venerdì 27 aprile 2012

la via dal KaliYuga al Tao






















"Il presente è incerto, pieno di angosce, e il futuro, se proiettato nel corso attuale del divenire del pianeta, un disastro annunciato. Ci troviamo di fronte a una crisi globale a doppio senso: crisi delle civilizzazioni tradizionali sotto il colpo dello sviluppo e della globalizzazione (la cosiddetta occidentalizzazione) e crisi della nostra civilizzazione occidentale, produttrice di questo divenire accelerato, in cui la scienza e la tecnica non hanno più alcun controllo e il profitto è assunto a maître di ogni azione e pensiero. Il nuovo dio è diventato il capitalismo finanziario, generato dal fanatismo religioso risvegliatosi dopo la morte del totalitarismo comunista: questa prospettiva non può che condurci, partendo dal dato presente, alla conclusione che il futuro sarà assolutamente catastrofico. Ciò che si è perduto è il credere nel progresso come via storica, non ci facciamo più cullare dall’illusione della possibilità di un avvenire positivo. Fino a quando il presente sarà carico di ansia e terrore, angoscia, ci rifugeremo nel passato, spiega Morin, nell’identità, nella religione. È a partire da questa constatazione che si capisce anche questo risveglio delle religioni. Una parte delle nuove generazioni si converte all’integrismo religioso; questo si può ben vedere ora in molti paesi arabo-musulmani.
La situazione attuale è aggravata anche dalla constatazione del fatto che esiste un grande vuoto di pensiero: le vecchie generazioni hanno creduto alla rivoluzione, al comunismo, alla società detta industriale, alla prosperità, alla fine della crisi. C’erano la speranza, le rivoluzioni, ed ora queste speranze sono distrutte. C’è bisogno di nuovi pensatori, e che le coscienze vengano provocate. Hölderlin diceva “la dove c’è il pericolo, cresce anche ciò che salva”. Forse il momento è arrivato, sempre più gravi e urgenti le questioni che ci interrogano e che esigono una presa di posizione e un’azione. L’improbabile, quello che secondo il filosofo, è la sola possibilità di risvegliare le coscienze e rendere il probabile non-probabile, è la vitalità della società civile, una creatività portatrice d’avvenire. Le idee sono dappertutto, bisogna mettersi all’opera".

 Nel libro lei critica l'idea di sviluppo. Perché?
"La mondializzazione porta in sé l'occidentalizzazione e il mito dello sviluppo fondato sull'idea di una crescita infinita. È un mito che ci porta dritti contro un muro. Non possiamo continuare a riempire il Pianeta di automobili, di centrali e di megalopoli. Questo modello di sviluppo - figlio di un liberalismo economico senza regole, tutto teso a produrre e a consumare sempre di più - comporta conseguenze disastrose per la biosfera e le risorse naturali. Oggi, si parla molto di sviluppo sostenibile, che però mi sembra solo una mezza misura. In realtà, occorre affrontare e spaccare il nocciolo duro, tecno-economico, del concetto tradizionale di sviluppo, per salvarne solo alcuni elementi da mettere al servizio di un altro modello di sviluppo umano. È un problema urgente che riguarda tutti".

È per questa ragione che parla di Terra-patria?
"L'aspetto positivo della mondializzazione è che ormai c'è una comunità di destino di tutti gli esseri umani, ovunque essi si trovino. Siamo tutti di fronte agli stessi problemi fondamentali e alle stesse minacce mortali, sul piano ecologico, climatico, sociale, nucleare, ecc. Una patria è una comunità di destini, quindi la Terra è la patria comune che dobbiamo cercare di salvare in una situazione dove sembra non esserci più futuro e quindi prevalgono l'incertezza, la paura e le logiche regressive. In passato si pensava che la storia fosse guidata dalla legge del progresso. Le crisi del XX secolo hanno spazzato questa illusione".

Che cosa fare allora?
"Al sistema terrestre minacciato da tutte le parti resta solo la via della metamorfosi. In natura, un sistema, quando non riesce più a risolvere i propri problemi vitali, se non vuole perire, è costretto alla metamorfosi. Il bruco è capace di autodistruggersi e autoricostruirsi per diventare una farfalla. L'idea della metamorfosi non è una follia, è una realtà che si è già realizzata altre volte nella storia del Pianeta, nella preistoria ma anche nel Medioevo".

