive, in una atmosfera pesante. Cosí che poi ci si va a sedere dentro, al fresco.
Piú tardi possono anche porsi, presso a stazioni dal doppio binario, questioni vestimentarie a proposito di qualche bottone, che dita grasse di sudore palpeggiano con sicurezza.

31 Passato remoto

Fu a mezzogiorno. Salirono sull’autobus, e fu subito ressa. Un giovin signore portò sul capo un cappello, che avvolse d’una treccia. Non fu nastro. Ebbe collo lunghissimo, e il vidi. E subito si dolse con un vicin, per gli urti che gl’inflisse. Come uno spazio scorse, libero, vi si diresse. E s’assise.
Piú tardi il ritrovai, alla stazione che Lazzaro protesse. S’abbigliò di un mantello ed un famiglio, che l’affrontò, qualche motto gli disse, indi aggiungervi un bottone in piú, d’uopo fu.

33 Canzone

Sulla pedana d’autobus antica
pollastro solitario sopra l’Esse
sussulti e vai, nel pieno mezzogiorno,
il collo lungo come lunga calle.
Al cappello d’intorno
brilla una treccia che un gallone tesse
si che al vederla mi s’aggriccia il core.
Odo costui belar con gran lamenti
e dir dei suoi scontenti e di sue pene
a un tizio che gl’infligge gran martíri.
Basta che quei poi gelido lo miri,
ed ecco con gran voli
il pollastro s’assiede a larghi passi,
s’insinua, e scarsi spassi
si concede, quel collo lungo in fiore.
Ohibò, che parapiglia!
Né lo scordo e l’oblio:
ben tosto lo ravviso
lontan dalla Bastiglia,
passante, io non so come,
e un esteta assai strano
rimiro di lontano
che un botton gli consiglia, verso sera,
di spostare al paltò di primavera...

34 Poliptoti

Salii su un mezzo pubblico di contribuenti che locupletavano un contribuente il quale portava sul suo ventre di contribuente una borsa da contribuente e contribuiva a consentire agli altri contribuenti di continuare il loro tragitto di contribuenti. Vidi colà un contribuente dal lungo collo che contribuiva alla sua testa di contribuente, sopportante un cappello da contribuente cinto da una trecciolina quale nessun contribuente mai portò. Repentinamente il contribuente interpellò un contribuente vicino contribuendo a rimproverargli di camminare a bella posta sui suoi piedi di contribuente ogni qual volta gli altri contribuenti contribuivano alla confusione salendo o scendendo da quell’autobus per contribuenti. Poi il contribuente irritato andò a sedersi al posto per contribuenti lasciato libero da altro contribuente.
Qualche ora da contribuente dopo, lo vidi a una stazione per contribuenti in compagnia di un contribuente che gli stava dando consigli da contribuens elegantiarum.

38 Me, guarda...

Me, guarda, ‘ste cose non le capisco: un tipo che s’intigna amarciarti sul ditone ti fa girare i cosiddetti. Ma se dopo aver protestato va poi a sedersi come un cottolengo, me guarda questo non mi va giú. Me guarda, ho visto ‘sta roba l’altro giorno sulla piattaforma di dietro della S. Già quello ci aveva un collo un po’ lungo, quel pollastro, e non mi fare parlare di quella specie di treccia da cretinetti che aveva intorno al suo cappello. Me guarda, con un cappello cosí me non ci andrei in giro neanche morto. È come te l’ho detto, dopo aver fatto casino con un altro che gli aveva marciato sui fettoni, quello è andato a sedersi e amen. Me guarda, uno che mi marciava sulle unghie, me ci rifilavo una sberla che vedeva.
Guarda che poi delle volte nella vita ci sono delle combinazioni che basta... D’altra parte me lo dico sempre, solo le montagne non si incontrano mai. Due ore dopo non te lo rivedo di nuovo, quello? Giuro, te lo vedo davanti alla Gare Saint-Lazare! Me guarda, l’ho visto in compagnia di un compagno del suo giro che gli diceva (me guarda, ho sentito proprio bene): «dovresti spostare quel bottone». Me guarda, l’ho visto come vedo te, ci faceva vedere il bottone in alto.

39 Esclamazioni

Perbacco! Mezzogiorno! Ora di prendere l’autobus! quanta gente! quanta gente! che ressa! roba da matti queí tipi! e che crapa! e che collo! settantacinque centimetri! almeno! e il cordone! il cordone! mai visto cosí! il cordone! bestiale! ciumbia! il cordone! intorno al cappello! Un cordone! roba da matti! da matti ti dico! e guarda come baccaglia! sí, il tipo cordonato! contro un vicino! cosa non gli dice! L’altro! gli avrebbe pestato i piedi! Qui finisce a cazzotti! sicuro! ah, no! ah, sí, sì! forza! dai! mena! staccagli il naso! dai di sinistro! cacchio! ma no! si sgonfia! ma guarda! con quel collo! con quel cordone!
Va a buttarsi su un posto vuoto! ma sicuro! che tipo ! Ma no! giuro! no! non mi sbaglio! è proprio lui! laggiú! alla Cour de Rome! davanti alla Gare Saint-Lazare! che se ne va a spasso in lungo e in largo! con un altro tipo! e cosa gli racconta l’altro! che dovrebbe aggiungere un bottone! ma sí! un bottone al soprabito! Al suo soprabito!

40 Dunque, cioè

Dunque, cioè, l’autobus è arrivato. Cioè ci sono montato; dunque, cioè, ho visto un tipo che mi ha colpito. Cioè, ho visto, dunque, quel collo lungo e la treccia intorno, dunque, al suo cappello. Cioè, dunque, lui si è messo a baccagliare col vicino che cioè gli marciava sui ditoni. Cioè, dunque, lui è andato a sedersi.
Dunque, piú tardi, cioè alla Gare Saint-Lazare, l’ho rivisto, dunque. Cioè, era con un tale che, dunque, gli diceva, cioè quel tale: «dunque, dovresti far mettere un altro bottone, dunque, al soprabito. Cioè».

41 Vero?

L’autobus, vero, è arrivato, vero, e ci son salito, vero? Poi ho visto, vero, un tipo, vero, che mi ha molto colpito, vero, per il suo collo, vero, assai lungo, vero, e una treccia sul cappello, vero?
Lui si è messo, vero, a discutere, vero, con un vicino che gli pestava, vero, i piedi, vero? Poi è andato a sedersi, vero?
Piú tardi, vero, l’ho rivisto, vero, alla Cour de Rome, vero, con un amico, vero? E questi, vero, gli diceva che avrebbe dovuto, vero, aggiungere, vero, un bottone, vero, al soprabito.

42 Ampolloso

Quando l’aurora dalle dita di rosa imparte i suoi colori al giorno che nasce, sul rapidissimo dardo che per le sinuose correnti dell’Esse falcatamente incede, grande d’aspetto e dagli occhi tondi come toro di Bisanto, lo sguardo mio di falco rapace, quale Indo feroce che con l’inconscia zagaglia barbara per ripido sentiero alla pugna s’induce, mirò l’uman dal collo astato, giraffa pié veloce, e dall’elmo di feltro incoronato di una bionda treccia. La Discordia funesta, invisa anco agli dèi, dalla bocca nefasta di odiosi dentifrici, la Discordia venne a soffiare i miasmi suoi maligni tra la giraffa dalla bionda treccia e un passeggere impudente, subdola prole di Tersite. Disse l’audace figlio di giraffa: «O tu, tu non caro agli Olimpi, perché poni le ugne tue impudiche sulle mie alate uose?»
Disse, e alla pugna si sottrasse, e sedde.
La sera ormai morente, presso la Corte candida di marmi, il giraffato pié veloce ancora vidi, accompagnato da un sulfureo messo d’eleganze, e ad altissima voce, che colpí l’acutissimo mio orecchio, questi vaticinò sul peplo, di cui l’audiente s’avvolgeva: «Tu dovrai - disse quello - avvolgere ai tuoi lombi la tua toga, un diamante aggiungendo a quella schiera, che la rinserra!»

43 Volgare

Aho! Annavo a magnà e te monto su quer bidone de la Esse - e ‘an vedi? - nun me vado a incoccià con ‘no stronzo con un collo cche pareva un cacciavite, e ‘na trippa sur cappello? E quello un se mette a baccaglià con st’artro burino perché - dice - jé acciacca er ditone? Te possino! Ma cche voi, ma cchi spinge? e certo che spinge! chi, io? ma va a magnà er sapone!
Nzomma, meno male che poi se va a sede.
E bastasse! Sarà du’ ore dopo, chi s’arrivede? Lo stronzo, ar Colosseo, che sta a complottà con st’artro qua che se crede d’esse er Christian Dior, er Missoni, che so, er Mister Facis, li mortacci sui! E metti un bottone de quà, e sposta un bottone de là, a acchittate cosí alla vitina, e ancora un po’ ce faceva lo spacchetto, che era tutta ‘na froceria che nun te dico. Ma vaffanculo!

