giovedì 19 gennaio 2012

il mio Tao ti accompagnerà


E voglio che tu scelga un momento nel passato
in cui eri una bambina piccola piccola.

E la mia voce ti accompagnerà.

E la mia voce si muterà in quelle dei tuoi
genitori, dei tuoi vicini, dei tuoi amici, dei tuoi
compagni di scuola e di giochi, dei tuoi maestri.

E voglio che ti ritrovi seduta in classe, bambina
piccolina che si sente felice di qualcosa,
qualcosa avvenuto tanto tempo fa,
qualcosa tanto tempo fa dimenticato.

Negli anni 70 e 80 il mondo dell'establishment psichiatrico statunitense, ed in particolare i gruppi che stavano elaborando un modello della comunicazione umana, non poterono non essere largamente influenzati dal lavoro di un modesto psichiatra di Phoenix, AZ, che riceveva i pazienti in casa propria, li faceva attendere in salotto in mezzo ai suoi otto figli e otteneva in breve tempo risultati incredibili, se non "miracolosi".
Milton H. Erickson è considerato oggi il maggior ipnoterapista moderno e il suo lavoro è stato ampiamente documentato e studiato, particolarmente da Gregory Bateson e Margaret Mead - che avevano studiato l'induzione dello stato di trance in Bali negli anni 30 - e lo coinvolse come consulente per il suo progetto sulla comunicazione negli anni 50, e attraverso di lui conobbe Jay Haley, del gruppo di Bateson, e i fondatori della PNL Richard Bandler e John Grinder, che analizzarono a fondo le sue modalità di intervento nel loro primo lavoro di modellamento dell'interazione umana.























Un esempio del modo di lavorare di Erickson è il seguente:

Milton sta curando un alcolizzato. Il tizio era stato un asso della Prima Guerra Mondiale, e si era portato dietro un album di fotografie e ritagli di giornale; adesso però è un ubriacone. Mostra l'album a Milton, che lo prende e lo getta nel cestino, dicendo "questo non ha niente a che fare con lei". Poi scambiano qualche parola e Milton chiede come cominciano le sue bevute. "Beh", disse l'uomo, "mi preparo due boiler-maker e ne bevo uno mandandolo giù con una birra, poi bevo l'altro e sono partito".
"Molto bene", rispose Milton, "quando lascierà questo ufficio vada al bar più vicino e chieda due bicchieri di whisky, e prima di bere il primo dica: Lo dedico a quel bastardo di Milton Erickson, che soffochi nel suo stesso sputo. Poi prenda il secondo e dica: Lo dedico a quel bastardo di Milton Erickson, che vada a marcire all'inferno. Buonanotte."
(cit. in Bateson e Brown, 1975)

Una delle cose più degne di nota di Erickson è il modo in cui entra nel mondo esperienziale del cliente e lo modifica in modo che possa attingere alle sue proprie risorse. In questo intervento Erickson colloca il bere dell'individuo entro il contesto del "bastardo" che ha gettato via i suoi ricordi; da quel momento l'uomo non potrà mai più bere un goccio senza provare collera "per quel bastardo di Milton Erickson", fornendogli una nuova risorsa per aiutarlo ad affrontare il suo problema.

Tutta l'opera di Erickson dimostra come interazioni così complesse non possano essere spiegate semplicemente in termini di un realismo ingenuo (la realtà è tutta "fuori") né in termini di un solipsismo ingenuo (la realtà è tutta "dentro").

Le capacità e il talento di Erickson gli derivarono dalla sua particolare storia personale segnata da moltiplici handicap. Figlio di agricoltori del Mid West, fin dalla nascita fu affetto da cecità cromatica (daltonismo), dislessia e mancanza del ritmo, e nel corso della sua vita fu colpito due volte da poliomelite. La prima, all'età di 17 anni, fu molto grave: dopo essere uscito dal coma rimase paralizzato. Quella notte ebbe quella che definì "un'esperienza auto-ipnotica", come descritto in questa brano con Ernest L. Rossi, uno dei suoi principali collaboratori:

E: Mentre giacevo a letto quella notte, ho sentito i tre medici dire ai miei genitori nell'altra stanza che il loro ragazzo sarebbe morto la mattina. Ho provato un'intensa rabbia che chiunque dicesse a una madre che suo figlio sarebbe morto entro la mattina. Mia madre poi entrò con un viso sereno come si può. Le chiesi di spostare la credenza, spingerla contro il lato del letto in un angolo. Lei non capiva il perché, ha pensato che deliravo. Parlare mi era difficile. Ma in quell'angolo, in virtù dello specchio sul comò, potevo vedere attraverso la porta, attraverso la finestra a ovest nell'altra stanza. Ero dannato se sarei morto senza vedere più un altro tramonto. Se avessi avuto qualsiasi abilità nel disegno, avrei ancora potuto disegnare quel tramonto.
R: La tua rabbia e la voglia di vedere un altro tramonto è stato un modo in cui ti sei mantenuto in vita attraverso quel giorno critico nonostante le previsioni dei medici. Ma perché la chiami un'esperienza autoipnotica?
E: Ho visto quel tramonto vasto che copriva tutto il cielo. Ma so che c'era anche un albero lì fuori dalla finestra, ma l'ho tagliato fuori.
R: L'hai tagliato fuori? E' stata quella percezione selettiva che ti permette di dire che eri in uno stato alterato?
E: Sì, non lo ha fatto coscientemente. Ho visto tutti il tramonto, ma non ho visto il recinto e il grande masso che vi si trovavano. Ho rimosso tutto, tranne il tramonto. Dopo aver visto il tramonto, ho perso conoscenza per tre giorni. Quando finalmente mi sono svegliato ho chiesto a mio padre perché avessero tolto quella recinzione, alberi e massi. Non mi rendevo conto che li avevo cancellati quando ho fissato la mia attenzione così intensamente sul tramonto. Poi, come ho recuperato e mi resi conto della mia mancanza di abilità, mi chiesi come avrei fatto a guadagnarmi da vivere. Avevo già pubblicato un articolo su una rivista agricola nazionale, "Perché i giovani lasciano la fattoria". Non avevo più la forza di essere un contadino, ma forse avrei potuto farcela come medico.

