mercoledì 2 febbraio 2011
il Te del Tao: XIII - RESPINGERE LA VERGOGNA
XIII - RESPINGERE LA VERGOGNA
Favore e sfavore fanno paura,
pregiar la propria persona è gran sventura.
Che significa
favore e sfavore fan paura?
Il favore è un abbassarsi:
nell'ottenerlo s'ha paura,
di perderlo s'ha paura.
Questo significa
favore e sfavore fan paura.
Che significa
pregiar la propria persona è gran sventura?
La ragione per cui ho gran sventura
è che tengo alla mia persona,
se non tenessi alla mia persona
quale sventura avrei?
Per questo
a chi di sé fa pregio a pro del mondo
si può affidare il mondo,
a chi di sé ha cura a pro del mondo
si può confidare il mondo.
pregiar la propria persona è gran sventura.
Che significa
favore e sfavore fan paura?
Il favore è un abbassarsi:
nell'ottenerlo s'ha paura,
di perderlo s'ha paura.
Questo significa
favore e sfavore fan paura.
Che significa
pregiar la propria persona è gran sventura?
La ragione per cui ho gran sventura
è che tengo alla mia persona,
se non tenessi alla mia persona
quale sventura avrei?
Per questo
a chi di sé fa pregio a pro del mondo
si può affidare il mondo,
a chi di sé ha cura a pro del mondo
si può confidare il mondo.
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Tao
martedì 1 febbraio 2011
metodo del Tao inscatolato nero
Metalogo: "Che cos'è un istinto?"
Figlia: Papà, che cosa è una scatola nera?
Padre: una "scatola nera" è un accordo convenzionale tra gli scienziati per smettere di cercare di spiegare le cose a un certo punto. Credo che di solito è un accordo temporaneo.
F: Ma questo non suona come una scatola nera.
P: No, ma è così che si chiama. Le cose spesso non suonano come i loro nomi.
F: No.
P: E una parola che viene dagli ingegneri. Quando disegnano un diagramma di una macchina complicata, usano una specie di stenografia. Invece di disegnare tutti i dettagli, mettono una scatola per tutta una serie di pezzi e etichettano la scatola con quello che quel gruppo di pezzi dovrebbe fare.
F: Quindi una "scatola nera" è un'etichetta per quello che un sacco di cose dovrebbero fare ....
P: Esatto. Ma non è una spiegazione di come il sacco di cose funziona.
F: E la gravità?
P: è un'etichetta per quello che la gravità dovrebbe fare. Non è una spiegazione di come lo fa.
F: Oh.
Due sono i metodi che la scienza classica ha utilizzato con enorme successo per i sistemi semplici e complicati. Ci si chiede se queste metodologie possano essere utilizzate anche per i sistemi complessi.
Il primo, il riduzionismo e il suo inverso, il costruzionismo, è stato valutato inadeguato dal lavoro di Anderson.
Il secondo è il metodo della scatola nera, storicamente derivato dalla teoria dei sistemi in elettronica, ma ampiamente studiato e generalizzato nella prima cibernetica, in particolare da Ross Ashby.
Nell'approccio della scatola nera non conosciamo nulla dell'interno del sistema, possiamo accedervi unicamente attraverso degli ingressi dove introdurre degli in-put e osservare delle uscite per raccogliere degli out-put. Questa è una situazione molto comune in fisica, elettronica, teoria dei sistemi ma anche in biologia, medicina e psicologia, dove si sottopone al sistema una causa e si osservano gli effetti, uno stimolo e le relative reazioni etc. Ad esempio un'intero approccio della psicologia, il comportamentismo, è interamente basato sulla scatola nera, così come intere procedure di test farmacologici in medicina.
x
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f
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y
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input
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operazione
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output
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variabile indipendente
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funzione
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variabile dipendente
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causa
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legge naturale
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effetto
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premessa minore
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premessa maggiore
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conclusione
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stimolo
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organismo
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reazione
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motivo
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carattere
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azione
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obbiettivo
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sistema
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comportamento
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Un sistema a scatola nera è caratterizzato da una relazione tra gli input e gli output tramite un operatore f che ad ogni input x fornisce l'output y: y=f(x).
macchina determinata banale |
Se l'operatore f è conosciuto, tramite forma di funzione o di relazione output/input per tutti gli input di interesse, allora il sistema è completamente determinato. Viceversa, se f è sconosciuto, e questo vale nella quasi totalità dei casi, il modo per determinarlo è quello di introdurre dei valori di input agli ingressi e osservare i corrispondenti valori di output in uscita.