44 Interrogatorio

- A che ora, nel giorno in oggetto, è passato l’autobus di linea S previsto per mezzogiorno e ventitre, in direzione porta di Champerret?
- A mezzogiorno e trentotto.
- Precisi il teste se il suddetto automezzo era particolarmente affollato.
- Un casino.
- A domanda risponde: affollatissimo. E cosa ha rilevato il teste di rilevante?
- Un individuo non meglio identificato con collo di lunghezza irregolare e una cordicella sospetta intorno al di lui copricapo.
- E il comportamento sociale del pregiudicato era confacente ai tratti somatici testé delineati tramite identikit?
- Prima no, era normale... Ma poi, come dire, l’indíviduo in oggetto ha posto in essere una serie di atti intesi a caratterizzarlo come un ciclotimico paranoide leggermente ipoteso e in evidente stato di irritabilità ipergastríca.
- Vuole il teste riformulare la deposizione in termini píú tecnici?
- Si è messo a piagnucolare col vicino e gli ha chiesto se il fatto che gli pestava i piedi fosse preterintenzionale o doloso.
- Ritiene il teste che il rimprovero avesse fondamento oggettivo e che l’interpellato intendesse palesemente delinquere?
- Non saprei.
- Come si è conclusa la dinamica dell’incidente?
- Il primo individuo si è reso latitante e ha preso possesso di un posto, occupabile con apposito documento di viaggio, e che si era reso momentaneamente vacante.
– Suggerisce il teste che il suddetto incidente abbia avuto conseguenze in un lasso di tempo ulteriore?
- Esatto. Due ore dopo.
- Vuole descrivere il teste la natura del fatto susseguente?
- L’individuo di cui agli atti si è nuovamente reso reperibile e del caso in oggetto mi dichiaro testimone oculare.
- Come l’ha rivisto il teste?
- Transitando in veste di utente di un mezzo pubblico sulla corsia autofilotranviaria antistante Cour de Rome.
- Quali atti l’individuo summenzionato stava portando ad effetto?
- Si intratteneva in uno scambio di opinioni su questioni attinenti il di lui abbigliamento.

45 Commedia

Atto primo

Scena I

(Sulla piattaforma posteriore di un autobus S, un giorno alle dodici).
BIGLIETTAIO Biglietto signori!
(Alcuni viaggiatori gli porgono del denaro).

Scena II

(L’autobus si arresta).
BIGLIETTAIO Si scende in testa! Avanti c’è posto! Completo! Dlíng, dleng!

Atto secondo

Scena I

(Stesso ambiente).
PRIMO PASSEGGERO (giovane, collo lungo, una treccia intorno al cappello) Si direbbe, signore, che ella mi comprime volontariamente i piedi!
SECONDO PASSEGGERO (fa spallucce).

Scena II

(Un terzo passeggero scende).
PRIMO PASSEGGERO (ad alta voce, agli astanti) Perdirindindina! Un posto libero! Volo! (si precipita su di un sedile e lo occupa).

Atto terzo

Scena I

(Cour de Rome).
UN GIOVANE ELEGANTE (al primo passeggero, ora pedone) La sciancratura del tuo soprabito è troppo larga. Dovresti stringerla un poco spostando il bottone superiore,...

Scena II

(A bordo di un autobus S, davanti a Cour de Rome).
QUARTO PASSEGGERO Perbacco! Ecco il tizio che poco fa era con me sull’autobus e che litigava con quel brav’uomo! Incontro curioso , in fede mia! Ne trarrò una commedia in tre atti!

46 A parte

L’autobus arrivò, carico di passeggeri. Se riesco a prenderlo, vedessi mai che trovo ancora un posto a sedere. Uno di quei due bel tipo di zucca con quel collo incredibile portava un feltro molle con una funicella al posto del nastro pretenziosetto, il tipo ed ecco che di colpo si mette ma che cosa gli prende? a insultare un vicino certo che questo la orecchio di mercante a cui rimprovera di pestargli di proposito ha l’aria di cercar rogna, ma gli passerà i piedi. Poi cosa ti dicevo? non appena si libera un posto all’interno corre a occuparlo.
Circa due ore dopo e poi uno dice le coincidenze era in Cour de Rome con un amico Dio li fa e poi li accoppia che gli indicava un bottone del suo soprabito ma cosa diavolo avrà mai da dirgli di tanto interessante?

47 Parechesi

Sulla tribuna o vestibulo busteriore di un bucintoro bullonato e abbuffato come un bunker o cambusa da un bulicame di filibusta, ecco un bullo butterato dal gibus a budino un po’ burino col bubbone bulinato da una buffa bubbola butirrosa di Burano, che brusco s’imbufala con un bue di burocrate, un Budda burlone, un bulgaro che abusa e gli s’imbuca a tamburo e gli ambulacra bucefalo sulle bugne. Un bumerang! A tal buaggine gli bullan le budella e (bufera nel bungalow!) come un bulldog quel bucaneve col bulbo lo sbugiarda e lo buggera. Poi bulimico s’ingarbuglia e si butta da bulldozer, sonnambulo, a imbuto su un bugliolo, e bum!
Verso buio vedo dal bus un conciliabulo alla Bufluel, e un funnambulo bucolico che gli buccina di un bullone nel buco o di un globulo sulla buccia del busto del burnus.

48 Fantomatico

Noi guardacaccia della Plaine-Monceau, abbiamo l’onore di rendere conto della presenza maligna e inesplicabile nelle vicinanze della porta orientale del Parco di S. A. R. Monsignor Filippo duca di Orléans, l’addí sedici di maggio dell’anno di grazia mille settecento e ottanta quattro, di un cappello floscio di forma inconsueta e attorniato da una sorta di cordone a forma di treccia. Avvegnacché noi abbiamo constatato l’apparizione subitanea, sotto detto cappello, di un giovine provvisto di un collo di lunghezza straordinaria e abbigliato come senza dubbio si costuma in China. Il terrificante aspetto di questo tizio ci ha raggelato il sangue nelle vene rendendoci incapaci di fuga. La apparizione è restata qualche istante immobile, indi si è agitata mormorando oscure parole come s’ella volesse sottrarsi alla vicinanza d’altre presenze a noi invisibili ma a essa sensibili. D’un tratto la sua attenzione fu presa dal mantello che indossava e l’intendemmo sussurrare le parole che seguono: «Manca un bottone, manca un bottone ». Costui si mise allora in cammino prendendo la direzione de la Pépinière. Attirati nostro malgrado dalla singolarità del fenomeno, seguimmo l’apparizione oltre i limiti della nostra giurisdizione sino a raggiungere un giardinetto deserto coltivato a ortaggi. Una targa blu di origine sconosciuta ma senza dubbio opera di potenze diaboliche portava l’iscrizione «Cour de Rome». L’apparizione si agitò ancora alcuni istanti mormorando «Ha voluto pestarmi i piedi». Quindi disparvero, dapprima l’essere misterioso e poi il suo cappello. Dopo di aver steso processo verbale dello svolgersi dei fatti, siamo andati a farci un boccale di quello sincero alla Petite-Pologne.

49 Filosofico

Solo le grandi città possono esibire alla epoché fenomenologica l’essenzialità delle coincidenze temporali a basso tasso di entropia. Il filosofo, che talora ascende alla inessenzialità nomade e derisoria di un autobus della linea S può appercepirvi con pineale trascendentalità le apparenze illusorie di un Io che trasparente sé, esperisce il proprio Dasein attraverso una collita individuale sovradeterminata dialetticamente dall’apicalità texturalizzata di un utilizzabile intramondano a treccia. Questa materia priva di entelécheia si lancia talora nell’imperativo categorico del proprio slancio vitale contro l’irrealtà neoidealistica e pressoché empiriocriticista di un parallelismo psicofisico privo di intelletto agente. Questa opzione etica compatta talora l’uno dei due corpi senz’organi verso una spazialità pratico-inerte dove si decompone in omeomerie prive di clinàmen.
La ricerca si conclude apoditticamente con l’alea indeterminata ma anagogica dell’essere in sé e fuori di sé che si consuma nella esistenzialità del sistema della moda, dove viene noumenalmente illuso di trasportare dal piano categoriale alla deiezione fenomenica il concetto puro della bottonità.

50 Apostrofe

O mia stilografica dalla punta di platino, che la tua corsa morbida e rapida tracci sulla seta della mia pagina i glifi alfabetici che trasmetteranno agli uomini dagli occhiali scintillanti il racconto apollineo di un doppio incontro sull’igneo carro falcato! Fiero corsiero dei miei sogni, fedele cammello delle mie gesta letterarie, agile fontana di parole bilanciate e selette, descrivi le volute lessicografiche e sintattiche che daranno vita al narrare per grafemi di eventi futili e derisori di quel giovane uomo che un giorno prese l’autobus S senza sospettare ch’ei sarebbe divenuto l’eroe immortale del faticato mio operare per le muse! Zerbinotto gentile dal lungo collo sovrastato da un cappello cinto di intrecciata cordicella, tu botolo ringhioso, brontoloso e pavido che, fuggendo la rissa, andasti a posar le tue terga, già consacrate a dovute pedate giustiziere, su di una panca di legno duro, immaginavi tu questo retorico destino allora che, davanti alla Gare Saint-Lazare, ascoltavi con orecchio esaltato i consigli sartoriali d’un personaggio che traeva ispirazione dal bottone superno del tuo ferraiuolo?

