Le caratteristiche di un uccello solitario sono cinque:
la prima, che vola verso il punto più alto;
la seconda, che non sopporta compagni, neanche simili a lui;
la terza, che mira con il becco ai cieli;
la quarta, che non ha un colore definito;
la quinta, che canta molto dolcemente.
San Juan de la Cruz. Dichos de Luz y Amor
Il quarto libro di Castaneda - del 1974 - segna un forte distacco rispetto ai precedenti. Se i primi tre si potevano ancora considerare come "resoconti del lavoro sul campo" nella ricerca di un antropologo sulle tradizioni magiche della stregoneria del Messico, e non dei romanzi, quest'ultimo descrive esperienze e situazioni che, pur in continuità con i precedenti, mostrano come l'autore o sia entrato in un'opera di pura fantasia oppure sia stato completamente assorbito dalle esperienze di "magia" sperimentate dall'inizio degli anni 60, con o senza l'utilizzo di allucinogeni. L'inizio del libro fornisce alcune spiegazioni:
Nell'autunno del 1971, dopo essere stato via per parecchi mesi, mi sentii disposto a incontrare don Juan. Ero pronto a spingermi fin nel Messico centrale per raggiungerlo. Convinto che l'avrei trovato in casa di don Genaro, feci i miei preparativi per un viaggio di sei o sette giorni. Partii, ma già nel pomeriggio del secondo giorno, d'istinto, mi fermai presso l'abitazione di don Juan a Sonora. Parcheggiai la macchina e feci a piedi i pochi passi che mi separavano dalla casa. Là, con mia sorpresa, lui c'era.
"Don Juan! Non credevo di trovarvi qui."
Sorrise; sembrò che il mio stupore lo divertisse. Era seduto vicino alla porta su un bidone del latte vuoto. Pareva che fosse stato ad aspettarmi. Mi salutò come se finalmente fossi arrivato. Si tolse il cappello con un comico gesto di omaggio. Poi se lo rimise in testa e mi fece il saluto militare. Appoggiato al muro, sedeva sul bidone del latte come su una sella.
"Stavo andandomene fino al Messico centrale per nulla" dissi io. "E poi sarei dovuto tornare a Los Angeles. Trovarvi qui mi ha risparmiato giorni e giorni di viaggio."
"In qualche modo mi avreste trovato" replicò enigmatico; "Adesso mi siete debitore di questi sei giorni che avreste impiegato per andare fin lì: giorni che dovreste usare per far qualcosa di più interessante che schiacciare l'acceleratore."
C'era qualcosa di seducente nel sorriso di don Juan. La sua cordialità era contagiosa.
"Dov'è la vostra roba per scrivere?" chiese.
Gli dissi che l'avevo lasciata nell'automobile; rispose che senza di essa non sembravo io, e volle che l' andassi a prendere.
"Ho finito di scrivere un libro" gli dissi.
Mi diede uno sguardo lungo, strano, che mi fece contrarre la bocca dello stomaco come se qualcosa di morbido mi avesse schiacciato il petto. Ebbi l'impressione di cominciare a sentirmi male; ma poi lui girò il capo e stetti bene di nuovo.
Volevo parlargli del mio libro, ma con un gesto mi fece capire che non desiderava saperne nulla. Sorrideva. Era di buon umore, accattivante, subito cominciò a farmi parlare di cose senza importanza, di gente, di quel che era successo. Finalmente riuscii a dirigere la conversazione su ciò che m'interessava davvero. Dissi che avevo ripreso in mano i primi appunti, rendendomi conto che lui, fin dall'inizio dei nostri rapporti, mi aveva fornito una descrizione particolareggiata del mondo degli stregoni. Alla luce di quanto mi aveva detto allora, io avevo cominciato a dubitare della funzione delle piante allucinogene.
"Perché mi avete fatto prendere per tanto tempo quelle piante potenti?" chiesi.
Sorrise e mormorò pianissimo: "Perché siete ottuso".