Recuperando, ancora quasi interamente costretto a letto e incapace di parlare, diventò fortemente consapevole del significato della comunicazione non verbale - linguaggio del corpo, tono della voce e il modo in cui queste espressioni non verbali spesso  contraddiscano  direttamente quelle verbali.

"Ho avuto la polio ed ero totalmente paralizzato, e l'infiammazione era così grande che ebbi anche una paralisi sensoriale. Potevo muovere gli occhi e il mio udito era intoccato. Diventai molto solo a letto, incapace di muovere qualsiasi cosa, tranne i miei occhi. Sono stato messo in quarantena nella fattoria con sette sorelle, un fratello, due genitori, e un'infermiera. E come avrei potuto intrattenermi? Ho iniziato a guardare le persone e il mio ambiente. Ho imparato presto che le mie sorelle potevano dire "no" quando volevano dire "si". E che potevano dire "si" e "no" allo stesso tempo. Potevano offrire a un'altra sorella una mela e poi riprendersela. E iniziai a studiare il linguaggio non verbale e il linguaggio del corpo. Ho avuto una sorellina piccola che stava cominciando a imparare a strisciare. Avrei dovuto imparare a stare in piedi e camminare. E si può immaginare con quale intensità ho guardato la mia sorellina crescere dallo strisciare allo stare in piedi."


"Le persone non sanno come si legge.
Non sanno come si ascolta.
Tendono a sentire ciò che vogliono sentire,
a pensare ciò che vogliono pensare,
a capire ciò che vogliono capire.
Tendono a far rientrare ciò che ascoltano e leggono
nello schema di riferimentodella loro esperienza,
e questo non è certamente il modo di fare psicoterapia.
Occorre ascoltare il paziente.
Occorre capire il paziente"

"Se i pazienti sono abbastanza intelligenti da dire
cose ad un livello e intenderne molte altre, anche
gli psicoterapeuti possono essere altrettanto
intelligenti da dire una cosa e intenderne
simultaneamente molte altre con un diretto valore terapeutico''


"E nello stato di trance puoi lasciare che la tua mente
inconscia passi in rassegna il vasto deposito di cose che
hai appreso, che hai appreso nel corso della tua vita.
Ci sono molte cose che hai imparato senza saperlo.
E molte delle conoscenze che ritenevi importanti a
livello conscio sono scivolate nella tua mente inconscia."


"Sono stata cacciata via. Mi capita sempre. Il mio
capo ufficio mi strapazza. Ricevo degli insulti e
piango sempre. Oggi mi ha urlato: 'Stupida! Stupida!
Fuori di qui! Fuori!'. Ed eccomi qui".
Le ho detto con estrema coscienza e serietà:
"Perché non gli dice che bastava che lui glielo
facesse sapere e lei avrebbe lavorato volentieri in un
modo ancora più stupido! ".
È rimasta perplessa, sconcertata e sbigottita, poi è
scoppiata in una risata. Il resto del colloquio si è
svolto bene, con risate improvvise in genere
all'indirizzo di se stessa.


Comprendere il cliente significa coglierne le
reali motivazioni ed ascoltare anche quello
che “non sta dicendo, quando invece
dovrebbe farlo". Dunque il non-dire e il non-fare
come segni da decifrare ed utilizzare in
chiave terapeutica: "io non credo a tutto
quello che mi dice un paziente"




 "Erickson ha affrontato da solo l'establishment
psichiatrico, e l'ha sconfitto.
Ma loro ancora non lo sanno..."
Sidney Rosen, introduzione a "La mia voce ti accompagnerà"

Erikson si interessò in particolare ai metodi naturalistici (senza induzione formale), che lo portò a utilizzare l'ipnosi in modo creativo non più cioè come una serie di rituali standard ma come un particolare stile comunicativo e una particolare "situazione comunicativa relazionale".
Milton era capace di indurre una trance a partire da racconti, reminiscenze, episodi della sua vita o altre strane storie e fatti inconsueti che apparentemente non avevano nulla a che fare con il problema specifico del paziente.
Il paziente stava lì, ascoltava – a volte rapito a volte annoiato – questi strani monologhi, e poi veniva congedato senza accorgersi che era entrato e uscito spontaneamente dalla trance più volte.
(Jay Haley, Terapie non comuni)

La strategia ericksoniana passa attraverso differenti fasi:

1. Ricalco della mente cosciente, in quanto le tecniche di induzione Ericksoniane si possono applicare solo quando si è instaurato un rapporto (fiducia).
"Il compito terapeutico diviene un problema di utilizzazione intenzionale della sintomatologia nevrotica per andare incontro ai bisogni unici del paziente."
2. Distrazione della mente cosciente (induzione).
3. Guida della mente inconscia (utilizzazione) per creare una comunicazione diretta tra la mente inconscia e quella conscia al fine di attingere alle risorse.
4. Ipnosi progressiva e de-induzione. Alla fine l’Io cosciente ha acquisito una risorsa in più (ampliamento della mappa individuale).