51 Maldestro

Perché cazzo, scusate compagni, io non sono abituato a intervenire in situazioni politiche di un certo tipo. Cioè, cazzo, a me non mi hanno fatto studiare perché cazzo la scuola, cioè, è solo dei ricchi. lo vorrei dare una testimonianza di classe di quel che ho visto ieri sull’autobus (non sulle mercedes dei signori) ma mi si intrecciano le dita - voglio dire, la lingua... no la lingua non si può intrecciare ma anche l’anatomia la possono studiare solo quelli che poi diventano dottori e fanno lo scandalo dei posti letto nelle cliniche. Ecco, cosí poi sono io a fare la figura dello stronzo. Mi sono già confuso. Dov’ero? Cioè.
Dunque volevo testimoniare quella cosa, anche se non la so scrivere, io non so dire quelle parole come palingenesi e metempsicazzo come si chiama, io scrivo poesie ma dicono che è letteratura selvaggia - certo, siamo degli emarginati solo perché ci buchiamo un po’, mentre le amanti dei signori che sniffano la coca quello va bene e non ci dànno il foglio di via - insomma io mando sempre il manoscritto a quelli della casa editrice e loro rispondono che sono dolenti e hanno i programmi completi a tutto il 1986, cosa cazzo ci mettono di qui al 1986, ma è chiaro che se non sei raccomandato sei fottuto.
Merda, cioè, cazzo compagni, mi sono perduto di nuovo, ma sono due giorni che non mangio e tre notti che non dormo e poi sono un po’ fumato. Ma avete capito. O no?
Allora, partiamo a monte - ecco, mi sono già fregato perché poi sui vostri giornali scrivete che diciamo solo frasi di un certo tipo, ma praticamente non era a monte ma in pianura perché era un autobus. Buona questa, vedete che anch’io so essere spiritoso anche se non scrivo sul Corriere. Va bene, prendiamo il toro per le corna, o meglio quel tizio per il cappello (ah ah!), dico quel tipo col collo lungo - quale tipo? ma quello sull’autobus, l’ho detto prima, non fate finta che non capite per mettermi in inferiorità. Va bene, sono un po’ suonato ma cosa deve fare un proletario che dorme solo in sacco a pelo e la police gli ha rotto la chitarra? E poi bisogna cominciare (o no?) e allora lasciatemi cominciare, cazzo, non fate casino se no mi confondo di nuovo. E non ridere tu, scemo.
Allora, dunque, il tipo sulla piattaforma si è messo a gridare un casino perché l’altro gli faceva casino - dico i piedi, cazzo compagni non fate casino, ho diritto anch’io, no? Dov’ero? Ecco, lui si va a sedere per i cazzi suoi, sta zitto tu cretino, lascia finire, si va a sedere sull’autobus, no? Certo che c’era già, sull’autobus voglio dire, ma va dentro... Dentro, scemo, va dalla piattaforma che è fuori... che piattaforma del cazzo è se non è fuori – dell’autobus, fuori rispetto... nella misura in cui... no, nella misura che non è dentro. Dell’autobus.
Va bene, va bene, certo che se fissate gli interventi di cinque minuti, uno che non ha studiato... Ma c’era ancora una parte, anzi il meglio della storia... Socialmente... Okey, okey. Vado.

52 Disinvolto

Salgo sull’autobus.
– Va a Champerret?
– Non sapete leggere?
– Scusate tanto.
Macina il mio biglietto sulla pancia.
– Ecco qua.
– Grazie e tante.
Mi guardo intorno.
– Ehi voi!
Ha una specie di treccia intorno al cappello.
– Non potete fare attenzione?
Collo lunghissimo.
– Sì?
Si butta sul primo posto libero.
– Ecco.
Mi dico.
...
Salgo sull’autobus.
– Va alla Contrescarpe?
– Non sapete leggere?
– Scusate tanto.
Tric trac, fa i suoi buchini e mi dà il biglietto. Con sufficienza.
– Ecco qua.
– Grazie e tante.
Si passa davanti alla Gare Saint-Lazare.
– Guarda là, il tipo di poco fa.
Tendo l’orecchio.
– Dovresti aggiungere un bottone là.
Gli mostra dove.
– È troppo sciancrato.
– È vero.
– Ecco.
Mi dico.

53 Pregiudizi

Dopo la solita interminabile attesa, ecco che l’autobus appare e frena lungo il marciapiede. Qualcuno scende, taluno sale e io tra questi ultimi. Ci si pressa sulla piattaforma, il bigliettaio fa ciò che dovrebbe fare, si riparte. Ripiegando il biglietto nel portafoglio mi metto a studiare i miei vicini. Vicini, non vicine. Sguardo disinteressato, quindi.
Ed eccomi a scoprire la crema del fango che mi circonda. Un ragazzo sulla ventina con una testa troppo piccola su di un collo troppo lungo e un cappellaccio sulla sua testa e una treccina sbarazzina sul cappellaccio. Tipo da quattro soldi, mi dico subito. Non solo da quattro soldi, ma anche rompiscatole. Si mette a fare delle indignazioni e accusa un poveretto qualsiasi di laminargli i piedi a ogni fermata. L’altro lo guarda con degnazione, cerca una risposta che lo geli nel repertorio tutto fare che si deve portare appresso, ma si vede che quel giorno non aveva lo schedario in ordine. Quanto al giovinastro, che oramai si aspettava una sberla, approfitta di un posto libero per andarsi a sedere. Sono sceso prima di lui e non ho potuto osservarlo piú a lungo. Destinato a uscire dal tesoro della mia memoria, ecco però che due ore dopo te lo incontro nuovamente e lo vedo, dall’autobus, sul marciapiede a Cour de Rome; piú sgradevole che mai, che se la spassa con un amico che doveva essere il suo consigliere di moda e che lo consigliava, con la pedanteria di un dandy, di diminuire la sciancratura del suo soprabito aggiungendo un bottone supplementare. Tipo da quattro soldi, l’avevo ben detto.
Poi entrambi, l’autobus e io, continuammo per la nostra strada.

54 Sonetto

Tanto gentile la vettura pare
che va da Controscarpa a Ciamperretto
che le genti gioiose a si pigiare
vi van, e va con esse un giovinetto.

Alto ha il collo, e il cappello deve stare
avvolto di un gallone a treccia stretto:
potrai tu biasimarlo se un compare
iroso insulta, che gli pigia il retto?

Ora s’è assiso. Sarà d’uopo almeno
ritrovarlo al tramonto, quando poi
non lontano dal luogo ove sta il treno

s’incontri con l’amico, che gli eroi
della moda gli lodi, e non sia alieno
dall’aumentare li bottoni suoi.

55 Olfattivo

In quell’Esse meridiano v’erano, oltre agli odori abituali, puzza d’abati, di defunti presunti, d’uova al burro, di ghiandaie, d’ascie, di pietre tombali, d’ali e di flatulenze e petonzoli, di pretonzoli, di sillabe e water closets, di bignami e colibrí, v’era un sentore di collo, giovane e scapicollo, un afrore di treccia, un untume di rogna, esalazioni di fogna e miasma d’asma, cosí che poco dopo, tra profumi d’issopo, passando alla stazione tra esalazioni d’icone, sentii l’odore estatico di un cosmetico eretico ed erratico, di un giovinastro emetico e di un bottone fetido,
maleolente e insipido.

56 Gustativo

Che autobus saporoso! Curioso... Ciascun autobus ha il suo gusto particolare. Luogo comune ma vero, basta provare, Quello - un S, a voler esser franchi sapeva di nocciolina tostata, se capite. La piattaforma, anzitutto, lasciava sulle papille una traccia di nocciolina, non solo tostata, ma pesticciata - e mantecata. E poco distante un buongustaio - se ve ne fossero stati avrebbe potuto leccare qualcosa di salmastro come un collo d’uomo acre sulla trentina. Venti centimetri sopra, un palato raffinato, e in cerca d’emozioni, avrebbe goduto della rara esperienza di una tenera treccia al cacao. E poi assaporammo il sale della disputa, l’amaro dell’irritazione, l’asprigno della collera, il dolciastro della rancorosa viltà.
Due ore dopo, il dessert. Un bottone di soprabito, mandorlato.

57 Tattile

Oh come sono teneri gli autobus al tatto, se li si afferra alla coscia e li si palpa con ambo le mani, da testa a coda, dal cofano alla piattaforma... E proprio sulla piattaforma si avverte qualcosa di rugoso, il corrimano d’appoggio, appunto, e qualche altra cosa piú elastica. Come una natica. Talvolta due (e allora si mette la frase al plurale). Si può anche afferrare un oggetto tubolare e palpitante che rigurgita di suoni osceni, o un utensile intrecciato di spirali dolci e soffici al tocco, come un rosario, piú liscio di un filo spinato, piú vellutato di una corda, piú sottile di un laccio. O ancora, toccare col dito la stoltezza umana, vischiosa e collosa qual è, in un pomeriggio sudaticcio d’afa.
Poi, a saper attendere un’ora o due, davanti a una stazione quasi satinata, immerger la mano tepida nella freschezza di un bottone, peloso, peloso, peloso.

