giovedì 17 febbraio 2011

la Perla del Tao


parlare del Tao

Gregory Bateson, photographer. Margaret Mead and Gregory Bateson working among the Iatmul
Tambunam, 1938, Gelatin silver print.
IL LINGUAGGIO SOTTOLINEA DI SOLITO SOLO UN ASPETTO DI QUALUNQUE INTERAZIONE.

Di solito ci esprimiamo come se una singola  “cosa” potesse  “avere” una qualche caratteristica. Diciamo che una pietra è  “dura”,  “piccola”,  “pesante”,  “gialla”,  “densa”,  “fragile”,  “calda”,  “in moto”,  “ferma”,  “visibile”,  “commestibile”,  “incommestibile”, eccetera.
Così è fatto il nostro linguaggio:  “La pietra è dura”, e via di seguito. E' un modo di parlare che va benissimo al mercato:  “Questa è una nuova marca”.  “Le patate sono marce”.  “Le uova sono fresche”.  “Il contenitore è rotto”.  “Il diamante è difettoso”.  “Un chilo di mele basterà”. E così via.
Ma nella scienza o nell'epistemologia questo modo di parlare non va bene. Per pensare correttamente è consigliabile supporre che tutte le qualità, gli attributi, gli aggettivi e così via si riferiscano almeno a due insiemi di interazioni temporali.
 “La pietra è dura” significa (a) che, colpita, essa si è dimostrata resistente alla penetrazione, e (b) che le "parti" molecolari della pietra sono in qualche modo tenute insieme da certe interazioni continue tra quelle stesse parti.
 “La pietra è ferma” è un commento sull'ubicazione della pietra rispetto all'ubicazione di chi parla e di altre eventuali cose in moto. E' anche un commento su fatti interni alla pietra: la sua inerzia, l'assenza di distorsione interna, l'assenza di attrito superficiale e così via.
Mediante la sintassi del soggetto e del predicato il linguaggio asserisce continuamente che le  “cose” in un certo modo  “hanno” qualità e attributi. Un modo di parlare più preciso sottolineerebbe che le  “cose” sono prodotte, sono viste separate dalle altre  “cose” e sono rese  “reali” dalle loro relazioni interne e dal loro comportamento rispetto ad altre cose e a chi parla.
E' necessario chiarire bene questa verità universale: le  “cose”, quali che siano nel loro mondo pleromatico e 'cosale', possono entrare nel mondo della comunicazione e del significato solo mediante i loro nomi, le loro qualità e i loro attributi (cioè mediante resoconti delle loro relazioni e interazioni interne ed esterne).

mercoledì 16 febbraio 2011

Pazienza (7 di Denari)


Ci sono momenti nei quali la sola cosa da fare è aspettare. Il seme è stato seminato, il bambino sta crescendo nel ventre, l'ostrica sta intessendo il granello di sabbia, tramutandolo in una perla. Questa carta ci ricorda che questo è un tempo in cui la sola cosa che ci venga richiesta è essere attenti, pazienti, in attesa. La donna qui raffigurata è proprio in quest'atteggiamento. Appagata, senza alcuna traccia d'ansia, è semplicemente in attesa. Attraverso tutte le fasi lunari che scorrono sopra la sua testa, rimane paziente, in profonda sintonia con i ritmi della luna, al punto da essersi praticamente unita a lei. La donna sa che è tempo di essere passivi, lasciando che la natura faccia il suo corso. Ma non è né assonnata né indifferente; sa che deve tenersi pronta per qualcosa di grande importanza. È un'epoca colma di mistero, come lo sono le ore che precedono l'alba. È un momento in cui la sola cosa da fare è aspettare.

Abbiamo dimenticato come aspettare: è uno spazio praticamente abbandonato. Essere in grado di aspettare il momento giusto è il nostro bene più prezioso. L'intera esistenza aspetta il momento giusto. Perfino gli alberi lo sanno - quando è tempo di fiorire e quando è tempo di far cadere le foglie ed ergersi nudi verso il cielo. Ancora conservano una loro bellezza in quella nudità, in attesa del nuovo fogliame, immersi in una fiducia profonda: il vecchio se n'è andato e ben presto arriverà il nuovo, e i nuovi germogli inizieranno a spuntare. Noi abbiamo dimenticato come aspettare: vogliamo tutto e in fretta. Questa è una grossa perdita per l'umanità... In silenzio e nell'attesa, qualcosa in te continua a crescere - il tuo essere autentico. E un giorno balzerà fuori e diventerà una fiamma, e annienterà la tua personalità: sarai un uomo nuovo! E questo uomo nuovo sa a quale grande cerimonia partecipa, conosce il nettare eterno della vita.

Un contemporaneo occidentale del Tao nel Tao

 Hendrick ter Brugghen (1588, Utrecht – 1629, idem)
  Eraclito1628
"Nel medesimo fiume non è possibile entrare due volte, né toccare due volte sostanza mortale nella medesima condizione: ma per la veemenza e la rapidità del cambiamento si dissolve e di nuovo si riunisce, o meglio: né di nuovo, né più tardi, ma contemporaneamente si raccoglie e si disperde, si avvicina e si allontana"

"Sebbene questa ragione (universale) sia sempre presente negli uomini, essi non se ne rendono conto, né prima di averla ascoltata, né dopo. Tutto accade secondo questa ragione: eppure essi, ogni volta che si provano, con parole o con atti del tipo di quelli di cui mi sto occupando, a distinguere nella natura una cosa dall'altra e a dire come ciascuna è, si comportano da inesperti. Ma la maggioranza degli uomini, anche da svegli, non hanno piena coscienza di ciò che fanno, allo stesso modo come non l'hanno quando dormono.