Milton Hyland Erickson
(5 December 1901 – 25 March 1980)
http://www.erickson-foundation.org/

martedì 17 gennaio 2012

lunedì 16 gennaio 2012

il Te del Tao: XXXIV - CONFIDARE NEL PERFETTO


XXXIV - CONFIDARE NEL PERFETTO

Come è universale il gran Tao!
può stare a sinistra come a destra.
In esso fidando vengono alla vita le creature
ed esso non le rifiuta,
l'opera compiuta non chiama sua.
Veste e nutre le creature
ma non se ne fa signore,
esso che sempre non ha brame
può esser nominato Piccolo.
Le creature ad esso si volgono
ma esso non se ne fa signore,
può esser nominato Grande.
Poiché giammai si fa grande
può realizzare la sua grandezza.

pleroma e cratura del Tao

Mandala di Jung intitolato Systema munditotius elaborato nel 1916, simbolicamente correlato alla visione cosmogonica dei Septem Sermones

Bateson utilizzò molto spesso una distinzione definita come Pleroma/Creatura, tratta da uno scritto di C.G. Jung del 1913-1917 ispirato agli gnostici. Jung non rivelò mai la chiave dell'anagramma che conclude l'opera.

"C.G. Jung scrisse un libriccino assai curioso intitolato Septem Sermones ad Mortuos, Sette sermoni ai morti. Lo firmò ‘Basilide’, famoso gnostico alessandrino del II secolo.
Nei suoi Ricordi, sogni, riflessioni, ]ung ci dice che la sua casa era piena di fantasmi, che erano molto rumorosi e che disturbavano lui, disturbavano sua moglie e disturbavano i bambini. Nel gergo corrente della psichiatria, potremmo dire che tutti in quella casa erano pazzi da legare, e ne avevano ottime ragioni. Se s'intorbida la propria epistemologia, si diviene psicopatici, e Jung stava attraversando una crisi epistemologica. Allora si sedette al tavolino, prese una penna e cominciò a scrivere. Appena cominciò a scrivere, tutti i fantasmi scomparvero, ed egli scrisse questo libriccino. E a questo che egli fa risalire tutte le sue intuizioni posteriori.
Egli osserva che vi sono due mondi. Noi potremmo chiamarli due mondi esplicativi, lui invece li battezza il pleroma e la creatura, che sono termini gnostici. Il pleroma è il mondo in cui gli eventi sono causati da forze e urti e nel quale non vi sono ‘distinzioni’, o, come direi io, ‘differenze’. Nella creatura, gli effetti sono provocati proprio dalla differenza. In effetti, eccoci davanti la solita vecchia dicotomia tra mente e sostanza.
Possiamo studiare e descrivere il pleroma, ma in ogni caso le distinzioni che tracciamo sono attribuite al pleroma da noi. Il pleroma non sa nulla di differenze e distinzioni; esso non contiene alcuna ‘idea’ nel senso in cui io impiego il termine. Quando studiamo e descriviamo la creatura, dobbiamo identificare in modo corretto le differenze agenti nel suo interno.
Direi che “pleroma” e ”creatura” sono termini che si potrebbero utilmente adottare; quindi mette conto di considerare i ponti che collegano questi due ‘mondi’. Dire che le ‘scienze fisiche’ si occupano solo del pleroma e che le scienze della mente si occupano solo della creatura è un’eccessiva semplificazione. Le cose sono un po’ più complicate.