58 Visivo

Nell’insieme è verde con un tetto bianco, lungo, con vetri. Mica cosa da nulla, i lucidi vetri... La piattaforma è incolore o, se volete, di un marrone grigiastro. Soprattutto, è pieno di curve: oh quanti S, per cosí dire... Ma a mezzogiorno, ora di grande afflusso, è un gran bel gioco d’arcobaleni. Occorrerebbe estrarre da quel magma un rettangolo d’ocra pallida, sovrapporvi un ovale di pallida ocra e sopra ancora incollarvi un cappelluccio d’ocra scura, cinto da una treccia terra di siena bruciata, ritorta a guisa di doppia elica. Poi, una macchia a cacca d’oca, giallo-verde, a simbolizzar la rabbia, e un triangolo rosso per la collera, e una sbavatura smeraldo per la bile inghiottita, e la fifa, dalle sfumature tenui di diarrea.
Poi disegnare un cappottino blu marino, molto chic, e in alto dipingervi a biacca un piccolino bottoncino rotondino, con un pennello in peli di cammello.

59 Auditivo

Dringhete dranghete, sussultando, sbuffando e tossicchiando, ecco l’Esse che stride lungo il bordo sfrigolante del marciapiede, mentre le trombe d’oro del sole bemollizzano mezzogiorno. I pedoni, belanti come cornamuse, squittiscono nel salire scalpicciando. Alcuni salgono di un semitono, ed eccoli alla porta Champerret dagli archi suoi sonanti. Tra gli eletti, affannati e ansanti, un clarinetto cui le vicende naturali avevan conferito forma umana, e la perversità di un cappellaio matto aveva ornato con una sorta di chitarra dalla corda inestricabilmente avvolta a mò di cinta. Subitamente, a un tempo, tra gli accordi in minore di passeggeri intraprendenti e passeggere consenzienti, e i tremoli e i barriti di un bigliettaio rapace, ecco l’unisono, di una cacofonia burlesca, dove l’ira sorda del contrabbasso si unisce alla irritazione acuta della cornetta e ai brividi del fagotto.
Dopo un lungo sospiro, un silenzio e una pausa di molte battute, esplode la melodia trionfante di un bottone, come un ottone, che sale all’ottava superiore.

60 Telegrafico

BUS COMPLETO STOP TIZIO LUNGOCOLLO CAPPELLO TRECCIA APOSTROFA SCONOSCIUTO SENZA VALIDO PRETESTO STOP PROBLEMA CONCERNE ALLUCI TOCCATI TACCO PRESUMIBILMENTE AZIONE VOLONTARIA STOP TIZIO ABBANDONA DIVERBIO PER POSTO LIBERO STOP ORE DUE STAZIONE SAINTLAZARE TIZIO ASCOLTA CONSIGLI MODA INTERLOCUTORE STOP SPOSTARE BOTTONE SEGUE LETTERA STOP

61 Ode

Sull’autobussolo
sull’autobissolo
l’auto dell’essele
l’auto-da-fé
che va da sé
perepepé,
a sussultoni
a balzelloni
dal capolinea
al linapiè,
un giorno calido
tepido ed umido
un tipo sucido
un tipo livido
collo da brivido
cappello in bilico
di prezzo modico,
ecco ristà.
Sul cappellicolo
di quel ridicolo
ci sta un nastricolo
tutto intrecciatolo
e quello impavido
col volto rorido
grida a un omuncolo
che col peduncolo
gli preme il ditolo
grosso del pié.
Quello s’intignola
volano sventole
chi insulta pencola
quindi si svicola
corre a una seggiola
vi posa il podice
quivi rannicchiasi,
se ne sta zitt.
Caso incredibile,
dall’automobile
di stesso titolo
al perpendicolo
del dì solar,
vedo il terricolo
di cui fantastico
in conciliabolo
con tipo subdolo
che intrattenendolo
su temi frivoli
gli mostra il bucolo
d’impermeabile
forse un po’ comico
dove un bottuncolo
dovrebbe íllico
esser spostatolo
un po’ piú in su.

64 Ellenismi

Sull’iperautodinamico carico di petrolnauti fui martire di un microrama in una cronia di katabasi. Un ipotipo icosapigio con un petaso periciclato da calophlegma e un macrotrachelo encilindrico, anatemizzava cacofonicamente un anonimo effimero artropode che, da ciò che il protero pseudolegomenava, gli epicratizzava i bipodi. Ma appena colui episcopò una cenotopia, si peristrofò per catapultarvisi.
In un’ystera cronía, l’estetizzai davanti al siderodromo hagiolazarico che peripatava con un synantropo il quale gli simbolava la metacinési di un omfalo sfinterico.

65 Reazionario

Naturalmente l’autobus era pieno e il bigliettario sgradevole. L’origine va cercata come è ovvio nella giornata di otto ore e nei progetti di nazionalizzazione. E poi i francesi mancano di organizzazione e di senso civico; altrimenti non sarebbe necessario distribuirgli il numero d’ordine per la coda dell’autobus - ordine, ecco quello che ci vorrebbe. Quel giorno eravamo in dieci ad aspettare sotto un sole da spaccare le pietre, e quando l’autobus è arrivato c’erano solo due posti e io ero il sesto. Per fortuna che ho detto «Servizio» mostrando una tessera qualsiasi con la mia foto e una striscia tricolore di traverso - queste cose fanno sempre impressione sui bigliettari - e sono salito. Naturalmente non ho nulla da spartire con quella ignobile giustizia repubblicana e ci mancava altro che perdessi un appuntamento d’affari importantissimo per una stupida storia di numeri progressivi. Sulla piattaforma eravamo pressati come sardine in scatola. Questa promiscuità è disgustosa e non la sopporto. La sola cosa che può compensare una esperienza cosi sgradevole è talora il contatto dell’avantreno o dei respingenti posteriori di una madamigella in minigonna. Ah, gioventú, beata gioventú! Ma non eccitiamoci. Quella volta nei pressi non avevo che degli uomini, e c’era una specie di capellone con un collo smisurato che portava intorno al suo cappello floscio una specie di treccia invece del nastro. Gente da mandarla subito in campo di lavoro. Non so, per fare scavi archeologici, per esempio. Ai miei tempi stavamo nelle associazioni di combattenti, non nelle assemblee. E quell’arnese non si permette di strapazzare un reduce della guerra del 14-18? un vero reduce, croce di bronzo! E questo che non reagisce! P, davanti a cose del genere che si capisce che il trattato di Versailles è stata una truffa bella e buona. Quanto al giovinastro, si butta su di un posto libero invece di lasciarlo a una signora incinta. Che tempi! Ebbene, questo moccioso insolente l’ho rivisto due ore dopo, davanti alla Cour de Rome. In compagnia di un altro drogato della stessa risma, che gli dava dei consigli sul suo abbigliamento. Se ne andavano a spasso su e giú, tutti e due - invece di andare a fracassare le vetrine di una libreria comunista e di bruciare un po’ di libri. Povera Francia!

66 Insiemista

Nell’autobus S si consideri l’insieme A dei passeggeri seduti e l’insieme D dei passeggeri in piedi. A una fermata data si trovi l’insieme P dei passeggeri in attesa. Sia C l’insieme dei seduti e sia esso un sottinsieme di P che rappresenti l’unione di C’ quale insieme dei passeggeri che restano sulla piattaforma e di C” quale insieme di coloro che vanno a sedersi. Si dimostri che l’insieme C” è vuoto.
Sia Z l’insieme dei fricchettoni e {z} l’intersezione di Z e C’, ridotto a un solo elemento. A seguito della iniezione dei piedi di z su quelli di y (elemento qualsiasi di C’ che sia differente da z) si produce un insieme M di parole emesse da z. L’insieme C” essendo nel frattempo divenuto non vuoto, dimostrare come esso si componga dell’unico elemento z.
Sia ora P’ l’insieme dei pedoni che si trovano di fronte alla Gare Saint-Lazare, sia {z, z’} l’intersezione di Z e P’, sia B l’insieme dei bottoni di soprabito di z, B’ l’insieme delle posizioni possibili di detti bottoni secondo z’: dimostrare che l’iniezione di B in B’ non è una bi-iniezione.

67 Definizioni

In un grande veicolo automobile pubblico destinato al trasporto urbano designato dalla 17 a lettera dell’alfabeto, un giovane eccentrico portatore di nome di battesimo attribuito a Parigi nel 1942, con la parte del corpo che unisce la testa alle spalle estesa per una certa lunghezza e recante sulla estremità superiore del corpo una acconciatura di forma variabile avvolta da un nastro spesso interallacciato a forma di treccia questo giovane eccentrico imputando a un individuo andante da un luogo all’altro il fallo consistente nel muovere i propri piedi l’uno appo l’altro sullo spazio stesso occupato dai proprii, si mise in movimento per posarsi su un mobile disposto per sedersi, mobile divenuto non occupato. Centoventi secondi piú tardi lo rividi davanti all’insieme di immobili e vie ferrate ove si dispone il deposito di mercanzie e l’imbarco e sbarco di viaggiatori. Un altro giovane eccentrico portatore di nome di battesimo attribuito a Parigi nel 1942 gli procurava consigli su cosa convenisse fare a proposito di un cerchio di metallo, di corno o di legno, coperto o meno di stoffa, che serve ad assicurare gli abiti, all’occorrenza un capo di vestiario maschile che si porta sopra agli altri.