Una volta nati, desiderano vivere ed andare incontro al loro destino di morte: o piuttosto al riposo; e mettono al mondo figli, in modo che altri destini di morte si compiano.

La maggior parte degli uomini non comprendono queste cose quando si incontrano con esse, e non le conoscono neanche quando le imparano, anche se a loro sembra il contrario.

Una sola cosa gli uomini migliori preferiscono a tutte le altre: antepongono la gloria eterna alle cose caduche. I più pensano solo ad ingozzarsi come bestie.

Quest'ordine universale che è sempre lo stesso per tutti, non è stato fatto da qualcuno degli dèi o degli uomini, ma è sempre stato, è e sarà fuoco sempre vivo, che si accende e si spegne secondo giusta misura."

Eraclito di Efeso (535 - 475 a.c.)

cosa vediamo del Tao?

Uno dei campi della complessità dove si è concentrata al massimo la ricerca è quello della neurofisiologia del sistema della visione, ovvero come e cosa vediamo.
Il sistema visivo del cervello anatomicamente e fisiologicamente è ampiamente conosciuto:



L'immagine formata sulla retina dell'occhio e codificata  viene trasportata dal nervo ottico nel nucleo genicolato laterale (NGL), che ha sede nel talamo, da dove partono delle vie nervose verso la corteccia visiva (CV), la parte del cervello che elabora specificamente le informazioni che provengono dal nervo ottico. In particolare le immagini dell'occhio destro vengono elaborate dalla corteccia visiva nell'emisfero sinistro, e viceversa.
Il flusso di informazione visiva seguendo questo modello anatomico-funzionale viene rappresentato come:


Seguendo questo modello si sono dedicati migliaia (letteralmente) di lavori ed articoli. La conseguenza diretta di un modello di questo tipo è l'approccio rappresentazionista al cervello, schematizzato da Maturana e Varela con la figura di Cesare che guarda l'Aquila imperiale:

"L'aquila di Cesare viene rappresentata nel suo cervello attraverso il flusso di attività (il nastro di pellicola) che subisce un "trattamento" (da parte di qualche piccolo operatore) e che produce in seguito la prova comportamentale del riconoscimento grazie alla parola "aquila" (attraverso canne d'organo scelte accuratamente"
Un modello di questo tipo è anche quello che viene normalmente assunto dal senso comune: un oggetto fuori di noi viene rappresentato in qualche modo dentro la nostra testa; più tecnicamente ad un oggetto nel campo visivo si associano schemi di attività neuronale specifici, tipicamente nella corteccia visiva primaria. La conseguenza estrema avviene quando ci si immagina noi stessi, dove il noi stessi immaginato naturalmente immagina un se stesso e così via, come nella seguente figura di Von Foester, un caso di  solipsismo estremo:


In realtà il modello effettivo dei flussi di informazione visiva nel cervello è radicalmente diverso, si avvicina di più al seguente tipo (NPG: nucleo perigenicolato; Coll. Sup.: collicolo superiore; Ipo.: ipotalamo; FRM: formazione reticolare del mesencefalo):


dove si sono aggiunte quelle connessioni al NGL che non provengono solo dalla retina ma anche da altre sedi centrali del cervello, tra cui la stessa corteccia visiva. La conclusione è che meno del 20% dell'informazione che arriva al corpo genicolato proviene dalla retina. La situazione, dal punto di vista di un neurone del corpo genicolato, è più simile ad cocktail party più che ad un elemento lineare  di una catena di informazioni trasmessi dalla retina alla corteccia visiva. Inoltre, le frecce tratteggiate possono essere bidirezionali per l'informazione, ad esempio la corteccia visiva riceve informazioni dal corpo genicolato ma ne trasmette anche altre verso il corpo genicolato. La conclusione di Varela è:
"... nel sistema visivo ... non esiste un flusso complessivo, il sistema è organizzato in forma reticolare, e vi è una convergenza o coerenza simultanea di tutte le parti in questione."
Francisco J. Varela, Complessità del cervello e autonomia del vivente

martedì 15 febbraio 2011

lunedì 14 febbraio 2011

il Tao non torna indietro


LA CAUSALITA' NON OPERA ALL'INDIETRO.

Spesso la logica può essere invertita, l'effetto invece non precede la causa. Questa asserzione generale rappresenta un ostacolo per le scienze psicologiche e biologiche fin dai tempi di Platone e Aristotele. I greci erano inclini a credere in quelle che più tardi furono dette cause "finali". Essi ritenevano che la struttura o forma generata alla fine di una successione di eventi potesse essere considerata in qualche modo come causa del cammino seguito dalla successione. Ciò condusse a quella che si chiamò teleologia ("telos" significa il termine o lo scopo di una successione).
Il problema che si trovarono ad affrontare i teorici della biologia fu quello dell'adattamento. L'osservazione faceva concludere che il granchio aveva le chele per afferrare le cose. La difficoltà era sempre quella del ragionamento all'indietro, dallo scopo delle chele alla causa che le aveva fatte sviluppare. A lungo in biologia fu considerato eretico credere che le chele esistessero "perchè‚" erano utili: questa credenza conteneva l'errore teleologico, cioè un'inversione cronologica della causalità.
Il ragionamento lineale genera sempre o l'errore teleologico (secondo cui il processo è determinato dal fine) o il mito di una qualche entità regolatrice soprannaturale.
Il fatto è che quando i sistemi causali diventano circolari, un cambiamento in un punto qualsiasi del circolo può essere considerato "causa" di un cambiamento verificantesi successivamente in una qualsiasi variabile in un punto qualsiasi del circolo. Accade così che un aumento della temperatura della stanza possa essere considerato causa del cambiamento che avviene nell'interruttore del termostato, e per converso che l'azione del termostato possa essere considerata l'agente che regola la temperatura della stanza.