Nel 2002 Physics World pubblicò una graduatoria degli esperimenti ritenuti più belli in tutta la storia della fisica; il vincente fu l'esperimento di Young esteso come esperimento della doppia fenditura e applicato alla luce o a elettroni, uno dei fondamenti sperimentali che hanno generato lo sviluppo della Meccanica Quantistica.
L’esperimento originale eseguito da Thomas Young il 24 novembre 1803 verteva sulla determinazione se la luce fosse rappresentata da onde o da corpuscoli (particelle, come suggerito da Newton).
L’esperimento di Young era molto semplice.
Un raggio di sole veniva fatto passare attraverso un foro praticato in un cartoncino, quindi raggiungeva un secondo schermo, con due fori. La luce che attraversava i due fori del secondo schermo finiva infine su uno schermo, dove creava una figura di luci e ombre che Young spiegò come conseguenza del fatto che la luce si diffonde attraverso i due fori in forma di onde. Queste onde danno origine, nei punti in cui si sommano, a fasce chiare (interferenza costruttiva), mentre nei punti dove non sisommano a fasce scure (interferenza distruttiva).
L’esperimento di Young venne accettato come dimostrazione del fatto che la luce si irradia per mezzo di onde. Infatti se la luce fosse stata costituita da particelle, non si sarebbe osservata questa alternanza di luci e ombre, ma si sarebbero osservate solo due bande luminose, una per foro. L'esperimento confermava le previsioni dell'elettromagnetismo classico di Maxwell dove sono previste soluzioni di propagazione ondosa del campo elettromagnetico.
Nel 1900 Max Planck, premio Nobel per Fisica 1918, ipotizzò sulla base di altri dati sperimentali quali l'effetto fotoelettrico spiegato da Einstein in un fondamentale articolo del 1905 - per il quale ricevette in Premio Nobel per la Fisica 1921 - che la luce fosse composta da particelle, o quanti di energia.
L'esperimento fu ripetuto sia con la luce sia con elettroni, con tecniche che possono lanciare un fotone o un elettrone alla volta:
Il risultato è che incrementando (da sinistra verso destra) l'intensità dei fotoni o degli elettroni si passa da un comportamento particellare ad uno ondulatorio. Inoltre, ad alte intensità, se le fenditure aperte sono due si ottiene il comportamento ondulatorio, se ne è aperta solo una si ottiene il comportamento particellare.
Gli elettroni lanciati in un esperimento della doppia fenditura producono una figura d’interferenza sullo schermo rilevatore (in questo caso uno schermo simile a quello di un televisore) e devono quindi muoversi sotto forma di onda. Tuttavia, all’arrivo, generano un solo punto di luce, comportandosi quindi come particelle. Si è quindi portati a concludere che gli elettroni viaggiano come onde, ma giungono all’arrivo come particelle.
Se l’elettrone fosse una particella potremmo dedurre che ogni particella passa attraverso uno o l’altro dei due fori presenti nell’esperimento; tuttavia, la figura d’interferenza che si genera sullo schermo dimostra che si tratta di onde che attraversano i due fori contemporaneamente.
In un'altra configurazione sperimentale si pone non un rivelatore unico per le due fenditure ma due rivelatori singoli su ognuna delle fenditure. Se il rivelatore è unico si ottiene il risultato ondoso, se sono due si ottiene quello corpuscolare, e dalll'attivazione di quale rivelatore si può dedurre da quale fenditura è passata la particella.
Le entità quantistiche quindi si dimostrano capaci di passare attraverso le due fenditure nello stesso istante; non solo, hanno anche una sorta di consapevolezza del passato e del futuro, cosicché ognuna di esse può scegliere di dare il suo contributo alla figura d’interferenza nel punto corretto, quello che contribuisce alla creazione della figura, anziché alla sua distruzione.
Il risultato di questi esperimenti fu conclusivo nel formulare il dualismo onda-particella o principio di complementarietà, formulato da Niels Bohr, secondo cui il comportamento rivelato dipende dalla configurazione sperimentale usata per misurarlo, e quindi, in ultima analisi, dall'osservatore.
Da questo fondamentale esperimento nacquero due formulazioni duali della Meccanica Quantistica: quella della meccanica ondulatoria sviluppata da Erwin Schrödinger, premio Nobel per la Fisica 1933, e quella particellare formulata da Werner Heisenber, premio Nobel per la Fisica 1932. Entrambe le teorie portano a due equazioni agli autovalori , una sotto forma di equazione d'onda e l'altra sotto forma di equazione agli operatori per la funzione ampiezza di probabilità, che descrive in modo statistico/probabilistico le proprietà delle entità quantistiche.