68 Tanka

Il carro avanza
Sale con il cappello
Subito un urto
A sera a San Lazzàro
questione d’un bottone

69 Versi liberi

L’autobus
pieno
il cuore
vuoto
il collo
lungo
il nastro
a treccia
i piedi
piatti
piatti e appiattiti
il posto
vuoto
e l’inatteso incontro alla stazione dai mille fuochi spenti
di quel cuore, di quel collo, di quel nastro, di quei piedi,
di quel posto vuoto
e di quel
bottone.

71 Sostituzioni

Sul battello della linea Z, in un poligono di tiro, un tifone di almeno ventisei anacardi, con una pompa dal corimbo al posto del viticcio, accarezza un entomologo che gli avrebbe macinato i coleotteri. Come poi vede un imbuto libero vi si getta dentro.
Otto poligoni piú tardi, a place de la Concorde, rieccolo con un giocatore d’azzardo che gli dice: «Dovresti mettere una bottiglia supplementare al tuo paraurti». Gli mostra dove, e cioè sullo stipite, e gli dice perché.

72 Anglicismi

Un dèi, verso middèi, ho takato il bus and ho seen un yungo manno con uno greit necco e un hatto con una ropa texturata. Molto quicko questo yungo manno becoma crazo e acchiusa un molto respettabile sir di smasbargli i fitti. Den quello runna tovardo un anocchiupato sítto.
Leiter lo vedo againo che ualcava alla steiscione Seintlàsar con uno friendo che gli ghiva suggestioni sopro un bàtton del cot.

78 Davanti e di dietro

Un giorno davanti verso mezzogiorno di dietro sulla piattaforma davanti e posteriore di dietro di un autobus davanti quasi completo di dietro vidi davanti un uomo di dietro che aveva davanti un collo lungo di dietro e un cappello davanti con una treccia di dietro al posto del nastro davanti. Di colpo di dietro quello davanti si mette ad assalire di dietro un vicino davanti che gli pestava di dietro i piedi davanti, ogni volta che di dietro qualcuno saliva davanti. Poi andò a sedersi davanti su di un posto di dietro rimasto libero davanti.
Poco dopo di dietro lo rividi davanti davanti alla Gare di dietro Saint-Lazare davanti con un amico di dietro che gli indicava davanti insinuandogli di dietro che avrebbe dovuto spostare davanti un bottone di dietro.

81 Controverità

Mezzanotte. Piove. Gli autobus passano pressoché vuoti. Sul cofano di un A, dalle parti della Bastiglia, un vecchio con la testa incassata tra le spalle, senza cappello, ringrazia una signora seduta molto distante, perché gli carezza la mano. Poi va a mettersi in piedi sulle ginocchia di un signore che stava occupando il proprio posto.
Due ore prima, dietro alla Gare de Lyon, lo stesso vecchio si tappava le orecchie per non ascoltare un vagabondo che si rifiutava di dirgli che avrebbe dovuto abbassare di un posto il bottone inferiore delle sue mutande.

82 Latino maccheronico

Sol erat in regionem senithi et calor atmospheri magnissima. Senatus populusque parisensis sudabant. Autobi passabant completi. In uno ex supradictis autobíbus qui S denominationem portabat, hominem quasi moscardinum cum collo multo elongato et cum capello a cordincula tressata cerclato vidi. Iste junior insultavit alterum hominem qui proximus erat: pietinat, inquit, pedes meos post deliberationem animae tuae. Tunc sedem líberam videns, cucurrit là.
Sol duas horas in coelo habebat descendutus. Sancti Lazari stationem ferroviariam passante davante, jovanottum supradictum cum altero ejusdem farinae qui arbiter elegantiarum erat et qui de uno ex boutonis cappotti junioris consilium donabat vidi.

86 Botanico

Dopo aver fatto il porro sotto un girasole fiorito, m’innestai su un cetriolo in rotta orto-gonale. Là sterrai uno zucchino dallo stelo inverosimilmente lungo, e il melone sormontato da un papavero avvolto da una liana. E questa melanzana si mette a inghirlandare una rapa che gli stava spiaccicando le cipolle. Datteri! Per evitar castagne, alla fine andò a piantarsi in terra vergine.
Lo rividi piú tardi al mercato ortofrutticolo. Si occupava di un pisellino proprio al sommo della sua corolla.

87 Medico

Dopo una breve seduta elioterapica, temendo d’esser messo in quarantena, salii finalmente su un’autoambulanza piena di casi clinici. Laggiú mi accade di diagnosticare un dispeptico ulceroso affetto da gigantismo ostinato con una curiosa elongazione tracheale e un nastro da cappello affetto da artrite deformante. Questo tale, preso subitamente da crisi isterica, accusa un maniaco depressivo di procurargli sospette fratture al metatarso. Poi, dopo una colica biliare, va a calmarsi le convulsioni su di un posto-letto.
Lo rivedo piú tardi al Lazzaretto, a consultar un ciarlatano su di un foruncolo che gli rovinava i muscoli pettorali.

88 Ingiurioso

Dopo un’attesa repellente sotto un sole ignobile, sono finito su di un autobus immondo infestato da una banda di animali puzzolenti. Il piú puzzone tra questi puteolenti era un foruncoloso dal collo di pollastro che metteva in mostra una coppola grottesca con uno spago al posto del nastro. Questo pavone si inette a ragliare perché un puzzone del suo stampo gli pesticchiava gli zoccoli con furore senile. Ma si è sgonfiato presto ed è andato a defecarsi su di un posto ancora sbagnazzato del sudore delle natiche di un altro puzzone.
Due ore dopo, quando si dice la scalogna, mi imbatto ancora nello stesso puzzolente puzzone che sta ad abbaiare con un puzzone piú puzzone di lui, davanti a quel monumento ributtante che chiamano Gare Saint-Lazare. E tutti e due i puzzoni si sgocciolavan saliva addosso a proposito di un merdosissimo bottone. Ma che quel suo foruncolo salisse o scendesse su quella mondezza di cappotto, puzzone era e puzzone rimaneva.

89 Gastronomico

Dopo un’attesa gratinata sotto un sole al burro fuso, salii su di un autobus pistacchio dove i clienti bollivano come vermi in un gorgonzola ben maturo. Tra questi vermicelli in brodo v’era una specie di mazzancolla sgusciata dal collo lungo come un giorno senza pane, e un maritozzo sulla testa che aveva intorno un filo da tagliar la polenta. E questa mortadella si mette a friggere perché un altro salame gli stava stagionando quelle fette impanate che aveva al posto degli zamponi. Ma poi ha smesso di ragionar sulla rava e la fava, ed è andato a spurgarsi su dì un colabrodo divenuto libero.
Stavo beatamente digerendo nell’autobus dopopranzo, quando davanti al ristorante di Saint-Lazare ti rivedo quella scamorza con un pesce bollito che gli dava una macedonia di consigli sul suo copritrippa. E l’altro si fondeva come una cassata.

90 Zoologico

Nella voliera che, all’ora del pasto dei leoni, ci portava alla piazza Champerret, vidi una zebra dal collo di struzzo che portava un castoro circondato da un millepiedi. Questa giraffa si mette a frinire col pretesto che una puzzola gli schiacciava gli artigli. Ma per non farsi spidocchiar a dovere, ecco che cavalca a cuccia.
Piú tardi, davanti allo zoo, rivedo lo stesso tacchino che razzola con un pappagallo, pigolando circa le loro piume.

92 Modern style

Okey baby, se vuoi proprio saperlo. Mezzogiorno, autobus, in mezzo a una banda di rammolliti. Il piú rammollito, una specie di suonato con un collo da strangolare con la cordicella che aveva intorno alla berretta. Un floscio incapace anche di fare il palo, che nel pigia-pigia, invece di dar di gomito e di tacco come un duro, piagnucola sul muso a un altro duro che dava di acceleratore sui suoi scarpini - tipi da colpire subito sotto la cintura e poi via, nel bidone della spazzatura. Baby, ti ho abituata male, ma ci sono anche ometti di questo tipo, beata te che non lo sai. Okey, il nostro fiuta l’uppercut e si butta a sbavare su un posto per mutilati, perché un altro rammollito se l’era filata come se arrivasse la Madama.
Finis. Lo rivedo due ore dopo, mentre io tenevo duro sulla bagnarola, e che ti fa il paraplegico? Si fa metter le mani addosso da un floscio della sua razza, che gli fiata sulla balconata una storia di bottoni su e giú che sembrava Novella Duemila.