Capii subito, ma per essere più sicuro feci finta di non aver sentito bene.
"Come avete detto?"
"Lo sapete benissimo" rispose e si alzò.
Mi venne vicino e mi diede un colpetto sulla testa. "Siete piuttosto lento" disse. "E non c'era altro mezzo per scuotervi."
"Quindi nessuna di quelle piante era assolutamente necessaria?" gli chiesi.
"Nel vostro caso lo era. Ma ci sono altri tipi di persone che non sembrano averne bisogno."
Si fermò vicino a me, fissando gli ultimi cespugli a sinistra della casa; poi si sedette di nuovo e cominciò a parlare di Eligio, l'altro suo apprendista. Disse che Eligio aveva preso delle piante psicotrope una volta sola da quando era con lui, e ora era forse ancor più avanti di me.
"Essere sensitivi, per certe persone, è una condizione naturale" disse. "Voi non lo siete. Ma neanch'io. In ultima analisi, la sensitività conta molto poco."
"Che cosa conta, allora?"
Parve che cercasse una risposta.
"Conta che il guerriero sia senza macchia" disse alla fine. "Ma questo è solo un modo di dire, una scappatoia. Voi avete già compiuto qualche operazione di stregoneria, e credo che sia venuto il momento di nominare la fonte di tutto ciò che conta. Vi dirò quindi che ciò che conta per un guerriero è arrivare alla totalità di se stesso."
"Che cos'è la totalità di se stesso, don Juan?"
"Ho detto che l'avrei soltanto nominata. Nella vostra vita c'è ancora una quantità di fili separati che dovrete legare insieme, prima che io possa parlarvi della totalità di se stesso.
In periodi successivi Don Juan fornì a Castaneda, nei modi più disparati, diverse spiegazioni sul modello della stregoneria - la cosiddetta "spiegazione degli stregoni" - a seconda del grado di apprendimento che reputava raggiunto. Una parte essenziale della descrizione viene fornita dalla dualità tonal/nagual, corrispondente alla dualità tra il Teh del Tao, rappresentato dal simbolo dello Taijitu con tutte le sue infinite dualità, e la sua matrice, il Tao:
Don Juan e io ci incontrammo di nuovo il giorno successivo, in quello stesso parco, verso mezzogiorno. Don Juan indossava sempre il suo completo marrone. Ci sedemmo su una panchina; lui si tolse la giacca, la piegò con gran cura, ma con un'aria di suprema noncuranza, e la appoggiò sulla panchina. La sua noncuranza era studiatissima e tuttavia perfettamente naturale. Mi accorsi che lo stavo fissando.Sembrò consapevole del paradosso che offriva ai mici occhi e sorrise. Si raddrizzò la cravatta. Portava una camicia beige con le maniche lunghe. Gli stava benissimo.
"Porto ancora il mio completo perché voglio dirvi una cosa molto importante" disse, battendomi sulla spalla. "Ieri vi siete comportato bene. Ora è il momento di arrivare a qualche accordo definitivo."Tacque per un lungo istante. Sembrava che si preparasse a una dichiarazione. Provai una strana sensazione allo stomaco. Avevo immediatamente supposto che stesse per rivelarmi la spiegazione degli stregoni. Si alzò e fece qualche passo avanti e indietro, come se gli fosse difficile esprimere quel che aveva in mente."Andiamo in quel ristorante dall'altra parte della strada e mangiamo qualcosa" disse alla fine.Prese la giacca e prima di infilarla mi mostrò che era tutta foderata."E fatta su misura" disse e sorrise come se ne fosse orgoglioso, come se fosse stata una cosa importante.
"Devo attirare la vostra attenzione su di essa, perché altrimenti non vi badereste, ed è importantissimo che ne siate consapevole. Voi siete consapevole di ogni cosa solo quando pensate di doverlo essere; ma la condizione del guerriero è: essere consapevole di ogni cosa in ogni momento."