La dualità onda/particella è stata oggetto da sempre di intense discussioni, delle quali quella storicamente più rilevante tra il 1930 e il 1980 è denominata Interpretazione di Copenaghen, secondo la quale la coscienza, tramite l’esercizio dell’osservazione, determina almeno in parte la realtà.
L’interpretazione di Copenhagen, formulata da Niels Bohr e Werner Heisenberg durante la loro collaborazione a Copenhagen nel 1927, spiega l’esperimento della doppia fenditura nel modo seguente:
• l’elettrone lascia il cannone elettronico come particella;
• si dissolve immediatamente in una serie di onde di probabilità sovrapposte, ovvero una sovrapposizione di stati;
• le onde passano attraverso ambedue le fenditure e interferiscono reciprocamente fino a creare una nuova sovrapposizione di stati;
• lo schermo rilevatore, compiendo una misurazione del sistema quantistico, fa collassare la funzione d’onda in una particella, in un punto ben definito dello schermo;
• subito dopo la misurazione, l’elettrone ricomincia a dissolversi in una nuova sovrapposizione di onde.
Secondo l’interpretazione di Copenhagen l’esistenza oggettiva di un elettrone in un certo punto dello spazio, per esempio in una delle due fenditure, indipendentemente da una osservazione concreta, non ha alcun senso. L’elettrone sembra manifestare un’effettiva esistenza solo quando l’osserviamo. La realtà viene creata, almeno in parte, dall’osservatore.
L’esperimento di Young era molto semplice.
Un raggio di sole veniva fatto passare attraverso un foro praticato in un cartoncino, quindi raggiungeva un secondo schermo, con due fori. La luce che attraversava i due fori del secondo schermo finiva infine su uno schermo, dove creava una figura di luci e ombre che Young spiegò come conseguenza del fatto che la luce si diffonde attraverso i due fori in forma di onde. Queste onde danno origine, nei punti in cui si sommano, a fasce chiare (interferenza costruttiva), mentre nei punti dove non sisommano a fasce scure (interferenza distruttiva).
L’esperimento di Young venne accettato come dimostrazione del fatto che la luce si irradia per mezzo di onde. Infatti se la luce fosse stata costituita da particelle, non si sarebbe osservata questa alternanza di luci e ombre, ma si sarebbero osservate solo due bande luminose, una per foro. L'esperimento confermava le previsioni dell'elettromagnetismo classico di Maxwell dove sono previste soluzioni di propagazione ondosa del campo elettromagnetico.
Nel 1900 Max Planck, premio Nobel per Fisica 1918, ipotizzò sulla base di altri dati sperimentali quali l'effetto fotoelettrico spiegato da Einstein in un fondamentale articolo del 1905 - per il quale ricevette in Premio Nobel per la Fisica 1921 - che la luce fosse composta da particelle, o quanti di energia.
L'esperimento fu ripetuto sia con la luce sia con elettroni, con tecniche che possono lanciare un fotone o un elettrone alla volta:
Il risultato è che incrementando (da sinistra verso destra) l'intensità dei fotoni o degli elettroni si passa da un comportamento particellare ad uno ondulatorio. Inoltre, ad alte intensità, se le fenditure aperte sono due si ottiene il comportamento ondulatorio, se ne è aperta solo una si ottiene il comportamento particellare.
Gli elettroni lanciati in un esperimento della doppia fenditura producono una figura d’interferenza sullo schermo rilevatore (in questo caso uno schermo simile a quello di un televisore) e devono quindi muoversi sotto forma di onda. Tuttavia, all’arrivo, generano un solo punto di luce, comportandosi quindi come particelle. Si è quindi portati a concludere che gli elettroni viaggiano come onde, ma giungono all’arrivo come particelle.
Se l’elettrone fosse una particella potremmo dedurre che ogni particella passa attraverso uno o l’altro dei due fori presenti nell’esperimento; tuttavia, la figura d’interferenza che si genera sullo schermo dimostra che si tratta di onde che attraversano i due fori contemporaneamente.
In un'altra configurazione sperimentale si pone non un rivelatore unico per le due fenditure ma due rivelatori singoli su ognuna delle fenditure. Se il rivelatore è unico si ottiene il risultato ondoso, se sono due si ottiene quello corpuscolare, e dalll'attivazione di quale rivelatore si può dedurre da quale fenditura è passata la particella.