93 Probabilista

I contatti tra abitanti di una grande città sono cosí numerosi che non ci si deve stupire se talora si producono tra individui delle frizioni, generalmente non gravi. Mi è accaduto di recente di assistere a uno di questi scontri assai poco ameni che han luogo di solito sui veicoli destinati al trasporto urbano nella regione parigina, nell’ora di maggior affluenza. D’altra parte non deve stupire che abbia avuto l’occasione di esservi testimone perché frequento con regolarità tali mezzi. Quel giorno l’incidente fu di poca portata ma la mia attenzione fu subito attratta dall’aspetto fisico e dall’acconciatura di uno dei protagonisti di questo dramma in miniatura. Un uomo ancor giovane, con il collo di una lunghezza probabilmente superiore alla media, e col nastro sul cappello sostituito da un gallone intrecciato. Cosa curiosa, l’ho rivisto due ore dopo mentre prendeva una lezione di moda da un amico con cui passeggiava in lungo e in largo e, direi, con negligenza.
C’erano poche possibilità che si producesse un terzo incontro, e di fatto non ho piú rivisto colui, conformemente alle leggi della verosimiglianza e al secondo principio della termodinamica.

94 Ritratto

Lo stil è un bipede dal collo lungo che si aggira per gli autobus della linea S a mezzogiorno. Frequenta di solito le piattaforme posteriori dove s’intrespola, capricciosetto, la testa sormontata da una cresta circondata a sua volta da una escrescenza dello spessore di un dito, assai simile a una funicella. Di umore ombroso, attacca volentieri animali piú deboli di lui ma, a una reazione vivace, si rifugia all’interno della gabbia, dove cerca di passare inosservato.
Lo si vede parimenti, ma è caso piú raro, intorno alle stazioni in periodo di muta. Conserva la vecchia pelle per proteggersi dai rigori dell’inverno, ma vi produce delle lacerazioni per consentire la fuoriuscita del corpo. Questa sorta di tunica deve essere rinserrata in alto grazie ad artifici meccanici. Lo stil, incapace di aprirla da solo, va a cercare l’aiuto di un bipede di specie affine, che gli fa compiere appositi esercizi.
La stilografia è un capitolo della zoologia teorica e deduttiva coltivabile in ogni stagione.

95 Geometrico

In un parallelepipedo, rettangolo generabile attraverso la linea retta d’equazione 84x + S = y, un omoide A che esibisca una calotta sferica attorniata da due sinusoidi, sopra una porzione cilindrica di lunghezza l maggiore di n, presenta un punto di contatto con un omoide triviale B. Dimostrare che questo punto di contatto è un punto di increspatura.
Se l’omoide A incontra un omoide omologo C, allora il punto di contatto è un disco di raggio r minore di l. Determinare l’altezza h di questo punto di contatto in rapporto all’asse verticale dell’omoide A.

96 Contadino

Uno poi dice la vita, neh... Ero montato sula coriera, no? e vado a sbatere in un balèngo col colo che somiliava ‘n polastro e ‘n capelino legato con ‘na corda, che mi cascasero gli ochi se dico bale, che non era un capelino ma somiliava ‘n caciatorino fresco.
Va ben, poi sucede che quel tarluco, che secondo me sarò anche gnorante ma è bruta gente che dovrebero meterla al Cotolèngo, si buta a fare un bordelo del giüda faus con un altro che gli sgnacava i gomiti nei reni, che deve far ‘n male boja, mi ricordo quando c’avevo i calcoli e le coliche, che sono andato a fare li esami da un profesorone di queli là, e fortuna che non era un bruto male come quelo del Masulu che l’anno aperto e l’anno chiuso, diu che brute robe ci sono a sto mondo, certe volte è melio che il siniore ci dà un bel lapone e via.
Cara grasia che quela storia de la coriera a l’è finita ancora bene perché quel tabalorio là non l’a piantata tropo lunga e l’è andato a stravacarsi da n’altra parte.
Certe volte mi domando se le combinasioni uno le fa aposta o no, ma guarda te, mi venise l’ochio cipolino sul ditone del piede se dico bugia, crusin cruson, due ore dopo vado a sbatere proprio in quelo di prima, davanti alla stasione de le coriere, che parla con uno vestito da siniore che toca qui toca la, li dice di stare piú abotonato.
Oh basta là, quei lí ci an proprio del tempo da perdere.

97 Interiezioni


Psst! Ehi! Ah! Oh! Hum! Ouf! Eh! Toh! Puah! Ahia! Ouch! Ellalla’! Pffui! No!? Sí? Boh! Beh? Ciumbia! Urca!
Ma va!
Che?!! Acchio! Te possino! Non dire! Vabbé! Bravo! Ma no!

98 Prezioso

Era il trionfo del demone meridiano. Il sole accarezzava con accecante virilità le opime mammelle dell’orizzonte ambrato. L’asfalto palpitava goloso esalando gli acri incensi del suo canceroso catrame roso da rosate lepre. Carro falcato, cocchio regale, gravido di enigmatica e sibilante impresa, l’automotore ruggì a raccoglier messe umana molle di molli afrorí, dissolta in esangui foschie al parco che tu dici Monceau, o Ermione. Sulla lucida piattaforma di quella macchina da guerra della gallica audacia, ove la folla s’inebria di amebiche voluttà, un efebo, di poco avanti alla stagione che ci fa mesti, con una calotta fenicia onusta di serpenti, la voce esile dal sapor di genziana, alto levò un clamore, e l’amarezza dei suoi lombi espanse, e de’ suoi calzari feriti da un barbaro, da un oplite ferigno, da un silvestre peltasta.
Poscia, anelante e madido, cercò riposo, esangue di deliquio.
Di poco la clessidra avea sbavato i suoi rugosi umori e ancora il vidi, alla Corte di Roma, astato come bronzo, con un sodale dal volto d’Erma e senza cigli, androgino Alcibiade che il petto gli indicava, il dito come strale, l’ugne tese a ferire. E con voce d’opale, di un bottone diceva, e di sua ascesa, a illeggiadrir la taglia, e a tener la rugiada umida lungi.

99 Inatteso

Gli amici erano riuniti al bar quando Alberto li raggiunse. V’eran Renato, Roberto, Adolfo, Giorgio e Teodoro.
– Come va? domandò cordialmente Roberto.
– Non c’è male, disse Alberto.
Chiamò il cameriere.
– Pernod, disse.
Adolfo si voltò verso di lui.
– Allora, Alberto, che c’è di nuovo?
– Non molto.
– È una bella giornata, disse Roberto.
– Un po’ freddina, disse Adolfo.
– Sai, ho visto una cosa curiosa oggi, disse Alberto.
– Però fa caldo lo stesso, disse Roberto.
– Cosa? domandò Renato.
– Sull’autobus, tornando a casa, disse Alberto.
– Quale autobus?
– La S.
– E che cosa hai visto? domandò Roberto.
– Ne ho attesi tre, prima di poter salire.
– A quell’ora è normale, disse Adolfo.
– Ma allora, cosa hai visto? domandò Renato.
– Eravamo pigiatissimi, disse Alberto.
– Occasione buona per un palpeggio.
– Ah, disse Alberto, non è quello...
– E allora dicci!
– Vicino a me c’era un tipo buffo.
– Come? domandò Renato.
– Come se lo avessero allungato.
– Supplizio di stiramento, disse Giorgio.
– E il cappello... un cappello curioso...
– Come? domandò Renato.
– Niente nastro. Una treccia.
– Le pensano tutte, disse Roberto.
– D’altra parte, continuò Alberto, era un attaccabrighe.
– Perché? domandò Renato.
– Piantava grane col vicino.
– In che modo? domandò Renato.
– Diceva che gli pestava i piedi.
– Apposta? domandò Roberto.
– Apposta, disse Alberto.
– Tutto qui? domandò Renato.
– No. La cosa curiosa è che l’ho rivisto due ore dopo.
– Dove?
– Alla Gare Saint-Lazare.
– E che diavolo ci faceva?
– Non so, disse Alberto. Andava avanti e indietro con un amico che gli faceva notare che un bottone del suo soprabito era troppo basso.
– È esattamente il consiglio che gli ho dato, disse Teodoro.

Cimetière de Juvisy-Sur-Orge, Juvisy-sur-Orge, Departement de l'Essonne, Île-de-France, France

meta-cyber Tao

La descrizione di sistemi con retroazione sviluppata nella cibernetica degli anni 40 e 50 non è più sufficiente quando si considerino sistemi che per struttura hanno diversi livelli logici di descrizione quali, in generale, i sistemi complessi, che contengono molti sottosistemi a loro volta retroazionati e che hanno diversi processi retroattivi di stabilizzazione a più livelli, ad esempio il metabolismo:

La nozione di complessità segna anche il passaggio dalla prima alla seconda cibernetica: secondo la prima cibernetica esiste una realtà esterna oggettiva e indipendente dall’osservatore. Negli approcci sistemici di seconda cibernetica il sistema, cioè l’insieme degli elementi che si trovano in interazione nella realtà osservabile, è globale, dinamico e costituito dai due subsistemi Individuo/Ambiente, nel quale il ruolo del soggetto che osserva è fondamentale e di cui si deve tenere conto nella descrizione sistemica globale. Nei sistemi complessi, ad esempio un animale, una persona, una famiglia o un'organizzazione, osserviamo e descriviamo il sistema sotto osservazione esattamente quanto il sistema osserva e descrive noi.


