giovedì 16 giugno 2011

costruzione del Tao


1 [514 a] – In séguito, continuai, paragona la nostra natura, per ciò che riguarda educazione e mancanza di educazione, a un’immagine come questa. Dentro una dimora sotterranea a forma di caverna, con l’entrata aperta alla luce e ampia quanto tutta la larghezza della caverna, pensa di vedere degli uomini che vi stiano dentro fin da fanciulli, incatenati gambe e collo, sí da dover restare fermi e da [b] poter vedere soltanto in avanti, incapaci, a causa della catena, di volgere attorno il capo. Alta e lontana brilli alle loro spalle la luce d’un fuoco e tra il fuoco e i prigionieri corra rialzata una strada. Lungo questa pensa di vedere costruito un muricciolo, come quegli schermi che i burattinai pongono davanti alle persone per mostrare al di sopra di essi i burattini. – Vedo, rispose. – Immagina di vedere uomini che portano lungo il muricciolo oggetti [c] di ogni sorta sporgenti dal margine, e statue e altre [515 a] figure di pietra e di legno, in qualunque modo lavorate; e, come è naturale, alcuni portatori parlano, altri tacciono. – Strana immagine è la tua, disse, e strani sono quei prigionieri. – Somigliano a noi, risposi; credi che tali persone possano vedere, anzitutto di sé e dei compagni, altro se non le ombre proiettate dal fuoco sulla parete della caverna che sta loro di fronte? – E come possono, replicò, se sono costretti a tenere immobile il [b] capo per tutta la vita? – E per gli oggetti trasportati non è lo stesso? – Sicuramente. – Se quei prigionieri potessero conversare tra loro, non credi che penserebbero di chiamare oggetti reali le loro visioni? – Per forza. – E se la prigione avesse pure un’eco dalla parete di fronte? Ogni volta che uno dei passanti facesse sentire la sua voce, credi che la giudicherebbero diversa da quella dell’ombra che passa? – Io no, per Zeus!, [c] rispose. – Per tali persone insomma, feci io, la verità non può essere altro che le ombre degli oggetti artificiali. – Per forza, ammise. – Esamina ora, ripresi, come potrebbero sciogliersi dalle catene e guarire dall’incoscienza. Ammetti che capitasse loro naturalmente un caso come questo: che uno fosse sciolto, costretto improvvisamente ad alzarsi, a girare attorno il capo, a camminare e levare lo sguardo alla luce; e che cosí facendo provasse dolore e il barbaglio lo rendesse incapace di [d] scorgere quegli oggetti di cui prima vedeva le ombre. Che cosa credi che risponderebbe, se gli si dicesse che prima vedeva vacuità prive di senso, ma che ora, essendo piú vicino a ciò che è ed essendo rivolto verso oggetti aventi piú essere, può vedere meglio? e se, mostrandogli anche ciascuno degli oggetti che passano, gli si domandasse e lo si costringesse a rispondere che cosa è? Non credi che rimarrebbe dubbioso e giudicherebbe piú vere le cose che vedeva prima di quelle che gli fossero mostrate adesso? – Certo, rispose.
2 [e] – E se lo si costringesse a guardare la luce stessa, non sentirebbe male agli occhi e non fuggirebbe volgendosi verso gli oggetti di cui può sostenere la vista? e non li giudicherebbe realmente piú chiari di quelli che gli fossero mostrati? – È cosí, rispose. – Se poi, continuai, lo si trascinasse via di lí a forza, su per l’ascesa scabra ed erta, e non lo si lasciasse prima di averlo tratto alla luce del sole, non ne soffrirebbe e non s’irriterebbe [516 a] di essere trascinato? E, giunto alla luce, essendo i suoi occhi abbagliati, non potrebbe vedere nemmeno una delle cose che ora sono dette vere. – Non potrebbe, certo, rispose, almeno all’improvviso. – Dovrebbe, credo, abituarvisi, se vuole vedere il mondo superiore. E prima osserverà, molto facilmente, le ombre e poi le immagini degli esseri umani e degli altri oggetti nei loro riflessi nell’acqua, e infine gli oggetti stessi; da questi poi, volgendo lo sguardo alla luce delle stelle e della luna, [b] potrà contemplare di notte i corpi celesti e il cielo stesso piú facilmente che durante il giorno il sole e la luce del sole. – Come no? – Alla fine, credo, potrà osservare e contemplare quale è veramente il sole, non le sue immagini nelle acque o su altra superficie, ma il sole in se stesso, nella regione che gli è propria. – Per forza, disse. – Dopo di che, parlando del sole, potrebbe già concludere che è esso a produrre le stagioni e gli anni e a governare tutte le cose del mondo visibile, e ad essere [c] causa, in certo modo, di tutto quello che egli e i suoi compagni vedevano. – È chiaro, rispose, che con simili esperienze concluderà cosí. – E ricordandosi della sua prima dimora e della sapienza che aveva colà e di quei suoi compagni di prigionia, non credi che si sentirebbe felice del mutamento e proverebbe pietà per loro? – Certo. – Quanto agli onori ed elogi che eventualmente si scambiavano allora, e ai primi riservati a chi fosse piú acuto nell’osservare gli oggetti che passavano e piú [d] rammentasse quanti ne solevano sfilare prima e poi e insieme, indovinandone perciò il successivo, credi che li ambirebbe e che invidierebbe quelli che tra i prigionieri avessero onori e potenza? o che si troverebbe nella condizione detta da Omero e preferirebbe “altrui per salario servir da contadino, uomo sia pur senza sostanza”, e patire di tutto piuttosto che avere quelle opinioni e vivere in quel modo? – Cosí penso anch’io, rispose; [e] accetterebbe di patire di tutto piuttosto che vivere in quel modo. – Rifletti ora anche su quest’altro punto, feci io. Se il nostro uomo ridiscendesse e si rimettesse a sedere sul medesimo sedile, non avrebbe gli occhi pieni di tenebra, venendo all’improvviso dal sole? – Sí, certo, rispose. – E se dovesse discernere nuovamente quelle ombre e contendere con coloro che sono rimasti sempre prigionieri, nel periodo in cui ha la vista offuscata, prima [517 a] che gli occhi tornino allo stato normale? e se questo periodo in cui rifà l’abitudine fosse piuttosto lungo? Non sarebbe egli allora oggetto di riso? e non si direbbe di lui che dalla sua ascesa torna con gli occhi rovinati e che non vale neppure la pena di tentare di andar su? E chi prendesse a sciogliere e a condurre su quei prigionieri, forse che non l’ucciderebbero, se potessero averlo tra le mani e ammazzarlo? – Certamente, rispose. [...]

