lunedì 6 febbraio 2012

il giorno del Tao


Quando un giorno che secondo voi dovrebbe essere mercoledì, vi sembra fin dall'inizio domenica, potete star certi che qualcosa non va. Ebbi questa impressione fin dal primo momento, svegliandomi.
Tuttavia, quando incominciai a connettere con più lucidità, rimasi in forse. Dopo tutto, sebbene avessi la sensazione nettissima d'essermi svegliato più tardi del solito, poteva anche essere vero il contrario.
Continuai ad aspettare, dubbioso, ma subito ebbi una prima prova obiettiva: un orologio lontano batté, così mi parve, otto colpi. Ascoltai con le orecchie tese, pieno di sospetto. Ed ecco che un altro orologio cominciò a farsi sentire in tono alto, risoluto. E, senza fretta, batté incontestabilmente le otto. Allora capii che le cose non andavano.

il Te del Tao: XXXVI - L'OCCULTO E IL PALESE

image by relhom
XXXVI - L'OCCULTO E IL PALESE

Quei che vuoi che si contragga
devi farlo espandere,
quei che vuoi che s'indebolisca
devi farlo rafforzare,
quei che vuoi che rovini
devi farlo prosperare,
a quei che vuoi che sia tolto
devi dare.
Questo è l'occulto e il palese.
Mollezza e debolezza vincono durezza e forza.
Al pesce non conviene abbandonar l'abisso,
gli strumenti profittevoli al regno
non conviene mostrarli al popolo.

salita al Tao

Jeroen Anthoniszoon van Aken, detto Hieronymus Bosch, Salita al Calvario, olio su tela 76,7x83,5 cm, 1510-1516, Museum voor Schone Kunsten, Gand. 
This dramatic panel is "one of the most hallucinatory creations of the history of Western art", in the words of Bosch expert Paul van den Broeck. It is presumed to be a late work of Hieronymus Bosch. The composition consists of a tangle of heads; there is no room for much else. Shortly after 1500, when this panel was painted, this was quite unique in European painting. The technique is highly sophisticated, and the colour palette in which Bosch has done the faces – some of them mask-like – and the headwear is extraordinarily rich. We are shown a scene from the Passion of Christ, a subject that plays a significant role in Bosch's oeuvre. Surrounding the serene heads of Christ and Veronica, who is the only female figure here as St Mary is absent, a crowd of misshapen and contorted faces, caricatures of humanity, throng like creatures from hell.





















Fioritura (Regina di Denari)


La Regina di Arcobaleno è simile a una pianta straordinaria, dai colori vivissimi, che abbia raggiunto il culmine della fioritura. È estremamente sessuale, viva, e colma di possibilità. Schiocca le dita al ritmo della musica dell'amore, e il collare zodiacale è fissato in modo che Venere poggi sul suo cuore. Le maniche dell'abito contengono un'abbondanza di semi; quando il vento soffia, verranno trasportati e metteranno radici ovunque si trovino a cadere. La donna non si preoccupa che possano atterrare nella terra fertile o sulle rocce - si limita a diffonderli, in una pura celebrazione della vita e dell'amore. Fiori cadono dall'alto sulla figura, in armonia con il suo fiorire interiore, e le acque dell'emozione danzano gioiose sotto il fiore su cui è seduta. In questo momento forse ti senti come un giardino fiorito, inondato da ogni dove di benedizioni. Dai il benvenuto alle api, invita gli uccelli affinché bevano il tuo nettare. Diffondi tutt'intorno a te la tua gioia, perché tutti la condividano.

Lo Zen vuole che tu viva nell'abbondanza, nella totalità, intensamente - non al minimo, come vuole il Cristianesimo, ma al massimo - ti vuole straripante. La tua vita deve toccare quella degli altri. La tua beatitudine, la tua benedizione, la tua estasi non devono rimanere ristrette in te, come fossero un seme. Devono essere esposte, come un fiore, e diffondere la loro fragranza per tutti quanti - non solo per gli amici, ma anche per gli estranei. Questa è vera compassione, questo è vero amore: condividi la tua illuminazione, condividi la tua danza del trascendente.

poesie del Tao


Prospettiva

da "Due punti"

Si sono incrociati come estranei,
senza un gesto o una parola,
lei diretta al negozio,
lui alla sua auto.

Forse smarriti
O distratti
O immemori
Di essersi, per un breve attimo,
amati per sempre.

D'altronde nessuna garanzia
Che fossero loro.
Sì, forse, da lontano,
ma da vicino niente affatto.

Li ho visti dalla finestra
E chi guarda dall'alto
Sbaglia più facilmente.