"Il mio completo e tutti questi ammennicoli sono importanti perché rappresentano la mia condizione nella vita. O piuttosto la condizione di una delle due parti della mia totalità. Questa discussione era in sospeso. Credo che ora sia il momento di farla. Doveva però essere fatta solo al momento giusto, altrimenti non avrebbe avuto senso. Con il mio completo volevo fornirvi un primo indizio. Penso d'esserci riuscito. Adesso è il momento di parlare, perché su questo argomento non ci può essere completa comprensione se non si parla.""Quale argomento don Juan?"
"La totalità dell'io."
Si alzò bruscamente e mi condusse nel ristorante di un grande albergo, dall'altra parte della strada. Una donna di umore piuttosto ostile ci diede una tavola in un angolo, al fondo. Ovviamente, i posti migliori erano quelli vicini alle finestre.
Dissi a don Juan che quella donna me ne ricordava un'altra, in un ristorante dell'Arizona dove una volta eravamo andati a mangiare insieme: prima di darci il menù, ci aveva chiesto se avevamo abbastanza denaro per pagare.
"Non biasimo quella povera donna" disse don ]uan, come se simpatizzasse con lei. "Anche lei, come l'altra, ha paura dei messicani".
Rise piano. Un paio di persone alle tavole vicine girarono la testa e ci guardarono.
Don Juan disse che senza saperlo, o forse anzi in contrasto con la sua volontà, la donna ci aveva dato la tavola migliore: quella che ci avrebbe permesso di parlare, e a me avrebbe permesso di scrivere, a nostro piacimento.
Avevo appena tirato fuori di tasca il notes e l'avevo appoggiato sulla tavola, quando d'improvviso il cameriere venne verso di noi. Anche lui sembrava di cattivo umore. Stette di fronte a noi con aria di sfida.
Don Juan si mise a ordinare per sé un pranzo molto complicato. Ordinava senza guardare il menù, come se lo sapesse a memoria. Ero imbarazzato; il cameriere era comparso inatteso e non avevo avuto il tempo di leggere il menù: gli dissi quindi che prendevo anch'io lo stesso.
Don Juan mi sussurrò all'orecchio: "Scommetto che non hanno quello che ho ordinato."
Stirò braccia e gambe e mi disse di rilassarmi, di mettermi comodo, perché per preparare il nostro pranzo ci sarebbe voluta un'eternirà.
"Siete a un bivio cruciale" disse. "Forse l'ultimo, e forse anche il più difficile da capire. Alcune delle cose che vi indicherò oggi, probabilmente non saranno mai chiare. Non sono cose che possano essere chiarite, in alcun modo. Quindi non provate imbarazzo o scoraggiamento.Tutti noi siamo creature ottuse quando raggiungiamo il mondo della stregoneria, e raggiungerlo non vuol dire affatto essere certi di cambiare. Alcuni di noi restano ottusi fino all'ultimo."Mi piaceva che comprendesse anche se stesso fra gli ottusi. Sapevo che non lo faceva per cortesia, ma come espediente didattico.
"Non inquietatevi se non caverete un significato da quanto sto per dirvi" proseguì "Considerando il vostro temperamento, ho paura che vi mettiate fuori combiamento da solo, nello sforzo di capire. Non fatelo! Quanto vi dirò deve solo servire a indicare una direzione."
Provai un improvviso senso di apprensione. Gli ammonimenti di don Juan mi cacciavano in una rifessione senza fine. Già in altre occasioni mi aveva ammonito così, proprio nello stesso modo, e ogni volta ciò da cui mi aveva messo in guardia s'era poi rivelato un'esperienza rovinosa."Divento molto nervoso quando mi parlate cosi" gli dissi.
"Lo so" rispose calmo. "Sto cercando deliberatamente di svegliarvi. Ho bisogno della vostra attenzione, della vostra intera attenzione."