Von Foerster chiama la scatola nera "macchina" e divide le macchine in due categorie, quelle senza stati interni e quelle con stati interni, definendo le prime macchine banali e le seconde macchine non-banali.
Nelle macchine banali si introducono un certo numero di valori di input x1 x2 x3 ... e si raccolgono i corrispondenti valori di output y1 y2 y3... Se ad un valore di input xn corrisponde sempre e solo un valore di output yn allora la macchina è indipendente dalla storia (è un sistema senza memoria), è determinata in maniera sintetica, ovvero quella macchina è stata costruita per funzionare in quel modo specifico e solo in quello, è determinabile analiticamente, ovvero dato un certo numero di valori di input la macchina è completamente conosciuta e descrivibile, ed infine è prevedibile; per questo Von Foerster la definisce banale. Nell'esempio della figura se forniamo un input otterremo un output B, se forniamo B otteniamo C e così via, se riforniamo A al primo ingresso otteremo nuovamente B etc. In generale la macchina viene descritte tramite tabelle che associano ad ogni xi di interesse il corrispondente yi.
Se la macchina ha un solo ingresso ed una sola uscita, allora dato un valore x1 in ingresso con il corrispondente valore y1=f(x1) la macchina è completamente descritta per quel valore. Se abbiamo due ingressi e due valori di input x1 e x2 per descrivere completamente la macchina è necessario osservare le uscite con le permutazioni x1x1, x1x2, x2x1, x2x2. In generale se N è il numero degli ingressi (supposto uguale a quello delle uscite) il numero di configurazione degli ingressi da calcolare per descrivere completamente la macchina è NN. Per un macchina a 4 input e 4 output vi sono 44=256 configurazioni differenti da calcolare, per una con 10 input e 10 output vi sono 1010=10 miliardi di configurazioni; ammesso che per calcolarne una sia necessario un microsecondo, un milionesimo di secondo, ovvero che ogni configurazione sia calcolabile ad ogni MIPS, un computer degli anni 70 a 1 MIPS impiegava 10000 secondi, ovvero poco meno di tre ore per calcolare tutte le configurazioni possibili, uno degli anni 80 a 10 MIPS circa 16 minuti, un Pentium III meno di due minuti e un Pentium 4 circa 1 secondo. La macchina banale sembra quindi confermare l'affermazione di Atlan che per un sistema complicato, disponendo di sufficienti risorse di tempo e denaro, si possa giungere ad averne una conoscenza completa.
Come racconta Von Foerster quando compriamo una macchina qualsiasi - un'auto, un frullatore, una lavatrice - ci aspettiamo, e il venditore è pronto a confermarcelo, che sia una macchina banale; poi un giorno si gira la chiave e non succede niente, o si preme un bottone e si allaga la casa, allora andiamo dal meccanico o dal tecnico e gli chiediamo di rendere di nuovo la macchina banale.
Come racconta Von Foerster quando compriamo una macchina qualsiasi - un'auto, un frullatore, una lavatrice - ci aspettiamo, e il venditore è pronto a confermarcelo, che sia una macchina banale; poi un giorno si gira la chiave e non succede niente, o si preme un bottone e si allaga la casa, allora andiamo dal meccanico o dal tecnico e gli chiediamo di rendere di nuovo la macchina banale.
Il modello della scatola nera con macchine banali è ed è stato uno strumento di grande successo nell'analisi di sistemi semplici e complicati; la sua naturale estrapolazione è quella di aggiungere degli stati interni alla macchina per cercare di utilizzarla anche per sistemi complessi. La presenza di stati interni al sistema (con un solo stato interno si ha la macchina banale) è uno degli aspetti che caratterizza i sistemi complessi.
