Bateson la combinazione di ontogenesi e filogenesi raggiunge un meta-meta-metaprocesso a livello 4.
In alcuni casi può succedere che si preferisca la descrizione al descritto.
Un esempio "abbastanza reale" è quello di un luogo di lavoro frequentato prevalentemente da una categoria professionale genericamente considerata "qualificata" e con una tipologia di lavoro considerata "intellettiva", dove nel locale mensa gli scomparti contenenti le posate abbiano etichettato (in modo superfluo) il tipo di posata contenuto: "forchette" - "cucchiai" - "coltelli". Può succedere saltuariamente che lo scomparto contenga delle posate diverse da quelle etichettate, ad esempio dove vi è scritto "coltelli" vi siano dei cucchiai: una frazione statisticamente significativa delle persone in questo caso rimane "bloccata" dalla inconcepibile discrepanza tra quanto descritto e l'effettivo contenuto, passando diverso tempo a decidere se credere alla propria percezione sensoriale o al proprio intelletto. Una parte significativa decide per l'intelletto, ritenendo questo lo strumento migliore per decidere, e quindi prende un cucchiaio come un coltello, lamentandosi poi, cercando di tagliare la bistecca, che la qualità dei cucchiai in questa mensa è molto scarsa.
Per illustrare, in estrema sintesi, il variare delle descrizioni ai vari livelli logici prendiamo il più semplice sistema complesso vivente: la cellula.
Le proposizioni della logica sono tautologie.
6.11 (3) Le proposizioni della logica dicon dunque nulla. (Esse sono le proposizioni analitiche.)
6.12 (03+7) Che le proposizioni della logica siano tautologie mostra le proprietà formali - logiche - del linguaggio, del mondo.
Che le sue parti costitutive, collegate così, producano una tautologia, caratterizza la logica delle sue parti costitutive. Affinché proposizioni collegate in un determinato modo producano una tautologia, esse devono avere determinate proprietà della struttura. Che esse, connesse così, producano una tautologia, mostra dunque che esse possiedono queste proprietà della struttura.
6.121 Le proposizioni della logica dimostrano le proprietà logiche delle proposizioni connettendole in proposizioni che dicon nulla.
Questo metodo si potrebbe chiamare anche un metodo zero. Nella proposizione logica, le proposizioni sono poste in equilibrio l'una con l'altra, e lo stato d'equilibrio indica allora come queste proposizioni devono essere costituite logicamente.
6.122 (4) Ne risulta che possiamo far anche senza le proposizioni logiche, poiché, in una notazione rispondente, possiamo riconoscere le proprietà formali delle proposizioni per mera ispezione delle proposizioni stesse.
6.123 (3) È chiaro: Le leggi logiche non possono sottostare esse stesse, a loro volta, a leggi logiche.
(Non v'è, come intendeva Russell, per ogni "tipo" un principio di contraddizione ad esso proprio; uno basta, poiché esso non è applicato a se stesso.)
6.124 Le proposizioni della logica descrivono l'armatura del mondo, o, piuttosto, la rappresentano. Esse "trattano" di nulla. Esse presuppongono che i nomi abbiano significato, e le proposizioni elementari senso: E questo è il loro nesso con il mondo. È chiaro che deve indicare qualcosa sul mondo il fatto che certi nessi di simboli - che per essenza hanno un determinato carattere - siano tautologie. In questo è il fatto decisivo. Dicemmo che nei simboli che usiamo qualcosa è arbitrario, altro no. Nella logica solo quest'altro esprime: Ma ciò vuol dire: nella logica, non siamo noi ad esprimere, con l'aiuto dei segni, ciò che vogliamo; nella logica è la natura stessa dei segni naturalmente necessari ad esprimere: Se conosciamo la sintassi logica d'un qualsiasi linguaggio segnico, son già date tutte le proposizioni della logica.
6.125 (1) È possibile, anche secondo la stessa antica concezione della logica, dare in anticipo una descrizione di tutte le proposizioni logiche "vere".
6.126 (5) Se una proposizione appartenga alla logica si può calcolare calcolando le proprietà logiche del simbolo.
Ed è quanto facciamo quando "dimostriamo" una proposizione logica. Infatti, senza curarci d'un senso e d'un significato, formiamo la proposizione logica da altre secondo mere regole dei segni.