Tacque e mi guardò: ebbi un riso nervoso e involontario. Sapevo che stava ampliando al massimo le possibilità drammatiche della situazione.
"Non vi dico tutto questo per farvi impressione" aggiunse don Juan come se avesse letto nei miei pensieri. "Vi do solo il tempo di prepararvi nel modo opportuno."
In quel momento il cameriere si fermò alla nostra tavola per annunciare che non disponevano di quel che avevamo ordinato. Don Juan rise rumorosamente e ordinò tortillas e fagioli. Il cameriere ridacchiò sprezzante, dichiarò che loro non ne servivano, e suggerì bistecca o pollo. Ci decidemmo per una zuppa.
Mangiammo in silenzio. La zuppa non mi piaceva e non riuscii a finirla, ma don Juan la divorò tutta."Ho messo il mio completo" disse d'un tratto "per parlarvi di qualcosa, qualcosa che già conoscete ma che bisogna chiarire perché diventi efficiente. Ho aspettato fino adesso perché Genaro ritiene che non soltanto dobbiate essere intenzionato a percorrere la strada del sapere, ma che i vostri stessi sforzi debbano essere senza macchia, tanto da rendervi degno di quel sapere. Vi siete comportato bene. Ora vi dirò la spiegazione degli stregoni."
Tacque di nuovo, si fregò le guance e fece girare la lingua nella bocca come per toccarsi i denti.
"Sto per parlarvi del tonal e del nagual" disse, e mi guardò con occhi penetranti.
Era la prima volta dall'inizio dei nostri rapporti che don Juan usava quelle due parole. Mi erano vagamente familiari: le avevo lette negli studi antropologici, sulle culture del Messico centrale. Sapevo che il "tonal" era considerato una sorta di spirito protettore, solitamente animale, che il bambino riceveva alla nascita e con il quale manteneva stretti vincoli per tutta la vita. "Nagual" era il nome attribuito all'animale in cui gli stregoni pretendevano di potersi trasformare o allo stregone che attuava tale trasformazione.
"Questo è il mio tonal" disse don Juan fregandosi le mani sul petto.
"Il vostro completo?"
"No. La mia persona."
Si batté le mani sul petto, sulle gambe e sulle costole.
"Il mio tonal è tutto questo"
Spiegò che ogni essere umano aveva due lati, due entità separate, due controparti, che divenivano operanti al momento della nascita; una era chiamata il "tonal", l'altra il "nagual".
Gli dissi ciò che gli antropologi sapevano intorno a quei due concetti. Mi lasciò parlare senza interrompermi.
"Bene, tutto quello che credete di sapere in proposito sono pure assurdità" disse poi. "Baso questa affermazione sul fatto che quanto vi sto dicendo del tonal e del nagual non può esservi già stato detto prima. Qualsiasi stupido capirebbe che non ne sapete nulla, perché per esserne informato dovreste essere uno stregone, e non lo siete. Oppure dovreste averne parlato con uno stregone, e non l'avete fatto. Quindi, lasciate perdere tutto quello che avete sentito dire prima, perché non vi servirebbe a niente."
"Era solo un commento" dissi.
Sollevò le sopracciglia con un'espressione comica.
"I vostri commenti sono fuori di posto" replicò.
"Questa volta mi occorre la vostra intera attenzione, perché sto per informarvi del tonal e del nagual. Per gli stregoni questo sapere presenta un interesse eccezionale, unico. Potrei dirvi che il tonal e il nagual sono esclusivamente di pertinenza degli uomini del sapere. Nel vostro caso, sono ciò che conclude tutto quello che vi ho, insegnato. Perciò ho aspettato fino adesso a parlarvene."
"Il tonal non è un animale che protegge una persona. Potrei dire piuttosto che è un protettore che può essere rappresentato come un animale. Ma non è un punto importante."
Sorrise e mi strizzò l'occhio."Adesso uso le vostre parole", disse. "Il tonal è la persona sociale."