Platone, Repubblica, VII libro

 «Delle cose invisibili e delle cose visibili soltanto gli dei hanno conoscenza certa;
gli uomini possono soltanto congetturare.» 
Alcmeone di Crotone, V secolo a.C.

 « La credenza che la realtà che ognuno vede sia l'unica realtà
è la più pericolosa di tutte le illusioni » 
Paul Watzlawick, "How Real is Real?", 1976

M.C. Escher, Rind, 1955
In che modo conosciamo ciò che crediamo di conoscere?

Questa domanda, che si pone evidentemente al livello logico 3 di meta-conoscenza e meta-descrizione - e quindi a livello di un apprendimento III - è strettamente connessa a termini come cognizione, processi cognitivi, mondo esterno ed interno, percezione e rappresentazione sensoriale e cerebrale della percezione.
Il termine "conoscere/sapere" può essere collegato alla sua negazione e applicato a se stesso, ottenendo quattro possibilità:

Posizione "Socratica": so di non sapere
Posizione "dell'Ignorante (colui che ignora)": non so di non sapere
Posizione dello "Sprovveduto": non so di sapere
MetaPosizione: so di sapere

In quest'ultimo caso, come affermato da Morin e da Bateson, una teoria della conoscenza deve rendere conto di come conosce ciò che conosce, ovvero esplicitare quale sia la sua epistemologia, il modo in cui conosce ciò che conosce, se lo conosce.
Tradizionalmente la realtà viene divisa in una realtà esterna (res extensa), oggettiva, ed una interna (res cogitans), soggettiva, con ampie variazione su come queste due si miscelino nel formare "La" realtà, dalla posizione estrema del realismo, dove si afferma che la realtà "è tutta fuori", una entità informativa esistente di per sé, data oggettivamente ed indipendente da un eventuale osservatore, all'estremo opposto del solipsismo, dove la realtà "è tutta dentro", secondo cui tutto quello che un soggetto percepisce e ha come esperienza viene creato dalla propria coscienza soggettiva ed individuale.
Diverse evidenze provenienti, ad esempio dallo studio della cognizione, dei processi mentali, dalla neurofisiologia alla psicoterapia, fanno ritenere che, fra queste due posizioni estreme, non è possibile perseguire una rappresentazione oggettiva della realtà poiché il mondo della nostra esperienza, il mondo in cui viviamo, è il risultato della nostra attività costruttrice.