Ciascuno dei due subsistemi evolve secondo la propria logica ed attua le proprie trasformazioni; ma è l’altro subsistema che determina le condizioni che definiscono la trasformazione che ciascun subsistema attua.
Nella seconda cibernetica oggetto e soggetto, conoscente e conosciuto fanno parte dello stesso sistema. L’individuo e l’ambiente non sono più considerati sedi di proprietà la cui individuazione e descrizione è affidata alla competenza dell’osservatore esterno, ma sedi di meccanismi governati da regole loro proprie, che determinano il repertorio delle reciproche interazioni. La realtà, non più indipendente dall’osservatore che la costruisce attivamente, diviene la realtà personale di ogni individuo, ed ogni visione personale della realtà deriva da una specifica relazione tra conoscente e conosciuto, che riflette specifici vincoli autoreferenziali. L’individuo diviene così un sistema conoscitivo dotato di una sua coerenza interna in grado di filtrare la realtà, e strutturato attraverso un insieme di costrutti e credenze che gli permettono di organizzare il proprio comportamento in risposta all’ambiente, sempre secondo i propri vincoli autoreferenziali.La seconda cibernetica, vista come meta-cibernetica della prima cibernetica o cibernetica semplice, è caratterizzata da successivi ordini di retroazione:


e dalla ricorsione tra gli ordini di retroazione e quelli di calibrazione che seguono al processo di retroazione:
Una retroazione semplice porta il sistema ad una calibrazione di se stesso verso la stabilità. Una retroazione della retroazione lo porta in uno stato di meta-calibrazione. Un ulteriore livello di retroazione porta il sistema in quello che è definito un sistema autonomo, dove le relazioni e interazioni che lo definiscono nel suo complesso sono determinate solamente dal sistema stesso, o autopoietico, con una meta-meta-meta-calibrazione di organizzazione chiusa.

mercoledì 13 ottobre 2010

Tao triplofonico: Demetrio Stratos

Demetrio Stratos si definì “portiere” perché nacque ad Alessandria d’Egitto da genitori greci, alle porte tra Oriente ed Occidente, in seguito traghettato a Milano per frequentare architettura. Già da sempre percepiva nella sua biografia una disidentità, un’anomalia, che chiamò androginia per il senso di appartenenza alle due nature, maschile e femminile non sottoposte al conformismo dei ruoli prestabiliti.
Gli anni milanesi della contestazione e della rifondazione del mondo, la frequentazione di ambienti stimolanti, di letture audaci come Lacan, Barthes, Deleuze, Foucault, di sperimentazioni musicali spericolate maturarono in lui la convinzione di dover esplorare la voce in un secolo da qualcuno definito “afono”.
In biologia il rimescolamento genetico assicura il successo adattativo, analogamente nella cultura il coraggio della contaminazione tra modelli differenti può aprire scenari imprevisti e percorsi insoliti. Demetrio Stratos ha scavato una breccia nella sclerosi di Calliope perché portava nella memoria remota il suono doppio di “aulos”, il fluto frigio a due canne, che procurava la trance nelle feste care a Dioniso e che Platone sconsigliava per il suo potere destabilizzante.
La voce oggi è occultata e seviziata, ridotta a canale di trasmissione di significati codificati; è necessario liberarla perché il corpo possa ancora sentire la vita che sale dalle midolla, che prende fiato nei polmoni ed echeggia nella voce. “La voce, sostiene Stratos, è oggi nella musica un canale di trasmissione che non trasmette più nulla” e ancora: “L’ipertrofia vocale occidentale ha reso il cantante moderno pressoché insensibile ai diversi aspetti della vocalità, isolandolo nel recinto di determinate strutture linguistiche”.
Facendo della sua glottide un laboratorio vivente, Stratos ha osato spingersi oltre i limiti fisiologici della possibilità vocale. Il prof. Franco Ferrero, che frequentò Stratos nel Centro diStudio per le ricerche di Fonetica del CNR dell’Università di Padova, ammette: “Stando a quanto ho riscontrato durante l’emissione, le corde vocali non vibravano. La frequenza era molto elevata (le corde vocali non riescono a superare la frequenza di 1000-1200 Hz). Nonostante ciò Demetrio otteneva non uno, ma due fischi disarmonici, uno che da 6000 Hz scendeva di frequenza, e l’altro che da 3000 Hz saliva. Non si poteva supporre, quindi, che un fischio fosse l’armonico superiore dell’altro. Constatai anche l’emissione di tre fischi simultanei”.
La strabiliante ricerca di Stratos porta molte suggestioni e piste di ricerca ancora da studiare. Vorrei limitarmi a due sottolineature particolarmente stimolanti ed innovative per il nostro tempo: la preminenza del significante rispetto al significato e il valore rituale della voce in ordine all’accesso alla scaturigine del corpo.

La preminenza del significante rispetto al significato
E’ un tema caro alla linguistica, soprattutto alla pragmatica, che ha determinato una svolta sia nella semiotica, sia nella semantica. Infatti pare che il valore del linguaggio non sia da ricercarsi né nel rapporto tra i segni, né nel rapporto tra significante e significato, ma nell’uso del linguaggio, nel contesto. Per esempio vi è un metacomunicativo nel tono, nel colore della voce che può annullare il valore semantico di una frase. Stratos ha intuito l’incremento semantico prodotto dalla voce. Essa non è più solo funzionale ai significati, ma è un’originaria modalità del corpo di esprimersi. La voce ha un valore comunicativo in sé, che merita di essere ascoltata indipendentemente dai contenuti che veicola. Il significante “voce” diventa semiogenetico, cioè produttore di significazione nuova se lo si esperisce nella sua nuda carne, nella sua phoné. La magia della voce è indipendente dai significati, perciò Stratos produce suoni senza significato codificato, che tuttavia creano nuovi mondi possibili. La sua ricerca della voce perduta, come la Ninfa Eco che si è pietrificata, esplora il grido, il soffio, il rumore. Vuole ritornare alla corporeità, alla materialità istintiva, a quel fondo animale dionisiaco, soffocato dalla oggettivazione codificata. L’insistenza sul “significante voce” toglie valore alla produzione soggettiva del significato. Attraverso una modulazione creativamente ripetitiva Stratos porta ad una dissoluzione dell’Io per una comunione intersoggettiva alle fonti della vita. La voce nomade è la liberazione dai codici, aspira ad una vocalità del corpo sottratta ai moduli fissi del bel canto. Nei Mirologhi I e II e nelle Criptomelodie infantili la voce tende a declinarsi al plurale: sussurra, imita, geme, diventa diplofonia, triplofonia. E’ una vocalità polifonica senza soggetto, androgina, dove coesistono maschile e femminile. Stratos canta la voce, pura apparenza, pharmakon, velenosa e curativa, senza niente al di fuori di essa, puro atto ludico, voce in quanto voce. “Così la sovranità sovversiva della voce-evento, pharmakon sfida della comunicazione, lascia il soggetto in una ingenua antropolatria tra godimento incondizionato e consumazione”.
L’elogio del “significante voce” appoggia un’epistemologia della percezione, denuncia “l’errore di Cartesio” di riduzione della ragione a parola concettuale. E’ in linea con la “Praktognosia” di Merleau-Ponty, che pone il punto zero della conoscenza nella percezione sensibile del corpo.

Il valore rituale della voce
E’ già stato citato il riferimento di Stratos all’aulos, al flauto frigio che emette due suoni e produce trance nei riti dionisiaci. Nelle Flautofonie due voci si rincorrono come in una sorta di canone. La seconda voce non è autonoma ma nemmeno subordinata alla prima. Il mix produce in chi ascolta un estraniamento, simile alla trance nei riti religiosi. Su questo sfondo di fruizione sonora si può parlare della voce-musica di Stratos come la messa in opera di un rito laico capace di produrre nella sensibilità degli spettatori un riacceso alle origini. La tecnica di Stratos dei due suoni ripropone la logica dei riti, che mettono in scacco l’ordine del mondo attraverso “una metodica svalutazione” della quotidianità (R.Firth). La prima voce (“canto di superficie”) è autonoma, la seconda voce (“canto di fondo”), pur essendo costituita di elementi della prima voce, differisce nel materiale (rumorosità di armonici) e gioca con la prima creando continue scosse caotiche. “Il ‘flauto-voce’ di Stratos esegue un tema circolare, di ispirazione modale, che ci riporta a un’esperienza di comunione, di interazione ritualistica e sacrificale. La ripetizione suggerisce qualcosa di ipnotico, propizio al trance. Stratos sembra desiderare un ascolto partecipato, spontaneo e generoso… Attraverso questa ripetizione sempre diversa, Stratos mira all’abolizione, dissoluzione degli ego, elemento basilare per il sacrificio. In questa dissoluzione dell’identità siamo in comunione con gli dei, con la terra e con la vita” (J. El Haouli).