Rise, immaginai, alla vista della mia confusione.
"Il tonal è dunque, propriamente, un protettore - un protettore che per lo più diviene una guardia."
Annaspavo con il mio notes. Cercavo di prestare attenzione a quanto don Juan stava dicendo. Lui rise e imitò i miei gesti nervosi.
"Il tonal è l'organizzazione del mondo" proseguì. "Forse il modo migliore per descrivere la sua enorme opera è dire che sulle sue spalle poggia il compito di mettere in ordine il caos del mondo. Non è esagerato affermare, con gli stregoni, che tutto quello che sappiamo e che facciamo come uomini è opera del tonal""In questo momento, per esempio, ciò che è impegnato nel tentativo di ricavare un senso dalla nostra conversazione è il vostro tonal: senza di esso ci sarebbero soltanto suoni misteriosi e smorfie, e non capireste nulla di quanto dico."
"Inoltre il tonal è il protettore che protegge una cosa che non ha prezzo; il nostro vero essere. Quindi una qualità specifica del tonal consiste nell'essere geloso delle sue azioni. E poiché le sue azioni sono la parte di gran lunga più importanti delle nostre vite, non c'è da meravigliarsi se alla fine il tonal si trasforma, in ciascuno di noi, da protettore in guardia."
Si fermò e mi chiese se avevo capito. Automaticamente feci di si col capo, ed egli sorrise con aria incredula.
"Un protettore è di larghe vedute e comprensivo" spiegò. "Una guardia, invece, è di mente ristretta e per lo più dispotica. Vi dirò che in tutti noi il tonal è stato trasformato in una guardia gretta e dispotica, mentre potrebbe essere un protettore di larghe vedute."
Avevo definitivamente perso il filo della sua spiegazione. Ascoltavo e annotavo ogni parola; tuttavia mi sembrava di non riuscire a liberarmi da un dialogo interiore, con me stesso.
"Per me è difficilissimo seguirvi" dissi.
"Se la smetteste di parlare con voi stesso, non avreste difficoltà" replicò tagliente.
La sua osservazione suscitò da parte mia tutta una lunga spiegazione. Finalmente mi ripresi e mi scusai dell'insistenza nel difendermi. Don Juan sorridendo fece un gesto con cui parve indicare che il mio atteggiamento non gli aveva dato veramente fastidio.
"Il tonal è tutto ciò che noi siamo" prosegui. "Dite un nome qualsiasi! Tutto ciò per cui possedete un nome è il tonal. E siccome il tonal è le sue stesse azioni, ogni cosa, ovviamente, deve ricadere nel suo ambito."
Gli ricordai che mi aveva detto che il "tonal" era la persona sociale, un'espressione che avevo usato io stesso con lui per designare un essere umano come risultato finale di processi di socializzazione. Feci notare che se il "tonal" era questo prodotto, non poteva essere ogni cosa, dato che il mondo intorno a noi non era il prodotto della socializzazione.
Don Juan a sua volta mi fece ricordare che il mio discorso non aveva fondamento per lui: già da tempo aveva precisato che non esiste il mondo, ma solo una descrizione del mondo che abbiamo imparato a vedere chiara e a prendere per certa. "Il tonal è tutto ciò che sappiamo" disse." Penso che questa sia di per sé una ragione sufficiente per considerare il tonal una faccenda schiacciante".
Tacque per un momento. Parve che a questo punto si aspettasse domande o commenti, ma io non ne avevo alcuno. Mi sentivo però obbligato a porre comunque una domanda, e lottai per formularne una appropriata. Non ci riuscii. Capii che gli ammonimenti con cui aveva iniziato la nostra conversazione erano forse serviti a dissuadermi dall'avanzare qualsiasi interrogativo. Mi sentivo stranamente intorpidito. Non riuscivo a concentrare e ordinare i pensieri. Sentivo e sapevo, senza ombra di dubbio, che ero incapace di pensare, e tuttavia lo sapevo senza pensare, come se fosse stato perfettamente possibile.