Le entità quantistiche quindi si dimostrano capaci di passare attraverso le due fenditure nello stesso istante; non solo, hanno anche una sorta di consapevolezza del passato e del futuro, cosicché ognuna di esse può scegliere di dare il suo contributo alla figura d’interferenza nel punto corretto, quello che contribuisce alla creazione della figura, anziché alla sua distruzione.
Il risultato di questi esperimenti fu conclusivo nel formulare il dualismo onda-particella o principio di complementarietà, formulato da Niels Bohr, secondo cui il comportamento rivelato dipende dalla configurazione sperimentale usata per misurarlo, e quindi, in ultima analisi, dall'osservatore.
Secondo le parole di Richard Feynman nell’esperimento della doppia fenditura e nella dualità onda/particella è racchiuso "the quantum mystery which cannot go away” (Feynman, 1977), ovvero il “mistero centrale” della meccanica quantistica. Si tratta di un fenomeno “in cui è impossibile trovare un corrispettivo e una spiegazione classica, e che ben rappresenta il nucleo della meccanica quantistica".
Da questo fondamentale esperimento nacquero due formulazioni duali della Meccanica Quantistica: quella della meccanica ondulatoria sviluppata da Erwin Schrödinger, premio Nobel per la Fisica 1933, e quella particellare formulata da Werner Heisenber, premio Nobel per la Fisica 1932. Entrambe le teorie portano a due equazioni agli autovalori , una sotto forma di equazione d'onda e l'altra sotto forma di equazione agli operatori per la funzione ampiezza di probabilità, che descrive in modo statistico/probabilistico le proprietà delle entità quantistiche.
La dualità onda/particella è stata oggetto da sempre di intense discussioni, delle quali quella storicamente più rilevante tra il 1930 e il 1980 è denominata Interpretazione di Copenaghen, secondo la quale la coscienza, tramite l’esercizio dell’osservazione, determina almeno in parte la realtà.
L’interpretazione di Copenhagen, formulata da Niels Bohr e Werner Heisenberg durante la loro collaborazione a Copenhagen nel 1927, spiega l’esperimento della doppia fenditura nel modo seguente:
• l’elettrone lascia il cannone elettronico come particella;
• si dissolve immediatamente in una serie di onde di probabilità sovrapposte, ovvero una sovrapposizione di stati;
• le onde passano attraverso ambedue le fenditure e interferiscono reciprocamente fino a creare una nuova sovrapposizione di stati;
• lo schermo rilevatore, compiendo una misurazione del sistema quantistico, fa collassare la funzione d’onda in una particella, in un punto ben definito dello schermo;
• subito dopo la misurazione, l’elettrone ricomincia a dissolversi in una nuova sovrapposizione di onde.
Secondo l’interpretazione di Copenhagen l’esistenza oggettiva di un elettrone in un certo punto dello spazio, per esempio in una delle due fenditure, indipendentemente da una osservazione concreta, non ha alcun senso. L’elettrone sembra manifestare un’effettiva esistenza solo quando l’osserviamo. La realtà viene creata, almeno in parte, dall’osservatore.
Nel 1978 John A. Wheeler propose una geniale versione mentale dell'esperimento, della doppia fenditura denominata l’esperimento della scelta ritardata partendo dagli esperimenti che mostrano che, quando si colloca un rilevatore sulle fenditure e si analizza da quale fenditura passa il fotone, la figura d’interferenza scompare.
Nell’esperimento della scelta ritardata il rilevatore viene collocato in un punto intermedio tra le due fenditure e il rilevatore finale, in modo da osservare quale traiettoria viene assunta da ogni singolo fotone dopo il passaggio tra le due fenditure, ma prima di giungere al rilevatore finale. La teoria quantistica dice che se si spegne il rilevatore intermedio e non si analizzano le traiettorie dei fotoni, questi formeranno una figura d’interferenza. Se però si osservano i fotoni per determinare da che fenditura sono passati, anche se l’osservazione è compiuta dopo che l’hanno attraversata, non ci sarà figura d’interferenza. La “scelta ritardata” entra in gioco appunto perché è possibile decidere se analizzare il fotone (decisione effettuata casualmente da un computer) dopo che il fotone è passato attraverso la/le fenditura/e. La decisione, secondo la teoria quantistica, sembra influenzare il modo in cui il fotone si comporta nel momento in cui passa per la/le fenditura/e, ovvero una frazione infinitesimale di tempo prima dell’osservazione.