La dimostrazione delle proposizioni logiche consiste nel farle nascere da altre proposizioni logiche per applicazione successiva di certe operazioni, le quali, dalle prime, riproducono sempre nuove tautologie. (E invero solo le tautologie seguono da una tautologia.)
Naturalmente questo modo di mostrare che le sue proposizioni sono tautologiche è affatto inessenziale alla logica, per ciò stesso che le proposizioni, dalle quali la dimostrazione muove, devono mostrare, e senza dimostrazione, d'essere tautologie.
6.127 (1) Tutte le proposizioni della logica sono d'egual ordine; tra esse non vi sono né leggi fondamentali né proposizioni derivate che siano tali per essenza.
Ogni tautologia mostra da sé che è una tautologia.
6.13 La logica non è una dottrina, ma un'immagine speculare del mondo.
La logica è trascendentale.
VERSIONI MOLTEPLICI DEL MONDO.
Il caso della 'Descrizione', della 'Tautologia' e della 'Spiegazione'
Tra gli esseri umani la descrizione e la spiegazione sono entrambe tenute in gran conto, ma questo caso di informazione raddoppiata si distingue dalla maggior parte degli altri esempi esposti nel presente capitolo in quanto la spiegazione non contiene informazioni nuove e diverse rispetto a quelle già presenti nella descrizione. Anzi, gran parte delle informazioni presenti nella descrizione vengono di solito gettate via e solo una parte piuttosto piccola di ciò che doveva essere spiegato viene, di fatto, spiegata. Ma la spiegazione ha certamente un'importanza enorme, e certamente "sembra" fornire un sovrappiù di comprensione che va oltre quella contenuta dalla descrizione. Questo sovrappiù di comprensione offerto dalla spiegazione è in qualche modo legato a ciò che abbiamo ottenuto ...; combinando due linguaggi? Per studiare questo caso è necessario dare prima una breve definizione di queste tre parole: "descrizione, tautologia e spiegazione".
Una descrizione pura comprenderebbe tutti i fatti (cioè tutte le differenze effettive) immanenti nei fenomeni da descrivere, ma non indicherebbe alcun genere di connessione tra questi fenomeni che potrebbe renderli più comprensibili. Per esempio un film sonoro, magari corredato di registrazioni di odori e di altri dati sensoriali, potrebbe costituire una descrizione completa o sufficiente di ciò che è accaduto in un certo istante davanti a una batteria di macchine da ripresa. Ma quel film non riuscirà a connettere tra loro gli eventi mostrati sullo schermo, e di per sè non fornirà alcuna spiegazione. Per contro, una spiegazione può essere completa senza essere descrittiva. “Dio ha creato tutto ciò che esiste” è una frase pienamente esplicativa, ma che non dice nulla nè sulle cose nè sulle loro relazioni.
Nella scienza questi due tipi di organizzazione di dati (descrizione e spiegazione) sono connessi da quella che si chiama, con termine tecnico, "tautologia". Gli esempi di tautologia vanno dal caso più semplice, l'asserzione “Se P è vera, allora P è vera”, a strutture elaborate come la geometria euclidea, in cui “Se gli assiomi e i postulati sono veri, allora il teorema di Pitagora è vero”. Un altro esempio potrebbe essere dato dagli assiomi, definizioni, postulati e teoremi della teoria dei giochi di von Neumann. In un tale insieme di postulati, assiomi e teoremi non si sostiene naturalmente che alcuno degli assiomi o dei teoremi sia in alcun senso 'vero' in modo indipendente, o vero nel mondo esterno. Anzi, von Neumann ... sottolinea espressamente le differenze tra il suo mondo tautologico e il mondo più complesso delle relazioni umane. Tutto ciò che si sostiene è che se gli assiomi sono questi e i postulati sono quelli, allora i teoremi saranno questi e questi. In altre parole, la tautologia si limita a fornire "connessioni tra proposizioni". Il creatore della tautologia gioca la sua reputazione sulla validità di tali connessioni.
La tautologia non contiene alcuna informazione e la spiegazione (cioè la proiezione della descrizione sulla tautologia) contiene solo le informazioni che si trovavano nella descrizione.