In questo caso il sistema a scatola nera è caratterizzato non più da uno ma da due operatori di ingresso/uscita: il primo y=f(x,z) fornisce il valore dell'output in funzione dell'input x e dello stato interno z, il secondo z=g(x,z1) fornisce il nuovo stato interno della macchina in funzione dell'input x e del precedente stato interno z1.
macchina a stati interni non-banale |
Procedendo come in precedenza con la macchina banale, fornendo un input x1 non è detto che l'output sia sempre y1, ma può essere un output y1z qualsiasi a seconda dello stato interno z che ha in quel momento la macchina, stato che può essere modificato da uno qualsiasi degli input.
Il numero di configurazioni che si devono calcolare per conoscere completamente la macchina con stati interni non è grande come nelle macchine banali, e neanche astronomico, è meta-astronomico. Nel caso di 2 input, 2 output e 2 stati interni le possibili configurazioni sono 216=65536, un numero facilmente calcolabile, ma al passo successivo con 4 input, 4 output e 2 stati interni le configurazioni diventano 28192=102466; per cercare di valutare questo numero considerando che l'età dell'universo (circa 13 miliardi di anni) espressa in secondi è circa 1017 secondi e che al 2010 il più potente supercomputer a multi-processori paralleli (Tianhe-1A con 186368 processori core Intel EM64T Xeon X56xx a 2930 MHz e memoria di 229376 GB) aveva una velocità di calcolo di circa 2500 petaFLOPS, ovvero circa 1018 operazioni in virgola mobile al secondo e supponendo che una configurazione di input possa essere calcolata con 10 FLOPS si ha che per calcolare il numero totale di 102466 configurazioni è richiesto un tempo 102432 volte l'età dell'universo.
Come dice Von Foerster: "...vi raccomando caldamente di non intraprendere una simile impresa...perdereste tempo, soldi...tutto".
La macchina non-banale è determinata in maniera sintetica come le banali, è dipendente dalla storia a causa dei suoi stati interni, è indeterminabile analiticamente, come evidente dall'esempio, ed infine è imprevedibile, come tutti i sistemi complessi.
La macchina non-banale è determinata in maniera sintetica come le banali, è dipendente dalla storia a causa dei suoi stati interni, è indeterminabile analiticamente, come evidente dall'esempio, ed infine è imprevedibile, come tutti i sistemi complessi.
MACCHINA BANALE
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MACCHINA NON BANALE
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input-output
stimolo-risposta |
Possiede uno stato interno che influenza ciò che farà. Quando si agisce su di essa, può modificare il suo stato interno. Se do lo stesso imput di prima, non è necessario che si comporterà nello stesso modo.
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È determinata in maniera sintetica: quando è stata costruita, si è determinato il modo in cui doveva funzionare.
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Determinata in maniera sintetica: possiamo costruirla come vogliamo
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Determinabile analiticamente: se la si analizza, essa produce un risultato determinabile.
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Indeterminabile analiticamente
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Indipendente dalla storia: qualunque si l’input che le si da, non lo ricorderà seguendo le stesse leggi della volta prima.
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Dipendente dalla storia
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Prevedibile: quando le si da un certo input, si sa ciò che farà la macchina.
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Imprevedibile.
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Come racconta Von Foerster Ross Ashby aveva costruito una macchina di questo tipo e se ne serviva per valutare gli studenti che chiedevano di lavorare con lui. Era una macchina con due input, due output e quattro stati interni e si presentava come una innocua scatolina di metallo con due interruttori (gli input), due lampadine (gli output) ed era alimentata a pile.