Negli anni della dissacrazione e della secolarizzazione del Cristianesimo Stratos proponeva una nuova sacralità laica, con i nomi degli antichi dei greci, accessibile solo con un ripescaggio della vera ritualità. La voce-musica aveva una ritualità dimenticata; serviva solo per proporre idee ed ideologie anziché esperienze del Sacro. Evidentemente è un Sacro pagano di comunione intima tra umani e con la natura. La ricerca delle triplofonie e delle quadrifonie trovava conferme solo in alcuni monaci tibetani e in alcuni cavalieri nomadi della Mongolia. “L’uso è rituale”, scrive Stratos e questo proposito è mantenuto nella sua musica. Quattro elementi rituali balzano agli occhi: la ripetizione, l’uscita dall’ordinario, la perdita dell’Io, la dimensione comunitaria. Forse leggendo Deleuze l’artista greco si era convinto che la ripetizione non era la famigerata coazione a ripetere della nevrosi ossessiva, poterva diventare la tecnica di esodo dal flusso temporale attuale per accedere ad altro ordine di realtà. Così la trance con l’abolizione dell’io e del mondo conosciuti allargavano l’orizzonte su altri mondi. Il tutto nella modalità della messa in scena collettiva di una performance estraniante e mistica insieme.
Troviamo in Stratos l’antesignano dei riti laici dei megaconcerti rok, che non si esauriscono nella spettacolarizzazione del modello mimetico del divo sublimato, ma nella fruizione quasi religiosa della voce-musica che ci permette di sentire nella scena il brivido agghiacciante della nostra appartenenza alla vita.
Demetrio Stratos eroe dei due mondo, d’Oriente e d’Occidente, spesso dimenticato dalla cultura di massa, ma amato e ammirato da tanti iniziati dalla sua voce a scavare i segreti del mondo, che non disdegnano di visitare la sua tomba recante la scritta dei primi versi dell’Odissea: Musa, parlami di quell’uomo di multiforme ingegno!

Roberto Tagliaferri, tratto da:


cimitero di Scipione Castello, Parma, foto di Gloria Annovi

lunedì 11 ottobre 2010

giovedì 7 ottobre 2010

maestro del Tao livello 0 (fisica) - 1 (chimica) - 2 (cellulare) - 4 (sociale) - 5 (ecosistema): Linus Carl Pauling

USA Oregon Lake Oswego - Oswego Pioneer Cemetery, Linus Pauling grave 20
foto by Radigan Neuhalfen

The Nobel Prize in Chemistry 1954

dal discorso di presentazione:

"Professor Pauling. Da quando ha iniziato la sua carriera scientifica più di trenta anni fa, ha coperto una varietà di argomenti che spaziano su vasti campi della chimica, della fisica, e anche della medicina. E stato detto di lei che ha scelto di vivere "alle frontiere della scienza" e noi chimici siamo ben consapevoli della influenza e dell'effetto stimolante del suo lavoro pionieristico.
Per ampio sia stato il suo campo di attività, ha dedicato la maggior parte della sua energia allo studio della natura del legame chimico e sulla determinazione della struttura delle molecole e dei cristalli.
E con grande soddisfazione quindi che l'Accademia Reale Svedese delle Scienze ha deciso di attribuirle quest'anno il del Premio Nobel per la Chimica per i suoi brillanti risultati in questo settore fondamentale della chimica."

The Nobel Peace Prize 1962

dal discorso di presentazione:
Poco dopo che le bombe atomiche furono fatte esplodere su Hiroshima e Nagasaki, Albert Einstein fece questa dichiarazione:
"È giunto il momento ora, quando l'uomo deve abbandonare la guerra. Non è più razionale per risolvere i problemi internazionali con il ricorso alla guerra. Ora che una bomba atomica, come le bombe esplose a Hiroshima e Nagasaki, può distruggere una città, uccidere tutte le persone in una città, una piccola città della dimensione di Minneapolis, per esempio, possiamo vedere che ora dobbiamo fare uso dei poteri dell'uomo della ragione, al fine di risolvere le controversie fra le nazioni. In conformità con i principi di giustizia, dobbiamo sviluppare il diritto internazionale, rafforzare le Nazioni Unite, e avere la pace nel mondo d'ora in poi ".
Al momento poche persone hanno ascoltato queste parole di Albert Einstein.
Un uomo, però, non le ha dimenticate, l'uomo che è il benvenuto fra noi oggi, l'uomo che il Comitato per il Nobel del Parlamento Norvegese ha selezionato per il premio di quest'anno del premio per la pace - Linus Carl Pauling, che sempre, dal 1946, ha condotto una campagna senza sosta, non solo contro i test nucleari, non solo contro la diffusione di queste armi, non solo contro il loro uso, ma contro tutte le guerre come mezzo di risoluzione dei conflitti internazionali.
Linus Pauling è un professore di chimica, per 39 anni ha fatto parte dello staff del California Institute of Technology di Pasadena, dove è stato nominato professore nel 1931. Oltre al Premio Nobel per la Chimica, i suoi successi scientifici gli sono valsi numerosi riconoscimenti, medaglie e onorificenze, sia nel suo paese e all'estero. La sua fama di scienziato è fuori discussione.
Nel 1946, su richiesta di Albert Einstein, Linus Pauling, insieme a sette altri scienziati, ha formato il Comitato di Emergenza degli Scienziati Atomici, di cui Einstein era chairman. Il compito più importante di questa commissione è stato quello di portare a conoscenza di persone in tutto il mondo l'enorme cambiamento che aveva avuto luogo nel mondo dopo che la scissione dell'atomo e la produzione della bomba atomica era diventata realtà. Nelle parole dell'autore Robert Jungk, "era una crociata intrapresa da uomini che erano bambini negli affari politici".
La speranza che, una volta finita la seconda guerra mondiale, sarebbe seguita un'era di pace e di disarmo, non era stata soddisfatta. Non passò molto tempo prima che le differenze tra Est e Ovest sono emerse in tutta la loro cruda realtà, come la cooperazione generato in tempo di guerra crollato ed è stata sostituita dal sospetto e dalla paura reciproca di aggressione.
Il risultato è stato la corsa agli armamenti tra le due grandi potenze, per vedere chi poteva produrre le armi nucleari più efficaci. A poco a poco "l'equilibrio del terrore" è diventato il tacitamente accettato stato di salvaguardia contro la guerra e una garanzia di pace.
La corsa agli armamenti ha creato un clima che non solo ha reso difficile il lavoro per la promozione del disarmo e della pace, ma ha anche minacciato di imbavagliare la libertà di parola.
Inevitabilmente, la crociata ha perso slancio e si spense.
Ma per Linus Pauling la ritirata era impossibile.
Durante i primi anni, il suo scopo era soprattutto evitare che la bomba a idrogeno diventasse una realtà. In discorsi e conferenze aveva cercato di aprire gli occhi dei suoi simili alla catastrofe che rappresentava.
"Questa bomba",
ha dichiarato, "può avere un effetto distruttivo, cento, mille, anzi mille dieci volte superiore a quella delle bombe sganciate su Hiroshima e Nagasaki. Il suo effetto dipende da come è grande la bomba e in quale altezza da terra è esplosa".
Questa dichiarazione è stata fatta già nel 1947, e successivi test con la bomba a idrogeno hanno dimostrato la validità delle sue previsioni.
Il 13 febbraio 1950, Pauling ha parlato ad un vasto pubblico alla Carnegie Hall di New York, questa volta in segno di protesta contro la decisione di produrre la bomba all'idrogeno. Il suo discorso è stato successivamente pubblicato un opuscolo dal titolo "La decisione finale".
Ha aperto il suo intervento descrivendo le conseguenze che esisterebbero in una grande guerra di bombe a idrogeno: un migliaio di milioni di uomini e donne morti, e l'atmosfera terrestre permeata di sostanze tossiche radioattive, da cui nessun animale, umano o pianta sarebbe al sicuro.
Egli conclude come segue:
"La soluzione del problema del mondo - il problema della guerra atomica - è che noi dobbiamo - noi dobbiamo mettere ordine nel mondo intero ...
I nostri leader politici spinti dai sentimenti della gente del mondo devono imparare che la pace è un importante obiettivo - una pace che riflette lo spirito di vera umanità, lo spirito della fratellanza degli uomini.
Non è necessario che i sistemi sociali ed economici in Russia debbano essere identici a quello degli Stati Uniti perchè queste due grandi nazioni possano essere in pace tra loro. E 'solo necessario che il popolo degli Stati Uniti e il popolo della Russia abbiano rispetto l'uno per l'altro, un profondo desiderio di lavorare per il progresso, un riconoscimento reciproco che la guerra è finalmente esclusa come arbitro del destino dell'umanità. Una volta che la gente del mondo esprime questi sentimenti, l'Oriente e l'Occidente possono raggiungere una decisione ragionevole ed equa su tutti gli affari del mondo e possono marciare fianco a fianco, verso un futuro sempre più glorioso "


     Linus Pauling Institute

Tao livello 1: il legame del Tao


Forse in nessuna disciplina esiste un libro di testo e il lavoro di un solo uomo che abbia avuto l'influenza che "La natura del legame chimico" ha avuto per il livello 1. Si basa principalmente sul lavoro di Linus Pauling in questo settore l'attibuzione del Premio Nobel per la Chimica nel 1954 "per la sua ricerca sulla natura del legame chimico e la sua applicazione alla spiegazione della struttura di sostanze complesse". Di fatto ogni parte della chimica organica e inorganica può essere, in linea di principio, derivata da questo lavoro.
Forma degli orbitali atomici (densità di probabilità spaziale degli elettroni in un atomo) in 3D per diversi valori dei numeri quantici l, m, n

Tao, meta-Tao e meta-meta-Tao

René Magritte, I due misteri, 1966