La creatura è quindi il mondo visto come mente, ogni volta che questa visione sia appropriata. E ogni volta che questa visione è appropriata, interviene una complessità di un tipo che manca nella descrizione pleromatica: la descrizione della creatura è sempre gerarchica.
Ma tra le differenze vi sono differenze. Ogni differenza efficace denota una demarcazione, una linea di classificazione, e tutte le classificazioni sono gerarchiche. In altre parole, le differenze debbono a loro volta esser differenziate e classificate.
Con una di queste classi avete tutti familiarità; precisamente la classe delle differenze che sono create dal processo di trasformazione per il quale le differenze immanenti nel territorio diventano differenze immanenti nella mappa. In un angolo di ogni mappa che si rispetti si troveranno specificate (di solito in parole) queste regole di trasformazione. Entro la mente umana è assolutamente necessario riconoscere le differenze di questa classe ...
Infine c’è quella gerarchia di differenze che i biologi chiamano « livelli ». Intendo differenze come quella tra una cellula e un tessuto, tra tessuto e organo, organo e organismo, organismo e società.
Queste sono le gerarchie delle unità o Gestalten, in cui ogni subunità è una parte dell’unità successiva di più vasto ambito. E, sempre, in biologia, questa differenza o relazione che chiamo ‘parte di’ è tale che certe differenze nella parte hanno effetto informazionale sull’unità più vasta e viceversa."
...
"La mia opinione è che la Creatura, il mondo dei processi mentali, è sia tautologica sia ecologica. Voglio dire che è una tautologia capace di guarire lentamente da sola. Se la si lascia stare, qualunque ampia porzione di Creatura tende a stabilizzarsi verso la tautologia, cioè verso una coerenza interna di idee e di processi. Ma ogni tanto la coerenza si lacera, la tautologia si infrange come la superficie di uno stagno quando vi si getta un sasso. Poi, lentamente ma immediatamente, la tautologia comincia a guarire. E la guarigione può essere spietata: nel corso di questo processo possono venire sterminate intere specie."
...
"Io penso che forse la scoperta scientifica più interessante (benché ancora incompleta) del Novecento sia la scoperta della natura della mente. Voglio riassumere alcune delle idee che hanno contribuito a questa scoperta. Kant, nella Critica del Giudizio, afferma che l'atto primario del giudizio estetico è la scelta di un fatto. In un certo senso non vi sono fatti in natura; 0, se volete, c'è in natura un numero infinito di fatti potenziali; tra questi il giudizio ne sceglie alcuni che, in virtù di quell'atto di scelta, divengono veramente fatti. Ora ponete accanto a quest'idea di Kant l'intuizione espressa da Jung nei Septem sermones ad mortuos, una strana opera in cui egli osserva che vi sono due mondi di spiegazione, o mondi di comprensione, il pleroma e la creatura. Nel pleroma ci sono soltanto forze e urti; nella creatura vi è differenza. In altre parole, il pleroma è il mondo delle scienze fisiche, mentre la creatura è il mondo della comunicazione e dell' organizzazione. Una differenza non può essere localizzata: vi è una differenza tra il colore di questa scrivania e il colore di questo taccuino, ma la differenza non è né nel taccuino né nella scrivania, e non posso coglierla tra i due. In una parola,una differenza è un 'idea.
I! mondo della creatura è quel mondo esplicativo in cui gli effetti sono prodotti da idee, essenzialmente da differenze.
Se ora giustapponiamo !'intuizione di Kant a quella di Jung, creiamo una filosofia secondo la quale c'è un numero infinito di differenze in questo pezzetto di gesso, ma solo poche di esse producono una differenza. Questa è la base epistemologica della teoria dell'informazione. L'unità d'informazione è la differenza; anzi, l'unità d'ingresso psicologico è la differenza.
L'intera struttura energetica del pleroma (le forze e gli urti delle scienze fisiche) si è volatilizzata nella misura in cui si ha a che fare con l'esplicazione all'interno della creatura. Dopo tutto, zero è diverso da uno, e pertanto zero può essere una causa, il che non è ammissibile nelle scienze fisiche. La lettera che non avete scritto può provocare una risposta furiosa, poiché zero può essere metà del bit d'informazione necessario. Anche l'identità può essere una causa, poiché l'identità differisce dana differenza.
Queste strane relazioni valgono perché noi organismi (e molte delle macchine che costruiamo) ci troviamo a esser capaci d'immagazzinare energia: ci troviamo a possedere la struttura circuitale necessaria a che il nostro consumo di energia possa essere una funzione decrescente dell'energia entrante. Se date un calcio a una pietra, essa si muove con l'energia che ha ricevuto dalla vostra pedata; ma se date un calcio a un cane, esso si muove con l'energia che ricava dal suo metabolismo. Un'ameba, per un tempo considerevole, si muove di più quando è affamata. Il suo consumo di energia è inversamente proporzionale all'energia entrante.
Questi strani effetti propri della creatura (e che non si presentano nel pleroma) dipendono anche dalla struttura circuitale, e un circuito è un canale chiuso (o una rete di canali) lungo il quale vengono trasmesse differenze (o trasformate di differenze) ."













Carl Gustav Jung

Septem Sermones ad Mortuos

I Sette sermoni ai morti
Scritti da Basilide di Alessandria
La città in cui l’oriente tocca l’occidente

Sermone I
I morti erano di ritorno da Gerusalemme, dove non avevano trovato ciò che cercavano. Mi pregarono di lasciarli entrare e implorarono il mio verbo, e così iniziai il mio insegnamento: Ascoltate: io inizio dal nulla. Il nulla è uguale alla pienezza. Nell’infinito il pieno è come il vuoto. Il nulla è vuoto e pieno. Potreste dire altrettanto bene qualche altra cosa del nulla, per esempio che è bianco e nero o che non è o che è. Una cosa infinita ed eterna non ha alcuna qualità poiché ha tutte le qualità.
Noi chiamiamo il nulla o la pienezza il PLEROMA. In esso sìa il pensiero che l’essere cessano, poiché l’eterno e infinito non possiede qualità. In esso non c’è essere, perché allora sarebbe distinto dal pleroma, e possederebbe qualità che lo distinguerebbero come un che di diverso dal pleroma.
Nel pleroma c’è nulla e tutto. Non giova riflettere sul pleroma, perché ciò significherebbe autodissolversi.
La CREATURA non è nel pleroma ma in se stessa. Il pleroma è inizio e fine della creatura. La pervade come la luce del sole pervade l’aria dovunque. Benché il pleroma pervada interamente, pure la creatura non ha parte in questo, come un corpo completamente trasparente non diventa ne’ chiaro ne’ scuro per via della luce che lo pervade. Noi siamo però il pleroma stesso, poiché siamo una parte dell’eterno e infinito. Ma non ne siamo parte, perché siamo infinitamente lontani dal pleroma, non spazialmente o temporalmente ma ESSENZIALMENTE, in quanto siamo distinti dal pleroma nella nostra essenza di creatura, confinata nel tempo e nello spazio.
Ma poiché siamo parti del pleroma, il pleroma è anche in noi. Infinito, eterno e intero è il pleroma anche nel punto più piccolo, poiché piccolo e grande sono qualità in esso contenute. Esso è il nulla che è dovunque intero e continuo. Solo figurativamente quindi io parlo della creatura come parte del pleroma, perché in effetti il pleroma non è diviso in nessuna parte, essendo il nulla. Noi siamo anche l’intero pleroma perché, figurativamente, il pleroma è il punto più piccolo (immaginato soltanto, non esistente) in noi e l’illimitato firmamento intorno a noi. Ma perché mai parliamo allora del pleroma, dal momento che esso è tutto e nulla?
Ne parlo per avere un qualsiasi punto d’inìzio, e per liberarvi dall’illusione che in qualche luogo, fuori o dentro, vi sia un qualcosa di fermo o in qualche modo di stabilito fin dall’inizio. Ogni cosa cosiddetta fissa e certa è soltanto relativa. Soltanto ciò che è soggetto a mutare è fisso e certo.
Ciò che è mutevole però è la creatura, quindi essa è l’unica cosa fissa e certa; perché ha delle qualità, ed è anzi qualità essa stessa.
E a questo punto domandiamoci: come fu originata la creatura? Le creature hanno origine, ma non la creatura, perché essa è la qualità del pleroma stesso, così come la non- creazione, la morte eterna. In ogni tempo e luogo c’è creatura, in ogni tempo e luogo c’è morte. Il pleroma ha tutto, distinzione e indistinzione.
La distinzione è la creatura. Essa è distinta. La distinzione è la sua essenza, e perciò essa distingue. Di conseguenza l’uomo distingue perché la sua natura è la distinzione. Perciò egli distingue anche le qualità del pleroma che non esistono. Le distingue fuori dalla sua natura. Quindi l’uomo deve parlare delle qualità del pleroma che non esìstono.
A che serve parlarne, direte? Hai detto tu stesso che è vana cosa ragionare sul pleroma!
Vi ho detto questo per liberarvi dall’illusione che si possa riflettere sul pleroma. Quando noi distinguiamo le qualità del pleroma parliamo in base alla nostra distinzione e a proposito della nostra distinzione, ma non diciamo nulla circa il pleroma. Della nostra distinzione, però, è necessario parlare, affinchè possiamo distinguere a sufficienza noi stessi. La nostra natura è distinzione. Se non siamo fedeli a questa natura non distinguiamo abbastanza noi stessi. Perciò dobbiamo fare distinzioni delle qualità.