Durante il colloquio Ashby proponeva allo studente in modo noncurante: "Perchè non vedi di capire come funziona questa scatolina?". Lo studente non era molto impressionato - due interruttori, due luci - e incominciava a trafficare e a buttare giù tabelle di input/output. Mettiamo che questo avveniva alle tre del pomeriggio. Ashby tornava a casa verso le sei e ritornava in ufficio la mattina dopo alle sette. Se non trovava lo studente gli chiedeva poi "Com'è finita con quel problema?" e se lo studente gli diceva che era stato fino a mezzanotte a lavorarci, non aveva capito nulla e se n'era andato annoiato Ashby pensava "Non è il mio uomo!". Se invece trovava lo studente sfinito, insonne, con un colorito verdastro circondato da centinaia di tabelle gli diceva "Sei tenace, interessato, ma lascia che ti dia un consiglio: non riuscirai mai a risolvere questo problema".La semplice macchina di Ashby è forse l'oggetto fisico concreto che più può rappresentare il concetto matematico astratto di infinito. In genere la definizione di infinito è rappresentabile attraverso la nozione di limite, ma nella realtà fisica, anche considerando numeri astronomici quali, ad esempio la stima (incerta) del numero totale di atomi nell'universo visibile, pari a 1079 - 1085 , oppure la stima della capacità computazionale dell'intero universo calcolata da Lloyd in 10120 operazioni logiche elementari con un accumulo di informazione pari a 1090 bits, non si arriva ai numeri meta-astronomici di una semplice macchina non-banale di Ashby.
Computational capacity of the universe
Seth Lloyd
Phys.Rev.Lett. 88 (2002)
Merely by existing, all physical systems register information. And by evolving dynamically in time, they transform and process that information.The laws of physics determine the amount of information that a physical system can register (number of bits) and the number of elementary logic operations that a system can perform (number of ops). The universe is a physical system. This paper quantifies the amount of information that the universe can register and the number of elementary operations that it can have performed over its history. The universe can have performed no more than 10^120 ops on 10^90 bits
The Heinz von Foerster Page |
The W. Ross Ashby Digital Archive |
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GDPs
io sto bene, io sto male, io sto Tao
è una questione di qualità
o una formalità
non ricordo più bene, una formalità
come decidere di radersi i capelli
di eliminare il caffè, le sigarette
di farla finita con qualcuno
o qualcosa, una formalità una formalità
o una questione di qualità
io sto bene sto male
io non so come stare
io non so dove stare
non studio non lavoro non guardo la TV
non vado al cinema no faccio sport
io sto bene io sto male io non so
cosa fare non ho arte non ho parte
non ho niente da insegnare
è una questione di qualità
o una formalità
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Interludio Tao
il numero del Tao non è la quantità di Tao
IL NUMERO E' DIVERSO DALLA QUANTITA'.
Questa differenza è fondamentale per ogni genere di attività teoretica nelle scienze del comportamento, per ogni genere di speculazione su ciò che accade tra gli organismi o al loro interno come parte dei loro processi di pensiero.
I "numeri" sono il risultato del contare, le "quantità" sono il risultato del misurare. Si capisce quindi come i numeri possano essere precisi, poichè‚ fra ciascun intero e il successivo c'è discontinuità: fra il "due" e il "tre" c'è un salto. Nel caso della quantità questo salto non c'è; e poichè‚ nel mondo della quantità mancano i salti, è impossibile che le quantità siano esatte. Si possono avere esattamente tre pomodori; non si possono mai avere esattamente tre litri d'acqua. La quantità è sempre approssimata.
Anche quando la distinzione tra il numero e la quantità è chiara, vi è un altro concetto da riconoscere e distinguere sia dal numero sia dalla quantità. Per quest'altro concetto non esiste, credo, alcuna parola nella nostra lingua, quindi dobbiamo contentarci di ricordare che esiste un sottoinsieme di "strutture" o "configurazioni" ["patterns"] i cui elementi sono di solito chiamati “numeri”. Non tutti i numeri si ottengono contando e in effetti sono i numeri più piccoli e pertanto più comuni che spesso non vengono contati ma riconosciuti a colpo d'occhio come configurazioni. I giocatori di carte non si soffermano a contare i semi dell'otto di picche, anzi possono riconoscere le disposizioni caratteristiche dei semi fino al “dieci”.