Nelle parole di Paul Watzlawick:

"Per molti secoli il cosa e il come della conoscenza sono stati oggetto di estese ricerche filosofiche, note agli esperti come ontologia (quella branca della metafisica che tratta la natura dell'essere) ed epistemologia (lo studio dei processi mediante i quali si arriva alla conoscenza). Per definire questo terzo aspetto, e cioà l'invenzione della realtà, si stà affermando il termine costruttivismo, un termine per varie ragioni un po infelice: in primo luogo perchè la parola, pur con un significato alquanto diverso, è già presente nella filosofia tradizionale; in secondo luogo, perchè si riferisce ad un movimento artistico, e in particolare architettonico, che per un breve periodo si affermè negli anni Venti in Unione Sovietica; e infine perchè è brutto. Se non fosse già in uso, sarebbe certamente preferibile la banale locuzione ricerca della realtà."


Considerando un sistema vivente inevitabilmente immerso in un ambiente si può definire come "realtà esterna" quella parte dell'ambiente che può essere percepita dall'organismo attraverso gli organi di senso. Solo una parte dell'ambiente può essere percepita dai vari organi sensoriali, ad esempio per l'occhio umano solo le lunghezze d'onda comprese nel cosidetto spettro visibile sono rivelate.


I dati sensoriali che rientrano nell'ambito degli organi di senso e che vengono percepiti come differenze dall'organismo formano il processo della percezione.
Utilizzando la descrizione minima sufficiente per i sistemi viventi come struttura/struttura dissipativa - organizzazione/autopoiesi - processo/cognizione i dati sensoriali elaborati e codificati dagli organi di senso entrano nei cosidetti sistemi rappresentazionali (o sistemi di rappresentazione, o modalità sensoriali), un termine utilizzato nel modello della Programmazione NeuroLinguistica (PNL). In un sistema rappresentazionale non necessariamente devono essere presenti dati di percezione esterni, infatti possiamo "parlare" a noi stessi (nel senso auditivo) anche senza emettere parola, oppure "vedere" delle immagini, ricordate o - appunto - immaginate - anche con gli occhi chiusi. I tre principali sistemi rappresentazionali comunemente usati (a meno di essere un cuoco, un sommelier o un profumiere) sono quello visico, auditivo e cinestetico (da cinestesia o propriocezione, la capacità di percepire e riconoscere la posizione del proprio corpo nello spazio, oltre alle sensazioni somatiche (da soma, corpo) del corpo, quali temperatura, pressione, contrazioni muscolari provocate dall'esterno o indotte da emozioni).
I sistemi rappresentazionali entrano quindi nella chiusura circolare del sistema autopoietico e nei suoi processi cognitivi, che "creano" una rappresentazione dei dati sensoriali che, interpretata individualmente, "crea" una realtà interna all'organismo.
E' da notare che l'unica realtà esterna che esiste, dal punto di vista "materiale" più che ontologico/rappresentativo/semantico, è quella fisica. Fisicamente nella realtà esterna non esistono suoni ma solo vibrazioni e variazioni di pressione nell'aria, nè colori ma solo fotoni diretti o riflessi di varie lunghezze d'onda. Allo stesso modo noi non "tocchiamo" mai gli oggetti, quello che rileviamo sono campi di forza che si respingono dovuti agli elettroni orbitali degli atomi esterni degli oggetti che tocchiamo con quelli dei nostri organi sensoriali tattili. Analogamente per il gusto e l'olfatto non esistono nè sapori nè odori, ma solo una "coloritura" effettuata dai processi rappresentazionali/percettivi/cognitivi sulla chimica di particolari molecole.
Come scrive Wittgenstein nel Tractatus:

2.02    L'oggetto è semplice.
2.021  Gli oggetti formano la sostanza del mondo. Perciò non possono essere composti.
2.022  È manifesto che un mondo, per quanto diverso sia pensato da quello reale, pure deve avere in comune con il mondo reale qualcosa - una forma - .
2.023   Questa forma fissa consta appunto degli oggetti.
2.0231 La sostanza del mondo può determinare solo una forma, non già proprietà materiali. Infatti queste sono rappresentate solo dalle proposizioni - sono formate solo dalla configurazione degli oggetti.
2.0232 Detto di passaggio: gli oggetti sono incolori.

E' evidente l'importanza della "colorazione" che l'organismo attua nei confronti della realtà fisica per l'adattamento all'ambiente, nel senso di creare maggiori differenze per i processi mentali.