Lei è sparita dietro la porta a vetri,
lui si è messo al volante
ed è partito in fretta.
Cioè, come se nulla fosse accaduto,
anche se è accaduto.

E io, solo per un istante
Certa di quel che ho visto,
cerco di persuadere Voi, Lettori,
con brevi versi occasionali
quanto triste è stato. 

Scrivere un curriculum

da "Vista con granello di sabbia"

Che cos'e' necessario?
E' necessario scrivere una domanda,
e alla domanda allegare il curriculum.
A prescindere da quanto si e' vissuto
e' bene che il curriculum sia breve.
E' d'obbligo concisione e selezione dei fatti.
Cambiare paesaggi in indirizzi
e malcerti ricordi in date fisse.
Di tutti gli amori basta quello coniugale,
e dei bambini solo quelli nati.
Conta di piu' chi ti conosce di chi conosci tu.
I viaggi solo se all'estero.
L'appartenenza a un che, ma senza perche'.
Onorificenze senza motivazione.
Scrivi come se non parlassi mai con te stesso
e ti evitassi.
Sorvola su cani, gatti e uccelli,
cianfrusaglie del passato, amici e sogni.
Meglio il prezzo che il valore
e il titolo che il contenuto.
Meglio il numero di scarpa, che non dove va
colui per cui ti scambiano.
Aggiungi una foto con l'orecchio in vista.
E' la sua forma che conta, non cio' che sente.
Cosa si sente?
Il fragore delle macchine che tritano la carta.



The Nobel Prize in Literature 1996 was awarded to Wislawa Szymborska "for poetry that with ironic precision allows the historical and biological context to come to light in fragments of human reality".