Guardai don ]uan. Stava fissando il centro del mio colpo. Spostò gli occhi e la chiarezza mentale mi tornò d'improvviso.
"Il tonal è tutto ciò che sappiamo" ripeté lentamente. "E questo include non solo noi, come persone, ma tutto nel nostro mondo. Si può dire che il tonal è tutto ciò che incontra l'occhio.
"Cominciamo a disporne al momento della nascita. Nell'istante in cui tiriamo il fiato per la prima volta, inspiriamo potere per il tonal. E quindi giusto dire che il tonal di un essere umano è intimamente legato alla sua nascita."
"Dovete ricordarvi questo. E molto importante per capire tutto ciò che sto dicendo. Il tonal ha inizio con la nascita e finisce con la morte."
Volevo ricapitolare tutti i punti che aveva esposto.
Aprii la bocca per chiedergli di ripetere gli elementi essenziali della nostra conversazione, ma con stupore mi accorsi di non riuscire a pronunciare le parole. Sperimentavo una stranissima incapacità: le mie parole erano pesanti e non riuscivo a dominare questa sensazione.
Guardai don Juan per fargli capire che non riuscivo a parlare. Stava di nuovo fissando la zona intorno al mio stomaco.
Distolse gli occhi e mi chiese come mi sentivo. Le parole mi corsero fuori come se fossi stato stappato. Gli dissi che avevo avuto la strana sensazione di non riuscire a parlare o a pensare, sebbene i miei pensieri fossero chiarissimi.
"I vostri pensieri erano chiarissimi?" chiese.
Allora mi resi conto che la chiarezza non era dei miei pensieri, ma della mia percezione del mondo.
Mi state facendo qualcosa, don Juan?
"Cerco di convincervi che i vostri commenti non sono necessari" mi rispose ridendo.
"Intendete dire che non volete che io ponga delle domande"
"No, no. Chiedete quel che volete ma non fate oscillare la vostra attenzione"
Dovetti riconoscere che ero stato distratto dall'immensità dell'argomento.
"Non riesco ancora a capire, don Juan, cosa volete dire quando affermate che il tonal è ogni cosa?" dissi dopo un momento di pausa.
"Il tonal è quello che fa il mondo."
"Il tonal è il creatore del mondo?"
Don Juan si grattò le tempie.
"Il tonal fa il mondo solo per modo di dire. Non può creare o cambiare nulla, e tuttavia fa il mondo perché ha la funzione di giudicare, di valutare, di rendere testimonianza. Dico che il tonal fa il mondo perché ne rende testimonianza e lo valuta secondo le leggi del tonal. In modo molto strano, il tonal è un creatore che non crea nulla. In altre parole, il tonal compone le leggi con le quali percepisce il mondo. Quindi, per modo di dire, crea il mondo."
Cominciò a mormorare un motivo popolare, battendo il ritmo con le dita sul fianco della seggiola. Aveva gli occhi sfavillanti; sembravano emettere scintille. Ridacchiò scuotendo la testa.
"Non mi seguite" disse sorridendo.
"Ma no. Riesco a seguirvi" replicai in tono che però non era molto convincente.
"Il tonal è un'isola" spiegò. "Il modo migliore di descriverlo è dire che il tonal è questo"
Fece scorrere la mano sul piano della tavola.
"Possiamo dire che il tonal è come il piano di questa tavola. Un'isola. E su quest'isola abbiamo tutto. Quest'isola, infatti, è il mondo."
"C'è un tonal personale per ciascuno di noi, e ce n'è uno collettivo per tutti noi in ogni momento, che possiamo chiamare il tonal del tempo"
Indicò le file di tavole nel ristorante.