La metamorfosi è però un'operazione complessa e delicata...
"Per salvarsi occorre avere un approccio dialettico, nel tentativo di tenere insieme idee che sulla carta si oppongono. Non credo alla rivoluzione che fa tabula rasa del passato, producendo spesso realtà peggiori di quelle che ha voluto trasformare. Al contrario, abbiamo bisogno di tutte le riforme culturali della storia dell'umanità per trasformare e trasformarci. Per questo è necessario conservare tutti gli aspetti positivi della mondializzazione, che per me contiene il meglio e il peggio. Insomma, occorre al contempo mondializzare e de-mondializzare a seconda degli ambiti, favorire la crescita ma talvolta la decrescita, tenere conto dello sviluppo ma anche dell'inviluppo, della trasformazione come della conservazione. Questa strategia complessa ci consente di conservare la speranza, che naturalmente non è una certezza. Anzi, visto il contesto, la speranza è perfino improbabile. La storia però ci insegna che a volte l'improbabile è riuscito a prendere il sopravvento".

La scienza ha un compito privilegiato in questo processo?
"Anche la scienza è ambivalente, dato che porta in sé minacce e speranze. La scienza moderna si è sviluppata nel XVII e XVIII secolo, liberandosi da ogni controllo morale e politico. Si è così garantita libertà di ricerca e autonomia. C'è stato un periodo in cui la scienza, la tecnica, la ragione, la giustizia, la democrazia e l'uguaglianza avanzavano assieme. Oggi non è più così. La scienza si sviluppa a una velocità senza precedenti, che non lascia il tempo alla società di elaborare un pensiero capace di accompagnarla. La scienza si occupa dei fatti e non dei valori, ma il suo potere sulle nostre vite è diventato enorme, senza dimenticare che spesso essa è pesantemente condizionata dalla ricerca del profitto a ogni costo. È dunque necessario reintrodurre una riflessione etica che ne regoli gli eccessi".

Nel libro lei propone diverse riforme concrete. Con quali priorità?
"Tutte le riforme devono cominciare contemporaneamente, perché sono tutte collegate tra loro. Le riforme della scienza, della conoscenza e dell'educazione sono però prioritarie perché fondamentali. In ambito scientifico, ma non solo, abbiamo bisogno di un approccio interdisciplinare, per non perdere di vista la visione d'insieme. Quando le conoscenze sono troppo specialistiche, frammentarie e prive di collegamenti si rischia di produrre una nuovo tipo di accecamento. Ma naturalmente, per salvare l'umanità, occorre lanciare al contempo anche le altre riforme, quelle che riguardano la società e il nostro modo di vivere, la nostra relazione con le risorse e la biodiversità, come pure il nostro modo di produrre e consumare, di costruire le città e di spostarci. Ci sono solo due modi per uscire da una crisi. La regressione che torna al passato oppure la creatività che, con un grande sforzo d'immaginazione, inventa soluzioni inedite. Io ho scelto da tempo questa seconda possibilità".

giovedì 26 aprile 2012

Nessuna Cosa (il Papa) - V Major


Essere sospesi nel vuoto può terrorizzare e disorientare. Nulla a cui aggrapparsi, nessun senso di orientamento, non un solo segnale di quali scelte o possibilità si possano trovare davanti a noi. Ma proprio questo stato di pura potenzialità esisteva prima della creazione dell'universo.Ora tutto ciò che puoi fare è rilassarti in questo nulla, cadere in questo silenzio tra le parole, osservare questo vuoto che esiste tra il respiro che entra e quello che esce. Fai tesoro di ogni istante di vuoto che l'esperienza ti dona. Sta per nascere qualcosa di sacro.

Buddha ha scelto una delle parole con maggior potenziale - shunyata. Il termine inglese equivalente, "il nulla", non è altrettanto bello. Ecco perché vorrei tradurlo come "nessuna-cosa": perché il nulla non è semplice nulla, è tutto. Vibra di ogni possibilità. È potenziale, potenzialità assoluta. Ancora non è manifesto, ma contiene ogni cosa. All'inizio è la natura, alla fine è la natura, perché dunque fare tanto chiasso nel mezzo? Perché preoccuparsi tanto, essere così ansiosi, così ambiziosi, nel mezzo; perché creare tanta disperazione? L'intero viaggio va dal nulla al nulla.