In altre parole: il numero appartiene al mondo della struttura formale, della "Gestalt" e del calcolo numerico; la quantità appartiene al mondo del calcolo analogico e probabilistico.
Certi uccelli possono in qualche modo distinguere i numeri fino a sette, ma non si sa se ciò avvenga perchè‚ contano o perchè‚ riconoscono delle strutture. L'esperimento che più di ogni altro si approssimò alla verifica di questa differenza tra i due metodi fu compiuto da Otto Koehler con una cornacchia. L'uccello fu addestrato a fare quanto segue: si prepara un certo numero di tazzine con coperchèio, nelle quali vengono posti bocconi di carne. Alcune tazzine contengono un solo boccone, altre due o tre, altre nessuno. A parte c'è un piatto che contiene un numero di bocconi di carne superiore al numero complessivo di quelli contenuti nelle tazzine. La cornacchia impara a togliere il coperchèio da ciascuna tazzina così da poter mangiare i bocconi che vi si trovano. Quando ha mangiato tutta la carne delle tazzine, può andare al piatto e mangiare lo "stesso numero" di bocconi che ha trovato nelle tazzine. Se mangia dal piatto più carne di quella che era nelle tazzine, viene punita. Essa è in grado di apprendere questa procedura.
Ora la domanda è: la cornacchia conta i bocconi, oppure usa qualche altro metodo per identificarne il numero? L'esperimento è progettato con cura per costringere l'uccello a contare: le sue azioni vengono interrotte dall'atto necessario a sollevare i coperchèi e la sequenza è resa ancora più confusa dal fatto che alcune tazzine contengono più di un boccone e altre nessuno. Con questi accorgimenti lo sperimentatore ha tentato di impedire alla cornacchia di creare una qualche sorta di struttura o di ritmo mediante il quale riconoscere il numero dei pezzetti di carne. In questo modo l'uccello viene obbligato, per quanto è possibile farlo, a contare i bocconi.
Non è escluso, naturalmente, che il processo di prendere la carne dalle tazzine diventi una specie di danza ritmica, e che il ritmo venga in qualche modo ripetuto dall'uccello quando prende la carne dal piatto. La questione è probabilmente ancora irrisolta, ma nel complesso l'esperimento è piuttosto convincente e fa propendere per l'ipotesi che la cornacchia, più che riconoscere una qualche struttura nella disposizione dei bocconi o nella successione delle proprie azioni, conti effettivamente i pezzi di carne.
E' interessante osservare il mondo biologico nei termini posti dalla seguente domanda: i vari casi in cui si manifesta il numero debbono essere considerati come esempi di "Gestalt", di numero contato o di pura quantità? C'è una differenza piuttosto notevole, ad esempio, tra l'enunciato “Questa rosa semplice ha cinque petali e cinque sepali, anzi la sua simmetria è strutturata sul cinque” e l'enunciato “Questa rosa ha centododici stami, questa ne ha novantasette e quest'altra solo sessantaquattro”. Il processo che controlla il numero degli stami è sicuramente diverso da quello che controlla il numero dei petali o dei sepali. E' interessante notare invece che nella rosa doppia, dove a quanto pare alcuni degli stami si sono trasformati in petali, il procedimento per determinare il numero dei petali da produrre è in seguito a ciò passato da quello che normalmente limita a cinque il numero dei petali a qualcosa di simile al processo che determina la "quantità" degli stami. Possiamo dire che nella rosa semplice normalmente i petali sono “cinque”, ma gli stami sono “molti”, dove “molti” è una quantità variabile da rosa a rosa.
Tenendo presente questa differenza, possiamo ora osservare il mondo biologico e chiederci qual è il numero più grande che i processi di crescita possono trattare come struttura fissa e oltre il quale la cosa riguarda la quantità. Per quanto ne so, i 'numeri' più comuni nella simmetria delle piante e degli animali, specialmente nella simmetria radiale, sono il due, il tre, il quattro e il cinque.