M.C. Escher, Bond of Union, 1956

Il principale precursore del Costruttivismo è comunemente considerato Giambattista Vico:


Verum esse ipsum factum - Il Vero è il Fatto
Verum et factum convertuntur - Il Vero e il Fatto si convertono reciprocamente

Nel 1710, più di mezzo secolo prima della Critica di Kant, scriveva:

"Allo stesso modo in cui la verità divina è ciò che Dio conosce, nel momento in cui la crea e la compone, la verità umana è ciò che l'uomo conosce costruendolo con le sue azioni e formandolo attraverso di esse. Perciò la scienza (scientia) è conoscenza (cognitio) del nascere, del modo in cui sono state prodotte le cose"

Alcune posizioni costruttiviste della/alla realtà in diverse discipline comprendono:
  • Filosofia/Epistemologia

Il maggior esponente della versione filosofica-epistemologica è Ernst von Glasersfeld. La sua tesi è che la conoscenza non è passivamente ricevuta ma attivamente costruita dal soggetto cognitivo. Inoltre, la funzione della cognizione è adattativa; serve all'organizzazione del mondo delle esperienze, non alla scoperta di una realtà ontologica. Egli definisce la sua versione come “costruttivismo radicale” perchè ritiene che il costruttivismo debba essere applicato a tutti i livelli di descrizione.

Quelli che ... non rinunciano esplicitamente alla nozione che la nostra costruzione concettuale può o debba in qualche modo rappresentare una indipendente, ‘oggettiva’ realtà, sono anora imprigionati nella teoria tradizionale della conoscenza.” (da Knowing without Metaphysics, 1991)

Von Glasersfeld prende come riferimenti la tradizione scetticain filosofia, in particolare Sextus Empiricus, Berkeley (Esse est percipi, -  essere è essere percepito), Vico (Verum ipsum factum), and Hans Vaihinger (The philosophy of the As-If). Per Von Glasersfeld lo scettismo pone in evidenza l'intuizione che qualsiasi mondo di realtà costruiamo non abbiamo nessun mezzo per validarlo. Si riferisce inoltre alle ricerche di Jean Piaget dalle quali prende l'dea che il bambino costruisce il proprio mondo di realtà ed esperienza tramite il confronto e l'adattamento.






  • Prima e Seconda Cibernetica
Heinz von Foerster, fondatore della “cibernetica dei sistemi che osservano" piuttosto che della “cibernetica dei sistemi osservati”, è uno dei maggiori esponenti del costruttivismo, derivato dalle ricerche di molti anni presso il Biological Computing Lab dell'Università dell'Illinois a Urbana. Le sue posizioni costruttivistiche sono delineate nell'articolo "Sulla costruzione di una realtà" e nella collezione di lavori "Understanding Understanding"












In diversi lavori, partendo dal punto di vista che i segnali nervosi sono solo di tipo elettrochimico, von Foerster formulò il Principio di Codificazione Indifferenziata:
“La risposta di una cellula nervosa non codifica la natura fisica dell'agente che ha causato la sua risposta. La codificazione è solo "quanto" succede in questo punto nel mio corpo, ma non "cosa".
Il principio concorda con l'affermazione di Maturana e Varela’s che un apparato cognitivo è un sistema con chiusura organizzativa.
Il seguente esempio di von Foerster è indicativo della differenza tra il punto di vista "realista" e quello "costruttivista":


Nella figura è rappresentata una macchina cibernetica a retroazione o un organismo. ORG è l'organizzazione del sistema, ad esempio un computer per la macchina o l'autopoiesi per un organismo. Comp è un comparatore che confronta l'obbiettivo da raggiungere programmato Goal con i risultati rilevati da un sensore β che "osserva/sente" il mondo esterno World. Il comparatore, a seconda dei risultati ottenuti, agisce su un motore o organo motore E.
Una macchina di questo genere rappresenta uno dei principali concetti e risultati della prima cibernetica, quello di aggiungere ad un macchina con un motore un sensore e controreazionare gli effetti "agiti" con quelli "visti" per produrre il raggiungimento di uno scopo/obbiettivo/risultato. Come osservato in un pioneristico lavoro del 1943 di Rosenblueth, Wiener e Bigelow il comportamento di questa macchina è di tipo attivo - con scopo - teleologico, ovvero con un fine. Von Foerster fà notare come questo tipo di macchina/organismo non rientri nel realismo ingenuo, dato che "conosce" il mondo agendo su di esso, e le azioni producono sensazioni/immagini che vengono comparate con le azioni e retroazionate in base a uno scopo, in altre parole "conosce" il mondo "agendo" su di esso al fine di un risultato.
Le applicazioni odierne vanno dai sistemi di controllo/manipolazione alle applicazioni della robotica alle cosidette  bombe/missili "intelligenti"
La posizione costruttivista nasce dall'osservazione, di seconda cibernetica, che la macchina/organismo non può decidere, in linea di principio, se le sue osservazioni sul mondo esterno siano rappresentate dalla figura precedente o da questa:

dove l'azione motoria e le il sensore di rivelazione sono "cortocircuitati", e non vi è nessun mondo "esterno". Infatti la decisione di quale tra le due situazioni è quella in cui opera la macchina/organismo è possibile solo ad un osservatore esterno e non a quello "interno", che per poterlo decidere dovrebbe "uscire dal sistema", ovvero da se stesso. L'organismo quindi, secondo Von Foerster, deve "rendere conto" delle proprie osservazioni, e questo fornisce le basi per lo sviluppo di una epistemologia di seconda cibernetica e della complessità.











CYBERNETICS & HUMAN KNOWING


A Journal of SecondOrder Cybernetics, Autopoiesis & Cyber-Semiotics




  • Psicologia sperimentale e cognitiva


Lo psicologo sperimentale e pedagogista Jean Piaget è considerato il massimo esponente dello studio sperimentale delle strutture e dei processi cognitivi legati alla costruzione della conoscenza nel corso dello sviluppo, fondando un'intera disciplina nell'ambito della psicologia sperimentale dedicata alla genesi della conoscenza, denominata epistemologia genetica. Una delle sue affermazioni più conosciute è “L’intelligence organise le monde en s’organisant elle-même.” Nella sua teoria dello sviluppo cognitivo (principalmente sviluppata negli anni 1937 - 1954) egli sostiene, sulla base di ampie prove sperimentali, che all'inizio un neonato conosce molto poco su come far fronte alle sue impressioni sensoriali. I visi delle persone possono essere macchie colorate divertenti o terrorizzanti e le voci dei suoni sconosciuti e, in effetti, il bambino non sa neanche che questi sono colori o voci. Solo tramite il confronto e l'adattamento il bambino costruisce una collezione di "regole/schemi" durante la sua ontogenesi. Gli schemi servono come punto di riferimento da cui iniziare ad assimilare nuove esperienze. Se le impressioni sono troppo distanti da poter essere confrontate con le vecchie esperienze, già assimilate, esse o non sono per nulla percepite oppure vengono adattate agli schemi già esistenti e assimilati. Con ogni passo di assimilazione, confronto ed adattamento il bambino costruisce un'altro pezzo di realtà.






  • Biologia/Neurobiologia
Il maggior contributo è dato dalla teoria dei sistemi autopoietici formulata da Humberto R. Maturana e Francisco J. Varela come una sotto-classe dei sistemi auto-organizzanti i quali, se esistono al livello 0 fisico, coincidono con la classe dei sistemi viventi. Per essi il sistema nervoso è una rete chiusa di neuroni interagenti, dove ogni cambiamento nello stato dell'attività relativa di un gruppo di neuroni porta ad un cambiamento dello stato di attività relativa di un'altro o dello stesso gruppo di neuroni. Ci si riferisce a ciò come chiusura organizzativa del sistema nervoso.
  • Fisica
Per Olaf Diettrich le strutture percepite e le loro regolarità sono invarianti di operatori cognitivi/sensoriali innati. Ne consegue che le leggi di natura sono specificamente umane.  Diettrich’s inoltre afferma una omologia tra i meccanismi che generano i termini matematici e quelli che generano questi osservabili cognitivi, dando una spiegazione di una domanda storica, e cioè di come la matematica sia uno strumento così efficace per la descrizione del mondo fisico; si veda, ad esempio:


It is shown that the laws of nature providing us with cognitive survival competence are not objective properties of the world but rather depend on the previously acquired phenotype in the same sense as the acting competence of organisms depends on the previously acquired organic phenotype. For example: the law of energy-conservation can be derived from the homogeneity of time. But homogeneity in time is defined by how our internal clock (which is part of our phenotype) is constructed. Cognitive evolution is subject to the boundary condition that will result in a world view (i.e. physics) that has to be invariant under all we do within this world-view. As locomotion is the oldest and most important capability of our ancestors our world view must be invariant first of all under locomotion, i.e. it has to be Galilei-invariant. Emmy Noether has shown that this is sufficient to derive the 10 conservation laws of classical mechanics. The other so-called laws of nature are defined as invariants of physical measurements. Therefore, cognitive evolution itself has brought about what we call the laws of nature and therefore cannot be subject to these laws as advocated by Campbell.
  • Psichiatria/Psicoterapia
Paul Watzlawick è stato tra i fondatori della celebre Scuola di Palo Alto di terapia familiare sistemica, utilizzando il costruttivismo al fine di risolvere i problemi interpersonali dei pazienti. Il tipico modo di intervento terapeutico è di distruggere schemi di interazione patologica che portano al sintomo tramite un “reframing” - ristrutturazione della situazione, ad esempio introducendo nel sistema in terapia nuove posizioni concettuali o emozionali o punti di vista nuovi che spiegano i ‘fatti’ della situazione concreta vissuta ugualmente bene o meglio, e quindi cambiando/ristrutturando l'intero significato. Questo incoraggia, durante e oltre il processo terapeutico, i pazienti a trovare costruzioni alternative alla loro visione del mondo.

Le posizioni del Costruttivismo Radicale (CR) possono essere riassunte in quattro postulati:

1 Postulato del Costruttivismo Radicale
Il sistema nervoso è a chiusura organizzativa.

2 Corollario Epistemologico
Non possiamo nè confermare nè rifiutare una realtà esterna assoluta. Quindi, CR evita gli estremi del realismo e del solipsismo. La rappresentazione non è la mappatura di realtà esterne sulle strutture cognitive ma è dipendente dal sistema cognitivo.

3 Corollario Metodologico
La Conoscenza è circolare ma non-tautologica. Invece di usare una realtà come punto di riferimento si dovrebbe porre l'attenzione sulla coerenza e consistenza dei "sistemi di credenza".

4 Limitazioni del Postulato Costruttivista
Dato che la cognizione è implementata sotto forma di reti interdipendenti gerarchiche, la reciproca interdipendenza tra i suoi costituenti fà si che un “Va bene tutto” sia impossibile. Inoltre vi sono differenti livelli di mutevolezza delle costruzioni, dipendenti dal grado di collegamento con gli altri componenti.


Molti autori mettono in evidenza le conseguenze etiche della posizione costruttivista alla realtà.
Se la realtà non è qualcosa di esterno, oggettivo, immodificabile ma è principalmente costruita da noi stessi, da quello che percepiamo e dalle nostre esperienze, la conseguenza diretta è la responsabilità delle nostre azioni.
Von Foerster sintetizza questa posizione in due imperativi:

Imperativo Etico: agisci sempre in modo da aumentare il numero di scelte

Imperativo Estetico: se desideri vedere, impara come agire


Due aneddoti possono essere utili per comprendere il punto di vista costruzionista della realtà:

Qualcuno stava dicendo a Picasso che avrebbe dovuto dipingere le cose come sono, cioè fare dei quadri obbiettivi. Picasso borbottò che non era affatto sicuro di come sarebbe andata la faccenda. L'individuo che lo stava infastidendo estrasse dal portafoglio una foto della moglie e disse: "Ecco un'immagine di com'è veramente". Picasso la guardò e disse: "Sua moglie è piuttosto piccola vero? è piatta."
G. Bateson, cit. in Keeney, "L'estetica del cambiamento", 1985
 

Nell'edizione italiana di "Sistemi che Osservano" è inclusa un'intervista di Umberta Telfner a Heinz von Foerster. Questa è l'ultima parte:
 
UT: Allora, che cos'é la realtà?
HvF: Per risponderti ti racconterò una storia.
Un prete islamico, un mullah, stava cavalcando sul suo cammello nel deserto quando vide tre uomini piangenti e dei cammelli in lontananza.
Li raggiunse e li salutò, chiedendo loro la ragione di tanta tristezza.
"Nostro padre é morto".
"Questo é molto triste ma sicuramente Allah lo ha accettato.Vi deve aver lasciato qualcosa".
"Ci ha lasciato quello che possedeva, questi 17 cammelli e ci ha chiesto di spartirli tra noi. Il fratello più vecchio dovrebbe avere metà dei cammelli, il secondo un terzo e l'ultimo un nono. Abbiamo provato a dividerli tra noi, ma ci é risultato impossibile con 17 cammelli, siamo disperati". Il prete comprese il problema, scese dal suo cammello, lo aggiunge agli altri e cominciò a dividere:
"Adesso vi sono 18 cammelli, la metà di 18 é nove e va al figlio maggiore, un terzo é sei e va al secondo figlio,  un nono é due e va al terzo figlio. Dato che 9+6+2=17 avanza il mio cammello, che mi riprendo."
Detto questo, risalì in groppa al cammello e se ne andò.

