mercoledì 18 aprile 2012

parlare del Tao politico


















"Il linguaggio ha un aspetto interno e uno esterno. Una frase può essere studiata dal punto di vista di come esprime un pensiero o dal punto di vista della sua forma fisica, cioè dal punto di vista della interpretazione semantica o di quella fonetica. Usando una terminologia recente, possiamo distinguere la "struttura profonda" di una frase dalla sua "struttura superficiale". La prima è la struttura astratta sottostante che determina l’interpretazione semantica della frase; la seconda è l’organizzazione superficiale di unità che determina l’interpretazione fonetica e che è in relazione con la forma fisica dell’enunciato effettivo, cioè con la sua forma percepita o capita ... La struttura profonda, che esprime il significato, è comune a tutte le lingue, cosí almeno si sostiene, in quanto è un semplice riflesso delle forme di pensiero. Le regole trasformative, che convertono le strutture profonde in strutture superficiali, possono differire da una lingua all’altra. Naturalmente, la struttura superficiale risultante da queste trasformazioni non esprime direttamente le relazioni di significato delle parole, tranne nei casi piú semplici. È la struttura profonda sottostante all’enunciato effettivo – una struttura puramente mentale – che è portatrice del contenuto semantico della frase".


Lo studio del linguaggio è uno dei campi di ricerca sistematica più antichi: le sue origini risalgono all'India classica e alla Grecia e la sua storia è segnata dal conseguimento di risultati importanti. Tuttavia, considerato da una prospettiva diversa, è un campo di indagine assai recente: le più importanti iniziative di ricerca odierne hanno preso forma circa quarantanni fa, quando alcune idee centrali della tradizione di studi sull'argomento sono state fatte rivivere e reinterpretate, aprendo la strada a una linea di ricerca che si è rivelata assai fruttuosa.
Il fatto che il linguaggio abbia esercitato, nel corso del tempo, un fascino così forte non è sorprendente: la facoltà di linguaggio umana sembra infatti costituire un'autentica "proprietà della specie", perché presenta una variazione minima fra gli esseri umani e non ha un vero corrispettivo in altre specie; forse il corrispettivo più vicino si ritrova negli insetti, a una distanza evolutiva di un miliardo di anni. Non ci sono ragioni serie per mettere in discussione l'idea cartesiana che la capacità di usare segni linguistici per esprimere pensieri liberamente formati rappresenti la vera differenza fra l'uomo e l'animale o la macchina, sia che per "macchina" si intendano gli automi che catturavano l'immaginazione degli uomini del XVII e XVIII secolo, sia che si intendano quelli che oggi stimolano il nostro pensiero e la nostra immaginazione.
La facoltà di linguaggio costituisce inoltre una parte integrante di ogni aspetto della vita, del pensiero e dell'interazione degli esseri umani, ed è in gran parte responsabile del fatto che essi costituiscano l'unica specie ad avere una storia, un'evoluzione e una differenziazione culturale di ricchezza e complessità notevolissime, nonché del loro successo biologico (nel senso tecnico che essi sono molto numerosi). Per uno scienziato marziano che osservasse gli strani avvenimenti che si verificano sul pianeta Terra sarebbe difficile non rimanere colpito dalla nascita e dall'importanza di questa forma di organizzazione intellettuale apparentemente unica. Un aspetto ancora più naturale di questa situazione è che l'argomento, con tutti i suoi misteri, abbia stimolato la curiosità di coloro che cercano di comprendere la loro natura e la loro posizione all'interno del mondo.