Il lettore può divertirsi a raccogliere casi in natura di numeri rigidamente controllati oppure organizzati in una certa struttura formale. Sembra, per una qualche ragione, che i numeri più grandi siano limitati a successioni lineari di segmenti, come le vertebre dei mammiferi, i segmenti addominali degli insetti e la segmentazione anteriore dei lombrichi. (Dalla parte del capo la segmentazione è controllata in modo piuttosto rigido fino ai segmenti che portano gli organi genitali. Il loro numero varia da specie a specie, ma può arrivare fino a quindici. Scendendo oltre, la coda ha 'molti' segmenti). A queste osservazioni è interessante aggiungere il comune fenomeno che un organismo, una volta scelto un numero per la simmetria radiale di un qualche suo insieme di parti, ripeterà lo stesso numero in altre parti. Un giglio ha tre sepali, tre petali, sei stami e un ovario trilobato.
Ciò che pareva la bizzarria o la peculiarità di un'operazione umana - cioè che noi occidentali ricaviamo i numeri contando o riconoscendo strutture e configurazioni, mentre ricaviamo le quantità da una misurazione - sembra proprio, in fin dei conti, una sorta di verità universale. Tanto la cornacchia quanto la rosa sono costrette a mostrare che anche per loro - per la rosa nella sua anatomia e per la cornacchia nel suo comportamento (e ovviamente nelle segmentazioni delle sue vertebre) - esiste questa profonda differenza tra numeri e quantità.
Cosa significa ciò? Il problema è molto antico e risale certo a Pitagora, che si dice avesse incontrato una regolarità simile nella relazione tra le armoniche.
Per porre questi problemi possiamo servirci dell'esarettangolo discusso nel paragrafo 5. Abbiamo visto là che le componenti della descrizione potevano essere svariatissime. In quel caso sarebbe stata pura illusione attribuire a un "modo di organizzare" la descrizione una validità maggiore che a un altro. Ma per quanto riguarda le quantità e i numeri biologici sembra di essere davanti a qualcosa di più profondo. Questo caso differisce da quello dell'esarettangolo? E se sì, in che modo?
E' mia opinione che nessuno dei due casi è così banale come a prima vista potevano sembrare i problemi dell'esarettangolo. Ritorniamo alle verità eterne di sant'Agostino: "Ascoltate le parole tonanti pronunciate da questo santo verso il 400 d.C.: 'sette più tre fa dieci; sette più tre ha sempre fatto dieci; mai e in nessun modo sette più tre ha fatto qualcosa di diverso da dieci; sette più tre farà sempre dieci".
Sostenendo l'antitesi tra numeri e quantità indubbiamente mi avvicino all'asserzione di una verità eterna, e Agostino sarebbe certo d'accordo.
Tuttavia, potremmo replicare al santo: “Verissimo, sì. Ma è proprio questo ciò che vuoi e intendi dire? E' certamente anche vero che tre più sette fa dieci, che due più uno più sette fa dieci, che uno più uno più uno più uno più uno più uno più uno più uno più uno più uno fa dieci. In effetti, la verità eterna che tu cerchi di asserire è molto più generale e profonda del caso particolare di cui ti sei servito per esprimere quel profondo messaggio”. Ma possiamo convenire che la verità eterna, più astratta, è difficile da enunciare con precisione e senza ambiguità.
In altre parole, è possibile che dei vari modi di descrivere l'esarettangolo molti siano solo manifestazioni in superficie della stessa più profonda e più generale tautologia (considerando la geometria euclidea come un sistema tautologico).
Ritengo che sia corretto affermare non solo che le varie formulazioni descrittive dell'esarettangolo concordano alla fin fine su ciò che i descriventi credevano di vedere, ma anche che esiste un accordo su un'unica più profonda e generale tautologia nei cui termini sono organizzate le varie descrizioni.
In questo senso la distinzione tra numeri e quantità non è, credo, banale, e lo dimostra l'anatomia della rosa coi suoi “cinque” petali e i suoi “molti” stami, dove le virgolette indicano che i nomi dei numeri e delle quantità sono manifestazioni in superficie di idee formali immanenti nella rosa in crescita.
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