martedì 7 giugno 2011

venerdì 27 maggio 2011

com-putazione cognitiva del Tao

Due tra le tesi fondamentali introdotte da Maturana e Varela nella descrizione dei sistemi viventi e nella loro Teoria di Santiago della Cognizione, ovvero l'identificazione del processo della vita con il processo della cognizione, unito al concetto che ogni unità autopoietica con organizzazione circolare ricursiva produce-genera (to enact, enaction) "un mondo" tramite il suo accoppiamento strutturale con l'ambiente, ha evidentemente ricadute radicali sulla definizione e concezione di termini da lungo tempo dibattuti quali "mondo", "realtà", "coscienza" e sul concetto di cognizione stessa.


Heinz von Foerster, in un classico lavoro pioneristico del 1973 intitolato "Sul Costruire una Realtà", ha illustrato con la sua impareggiabile lateralità come il processo della cognizione possa essere definito come una serie infinita di processi ricorsivi di computazione (computing, tradotto come computare e non come calcolare in quanto, come spiegato nel lavoro stesso, ci si riferisce non necessariamente a soli calcoli numerici ma ad operazioni/trasformazioni del tutto generali).
Il titolo stesso esplicita la posizione epistemologica di von Foerster: il fatto che la Realtà possa essere "costruita" e che non vi è una Realtà, "la" Realtà, ma diverse Realtà, in accordo con la Teoria di Santiago:

"… Questo è il "Problema della Cognizione", la ricerca di una comprensione dei processi cognitivi.

Il modo in cui è posta una domanda determina il modo in cui una risposta può essere trovata. Quindi, dipende da me parafrasare (→) il Problema della Cognizione in modo tale che gli strumenti concettuali che sono oggi a nostra disposizione possano diventare pienamente efficaci. A tal fine, lasciatemi parafrasare "cognizione" nel modo seguente:

COGNIZIONE → computare una realtà.

Con questo prevedo una tempesta di obiezioni. In primo luogo, sembra che sostituisco un termine sconosciuto, "cognizione", con tre altri termini, due dei quali, "computare" e "realtà", sono opachi anche più del definiendum (Nota: l'oggetto del definirsi), e l'unica parola definita qui usata è l'articolo indeterminativo "una". Inoltre, l'uso dell'articolo indeterminativo implica l'idea ridicola di altre realtà oltre a "la" unica e sola realtà, il nostro caro Ambiente; e infine sembro suggerire con "computare" che tutto, dal mio orologio da polso alle galassie, è solo computato, e non è "là". Scandaloso!

Lasciatemi cogliere queste obiezioni una ad una. In primo luogo, vorrei rimuovere il pungiglione semantico che il termine "computare" può provocare in un gruppo di donne e di uomini che sono più inclini verso le discipline umanistiche che per le scienze. Abbastanza innocuamente, computare (da com-putare) significa letteralmente riflettere, contemplare (putare) le cose in concerto (com-), senza alcun riferimento esplicito alle quantità numeriche. Anzi, userò questo termine nel senso più generale per indicare qualsiasi operazione, non necessariamente numerica, che trasforma, modifica, ri-organizza, o ordini entità fisiche osservate, "oggetti", o le loro rappresentazioni, "simboli". Per esempio, la permutazione semplice delle tre lettere A, B, C, in cui l'ultima lettera diventa la prima: C, A, B, la chiamerò una computazione. Allo stesso modo, l'operazione che cancella le virgole tra le lettere: CAB, e allo stesso modo la trasformazione semantica che cambia CAB in TAXI, e così via. (Nota: cab in inglese-americano significa taxi)

Passo ora alla difesa del mio uso dell'articolo indeterminativo nella frase-sostantivo "una realtà". Potrei, naturalmente, nascondermi dietro l'argomento logico che risolvendo il caso generale, implicito nel "una", avrei risolto anche ogni caso specifico indicato con l'uso di "la". Tuttavia, la mia motivazione è molto più profonda. Infatti, vi è uno iato profondo che separa la "LA"-scuola-di-pensiero dalla "UNA"-scuola-di-pensiero in cui, rispettivamente, i concetti distinti di "conferma" e "correlazione" vengono presi come paradigmi esplicativi per le percezioni. La "La Scuola": La mia sensazione del tatto è la conferma della mia sensazione visiva che è qui c’è un tavolo. La '"UNA-Scuola": La mia sensazione del tatto in correlazione con la mia sensazione visiva genera un'esperienza che posso descrivere come "qui c’è un tavolo".