Sermone II
Nella notte i morti stavano lungo i muri e gridavano: Vogliamo sapere di Dio. Dov’è Dio? Dio è morto?
Dio non è morto, egli vive come sempre. Dio è creatura, perché è qualcosa di definito e quindi distinto dal pleroma. Dio è qualità del pleroma, e tutto ciò che ho detto della creatura vale anche per lui.
Egli è tuttavia distinto dalla creatura perché è molto più indefinito e indeterminabile di lei. E’ meno distinto della creatura perché la base del suo essere è pienezza effettiva. Solo nella misura in cui è definito e distinto egli è creatura, e in questa misura è la manifestazione della pienezza effettiva del pleroma.
Tutto ciò che noi non distinguiamo cade nel pleroma e si annulla col suo opposto. Perciò, se non distinguiamo Dio, la pienezza effettiva è estinta in noi.
Dio è anche il pleroma stesso, così come ogni più piccolo punto nel creato e nell’increato è il pleroma stesso.
Il vuoto effettivo è la natura del demonio. Dio e demonio sono le prime manifestazioni del nulla che chiamiamo pleroma. E’ indifferente se il pleroma è o non è, poiché si annulla in ogni cosa. Non così la creatura. Nella misura in cui Dio e demonio sono creature, non si eliminano l’un l’altro, ma stanno l’uno contro l’altro come opposti effettivi. Non abbiamo bisogno di provare la loro esistenza, basta il fatto che dobbiamo sempre parlarne. Anche se entrambi non fossero, la creatura tornerebbe sempre a distinguerli dal pleroma partendo dalla sua natura di distinzione.
Tutto ciò che la distinzione estrae dal pleroma è una coppia di opposti. Perciò a Dio appartiene sempre anche il demonio.
Questa inseparabilità è così intima e, come avete appreso, così indissolubile anche nella nostra vita come lo è il pleroma stesso. Ciò deriva dal fatto che entrambi sono vicinissimi al pleroma, nel quale tutti gli opposti si annullano e unificano.
Dio e il demonio sono distinti mediante pieno e vuoto, generazione e distruzione.
L’EFFETTIVITÀ’ è comune a entrambi. L’effettività li unisce. Quindi l’effettività è al di sopra di loro ed è un Dio sopra Dio, poiché nel suo effetto unisce pienezza e vuotezza. Questo è un Dio che voi non avete conosciuto, perché gli uomini lo hanno dimenticato. Noi lo chiamiamo col nome suo ABRAXAS. Esso è più indistinto ancora di Dio e del demonio. Per distinguere Dio da lui, chiamiamo Dio Helios o sole.
Abraxas è effetto. Niente gli sta opposto se non l’ineffettivo; perciò la sua natura effettiva si dispiega liberamente. L’inefettivo non è, e non resiste. Abraxas sta al di sopra del sole e al dì sopra del demonio. E’ probabilità improbabile, realtà irreale. Se il pleroma avesse un essere, Abraxas sarebbe la sua manifestazione.
E’ l’effettivo stesso, non un effetto particolare, ma effetto in generale.
E’ realtà irreale perché non ha effetto definito.
E’ anche creatura perché è distinto dal pleroma.
Il sole ha un effetto definito, e così pure iI demonio. E quindi ci appaiono molto più effettivi di Abraxas che è indefinito.
E’ forza, durata, mutamento.
A questo punto i morti fecero un grande tumulto, perché erano cristiani.