La 'proiezione' asserisce implicitamente che i legami che tengono insieme la tautologia corrispondono a relazioni presenti nella descrizione. La descrizione, d'altro canto, contiene informazione, ma non contiene nè logica nè spiegazione. Per un qualche motivo, gli esseri umani attribuiscono un enorme valore a questa combinazione di modi di organizzare l'informazione o il materiale.
Per illustrare come descrizione, tautologia e spiegazione si combinino tra di loro, citerò un esercizio che ho assegnato parecchie volte alle mie classi. Devo la formulazione del problema all'astronomo Jeff Scargle, ma della soluzione sono responsabile io.
Il problema è questo:
Un uomo si rade tenendo il rasoio nella destra. Guardandosi allo specchio vede la propria immagine che si rade con la sinistra, e dice: “Toh, la destra e la sinistra si sono scambiate. Perchè‚ non si sono scambiati il basso e l'alto?”.
Il problema veniva presentato agli studenti in questa forma: ciò che si chiedeva loro era di risolvere la confusione in cui evidentemente si trova l'uomo e fatto ciò, di discutere la natura della spiegazione.
Nel problema così com'è posto vi sono almeno due trabocchetti: un trucco distrae lo studente spostando la sua attenzione sulla destra e la sinistra. In realtà, lo scambio è avvenuto tra il davanti e il dietro, non fra la destra e la sinistra. Ma oltre a ciò vi è un problema ancor più sottile, cioè che le parole "destra" e "sinistra" non appartengono allo stesso linguaggio a cui appartengono "alto" e "basso". "Destra" e "sinistra" sono parole di un linguaggio interno, mentre "alto" e "basso" sono parti di un linguaggio esterno. Se l'uomo guarda verso sud e la sua immagine verso nord, l'alto è in alto nell'uomo così come lo è nella sua immagine. Il suo lato est è sul lato est dell'immagine e quello ovest è sul lato ovest dell'immagine. "Est" e "ovest" appartengono allo stesso linguaggio di "alto" e "basso", mentre "destra" e "sinistra" fanno parte di un linguaggio diverso. Nel problema così com'è stato posto c'è quindi un tranello logico.
E' necessario comprendere che "destra" e "sinistra" non possono essere definite e se si cerca di farlo si finisce in un mare di guai. L'"Oxford English Dictionary" definisce "sinistra" come “l'epiteto distintivo della mano che normalmente è la più debole”. Il compilatore del dizionario dimostra apertamente il suo imbarazzo. Il Webster dà una definizione più utile, ma l'autore bara. Una delle regole nella compilazione di un dizionario è che per la definizione principale non si deve ricorrere alla comunicazione ostensiva. Quindi il problema è di definire "sinistra" senza riferirsi a un oggetto asimmetrico. Il Webster (1959) dice: “La parte del corpo rivolta a ovest quando si guarda verso il nord, di solito il lato della mano meno usata”. Ciò equivale a usare l'asimmetria di rotazione della terra.
In verità è impossibile dare questa definizione senza barare. L'"asimmetria" è facile da definire, ma non vi sono mezzi verbali - e non ve ne "possono" essere - per indicare di quale delle due metà (speculari) si parla.
Una spiegazione deve fornire qualcosa di più che una descrizione e, alla fine, la spiegazione ricorre a una "tautologia", la quale, così come io l'ho definita, è un corpo di proposizioni legate insieme in modo tale che i legami "tra le proposizioni" siano necessariamente validi.
La tautologia più semplice è “Se P è vera, allora P è vera”.
Una tautologia più complessa sarebbe “Se Q segue da P, allora Q segue da P”. Partendo di qui, si può costruire a piacere qualsiasi complessità. Ma si è sempre entro i confini della proposizione introdotta dal "se", fornita non dai dati, ma da "noi stessi". Questa è una tautologia.
Ora, una spiegazione è una proiezione delle parti di una descrizione su una tautologia, e diventa accettabile nella misura in cui vogliamo e possiamo accettare i legami della tautologia. Se i legami sono 'autoevidenti' (cioè se appaiono indubitabili a voi), allora la spiegazione costruita su quella tautologia sarà per voi soddisfacente. E questo è tutto. E' sempre una questione di storia naturale, una questione di fede, immaginazione, fiducia, rigidità, eccetera, dell'organismo, cioè di voi o di me.