"Guardate! Ogni tavola ha la stessa conformazione. Certi elementi si trovano in tutte. Sono però individualmente diverse le une dalle altre; ad alcune c'è più gente; su ciascuna di esse ci sono cibi diversi, piatti diversi, intorno a ciascuna di esse c'è un'atmosfera diversa; però dobbiamo riconoscere che tutte le tavole in questo ristorante sono molto simili. Lo stesso succede con il tonal. Possiamo dire che il tonal del tempo è ciò che ci rende simili, così come rende simili tutte le tavole in questo ristorante. Tuttavia ogni tavola, presa singolarmente, è un caso individuale, proprio come il tonal personale di ciascuno di noi. Ma la cosa importante da tenere a mente è che tutto ciò che sappiamo di noi e del nostro mondo è sull'isola del tonal. Capite quel che voglio dire?"
"Se il tonal è tutto ciò che sappiamo di noi e del nostro mondo, che cos'è allora il nagual?"
"ll nagual è la parte di noi con cui non abbiamo assolutamente a che fare."
" Come dite?"
"Il nagual è la parte di noi per la quale non c'è descrizione - non parole, non nomi, non sensazioni, non sapere."
"E' una contraddizione, don Juan. A mio parere, se non può essere né sentito né descritto, né nominato, non può esistere."
"E' una contraddizione soltanto nel vostro parere. Vi avevo avvertito; non mettetevi fuori gioco da solo, cercando di capirlo."
"Potreste dire che il nagual è la mente?"
"No. La mente è un elemento della tavola. La mente è parte del tonal. Ecco: la mente è la chili sauce."
Prese una bottiglia di salsa e la collocò di fronte a me.
"Il nagual è l'anima?"
"No. Anche l'anima sta sulla tavola. Diciamo che è il portacenere."
"E i pensieri degli uomini?"
No. Anche i pensieri stanno sulla tavola. I pensieri sono come le posate."
Prese una forchetta e la mise vicino alla chili sauce e al portacenere.
"E' uno stato di grazia? Il paradiso?"
"Né l'uno né l'altro. Qualunque cosa possano essere, sono anch'essi parte del tonal. Diciamo che sono: il tovagliolo."
Continuai a sottoporgli tutti i modi possibili per descrivere ciò cui alludeva: intelletto puro, psiche, energia, forza vitale, immortalità, principio di vita. Per ogni mia parola scopriva un corrispettivo sulla tavola e me lo metteva davanti: alla fine tutto quel che si trovava sulla tavola era ammucchiato davanti a me.
Don Juan sembrava divertirsi enormemente. Aveva un breve scoppio di risa e si fregava le mani ogni volta che menzionavo un'altra possibilità.
"Il nagual è l'Essere Supremo, l'Onnipotente, Dio?" chiesi.
"No. Anche Dio sta sulla tavola. Diciamo che Dio è la tovaglia."
Fece un buffo gesto, come per ammucchiare la tovaglia con tutto il resto.
"Ma, state dicendo che Dio non esiste?"
"No. Non ho detto questo. Ho detto soltanto che il nagual non è Dio, perché Dio è un elemento del nostro tonal personale e del tonal del tempo. Il tonal, vi ho già detto, è tutto ciò di cui pensiamo sia costituito il mondo, compreso Dio, naturalmente. Dio non ha importanza che nella misura in cui fa parte del tonal del nostro tempo."
"Come io lo intendo, don Juan, Dio è ogni cosa. Non stiamo parlando della stessi cosa?"
"No. Dio è soltanto ogni cosa di cui potete pensare: dunque, propriamente, è solo un altro elemento sull'isola. Non si può essere a piacimento testimoni di Dio; di lui si può solo parlare. Il nagual invece è al servizio del guerriero. Se ne può essere testimoni, ma non se ne parlare."
"Se il nagual non è alcuna delle cose che ho nominato" dissi "forse potete dirmi dov'è collocato. Dove si trova?"
Don Juan fece un gesto come per scopar via e indicò lo spazio di là dai limiti della tavola. Mosse la mano come per ripulire con il dorso un'immaginaria superficie oltre il piano della tavola.