Sermone III
Come brume sorgenti da una palude i morti si accostarono e implorarono: parlaci ancora del Dio supremo.
Abraxas è il Dio duro a conoscere. Il suo potere è il più grande perché l’uomo non lo vede. Del sole egli vede il summum bonum, del demonio l’infimum malum; ma di Abraxas la VITA, indefinita sotto tutti gli aspetti, che è la madre del bene e del male.
Più esile e debole appare la vita rispetto al summum bonum; perciò anche è difficile concepire che Abraxas trascenda in potenza perfino il sole, che è la fonte radiosa di ogni forza vitale.
Abraxas è il sole, e al tempo stesso la gola eternamente succhiante del vuoto, di ciò che sminuisce e smembra, del demonio.
Duplice è il potere di Abraxas. Ma voi non lo vedete, perché ai vostri occhi gli opposti in conflitto di questo potere si annullano.
Ciò che il Dio sole dice è vita.
Ciò che il demonio dice è morte.
Ma Abraxas pronuncia la parola santificata e maledetta che è vita e morte insieme. Abraxas genera verità e menzogna, bene e male, luce e tenebra, nella stessa parola e nello stesso atto. Perciò Abraxas è terribile.
E’ splendido come il leone nell’attimo in cui abbatte la preda. E’ bello come un giorno di primavera.
Si, è il grande Pan in persona e anche il piccolo. E’ Priapo.
E’ il mostro del mondo sotterraneo, un polipo dalle mille braccia, nodo intricato di serpenti alati, frenesia.
E’ l’ermafrodito del primissimo inizio.
E’ il signore dei rospi e delle rane che vivono nell’acqua e calpestano la terra, che cantano in coro a mezzogiorno e a mezzanotte.
E’ la pienezza che si unisce col vuoto.
E’ il santo accoppiamento,
E’ l’amore e il suo assassinio,
E’ il santo e il suo traditore,
E’ la luce più splendente del giorno e la notte più oscura della follia,
Vederlo significa cecità,
Conoscerlo è malattia,
Adorarlo è morte,
Temerlo è saggezza,
Non resistergli è redenzione.
Dio dimora dietro il sole, il demonio dietro la notte.
Ciò che Dio genera dalla luce, il demonio lo spinge nella notte. Ma Abraxas è il mondo, il suo divenire e il suo passare. Su ogni dono del Dio sole il demonio getta la sua maledizione.
Ogni cosa che chiedete supplicando al Dio sole genera un atto del demonio.
Ogni cosa che create col Dio sole da al demonio il potere di agire.
Questo è il terribile Abraxas.
E’ la creatura più possente, e in lui la creatura ha timore dì se stessa.
E’ l’opposizione manifesta della creatura al pleroma e al nulla.
E’ l’orrore che il figlio prova per la madre.
E’ l’amore che la madre prova verso il figlio.
E’ la gioia della terra e la crudeltà del cielo.
Di fronte al suo volto l’uomo impietrisce.
Di fronte a lui non c’è domanda ne’ risposta.
E’ la vita della creatura.
E’ l’operazione della distinzione.
E’ l’amore dell’uomo.
E’ la voce dell’uomo.
E’ l’apparenza e l’ombra dell’uomo.
E’ la realtà illusoria.
Allora i morti ulularono e si infuriarono, perché essi erano imperfetti.

Sermone IV
I morti invasero il luogo mormorando e dissero: Parlaci degli dei e dei demoni, maledetto!
Il Dio sole è il massimo bene, il demonio è l’opposto, perciò voi avete due dei. Ma ci sono molte cose alte e buone e molti grandi mali, e tra questi vi sono due dei-demoni; uno è QUELLO CHE BRUCIA, l’altro è QUELLO CHE CRESCE.
Quello che brucia è EROS, in forma di fiamma. La fiamma da luce consumandosi. Quello che cresce è l’ALBERO DELLA VITA. Esso germoglia ammassando nel crescere materia vivente.
Eros s’infiamma e muore, invece l’Albero della Vita cresce lento e costante per tempi incommensurabili.
Buono e male si uniscono nella fiamma.
Buono e male si uniscono nella crescita dell’albero.
Nella loro divinità vita e amore sono opposti.
Incommensurabile come la moltitudine delle stelle è il numero degli dei e dei demoni.
Ogni stella è un Dio, e ogni spazio che una stella riempe è un demonio. Ma la vuotezza e
pienezza del tutto è il pleroma.
L’effettività del tutto è Abraxas, al quale sta opposto soltanto l’irreale.
Quattro è il numero degli dei principali, come quattro è il numero delle misure del mondo.
Uno è l’inizio, il Dio sole.
Due è Eros, perché unisce due insieme e si estende in splendore.
Tré è l’Albero della Vita, perché colma spazio con forme corporee.
Quattro è il demonio, perché apre tutto ciò che è chiuso. Tutto ciò che ha forma e corpo, egli lo dissolve; è il distruttore nel quale ogni cosa diventa nulla.
Me beato, a cui è stato dato di conoscere la molteplicità e diversità degli dei. Guai a voi, che sostituite questa irriducibile molteplicità con l’unico Dio. Così facendo provocate il tormento causato dall’incomprensione, e mutilate la creatura, la cui natura e il suo scopo è la distinzione. Come potete essere fedeli alla vostra natura se cercate di mutare i molti in uno? Ciò che voi fate degli dei è fatto a voi. Diventate tutti uguali e perciò la vostra natura è
mutilata.
L’uguaglianza prevarrebbe non per volere di Dio ma per volere dell’uomo, perché gli dei sono molti mentre gli uomini sono pochi. Gli dei sono potenti e sopportano la loro
molteplicità, perché al pari delle stelle dimorano in solitudine, divisi l’uno dall’altro da immense distanze. Ma gli uomini sono deboli e non sopportano la loro molteplicità, perciò dimorano insieme e abbisognano di comunanza per poter reggere alla loro particolarità. A scopo di redenzione io vi insegno la verità respinta, a causa della quale io sono stato respinto.
La molteplicità degli dei corrisponde alla molteplicità degli uomini.
Innumerevoli dei attendono di diventare uomini. Innumerevoli dei sono stati uomini. L’uomo partecipa alla natura degli dei, proviene dagli dei e va verso Dio.
Come non giova riflettere sul pleroma, così non giova adorare la molteplicità degli dei. Meno di ogni cosa giova adorare il primo Dio, la pienezza effettiva e il summum bonum. Con la nostra preghiera non possiamo aggiungervi nulla ne’ cavarne nulla, perché il vuoto effettivo inghiotte tutto. Gli dei splendenti formano il mondo celeste. Esso è molteplice e si espande cresce all’infinito. Il Dio sole è il Signore supremo di questo mondo.
Gli dei tenebrosi formano il mondo terreno. Sono semplici e diminuiscono e rimpiccioliscono all’infinito. Il demonio è l’infimo signore del mondo terreno, lo spirito lunare, satellite della terra, più piccolo, più freddo e più morto della terra.
Non c’è differenza tra il potere degli dei celesti e quello degli dei terrestri. Gli dei celesti diventano sempre più grandi, gli dei terrestri sempre più piccoli. Incommensurabile è il movimento degli uni e degli altri.

