LA PAROLA NON SOSTITUISCE I GESTI
Quando l’esecuzione di una data funzione è affidata a qualche metodo nuovo e più efficace, il vecchio metodo va in disuso e decade. La tecnica di fabbricare armi lavorando la selce decadde quando vennero in uso i metalli.
Questo decadimento di organi e abilità per effetto della sostituzione evolutiva è un fenomeno sistemico necessario e inevitabile. Se, dunque, il linguaggio verbale fosse in un qualche senso un sostituto evolutivo della comunicazione cinetica e paralinguistica, ci si dovrebbe aspettare che i vecchi sistemi prevalentemente iconici fossero notevolmente decaduti. Ma evidentemente non è stato così. Al contrario, la cinetica dell’uomo è diventata più ricca e complessa, e il paralinguaggio è riccamente fiorito parallelamente all’evoluzione del linguaggio verbale. Tanto la comunicazione cinetica quanto il paralinguaggio sono stati elaborati in complesse forme artistiche, musicali, poetiche, di danza e via dicendo, e, anche nella vita quotidiana, le sottigliezze della comunicazione cinetica umana, della mimica facciale e dell’intonazione vocale superano di gran lunga tutto ciò che, per quanto se ne sa, possa fare qualunque altro animale. Il sogno dei logici, cioè che gli uomini debbano comunicare tra loro soltanto per mezzo di segnali discreti non ambigui, non si è avverato e probabilmente non si avvererà.
Avanzo l’ipotesi che questa fiorente evoluzione della cinetica e del paralinguaggio separata ma parallela a quella del linguaggio verbale indichi che la nostra comunicazione iconica provvede a funzioni del tutto diverse da quelle del linguaggio, e, di fatto, svolge funzioni che il linguaggio verbale non è adatto a svolgere.
Quando un giovane dice a una ragazza: «Ti amo», egli impiega delle parole per esprimere ciò che, in modo più convincente, è espresso dal tono della sua voce e dai suoi movimenti; e la ragazza, se ha un briciolo di buon senso, presterà più attenzione a quei segni accompagnatori che alle parole. Vi sono persone — attori professionisti, imbroglioni, e altri — capaci di usare la mimica e la comunicazione paralinguistica con un grado di controllo volontario paragonabile al controllo volontario che tutti noi riteniamo di possedere sull’impiego delle parole. Per queste persone, che possono mentire con la cinetica, la particolare utilità della comunicazione non verbale è ridotta. Per loro è un po’ più difficile essere sinceri, e ancora più difficile esser creduti sinceri. Essi sono intrappolati in un processo di restituzioni decrescenti, tale che, quando non sono creduti, cercano di aumentare la loro abilità nella simulazione della sincerità paralinguistica e cinetica. Sennonché è stata proprio quest’abilità che ha portato gli altri a diffidare di loro.
A quanto sembra, il discorso della comunicazione non verbale riguarda precisamente questioni di relazione — amore, odio, rispetto, timore, dipendenza, ecc. — tra l’io e un interlocutore, o tra l’io e l’ambiente, e la natura della società umana è tale che la falsificazione di questo discorso fa rapidamente insorgere patologie. Dal punto di vista dell’adattamento, è quindi importante che tale discorso venga svolto mediante tecniche relativamente inconscie e solo parzialmente soggette a controllo volontario. Nel linguaggio della neurofisiologia, i controlli di questo discorso debbono essere posti nel cervello in appendice ai controlli del linguaggio vero e proprio.
Se questa visione generale del problema è corretta, ne segue che la traduzione in parole di messaggi cinetici o paralinguistici introdurrà probabilmente una grossolana falsificazione dovuta sia all’umana propensione a tentare di falsificare le asserzioni relative ai ‘sentimenti’ e alle relazioni, sia alle distorsioni che insorgono quando i prodotti di un sistema di codificazione sono notomizzati in base alle premesse di un altro, sia — e in particolar modo — al fatto che tutte le traduzioni di questo tipo debbono dare al messaggio iconico, più o meno inconscio e involontano, l’aspetto di un’intenzione conscia.