"Frattale 502" opera formata da 7 fratti assemblabili secondo infinite varianti |
21. Si giunge, in conclusione, al difficile compito di applicare quest'impostazione teorica al particolare fenomeno della psicoterapia. A questo punto le linee del nostro pensiero possono essere riassunte nel modo più conciso presentando e parzialmente risolvendo i problemi seguenti:
a) Vi è qualche indicazione che certe forme di psicopatologia siano caratterizzate in modo specifico da anormalità nel modo in cui il paziente tratta gli inquadramenti e i paradossi?
b) Vi è qualche indicazione che le tecniche psicoterapiche dipendano necessariamente dal modo di trattare gli inquadramentie i paradossi?
c) È possibile descrivere lo svolgimento di una data psicoterapia in termini dell'interazione fra l'uso anormale degli inquadramenti da parte del paziente e la loro manipolazione da parte del terapeuta?
22. In risposta alla prima domanda, sembra che l"insalata verbale' della schizofrenia possa essere descritta in termini dell'incapacità da parte del paziente di riconoscere la natura metaforica delle sue fantasie. In quelle che dovrebbero essere costellazioni triadiche di messaggi, il messaggio delimitatore (per esempio la frase 'come se') è omesso, e la metafora o la fantasia è narrata e impiegata in una maniera che sarebbe adeguata se la fantasia fosse un messaggio di specie più diretta. L'assenza dell'incorniciatura metacomunicativa,che è stata notata nel caso dei sogni, è caratteristica delle comunicazioni dello schizofrenico durante la veglia. Alla perdita della capacità di costruire cornici metacomunicative si accompagna anche una perdita della capacità di formulare messaggi più primari o primitivi; la metafora è trattata direttamente come un messaggio di tipo più primario.
23. La dipendenza della psicoterapia dai modi in cui sono trattati gli inquadramenti segue dal fatto che la terapia è un tentativo di mutare le abitudini metacomunicative del paziente. Prima della terapia, il paziente pensa e agisce in base a un insieme di regole per la costruzione e la comprensione dei messaggi; dopo una terapia riuscita, il paziente opera in base a un diverso insieme di regole. (In generale, regole di questo tipo non vengono verbalizzate e restano inconsce, sia prima sia dopo). Ne segue che, nello svolgimento della terapia, dev' essersi svolta comunicazione a un livello meta rispetto a queste regole; dev'essersi svolta comunicazione su un cambiamento delle regole.
Ma una siffatta comunicazione relativa al cambiamento non potrebbe in alcun modo verificarsi mediante messaggi del tipo permesso dalle regole metacomunicative del paziente, così com'erano prima o come sono dopo la terapia. È stata avanzata, sopra, l'ipotesi che i paradossi del gioco siano caratteristici di una fase evolutiva; qui avanziamo l'ipotesi che paradossi simili siano un ingrediente necessario di quel processo di cambiamento che chiamiamo psicoterapia.
In effetti la somiglianza tra il processo terapeutico e il fenomeno del gioco è profonda: ambedue avvengono all'interno di una cornice psicologica limitata, limite spazio-temporale di una classe di messaggi interattivi; tanto nel gioco quanto nella terapia i messaggi stanno in una relazione speciale e peculiare con una realtà più concreta o basilare. Proprio come lo pseudo-combattimento del gioco non è combattimento reale, così lo pseudo-amore e lo pseudo-odio della terapia non sono amore e odio reali. Il «transfert» è distinto dall'amore e dall'odio reali da segnali che si richiamano alla cornice psicologica, e in effetti è quest'inquadramento che permette al transfert di raggiungere la sua piena intensità e di essere discusso tra paziente e terapeuta.
Le caratteristiche formali della vicenda terapeutica possono essere illustrate mediante la costruzione di un modello in più fasi. Immaginiamo dapprima due giocatori che iniziano una partita a canasta secondo un normale insieme di regole. Finché queste regole vigano e non sono contestate dai due giocatori, il gioco non muta, cioè non interviene alcun cambiamento terapeutico. (In effetti molti tentativi terapeutici falliscono per questo motivo). Possiamo immaginare, tuttavia, che a un certo punto i due giocatori di canasta smettano di giocare e intavolino una discussione sulle regole. Il loro discorso è ora di un tipo logico diverso da quello del loro gioco; possiamo immaginare che, alla fine della discussione, essi si rimettano a giocare, ma con regole diverse.
Questa successione di eventi, tuttavia, è ancora un modello imperfetto dell'interazione terapeutica, per quanto illustri il nostro convincimento che la terapia implichi di necessità una combinazione di tipi logici di discorso tra loro diversi. I nostri giocatori immaginari hanno evitato il paradosso separando la discussione sulle regole dal gioco; ed è proprio questa separazione che è impossibile in psicoterapia. A nostro modo di vedere, la vicenda psicoterapica è un'interazione incorniciata tra due persone, in cui le regole sono implicite, ma suscettibili di cambiamento. Un tale cambiamento può essere proposto solo da un'azione sperimentale, ma una qualunque azione siffatta, in cui sia implicita una proposta di cambiamento delle regole, è essa stessa parte del gioco che si sta svolgendo. È da questa combinazione di tipi logici all'interno del singolo atto significativo che la terapia assume il carattere non di un gioco rigido com'è la canasta, ma al contrario di un sistema d'interazione che si evolve. Il gioco dei gattini o delle lontre ha questo carattere.