Sermone V
I morti urlarono in tono di derisione: Insegnaci, folle, la tua dottrina sulla Chiesa e sulla santa comunione.
Il mondo degli dei si manifesta nella spiritualità e nella sessualità.
Gli dei celesti compaiono nella spiritualità, quelli terrestri nella sessualità.
La spiritualità concepisce e abbraccia. Essa è femmina e perciò la chiamaia MATER COELESTIS, madre celeste.
La sessualità genera e crea. Essa è maschile, e perciò la chiamano PHALLOS, il padre terrestre,
La sessualità dell’uomo è più terrestre, la sessualità della donna è più spirituale.
La spiritualità dell’uomo è più celeste, procede verso il più grande.
La spiritualità della donna è più terrestre, procede verso il più piccolo.
Menzognera e diabolica è la spiritualità dell’uomo che procede verso il più piccolo.
Menzognera e diabolica è la spiritualità della donna che procede verso il più grande.
Ognuna deve procedere verso il proprio luogo.
Uomo e donna diventano demoni l’uno per l’altra quando non dividono le loro strade
spirituali, perché la natura della creatura è la distinzione.
La sessualità dell’uomo va verso il terrestre, la sessualità della donna verso lo spirituale.
Uomo e donna diventano demoni l’uno per l’altra se non distinguono la loro sessualità.
L’uomo deve imparare a conoscere il più piccolo, la donna il più grande.
L’uomo deve distinguersi sia dalla spiritualità che dalla sessualità. Deve chiamare la spiritualità Madre e porla tra il cielo e la terra. Deve chiamare la sessualità Phallos e porlo tra sé e la terra, perché la Madre e il Phallos sono demoni sovrumani e manifestazioni del mondo degli dèi. Essi sono più effettivi per noi che non gli dei, poiché sono similissimi alla nostra natura. Se non vi distinguete dalla sessualità e dalla spiritualità, e non le considerate come una natura al di sopra di voi e intorno a voi, diventate loro preda come qualità del pleroma. Spiritualità e sessualità non sono vostre qualità, non sono cose che possedete e contenete: esse posseggono e contengono voi, perché sono demoni potenti, manifestazioni degli dei, e quindi cose che vanno al di là di voi, esistenti per se stesse. Nessun uomo ha una spiritualità di per sé, o una sessualità di per sé, ma sta sotto la legge della spiritualità e della sessualità. Perciò nessuno sfugge a questi demoni. Dovete considerarli demoni, e un compito e pericolo comune, un fardello comune che la vita ha posto sulle vostre spalle.
Quindi la vita è per voi anche un compito e un pericolo comune, come lo sono gli dei, e primo fra tutti il terribile Abraxas.
L’uomo è debole, perciò la comunione è indispensabile. Se la vostra comunione non è sotto il segno della Madre, allora è sotto il segno del Phallos. Nessuna comunione è sofferenza e malattia. La comunione in ogni cosa è smembramento e dissoluzione.
La distinzione porta all’unicità. L’unicità è opposta alla comunione. Ma, data la debolezza dell’uomo a petto degli dèi e dei demoni e della loro legge invincibile, la comunione è necessaria. Perciò ci dev’essere tanta comunione quanta è necessaria, non a causa dell’uomo ma a causa degli dei. Gli dei vi forzano alla comunione. E quanto più vi forzano, tanto più occorre comunione, più è male.
Nella comunione ogni uomo si sottometta agli altri, di modo che la comunione sia mantenuta, perché voi ne avete bisogno.
Nell’unicità l’uomo singolo dev’essere superiore agli altri, di modo che ogni uomo appartenga a se stesso ed eviti la schiavitù.
Nella comunione ci dev’essere continenza, nell’unicità ci dev’essere prodigalità.
La comunione è la profondità, l’unicità è l’altezza.
La giusta misura nella comunione purifica e preserva.
La giusta misura nell’unicità purifica e aggiunge.
La comunione ci da il calore.
L’unicità ci da la luce.