Tao de-formato

Ray and Maria Stata Center, MIT, Cambridge, US


Noam Chomsky

 Ray and Maria Stata Center

struttura del Tao magico: conversazioni


 "Non vi è alcuna verità dietro la magia"

Il contesto in cui si è sviluppato il lavoro di Bandler e Grinder sul metamodello linguistico è quello specifico della psicoterapia, sia per la sua genesi sia per le sue applicazioni. In linea generale la linea guida è quella di far ricollegare - attraverso il dialogo - le strutture superficiali del cliente alle sue strutture profonde, contestando e specificando le sue generalizzazioni, deformazioni e cancellazioni per due scopi: ottenere informazioni sul cliente e sul suo contesto e fargli prendere coscienza di parti delle proprie esperienze collegate alla struttura profonda, in modo da permettegli di effettuare maggiori distinzioni e quindi maggiori scelte.
Oltre a ricercare le strutture profonde contestando/specificando le generalizzazioni, deformazioni e cancellazioni espresse dalle strutture superficiali il terapeuta contesta e specifica altre strutture semantiche quali i presupposti - un riflesso linguistico del procedimento di deformazione - del cliente e la cosidetta "lettura del pensiero", una classe di strutture superficiali mal-formate in cui vi è il convincimento di conoscere i pensieri ed i sentimenti di un'altra persona senza una diretta comunicazione da parte di quest'ultima.
Il recupero di strutture profonde ben-formate semanticamente porta al recupero o alla ristrutturazione di aree dell'esperienza del cliente potenzialmente più ricche di distinzioni e scelte possibili.
Nel seguito viene riportata una trascrizione di una conversazione in contesto terapeutico tra un cliente e un terapeuta condotta ed analizzata secondo il metamodello linguistico con le finalità precedentemente illustrate:
Nella sequenza risalendo alla struttura profonda dalle strutture superficiali del tipo "nessuna donna si interessa a me" si passa a "Janet non s'interessa a me" a "mia madre non s'interessava a me", scoprendo la possibilità - precedentemente negata da un vincolo individuale - di poter comunicare direttamente i propri sentimenti alla madre, e più in generale alle persone a cui è interessato.

venerdì 20 aprile 2012

Dialoghi Immortali del Tao: parlo mai di Tao io???!



Tutti si sentono in diritto, in dovere di parlare di cinema.
Tutti parlate di cinema, tutti parlate di cinema, tutti!

Parlo mai di astrofisica, io?
Parlo mai di biologia, io?
Parlo mai di neuropsichiatria?
Parlo mai di botanica?
Parlo mai di algebra?
Io non parlo di cose che non conosco!

Parlo mai di epigrafia greca?
Parlo mai di elettronica?
Parlo mai delle ditte dei ponti dell'autostrada?

Io non parlo di cardiologia!
Io non parlo di radiologia!
Non parlo delle cose che non conosco!!!

gioco e fantasia del Tao - 12

Henry Benke, Totem, Archival Digital Print, 19" x 13.6", 2008.
12. Siamo dunque di fronte a due caratteristiche del gioco: a) che i messaggi o segnali scambiati nel gioco sono in un certo senso non veri o non sono quelli che si hanno in mente; e b) che ciò che viene denotato da questi segnali è inesistente. Queste due caratteristiche si combinano talvolta in modo strano per rovesciare una conclusione raggiunta più sopra, quando è stato affermato che "il mordicchiare giocoso denota il morso, ma non denota ciò che sarebbe denotato dal morso". Vi sono altri esempi in cui si verifica un fenomeno opposto: un uomo sperimenta il terrore soggettivo al grado più intenso quando da uno schermo tridimensionale gli viene scagliata contro una lancia, oppure quando, durante un incubo notturno, precipita a testa in giù da qualche vetta creata dalla sua mente. In quel momento di terrore non si è nemmeno posto il problema della 'realtà', eppure nella sala di proiezione non c'era alcuna lancia, né c'era alcuna rupe nella camera da letto. Le immagini non denotavano ciò che esse sembravano denotare, eppure queste stesse immagini evocavano effettivamente quel terrore che sarebbe stato evocato da una vera lancia o da un vero precipizio. Servendosi di un simile trucco di autocontraddizione, i cineasti di Hollywood sono liberi di presentare a un pubblico puritano una vasta gamma di fantasie pseudosessuali, che altrimenti non sarebbero tollerate. In Davide e Betsabea, Betsabea può essere un legame troilistico fra Davide e Uria. In Hans Christian Andersen, il protagonista entra in scena accompagnato da un ragazzo; tenta di conquistare una donna ma, fallito questo tentativo, torna dal ragazzo. In tutto ciò, naturalmente, non c'è omosessualità, tuttavia la scelta di questi simbolismi è associata in queste fantasie a certe idee emblematiche, concernenti per esempio l'impossibilità senza rimedio di una posizione eterosessuale da parte di un uomo di fronte a certi tipi di donna o a certi tipi di autorità maschile. Insomma, la pseudo-omosessualità della fantasia non indica alcuna omosessualità reale, ma indica ed esprime atteggiamenti che potrebbero accompagnarsi a un'omosessualità reale o alimentare le sue radici eziologiche. I simboli non denotano omosessualità, ma denotano idee per cui l'omosessualità è un simbolo appropriato. Evidentemente è necessario riesaminare la precisa validità semantica delle interpretazioni che lo psichiatra fornisce al paziente e, ancor prima di quest'analisi, sarà necessario esaminare la natura del quadro entro cui queste interpretazioni sono fornite. 