Vediamo su quale tautologia possiamo fondare la nostra descrizione delle immagini speculari e della loro asimmetria.
La mano destra è un oggetto asimmetrico e tridimensionale, e per definirla avete bisogno di informazioni che leghino almeno tre polarità. Per renderla diversa da una mano sinistra bisogna fissare tre clausole descrittive binarie: bisogna distinguere la direzione verso il palmo da quella verso il dorso, la direzione verso il gomito da quella verso la punta delle dita, la direzione verso il pollice da quella verso il mignolo. Costruiamo ora la tautologia per asserire che l'inversione di una qualunque di queste tre proposizioni descrittive binarie crea l'immagine speculare (l'opposto stereoscopico) della mano da cui siamo partiti (cioè crea una mano 'sinistra').
Se ponete le mani palmo contro palmo in modo che il palmo destro guardi verso nord, quello sinistro guarderà verso sud e otterrete una situazione simile a quella dell'uomo che si rade.
Ora il postulato fondamentale della nostra tautologia è che "l'inversione in una dimensione genera sempre il suo opposto stereoscopico". Da questo postulato segue (si può dubitarne?) che l'inversione in "due" dimensioni genera l'opposto dell'opposto (cioè riporta alla forma di partenza). L'inversione in tre dimensioni genera di nuovo l'opposto stereoscopico e così via.
Per dare spessore alla nostra spiegazione ci serviremo ora del procedimento che il logico americano C. S. Peirce chiamava "abduzione" ["abduction"], individueremo cioè altri fenomeni pertinenti e mostreremo che anch'essi sono esempi della nostra regola e possono essere proiettati sulla stessa tautologia.
Immaginate di essere un fotografo di una volta, con un panno nero sopra la testa, e di guardare dentro l'apparecchio sul vetro smerigliato dove si vede il viso del soggetto da fotografare. La lente dell'obiettivo si trova tra il vetro e il soggetto. Sul vetro vedrete l'immagine capovolta e ribaltata, con la destra al posto della sinistra, ma sempre rivolta verso di voi. Se il soggetto tiene qualcosa nella destra, lo terrà nella destra anche sul vetro, ma ruotato di 180 gradi.
Se ora praticate un foro sulla parte anteriore della camera oscura e guardate l'immagine formata sul vetro smerigliato o sulla lastra, la cima del capo del soggetto sarà in basso, il mento sarà in alto, il lato sinistro sarà a destra, non solo, ma ora l'immagine sarà rivolta verso il soggetto. Avete invertito tre dimensioni, quindi ora vedete di nuovo il suo opposto stereoscopico.
La spiegazione consiste dunque nel costruire una tautologia, assicurando il più possibile la validità dei suoi legami, così che essa vi sembri di per sè evidente il che in fin dei conti non è mai del tutto soddisfacente perchè‚ nessuno sa che cosa verrà scoperto in seguito.
Se la spiegazione è quale io l'ho descritta, ci si può ben chiedere che vantaggio traggano gli esseri umani da un'operazione così scomoda e arzigogolata e in apparenza così inutile. Si tratta di una questione di storia naturale, e io credo che il problema venga almeno in parte risolto quando osserviamo che gli esseri umani sono molto negligenti nel costruire le tautologie su cui basare le loro spiegazioni. In tal caso, si potrebbe supporre, il sovrappiù è di segno negativo, e invece sembra che non sia così, a giudicare dal favore di cui godono certe spiegazioni tanto informali da essere fuorvianti.
Una forma comune di spiegazione vuota è il ricorso a quelli che ho chiamato “princìpi dormitivi”, prendendo il termine "dormitivo" da Molière. Nel "Malade imaginaire" c'è una coda in latino maccheronico nella quale viene rappresentato sulla scena l'esame orale medioevale di un candidato dottore. Gli esaminatori chiedono all'esaminando perchè‚ l'oppio faccia dormire e quello risponde trionfante: “Perchè‚, sapienti dottori, esso contiene un principio dormitivo”.
Possiamo figurarci il candidato che passa il resto dei suoi giorni a sottoporre l'oppio a distillazione frazionata in un laboratorio biochimico per poi identificare la frazione in cui è rimasto il cosiddetto principio dormitivo.
