lunedì 10 ottobre 2011

Solitudine (l'Eremita) - IX Major


Quando accanto a noi non c'è nessuna "persona che conti", possiamo o sentirci soli, oppure godere la libertà che la solitudine porta con sé. Quando non troviamo alcun sostegno tra gli altri per le verità che percepiamo profondamente dentro di noi, possiamo sentirci isolati e amareggiati, oppure celebrare il fatto che la nostra visione è salda a sufficienza da sopravvivere al potentissimo bisogno umano di essere approvati dalla famiglia, dagli amici o dai colleghi. Se in questo momento ti stai confrontando con una situazione simile, sii consapevole di come scegli di vedere la tua "solitudine" e assumiti la responsabilità per la scelta che hai fatto. L'umile figura di questa carta brilla di una luce che nasce dall'interno. Uno dei contributi più significativi di Gautama Buddha alla vita spirituale dell'umanità è stato quello di ribadire ai suoi discepoli: "Sii una luce per te stesso". In fin dei conti, ognuno di noi deve sviluppare dentro di sé la capacità di farsi la propria strada attraverso l'ignoto, senza alcun compagno, mappa o guida.

Quando sei solo, non è che sei solo, è che ti senti isolato - ed esiste un'incredibile differenza tra l'essere soli e il sentirsi isolati. Quando ti senti isolato, pensi all'altro, ne senti la mancanza: si tratta di una condizione negativa. Hai la sensazione che le cose andrebbero meglio, se l'altro fosse presente - un amico, la moglie, la madre, la persona amata, il marito. Sarebbe meglio se l'altro fosse presente, ma l'altro non c'è. Sentirsi isolati è frutto dell'assenza dell'altro. La solitudine è la presenza di se stessi: è un fenomeno estremamente positivo. È una presenza, una presenza che straripa. Sei così carico di presenza che puoi colmarne l'intero universo, e quindi non hai bisogno di nessuno.

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