(A Theory of Play and Fantasy, 1954) - 10-11

mercoledì 18 aprile 2012

parlare del Tao politico


















"Il linguaggio ha un aspetto interno e uno esterno. Una frase può essere studiata dal punto di vista di come esprime un pensiero o dal punto di vista della sua forma fisica, cioè dal punto di vista della interpretazione semantica o di quella fonetica. Usando una terminologia recente, possiamo distinguere la "struttura profonda" di una frase dalla sua "struttura superficiale". La prima è la struttura astratta sottostante che determina l’interpretazione semantica della frase; la seconda è l’organizzazione superficiale di unità che determina l’interpretazione fonetica e che è in relazione con la forma fisica dell’enunciato effettivo, cioè con la sua forma percepita o capita ... La struttura profonda, che esprime il significato, è comune a tutte le lingue, cosí almeno si sostiene, in quanto è un semplice riflesso delle forme di pensiero. Le regole trasformative, che convertono le strutture profonde in strutture superficiali, possono differire da una lingua all’altra. Naturalmente, la struttura superficiale risultante da queste trasformazioni non esprime direttamente le relazioni di significato delle parole, tranne nei casi piú semplici. È la struttura profonda sottostante all’enunciato effettivo – una struttura puramente mentale – che è portatrice del contenuto semantico della frase".