Nobel Lecture

Nobel Lecture, December 7, 1996

The Poet and the World

They say the first sentence in any speech is always the hardest. Well, that one's behind me, anyway. But I have a feeling that the sentences to come - the third, the sixth, the tenth, and so on, up to the final line - will be just as hard, since I'm supposed to talk about poetry. I've said very little on the subject, next to nothing, in fact. And whenever I have said anything, I've always had the sneaking suspicion that I'm not very good at it. This is why my lecture will be rather short. All imperfection is easier to tolerate if served up in small doses.
Contemporary poets are skeptical and suspicious even, or perhaps especially, about themselves. They publicly confess to being poets only reluctantly, as if they were a little ashamed of it. But in our clamorous times it's much easier to acknowledge your faults, at least if they're attractively packaged, than to recognize your own merits, since these are hidden deeper and you never quite believe in them yourself ... When filling in questionnaires or chatting with strangers, that is, when they can't avoid revealing their profession, poets prefer to use the general term "writer" or replace "poet" with the name of whatever job they do in addition to writing. Bureaucrats and bus passengers respond with a touch of incredulity and alarm when they find out that they're dealing with a poet. I suppose philosophers may meet with a similar reaction. Still, they're in a better position, since as often as not they can embellish their calling with some kind of scholarly title. Professor of philosophy - now that sounds much more respectable.
But there are no professors of poetry. This would mean, after all, that poetry is an occupation requiring specialized study, regular examinations, theoretical articles with bibliographies and footnotes attached, and finally, ceremoniously conferred diplomas. And this would mean, in turn, that it's not enough to cover pages with even the most exquisite poems in order to become a poet. The crucial element is some slip of paper bearing an official stamp.
...
In more fortunate countries, where human dignity isn't assaulted so readily, poets yearn, of course, to be published, read, and understood, but they do little, if anything, to set themselves above the common herd and the daily grind. And yet it wasn't so long ago, in this century's first decades, that poets strove to shock us with their extravagant dress and eccentric behavior. But all this was merely for the sake of public display. The moment always came when poets had to close the doors behind them, strip off their mantles, fripperies, and other poetic paraphernalia, and confront - silently, patiently awaiting their own selves - the still white sheet of paper. For this is finally what really counts.
It's not accidental that film biographies of great scientists and artists are produced in droves. The more ambitious directors seek to reproduce convincingly the creative process that led to important scientific discoveries or the emergence of a masterpiece. And one can depict certain kinds of scientific labor with some success. Laboratories, sundry instruments, elaborate machinery brought to life: such scenes may hold the audience's interest for a while. And those moments of uncertainty - will the experiment, conducted for the thousandth time with some tiny modification, finally yield the desired result? - can be quite dramatic. Films about painters can be spectacular, as they go about recreating every stage of a famous painting's evolution, from the first penciled line to the final brush-stroke. Music swells in films about composers: the first bars of the melody that rings in the musician's ears finally emerge as a mature work in symphonic form. Of course this is all quite naive and doesn't explain the strange mental state popularly known as inspiration, but at least there's something to look at and listen to.
But poets are the worst. Their work is hopelessly unphotogenic. Someone sits at a table or lies on a sofa while staring motionless at a wall or ceiling. Once in a while this person writes down seven lines only to cross out one of them fifteen minutes later, and then another hour passes, during which nothing happens ... Who could stand to watch this kind of thing?
I've mentioned inspiration. Contemporary poets answer evasively when asked what it is, and if it actually exists. It's not that they've never known the blessing of this inner impulse. It's just not easy to explain something to someone else that you don't understand yourself.
When I'm asked about this on occasion, I hedge the question too. But my answer is this: inspiration is not the exclusive privilege of poets or artists generally. There is, has been, and will always be a certain group of people whom inspiration visits. It's made up of all those who've consciously chosen their calling and do their job with love and imagination. It may include doctors, teachers, gardeners - and I could list a hundred more professions. Their work becomes one continuous adventure as long as they manage to keep discovering new challenges in it. Difficulties and setbacks never quell their curiosity. A swarm of new questions emerges from every problem they solve. Whatever inspiration is, it's born from a continuous "I don't know."
There aren't many such people. Most of the earth's inhabitants work to get by. They work because they have to. They didn't pick this or that kind of job out of passion; the circumstances of their lives did the choosing for them. Loveless work, boring work, work valued only because others haven't got even that much, however loveless and boring - this is one of the harshest human miseries. And there's no sign that coming centuries will produce any changes for the better as far as this goes.
And so, though I may deny poets their monopoly on inspiration, I still place them in a select group of Fortune's darlings.
At this point, though, certain doubts may arise in my audience. All sorts of torturers, dictators, fanatics, and demagogues struggling for power by way of a few loudly shouted slogans also enjoy their jobs, and they too perform their duties with inventive fervor. Well, yes, but they "know." They know, and whatever they know is enough for them once and for all. They don't want to find out about anything else, since that might diminish their arguments' force. And any knowledge that doesn't lead to new questions quickly dies out: it fails to maintain the temperature required for sustaining life. In the most extreme cases, cases well known from ancient and modern history, it even poses a lethal threat to society.
...
Poets, if they're genuine, must also keep repeating "I don't know." Each poem marks an effort to answer this statement, but as soon as the final period hits the page, the poet begins to hesitate, starts to realize that this particular answer was pure makeshift that's absolutely inadequate to boot. So the poets keep on trying, and sooner or later the consecutive results of their self-dissatisfaction are clipped together with a giant paperclip by literary historians and called their "oeuvre" ...
I sometimes dream of situations that can't possibly come true. I audaciously imagine, for example, that I get a chance to chat with the Ecclesiastes, the author of that moving lament on the vanity of all human endeavors. I would bow very deeply before him, because he is, after all, one of the greatest poets, for me at least. That done, I would grab his hand. 'There's nothing new under the sun': that's what you wrote, Ecclesiastes. But you yourself were born new under the sun. And the poem you created is also new under the sun, since no one wrote it down before you. And all your readers are also new under the sun, since those who lived before you couldn't read your poem. And that cypress that you're sitting under hasn't been growing since the dawn of time. It came into being by way of another cypress similar to yours, but not exactly the same. And Ecclesiastes, I'd also like to ask you what new thing under the sun you're planning to work on now? A further supplement to the thoughts you've already expressed? Or maybe you're tempted to contradict some of them now? In your earlier work you mentioned joy - so what if it's fleeting? So maybe your new-under-the-sun poem will be about joy? Have you taken notes yet, do you have drafts? I doubt you'll say, 'I've written everything down, I've got nothing left to add.' There's no poet in the world who can say this, least of all a great poet like yourself."
The world - whatever we might think when terrified by its vastness and our own impotence, or embittered by its indifference to individual suffering, of people, animals, and perhaps even plants, for why are we so sure that plants feel no pain; whatever we might think of its expanses pierced by the rays of stars surrounded by planets we've just begun to discover, planets already dead? still dead? we just don't know; whatever we might think of this measureless theater to which we've got reserved tickets, but tickets whose lifespan is laughably short, bounded as it is by two arbitrary dates; whatever else we might think of this world - it is astonishing.
But "astonishing" is an epithet concealing a logical trap. We're astonished, after all, by things that deviate from some well-known and universally acknowledged norm, from an obviousness we've grown accustomed to. Now the point is, there is no such obvious world. Our astonishment exists per se and isn't based on comparison with something else.
Granted, in daily speech, where we don't stop to consider every word, we all use phrases like "the ordinary world," "ordinary life," "the ordinary course of events" ... But in the language of poetry, where every word is weighed, nothing is usual or normal. Not a single stone and not a single cloud above it. Not a single day and not a single night after it. And above all, not a single existence, not anyone's existence in this world.
It looks like poets will always have their work cut out for them.