Una risposta migliore alla domanda dei dottori interesserebbe non solo l'oppio, ma una relazione tra l'oppio e la gente. In altre parole, la spiegazione dormitiva falsifica effettivamente la realtà dei fatti, ma l'importante, credo, è che anche con le spiegazioni dormitive è sempre "possibile l'abduzione". Dopo aver enunciato come fatto generale che l'oppio contiene un principio dormitivo, è possibile usare questo tipo di locuzione per un grandissimo numero di altri fenomeni. Possiamo per esempio dire che l'adrenalina contiene un principio vivificante e la reserpina un principio calmante. Otterremo così, bench‚ in modo impreciso e inaccettabile sotto il profilo epistemologico, una serie di appigli per afferrare un grandissimo numero di fenomeni che appaiono formalmente paragonabili. E, in effetti, essi sono formalmente paragonabili in questo senso, che in ciascuno di questi casi si commette lo stesso errore di invocare un principio "interno a una componente". Resta il fatto che sotto il profilo della storia naturale - e la storia naturale ci interessa non meno dell'epistemologia in senso stretto - l'abduzione è molto comoda per la gente mentre la spiegazione formale è spesso tediosa. “L'uomo pensa secondo due generi di termini: gli uni sono i termini naturali, che egli ha in comune con le bestie; gli altri sono i termini convenzionali (della logica), di cui beneficia solo l'uomo”.
In questo capitolo si sono esaminati diversi modi in cui combinando informazioni di genere diverso o provenienti da sorgenti diverse si ottiene qualcosa di più che la loro addizione. L'aggregato è più grande della somma delle sue parti poichè‚ la combinazione delle parti non è una semplice addizione, ma possiede la natura di una moltiplicazione o di un frazionamento, o della creazione di un prodotto logico. Un attimo di illuminazione.
Così, per completare questo capitolo e prima di tentare anche solo un elenco dei criteri del processo mentale, è opportuno considerare brevemente questa struttura in modo molto più personale e universale.
Ho invariabilmente attenuto il mio linguaggio a un modo 'intellettuale' o 'oggettivo', che è adatto a molti scopi (e da evitarsi solo quando è usato per evitare di riconoscere la prospettiva e la posizione dell'osservatore).
Rimuovere il quasi oggettivo, almeno in parte, non è difficile, e questo cambiamento di modo è proposto da domande del tipo: Di che cosa tratta questo libro? Che cosa significa per me personalmente? Che cosa sto tentando di dire o di scoprire?
Alla domanda “Che cosa sto tentando di scoprire?” non è poi così impossibile rispondere come ci vorrebbero far credere i mistici. Dal modo in cui il ricercatore conduce la sua ricerca, si può arguire a quale tipo di scoperta può giungere; e sapendolo, si può sospettare che quella scoperta sia ciò che, segretamente e inconsciamente, egli desidera.
Nel presente capitolo si è definito e illustrato un "modo di ricerca", e pertanto questo è il momento di porre due domande: Che cosa sto cercando? A quali problemi mi hanno condotto cinquant'anni di scienza?
Il modo della ricerca mi pare chiaro e potrebbe essere chiamato il "metodo del confronto doppio o multiplo".
Infine, tutto questo confrontare confronti era un crescendo che voleva preparare l'autore e il lettore alla riflessione sui problemi della Mente Naturale. Anche lì incontreremo il confronto creativo. La tesi platonica del libro è appunto che l'epistemologia è una metascienza indivisibile e integrata il cui oggetto è il mondo dell'evoluzione, del pensiero, dell'adattamento, dell'embriologia e della genetica: la scienza della mente nel senso più ampio del termine.
Confrontare questi fenomeni (confrontare il pensiero con l'evoluzione e l'epigenesi con entrambi) è il "modo di ricerca" della scienza detta “epistemologia”
Oppure, nel linguaggio di questo capitolo, possiamo dire che l'epistemologia è il sovrappiù che si ottiene combinando gli elementi di comprensione offerti da ciascuna di queste scienze genetiche.
Ma l'epistemologia è sempre e inevitabilmente "personale". La punta della sonda è sempre nel cuore dell'esploratore: qual è la "mia" risposta al problema della natura del conoscere? Io mi abbandono alla convinzione fiduciosa che il mio conoscere è una piccola parte di un più ampio conoscere integrato che tiene unita l'intera biosfera o creazione.