Lo studio del linguaggio è uno dei campi di ricerca sistematica più antichi: le sue origini risalgono all'India classica e alla Grecia e la sua storia è segnata dal conseguimento di risultati importanti. Tuttavia, considerato da una prospettiva diversa, è un campo di indagine assai recente: le più importanti iniziative di ricerca odierne hanno preso forma circa quarantanni fa, quando alcune idee centrali della tradizione di studi sull'argomento sono state fatte rivivere e reinterpretate, aprendo la strada a una linea di ricerca che si è rivelata assai fruttuosa.
Il fatto che il linguaggio abbia esercitato, nel corso del tempo, un fascino così forte non è sorprendente: la facoltà di linguaggio umana sembra infatti costituire un'autentica "proprietà della specie", perché presenta una variazione minima fra gli esseri umani e non ha un vero corrispettivo in altre specie; forse il corrispettivo più vicino si ritrova negli insetti, a una distanza evolutiva di un miliardo di anni. Non ci sono ragioni serie per mettere in discussione l'idea cartesiana che la capacità di usare segni linguistici per esprimere pensieri liberamente formati rappresenti la vera differenza fra l'uomo e l'animale o la macchina, sia che per "macchina" si intendano gli automi che catturavano l'immaginazione degli uomini del XVII e XVIII secolo, sia che si intendano quelli che oggi stimolano il nostro pensiero e la nostra immaginazione.
La facoltà di linguaggio costituisce inoltre una parte integrante di ogni aspetto della vita, del pensiero e dell'interazione degli esseri umani, ed è in gran parte responsabile del fatto che essi costituiscano l'unica specie ad avere una storia, un'evoluzione e una differenziazione culturale di ricchezza e complessità notevolissime, nonché del loro successo biologico (nel senso tecnico che essi sono molto numerosi). Per uno scienziato marziano che osservasse gli strani avvenimenti che si verificano sul pianeta Terra sarebbe difficile non rimanere colpito dalla nascita e dall'importanza di questa forma di organizzazione intellettuale apparentemente unica. Un aspetto ancora più naturale di questa situazione è che l'argomento, con tutti i suoi misteri, abbia stimolato la curiosità di coloro che cercano di comprendere la loro natura e la loro posizione all'interno del mondo.
Il linguaggio umano è basato su una proprietà elementare che sembra anch'essa biologicamente isolata: la proprietà dell'infinità discreta, la cui esemplificazione più pura è costituita dai numeri naturali 1, 2, 3,... I bambini non apprendono questa proprietà: senza una dotazione innata della mente, nessuna quantità di dati empirici potrebbe produrre i suoi princìpi fondamentali. Analogamente, nessun bambino deve imparare che esistono frasi di tre e quattro parole, ma nessuna frase di tre parole e mezzo, e che può proseguire nella costruzione delle frasi senza doversi fermare: è infatti sempre possibile costruire una frase dotata di forma e significato più complessa della precedente. Questo tipo di conoscenza non può che provenirci «dalla mano originale della natura», per usare l'espressione di David Hume: non può che essere parte del nostro corredo biologico.
Tale proprietà affascinò Galilei, che considerava l'invenzione di un mezzo per comunicare «i suoi più reconditi pensieri a qualsivoglia altra persona [...] con i vari accozzamenti di venti caratteruzzi sopra una carta» (1632) la più grande nella storia umana. L'invenzione ha successo perché riflette l'infinità discreta del linguaggio che viene rappresentato per mezzo di questi caratteri. Non molto tempo dopo Galilei, gli autori della Grammatica di Port-Royal furono colpiti dalla "prodigiosa invenzione" di un mezzo per la costruzione, a partire da pochi suoni, di un'infinità di espressioni che ci permettono di manifestare ad altri ciò che pensiamo, immaginiamo e sentiamo (dal punto di vista contemporaneo, non si tratta di un'invenzione, ma ciò non la rende certo meno prodigiosa come prodotto dell'evoluzione biologica, aspetto sul quale in questo caso sappiamo ben poco).
La facoltà di linguaggio può essere ragionevolmente considerata un "organo di linguaggio" nel senso in cui gli scienziati parlano del sistema visivo, del sistema immunitario o del sistema circolatorio come organi del corpo. Inteso in questo senso, un organo non è qualcosa che possa essere rimosso dal corpo lasciando il resto intatto: costituisce piuttosto un sottosistema di una struttura più complessa, e noi speriamo di comprenderlo in tutta la sua complessità studiandone parti che presentano caratteristiche distintive e la loro interazione; lo studio della facoltà di linguaggio procede nello stesso modo. Partiamo inoltre dall'ipotesi che l'organo linguistico sia esattamente come gli altri organi, in quanto le sue caratteristiche fondamentali sono l'espressione dei geni. La possibilità di capire esattamente come ciò avvenga è ancora lontana, ma possiamo studiare in altri modi lo "stato iniziale", geneticamente determinato, della facoltà di linguaggio. È evidente che ogni lingua costituisce il risultato di due fattori: lo stato iniziale e l'esperienza. Possiamo concepire lo stato iniziale come un "meccanismo di acquisizione del linguaggio" che prende l'esperienza come input e produce la lingua come output, un output che è internamente rappresentato nella mente (o nel cervello). Tanto l'input quanto l'output sono passibili di indagine: possiamo studiare sia lo svolgersi dell'esperienza sia le proprietà delle lingue acquisite. Ciò che impariamo applicando questo metodo di indagine può fornirci moltissime informazioni sullo stato iniziale che rappresenta la mediazione fra i due livelli.



"I nuovi mandarini - sono gli intellettuali americani nel senso migliore della parola: persone colte e ragionevoli, il tipo di persone che costituiscono la sciagura della nostra epoca ".
Si tratta, infatti, di persone che pretendono di possedere la tecnica e le capacità necessarie a dirigere la nostra società "post industriale" e ad organizzare una società internazionale dominata dalla superpotenza americana..., di persone che costituiscono "una tecnocrazia liberale che è al servizio dell'ordine sociale esistente nella convinzione di rappresentare la giustizia e l'umanità, combattendo guerre limitate all'interno e all'estero per conservare la stabilità, promettendo che il futuro sarà migliore purché i diseredati sappiano aspettare pazientemente".
American Power and the New Mandarins, 1969


«Un sistema di propaganda, in coerenza con le proprie finalità, presenterà le persone perseguitate dai propri nemici come meritevoli di considerazione e quelle trattate con crudeltà uguale o superiore dal proprio governo come vittime non meritevoli di considerazione.» 
1988



Noam Chomsky