"Il nagual è lì" disse. "Lì, tutt'intorno all'isola. Il nagual è lì, dove il potere si libra."
"Dal momento in cui siamo nati, intuiamo che per noi ci sono due parti. All'istante della nascita, e ancora per un po' di tempo dopo, siamo soltanto nagual. Poi intuiamo che, per funzionare, abbiamo bisogno di una controparte a ciò che abbiamo. Il tonal ci manca, e questo ci imprime, fin dall'inizio della vita, un senso di incompletezza. Poi il tonal comincia a svilupparsi e diviene enormemente importante per il nostro funzionamento, tanto importante che offusca la lucentezza del nagual, la sopraffà. Dal momento in cui diventiamo soltanto tonal, non facciamo che accresce il nostro iniziale senso di incompletezza che ci accompagna dalla nascita e che continuamente ci dice: ci vuole un'altra parte per essere completi."
"Dal momento in cui diventiamo soltanto tonal, cominciamo a formare delle coppie. Intuiamo i nostri due lati, ma li rappresentiamo sempre con gli elementi del tonal. Diciamo che le nostre due parti sono l'anima e il corpo. O pensiero e materia. O bene e male. O Dio e Satana. E non ci rendiamo conto che continuiamo soltanto a comporre coppie con ciò che sta sull'isola, come se mettessimo di fianco caffè e tè, oppure pane e tortillas, chili e senape. Siamo animali strani, ve lo dico io. Ci lasciamo trasportare fuori strada, e nella nostra follia crediamo di aver trovato la soluzione giusta."
Don Juan si alzò e si rivolse a me come un oratore.
Mi puntò l'indice contro, tremolando la testa.
"L'uomo non muove tra bene e male" disse in comico tono retorico, afferrando con entrambe le mani i vasetti del pepe e del sale. "Il suo vero moto è tra negativo e positivo."
Lasciò cadere il sale e il pepe e prese un coltello e una forchetta.
"Vi sbagliate! Non c'è movimento" prosegui, come se rispondesse a se stesso. "L'uomo è soltanto mente!"
Prese la bottiglia della salsa e la sollevò. Poi la rimise giù.
"Come vedete," disse piano "possiamo benissimo sostituire alla mente la chili sauce e concludere: L'uomo è soltanto chili sauce!, senza andare incontro per questo a una smentita peggiore."
"Ho paura di non aver posto la domanda giusta" dissi. "Forse ci capiremmo meglio se vi chiedessi che cosa propriamente si può trovare in quest'area, di là dall'isola?"
"Non è possibile rispondere. Se dicessi "Nulla", indicherei solo la parte nagual del tonal. Tutto ciò che posso dire è che lì, di là dall'isola, si trova il nagual."
"Ma, se lo chiamate il nagual, non finite per collocarlo sull'isola?"
"No. Gli do nome solo perché voglio che ne siate consapevole"
"Benissimo! Ma divenirne consapevole è il passo che ha trasformato il nagual in un nuovo elemento del mio tonal."
"Temo che non capiate. Ho menzionato il tonal e il nagual come una vera coppia. Ho fatto solo questo."
Mi ricordò che una volta, cercando di spiegargli la mia insistenza sul significato, avevo discusso l'idea che i bambini non siano in grado di distinguere tra "padre" e "madre" finché i due concetti non si sviluppino in termini tangibili, e che per essi il "padre" sia quello che porta i calzoni e la "madre" quella che porta la sottana, o comunque che la differenza stia nella capigliatura, nella forma del corpo, nei vestiti.
"Certamente non ci comportiamo allo stesso modo con le due parti di noi"; egli disse. "Noi intuiamo che c'è un altro lato di noi. Ma quando cerchiamo di afferrare quell'altro lato, il tonal prende il comando e diventa gretto e geloso. Ci abbaglia con le sue astuzie e ci costringe a cancellare il minimo indizio dell'altra componente della coppia, il nagual."