Sermone VI
II demone della sessualità si accosta alla nostra anima come una serpe. E’ per metà anima umana e significa desiderio di pensiero. Il demone della spiritualità scende nella nostra anima come l’uccello bianco. E’ per metà anima umana e significa pensiero di desiderio. La serpe è un’anima terrena, per metà demoniaca, uno spirito, e simile agli spiriti dei morti. Al pari di questi si aggira fra le cose della terra, facendocele temere o facendo sì che eccitino la nostra bramosia. La serpe ha una natura femminile e cerca sempre la compagnia dei morti legati all’incantesimo della terra, quelli che non hanno trovato la via per passare al di là, all’unicità. La serpe è una meretrice e fornica col diavolo e con gli spiriti malvagi, è un tiranno nefasto e uno spirito tormentatore, che sempre seduce alla comunione più malvagia. L’uccello bianco è un’anima semi-celeste dell’uomo. Esso dimora presso la Madre e discende di quando in quando. L’uccello è maschile ed è pensiero effettivo. E’ casto e solitario, messaggero della Madre. Vola alto sulla terra. Ispira unicità. Porta conoscenza dai lontani che vennero prima e sono perfetti. Porta la nostra parola in alto, alla Madre. Questa intercede, ammonisce, ma non ha alcun potere contro gli dei. E’ un vaso del sole. La serpe scende e paralizza con l’astuzia il demone fallico, oppure lo pungola. Porta alla luce i pensieri astutissimi del terrestre, che strisciano per ogni crepa e aderiscono dovunque succhiando con bramosia. La serpe, certo, non lo vuole, eppure deve esserci utile. Essa sfugge alla nostra presa, mostrandoci così la vìa che con la nostra intelligenza umana non troveremmo. I morti gettarono occhiate sdegnose e dissero: Cessa di parlare di dèi e demoni e anime. Al fin fine questo ci era noto da tempo.

Sermone VII
Ma quando la notte scese i morti tornarono ad accostarsi con gesti lamentosi e dissero: C’è una cosa ancora che abbiamo dimenticato di discutere. Parlaci dell’uomo. L’uomo è una porta attraverso la quale, dal mondo esterno degli dei, dei demoni e delle anime, voi passate nel mondo interiore; dal mondo grande al più piccolo. Piccolo è l’uomo, una nullità, voi lo avete già alle spalle e vi trovate una volta ancora nello spazio senza fine, nell’infinità più piccola o più intima. A incommensurabile distanza c’è una singola stella allo zenith. Questa è il Dio singolo di questo singolo uomo, è il suo mondo, il suo pleroma. la sua divinità. In questo mondo l’uomo è Abraxas, che genera o ingoia il suo mondo. Questa stella è Dio e la meta dell’uomo. E’ il suo Dio singolo che lo guida. In lui l’uomo giunge al riposo, verso di lui procede il lungo viaggio dell’anima dopo la morte, in lui brilla come luce tutto ciò che l’uomo riporta dal mondo più grande. Questo è il solo Dio che l’uomo deve pregare. La preghiera accresce la luce della stella, getta un ponte sopra la morte, prepara la vita per il mondo più piccolo, e lenisce i desideri senza speranza del mondo più grande. Quando il mondo più grande si raffredda, la stella risplende. Nulla c’è tra l’uomo e il suo singolo Dio, per quanto l’uomo possa distogliere gli occhi dallo spettacolo fiammeggiante di Abraxas. Qui l’uomo, là il Dio. Qui debolezza e nullità, là potere eternamente creativo. Qui null’altro che tenebra e vapore glaciale, Là il sole e nient’altro che sole. A questo punto i morti si fecero silenziosi e ascesero come il fumo sopra il fuoco del pastore che nella notte custodiva il suo gregge.

ANAGRAMMA:

NAHTRIHECCUNDE

GAHINNEVERAHTUNIN

ZEHGESSURKLACH

ZUNNUS.

venerdì 13 gennaio 2012

Voce Interiore (la Papessa) - II Major


La Voce Interiore non parla usando parole bensì il linguaggio senza parole del cuore. È simile a un oracolo che dice solo la verità. Se avesse un volto, assomiglierebbe a quello che vedi al centro di questa carta: attento, presente, all'erta, e in grado di accettare sia l'oscurità che la luce, simbolizzate dalle due mani che reggono il cristallo. Il cristallo stesso rappresenta la chiarezza che proviene dalla trascendenza di tutte le dualità. La Voce Interiore può anche essere giocosa, poiché si immerge profondamente nelle emozioni e torna a emergere per librarsi in volo verso il cielo, come fanno i due delfini che danzano nelle acque della vita. Ed essa è connessa con il cosmo attraverso la luna crescente che la incorona, e con la terra, rappresentata dalle foglie verdi del chimono. Nella nostra vita ci sono momenti in cui un numero eccessivo di voci sembra tirarci da una parte e dall'altra. La nostra confusione in simili situazioni è un monito a ricercare il silenzio e a centrarci interiormente. Solo così potremo udire la nostra verità.

Se hai trovato la verità dentro di te, non c'è nient'altro, in tutta l'esistenza, da trovare. La verità opera attraverso di te. Quando apri gli occhi, è la verità che apre gli occhi. Quando li chiudi, è la verità che chiude i suoi. Questa è una meditazione potentissima. Se riesci a comprendere questo semplice espediente, non devi fare nulla: qualsiasi cosa farai, verrà fatta dalla verità. Cammini, è la verità; dormi, è la verità che riposa; parli, è la verità che parla; sei in silenzio, è la verità che è in silenzio. È una delle tecniche di meditazione più semplici. Pian piano tutto s'acquieta grazie a questa formula elementare, e alla fine la tecnica non è più necessaria. Quando sei guarito, getti via la meditazione, getti via la medicina. A quel punto vivi in quanto verità - vivo, radiante, appagato, estatico, un vero e proprio inno alla vita. La tua esistenza diventa una preghiera non espressa a parole; o, per meglio dire, una devozione, una grazia, una bellezza che non appartiene al nostro mondo terreno, un raggio di luce che proviene dall'aldilà e si irradia nell'oscurità del nostro mondo.

un mandarino sogna il Tao