Nelle parole di Wheeler: "Così si decide se il fotone è venuto da una rotta o da entrambe le rotte dopo che ha già fatto il suo viaggio".
L'enorme importanza concettuale dell'esperimento di Wheeler ha stimolato una serie di esperimenti per realizzarlo, il più conclusivo dei quali è stato realizzato dal gruppo di Ottica Quantistica del CNRS guidato da Alain Aspect con tecniche interferometriche utilizzando laser a singoli fotoni.
Il risultato è contro ogni sensocomune classico anche nella dualità onda/particella, il comportamenti rivelato dipende non solo dalla configurazione dello schermo ma anche da quella effettuata dopo che la particella ha passato lo schermo, con un effetto di connessione retrocausale, che opera a ritroso nel tempo.
Nelle parole di Wheeler: “abbiamo una strana inversione del normale ordine di tempo. Noi, ora, spostando lo specchio in o out otteniamo un effetto inevitabile su ciò che abbiamo il diritto di dire la storia già passata di quel fotone
Nell’esperimento della scelta ritardata il rilevatore viene collocato in un punto intermedio tra le due fenditure e il rilevatore finale, in modo da osservare quale traiettoria viene assunta da ogni singolo fotone dopo il passaggio tra le due fenditure, ma prima di giungere al rilevatore finale. La teoria quantistica dice che se si spegne il rilevatore intermedio e non si analizzano le traiettorie dei fotoni, questi formeranno una figura d’interferenza. Se però si osservano i fotoni per determinare da che fenditura sono passati, anche se l’osservazione è compiuta dopo che l’hanno attraversata, non ci sarà figura d’interferenza. La “scelta ritardata” entra in gioco appunto perché è possibile decidere se analizzare il fotone (decisione effettuata casualmente da un computer) dopo che il fotone è passato attraverso la/le fenditura/e. La decisione, secondo la teoria quantistica, sembra influenzare il modo in cui il fotone si comporta nel momento in cui passa per la/le fenditura/e, ovvero una frazione infinitesimale di tempo prima dell’osservazione.
Nelle parole di Wheeler: "Così si decide se il fotone è venuto da una rotta o da entrambe le rotte dopo che ha già fatto il suo viaggio".
L'enorme importanza concettuale dell'esperimento di Wheeler ha stimolato una serie di esperimenti per realizzarlo, il più conclusivo dei quali è stato realizzato dal gruppo di Ottica Quantistica del CNRS guidato da Alain Aspect con tecniche interferometriche utilizzando laser a singoli fotoni.
Il risultato è contro ogni sensocomune classico anche nella dualità onda/particella, il comportamenti rivelato dipende non solo dalla configurazione dello schermo ma anche da quella effettuata dopo che la particella ha passato lo schermo, con un effetto di connessione retrocausale, che opera a ritroso nel tempo.
Nelle parole di Wheeler: “abbiamo una strana inversione del normale ordine di tempo. Noi, ora, spostando lo specchio in o out otteniamo un effetto inevitabile su ciò che abbiamo il diritto di dire la storia già passata di quel fotone
Tra le varie teorie proposte per cercare di spiegare questo comportamento la più affascinante è la MWI (Many Worlds Interpretation) proposta da Everett agli inizi degli anni ‘50 e sostenuta da Wheeler.
Tale teoria consiste nell’idea che ogni qualvolta il mondo deve affrontare una scelta a livello quantistico (ad esempio, se un elettrone può scegliere in quale fenditura passare nel noto esperimento della doppia fenditura), l’universo si divide in due (ovvero in tante parti quante sono le scelte possibili), di modo che vengano realizzate tutte le possibili opzioni (nell’esperimento di cui sopra, in un mondo l’elettrone passa attraverso la fenditura A, nell’altro attraverso la fenditura B).
Tale teoria consiste nell’idea che ogni qualvolta il mondo deve affrontare una scelta a livello quantistico (ad esempio, se un elettrone può scegliere in quale fenditura passare nel noto esperimento della doppia fenditura), l’universo si divide in due (ovvero in tante parti quante sono le scelte possibili), di modo che vengano realizzate tutte le possibili opzioni (nell’esperimento di cui sopra, in un mondo l’elettrone passa attraverso la fenditura A, nell’altro attraverso la fenditura B).