24. Allo stato attuale delle cose, si può dire molto poco sulla relazione specifica tra il modo in cui il paziente tratta le cornici e il modo in cui le manipola il terapeuta. Può essere tuttavia indicativo osservare che la cornice psicologica della terapia è analoga al messaggio che istituisce l'inquadramento e che lo schizofrenico è incapace di esprimere. Fare uso dell"insalata verbale' nella cornice psicologica della terapia è, in un certo senso, un fenomeno non patologico: in effetti il nevrotico è incoraggiato a far proprio questo, narrando i suoi sogni ed esprimendo le sue libere associazioni, in modo che paziente e medico possano giungere a una comprensione di questo materiale. Attraverso il procedimento dell'interpretazione, il nevrotico è condotto a inserire la clausola 'come se' nelle produzioni del suo processoprimario, produzioni che egli aveva prima riprovato o represso. Il paziente deve imparare che la fantasia contiene verità.
Per lo schizofrenico il problema è alquanto diverso. Il suo errore consiste nel trattare le metafore del processo primario come se esse possedessero la piena intensità della verità letterale. Attraverso la scoperta di ciò per cui stanno queste metafore, egli deve scoprire che si tratta solo di metafore.
25. Dal punto di vista del nostro progetto, tuttavia, la psicoterapia è solamente uno dei molti campi che stiamo cercando di investigare. La nostra tesi principale può essere riassunta in un'affermazione della necessità dei paradossi dell'astrazione. L'ipotesi che gli uomini potrebbero o dovrebbero obbedire alla teoria dei tipi logici nelle loro comunicazioni non sarebbe solo cattiva storia naturale; se non obbediscono alla teoria non è solo per negligenza o per ignoranza. Riteniamo, viceversa, che i paradossi dell'astrazione debbano intervenire in tutte le comunicazioni più complesse di quelle dei segnali di umore, e che senza questi paradossi l'evoluzione della comunicazione si arresterebbe. La vita sarebbe allora uno scambio senza fine di messaggi stilizzati, un gioco con regole rigide e senza la consolazione del cambiamento o dell'umorismo.
a) Vi è qualche indicazione che certe forme di psicopatologia siano caratterizzate in modo specifico da anormalità nel modo in cui il paziente tratta gli inquadramenti e i paradossi?
b) Vi è qualche indicazione che le tecniche psicoterapiche dipendano necessariamente dal modo di trattare gli inquadramentie i paradossi?
c) È possibile descrivere lo svolgimento di una data psicoterapia in termini dell'interazione fra l'uso anormale degli inquadramenti da parte del paziente e la loro manipolazione da parte del terapeuta?
22. In risposta alla prima domanda, sembra che l"insalata verbale' della schizofrenia possa essere descritta in termini dell'incapacità da parte del paziente di riconoscere la natura metaforica delle sue fantasie. In quelle che dovrebbero essere costellazioni triadiche di messaggi, il messaggio delimitatore (per esempio la frase 'come se') è omesso, e la metafora o la fantasia è narrata e impiegata in una maniera che sarebbe adeguata se la fantasia fosse un messaggio di specie più diretta. L'assenza dell'incorniciatura metacomunicativa,che è stata notata nel caso dei sogni, è caratteristica delle comunicazioni dello schizofrenico durante la veglia. Alla perdita della capacità di costruire cornici metacomunicative si accompagna anche una perdita della capacità di formulare messaggi più primari o primitivi; la metafora è trattata direttamente come un messaggio di tipo più primario.
23. La dipendenza della psicoterapia dai modi in cui sono trattati gli inquadramenti segue dal fatto che la terapia è un tentativo di mutare le abitudini metacomunicative del paziente. Prima della terapia, il paziente pensa e agisce in base a un insieme di regole per la costruzione e la comprensione dei messaggi; dopo una terapia riuscita, il paziente opera in base a un diverso insieme di regole. (In generale, regole di questo tipo non vengono verbalizzate e restano inconsce, sia prima sia dopo). Ne segue che, nello svolgimento della terapia, dev' essersi svolta comunicazione a un livello meta rispetto a queste regole; dev'essersi svolta comunicazione su un cambiamento delle regole.
Ma una siffatta comunicazione relativa al cambiamento non potrebbe in alcun modo verificarsi mediante messaggi del tipo permesso dalle regole metacomunicative del paziente, così com'erano prima o come sono dopo la terapia. È stata avanzata, sopra, l'ipotesi che i paradossi del gioco siano caratteristici di una fase evolutiva; qui avanziamo l'ipotesi che paradossi simili siano un ingrediente necessario di quel processo di cambiamento che chiamiamo psicoterapia.