Io rigetto la posizione del “LA” su basi epistemologiche, perché in questo modo tutto il Problema della Cognizione è tranquillamente riposto nel proprio punto cieco cognitivo: anche la sua assenza non può più essere vista. (Nota: ci si riferisce come analogia al punto cieco della visione, dove il nervo ottico dell’occhio si diparte dalla retina, e che noi non vediamo in quanto “riempito” dal cervello)

Infine si potrebbe giustamente obiettare che i processi cognitivi non calcolano orologi da polso e galassie, ma calcolare al massimo descrizioni di tali entità. Così cedo a questa obiezione e sostituisco la mia ex parafrasi con:

COGNIZIONE → computare descrizioni di una realtà.

I neurofisiologi, tuttavia, ci dicono che una descrizione computata su un unico livello di attività neurale, diciamo una immagine proiettata sulla retina, sarà operata di nuovo su livelli più alti, e così via, dove alcune attività motorie possono essere prese da un osservatore come una "descrizione terminale", ad esempio l'espressione: "qui c’è un tavolo" (Nota: Maturana e Varela, Neurophysiology of Cognition, 1970 - analogo alla definizione di stati di coerenza di Varela per il meccanismo della visione). Di conseguenza, devo modificare questa parafrasi di nuovo come:

dove la freccia che torna indietro suggerisce questa ricorsione infinita di descrizioni di descrizioni. . . etc. Questa formulazione ha il vantaggio che un termine sconosciuto, e cioè la "realtà", è eliminato con successo. La Realtà appare solo implicitamente come operazione di descrizione ricorsive. Inoltre, possiamo sfruttare la nozione che computare descrizioni non è altro che computare. Quindi:

In sintesi, propongo di interpretare i processi cognitivi come una serie infinita di processi ricorsivi di computazione."



Maturana e Varela, si può interpretare quindi come limite di un processo ricursivo circolare infinito, allo stesso modo in cui l'Autopoiesi, l'organizzazione dei sistemi viventi, si può interpretare come limite ricursivo circolare infinito delle auto-operazioni del sistema in una chiusura operazionale.


martedì 24 maggio 2011

Tao NON pura-mente acustico: la Madre di tutti i rock





Tao NON (solo) pura-mente acustico: a Stairway to Tao


There's a lady who's sure
All that glitters is gold
And she's buying a stairway to heaven.
When she gets there she knows
If the stores are all closed
With a word she can get what she came for.
Ooh, ooh, and she's buying a stairway to heaven.
There's a sign on the wall
But she wants to be sure
'Cause you know sometimes words have two meanings.
In a tree by the brook
There's a songbird who sings,
Sometimes all of our thoughts are misgiven.
Ooh, it makes me wonder,
Ooh, it makes me wonder.
There's a feeling I get
When I look to the west,
And my spirit is crying for leaving.
In my thoughts I have seen
Rings of smoke through the trees,
And the voices of those who stand looking.
Ooh, it makes me wonder,
Ooh, it really makes me wonder.
And it's whispered that soon, If we all call the tune
Then the piper will lead us to reason.
And a new day will dawn
For those who stand long
And the forests will echo with laughter.
If there's a bustle in your hedgerow, don't be alarmed now
It's just a spring clean for the May queen.
Yes, there are two paths you can go by
But in the long run
There's still time to change the road you're on.
And it makes me wonder.
Your head is humming and it won't go
In case you don't know,
The piper's calling you to join him,
Dear lady, can you hear the wind blow,
And did you know
Your stairway lies on the whispering wind.
And as we wind on down the road
Our shadows taller than our soul.
There walks a lady we all know
Who shines white light and wants to show
How ev'rything still turns to gold.
And if you listen very hard
The tune will come to you at last.
When all are one and one is all
To be a rock and not to roll.
And she's buying a stairway to heaven


Tao pura-mente acustico: it makes me wonder

il Te del Tao: XVII - LA PURA INFLUENZA


XVII - LA PURA INFLUENZA

Dei grandi sovrani il popolo sapeva che esistevano,
vennero poi quelli che amò ed esaltò,
e poi quelli che temette,
e poi quelli di cui si fece beffe:
quando la sincerità venne meno
s'ebbe l'insincerità.
Com'erano pensosi i primi nel soppesar le loro parole!
Ad opera compiuta e ad impresa riuscita
dicevano i cento cognomi: siamo così da noi stessi.