Il linguaggio umano è basato su una proprietà elementare che sembra anch'essa biologicamente isolata: la proprietà dell'infinità discreta, la cui esemplificazione più pura è costituita dai numeri naturali 1, 2, 3,... I bambini non apprendono questa proprietà: senza una dotazione innata della mente, nessuna quantità di dati empirici potrebbe produrre i suoi princìpi fondamentali. Analogamente, nessun bambino deve imparare che esistono frasi di tre e quattro parole, ma nessuna frase di tre parole e mezzo, e che può proseguire nella costruzione delle frasi senza doversi fermare: è infatti sempre possibile costruire una frase dotata di forma e significato più complessa della precedente. Questo tipo di conoscenza non può che provenirci «dalla mano originale della natura», per usare l'espressione di David Hume: non può che essere parte del nostro corredo biologico.
Tale proprietà affascinò Galilei, che considerava l'invenzione di un mezzo per comunicare «i suoi più reconditi pensieri a qualsivoglia altra persona [...] con i vari accozzamenti di venti caratteruzzi sopra una carta» (1632) la più grande nella storia umana. L'invenzione ha successo perché riflette l'infinità discreta del linguaggio che viene rappresentato per mezzo di questi caratteri. Non molto tempo dopo Galilei, gli autori della Grammatica di Port-Royal furono colpiti dalla "prodigiosa invenzione" di un mezzo per la costruzione, a partire da pochi suoni, di un'infinità di espressioni che ci permettono di manifestare ad altri ciò che pensiamo, immaginiamo e sentiamo (dal punto di vista contemporaneo, non si tratta di un'invenzione, ma ciò non la rende certo meno prodigiosa come prodotto dell'evoluzione biologica, aspetto sul quale in questo caso sappiamo ben poco).
La facoltà di linguaggio può essere ragionevolmente considerata un "organo di linguaggio" nel senso in cui gli scienziati parlano del sistema visivo, del sistema immunitario o del sistema circolatorio come organi del corpo. Inteso in questo senso, un organo non è qualcosa che possa essere rimosso dal corpo lasciando il resto intatto: costituisce piuttosto un sottosistema di una struttura più complessa, e noi speriamo di comprenderlo in tutta la sua complessità studiandone parti che presentano caratteristiche distintive e la loro interazione; lo studio della facoltà di linguaggio procede nello stesso modo. Partiamo inoltre dall'ipotesi che l'organo linguistico sia esattamente come gli altri organi, in quanto le sue caratteristiche fondamentali sono l'espressione dei geni. La possibilità di capire esattamente come ciò avvenga è ancora lontana, ma possiamo studiare in altri modi lo "stato iniziale", geneticamente determinato, della facoltà di linguaggio. È evidente che ogni lingua costituisce il risultato di due fattori: lo stato iniziale e l'esperienza. Possiamo concepire lo stato iniziale come un "meccanismo di acquisizione del linguaggio" che prende l'esperienza come input e produce la lingua come output, un output che è internamente rappresentato nella mente (o nel cervello). Tanto l'input quanto l'output sono passibili di indagine: possiamo studiare sia lo svolgersi dell'esperienza sia le proprietà delle lingue acquisite. Ciò che impariamo applicando questo metodo di indagine può fornirci moltissime informazioni sullo stato iniziale che rappresenta la mediazione fra i due livelli.



"I nuovi mandarini - sono gli intellettuali americani nel senso migliore della parola: persone colte e ragionevoli, il tipo di persone che costituiscono la sciagura della nostra epoca ".
Si tratta, infatti, di persone che pretendono di possedere la tecnica e le capacità necessarie a dirigere la nostra società "post industriale" e ad organizzare una società internazionale dominata dalla superpotenza americana..., di persone che costituiscono "una tecnocrazia liberale che è al servizio dell'ordine sociale esistente nella convinzione di rappresentare la giustizia e l'umanità, combattendo guerre limitate all'interno e all'estero per conservare la stabilità, promettendo che il futuro sarà migliore purché i diseredati sappiano aspettare pazientemente".
American Power and the New Mandarins, 1969


«Un sistema di propaganda, in coerenza con le proprie finalità, presenterà le persone perseguitate dai propri nemici come meritevoli di considerazione e quelle trattate con crudeltà uguale o superiore dal proprio governo come vittime non meritevoli di considerazione.» 
1988



Noam Chomsky

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