In effetti la somiglianza tra il processo terapeutico e il fenomeno del gioco è profonda: ambedue avvengono all'interno di una cornice psicologica limitata, limite spazio-temporale di una classe di messaggi interattivi; tanto nel gioco quanto nella terapia i messaggi stanno in una relazione speciale e peculiare con una realtà più concreta o basilare. Proprio come lo pseudo-combattimento del gioco non è combattimento reale, così lo pseudo-amore e lo pseudo-odio della terapia non sono amore e odio reali. Il «transfert» è distinto dall'amore e dall'odio reali da segnali che si richiamano alla cornice psicologica, e in effetti è quest'inquadramento che permette al transfert di raggiungere la sua piena intensità e di essere discusso tra paziente e terapeuta.
Le caratteristiche formali della vicenda terapeutica possono essere illustrate mediante la costruzione di un modello in più fasi. Immaginiamo dapprima due giocatori che iniziano una partita a canasta secondo un normale insieme di regole. Finché queste regole vigano e non sono contestate dai due giocatori, il gioco non muta, cioè non interviene alcun cambiamento terapeutico. (In effetti molti tentativi terapeutici falliscono per questo motivo). Possiamo immaginare, tuttavia, che a un certo punto i due giocatori di canasta smettano di giocare e intavolino una discussione sulle regole. Il loro discorso è ora di un tipo logico diverso da quello del loro gioco; possiamo immaginare che, alla fine della discussione, essi si rimettano a giocare, ma con regole diverse.
Questa successione di eventi, tuttavia, è ancora un modello imperfetto dell'interazione terapeutica, per quanto illustri il nostro convincimento che la terapia implichi di necessità una combinazione di tipi logici di discorso tra loro diversi. I nostri giocatori immaginari hanno evitato il paradosso separando la discussione sulle regole dal gioco; ed è proprio questa separazione che è impossibile in psicoterapia. A nostro modo di vedere, la vicenda psicoterapica è un'interazione incorniciata tra due persone, in cui le regole sono implicite, ma suscettibili di cambiamento. Un tale cambiamento può essere proposto solo da un'azione sperimentale, ma una qualunque azione siffatta, in cui sia implicita una proposta di cambiamento delle regole, è essa stessa parte del gioco che si sta svolgendo. È da questa combinazione di tipi logici all'interno del singolo atto significativo che la terapia assume il carattere non di un gioco rigido com'è la canasta, ma al contrario di un sistema d'interazione che si evolve. Il gioco dei gattini o delle lontre ha questo carattere.
24. Allo stato attuale delle cose, si può dire molto poco sulla relazione specifica tra il modo in cui il paziente tratta le cornici e il modo in cui le manipola il terapeuta. Può essere tuttavia indicativo osservare che la cornice psicologica della terapia è analoga al messaggio che istituisce l'inquadramento e che lo schizofrenico è incapace di esprimere. Fare uso dell"insalata verbale' nella cornice psicologica della terapia è, in un certo senso, un fenomeno non patologico: in effetti il nevrotico è incoraggiato a far proprio questo, narrando i suoi sogni ed esprimendo le sue libere associazioni, in modo che paziente e medico possano giungere a una comprensione di questo materiale. Attraverso il procedimento dell'interpretazione, il nevrotico è condotto a inserire la clausola 'come se' nelle produzioni del suo processoprimario, produzioni che egli aveva prima riprovato o represso. Il paziente deve imparare che la fantasia contiene verità.
Per lo schizofrenico il problema è alquanto diverso. Il suo errore consiste nel trattare le metafore del processo primario come se esse possedessero la piena intensità della verità letterale. Attraverso la scoperta di ciò per cui stanno queste metafore, egli deve scoprire che si tratta solo di metafore.
25. Dal punto di vista del nostro progetto, tuttavia, la psicoterapia è solamente uno dei molti campi che stiamo cercando di investigare. La nostra tesi principale può essere riassunta in un'affermazione della necessità dei paradossi dell'astrazione. L'ipotesi che gli uomini potrebbero o dovrebbero obbedire alla teoria dei tipi logici nelle loro comunicazioni non sarebbe solo cattiva storia naturale; se non obbediscono alla teoria non è solo per negligenza o per ignoranza. Riteniamo, viceversa, che i paradossi dell'astrazione debbano intervenire in tutte le comunicazioni più complesse di quelle dei segnali di umore, e che senza questi paradossi l'evoluzione della comunicazione si arresterebbe. La vita sarebbe allora uno scambio senza fine di messaggi stilizzati, un gioco con regole rigide e senza la consolazione del cambiamento o dell'umorismo.
"Frattale 504" opera formata da 6 fratti assemblabili secondo infinite varianti |
(A Theory of Play and Fantasy, 1954) - 18-20
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