Translated from Polish by Stanislaw Baranczak and Clare Cavanagh

gioco e fantasia del Tao - 7-8-9

Jason Cantarella and Michael Piatek, "Everything in its right place", 2004

7. Il comportamento istrionico e l'inganno sono altri esempi dell'avvento primitivo della differenziazione mappa-territorio. Inoltre ci sono prove che fra gli uccelli si osserva un comportamento teatrale: una taccola a volte imita i suoi propri segni di umore (Lorenz), e l'inganno è stato osservato tra le scimmie urlatrici (Carpenter).

8. Ci si potrebbe aspettare che la minaccia, il gioco e l'istrionismo siano tre fenomeni indipendenti che hanno contribuito tutti all' evoluzione della distinzione tra mappa e territorio; sembra tuttavia che ciò sia errato, almeno per quanto riguarda la comunicazione tra i mammiferi. Una rapida analisi del comportamento infantile mostra che combinazioni del tipo gioco istrionico, simulazione, minaccia giocosa, gioco dispettoso in risposta a minaccia, minaccia istrionica, e così via, formano insieme un unico complesso di fenomeni.
E fenomeni dell'età adulta come il gioco d'azzardo e altri giochi con elementi di rischio hano? le loro radici nella combinazione di gioco e minaccia. E evidente che non solo la minaccia, ma anche il reciproco della minaccia, cioè il comportamento dell'Individuo minacciato, sono parte di questo complesso. E probabile che in questo campo si dovrebbe includere non solo la condotta dell'istrione, ma anche quella dello spettatore. Ed è opportuno ricordare anche l'autocommiserazione.

9. Un'ulteriore estensione di queste riflessioni c'induce a includere anche il rituale in questo campo generale, in cui viene tracciata, ma in modo incompleto, una linea di demarcazione fra l'azione enunciativa e ciò che dev'essere enunciato. Studi antropologici di cerimonie connesse con i trattati di pace, per citare un solo esempio, confortano questa conclusione.
Nelle Isole Andamane, la pace viene conclusa dopo che a ciascuna parte è stata conferita la libertà cerimoniale di colpire l'altra. Questo esempio, tuttavia, illustra anche la labilità dell'affisso 'questo è gioco' o 'questo è rituale'. La distinzione tra mappa e territorio è sempre soggetta a dissolversi e i colpi rituali nel corso del trattato di pace possono sempre essere confusi con i colpi 'reali', portati nel combattimento. In tal caso la cerimonia di pace si trasforma in battaglia (Radcliffe-Brown).

(A Theory of Play and Fantasy, 1954) - 6

il centro del Tao

Stazione ferroviaria di Perpignan, Francia
Salvador Dalí, La Gare de Perpignan, 1965, olio su tela 296x406 cm,  Museum LudwigKöln
Scritta su uno dei marciapiedi della stazione in omaggio a Dali
In un suo discorso del 1979, Salvador Dalí descrisse la teoria di Thom come 'la più bella teoria estetica nel mondo'. Egli ricordò anche il suo primo e unico incontro con René Thom, un incontro tra due personalità quantomeno "originali". Dalí chiese a cosa stava lavorando e Thom presumibilmente rispose che stava studiando le placche tettoniche; questo provocò Dalí a chiedere a Thom riguardo ad una sua vecchia convinzione sulla stazione ferroviaria di Perpignan, in Francia, che l'artista aveva dichiarato nel 1960 essere il centro dell'universo. Dalí aveva affermato che mentre era nella sala d'attesa della stazione aveva avuto alcune tra le sue migliori idee ma, più prosaicamente, forse era dovuto al fatto che la stazione era un passaggio obbligato per tutti i suoi viaggi. Thom rispose (si presume per cortesia, ma non si può escludere anche in senso letterale): "Vi posso assicurare che la Spagna è precisamente imperniata - non nell'area - ma esattamente nel punto dove si trova oggi la stazione ferroviaria di Perpignan". A Dalí questa risposta di uno dei matematici più brillanti del tempo intrigò enormemente, e i suoi ultimi quadri furono una serie sulle catastrofi dedicata in omaggio a Thom.

Salvador Dalí, Contorsione topologica di figura femminile, (1983)

e in particolare il suo ultimo dipinto, del Maggio 1983:

Salvador Dali, the Swallow's Tail (La queue d'aronde), 1983

"La sola differenza tra me e un pazzo
è che io non sono pazzo"
Salvador Dali Museum, Barcelona, Provincia de Barcelona, Cataluna, Spain