giovedì 3 gennaio 2013

Tao e Qualità


È ora di riprendere il Chautauqua e di parlare della seconda ondata di cristallizzazione di Fedro, quella metafisica.
Quest'ondata fu una conseguenza delle sue divagazioni a briglia sciolta sulla Qualità. Si scatenò quando gli insegnanti del Dipartimento di Inglese, informati della loro squareness, posero a Fedro una domanda ragionevole: «Questa tua indefinita "Qualità " esiste nelle cose che osserviamo?» gli chiesero. «O è soggettiva e esiste soltanto nell'osservatore?». Era una domanda semplice, abbastanza normale, e non c'era di che affannarsi.
Ah! Non c'era di che affannarsi! Era il colpo di grazia, la domanda decisiva, di quelle che ti mettono al tappeto. Infatti, se la Qualità esiste nell'oggetto, allora bisogna spiegare perché gli strumenti scientifici sono incapaci di individuarla, e, a questo punto, o sei in grado di proporre degli strumenti che permettano di individuarla, o ti devi accontentare della spiegazione seguente: gli strumenti esistenti non la individuano perché tutto il tuo bel concetto di Qualità è un'enorme sciocchezza.
D'altra parte, se la Qualità è soggettiva, ed esiste solo nell'osservatore, vuoi dire che essa non è nient'altro che il nome che dai a quello che piace a te.
In sostanza, il Dipartimento di Inglese del Montana State College aveva messo Fedro davanti a quell'antica figura logica nota come dilemma. Il dilemma, che in greco significa «due premesse» , è stato paragonato alle corna di un toro.
Se Fedro accettava la premessa secondo cui la Qualità sarebbe oggettiva, egli veniva trafitto da uno dei due corni. Se accettava l'altra premessa, secondo cui essa sarebbe soggettiva, veniva trafitto dall'altro. Dato che la Qualità o è oggettiva o è soggettiva, Fedro sarebbe stato incornato comunque.
Comunque, grazie ai suoi studi di logica, egli era consapevole che ogni dilemma si presta non a due, ma a tre confutazioni classiche, e ne conosceva anche alcune di riserva che non erano così classiche. Poteva optare per il corno sinistro e confutare l'idea che l'oggettività implicasse l'osservabilità scientifica. Oppure poteva prendere il corno destro, e confutare l'idea che la soggettività facesse della Qualità solo una questione di gusti. Oppure poteva afferrare il toro per entrambe le corna e negare che la Qualità potesse essere solo oggettiva o soggettiva. Potete star certi che considerò attentamente tutte queste possibilità.
Oltre a queste confutazioni logiche classiche ce ne sono alcune illogiche, «retoriche». E Fedro, che era un retore, poteva disporre anche di queste.
Si può gettar sabbia negli occhi del toro. E Fedro l'aveva già fatto affermando che chi ignora la natura della Qualità da prova di incompetenza. Ora, è una vecchia regola logica che la competenza di chi parla non ha nulla a che vedere con la verità delle sue parole, per cui parlare di incompetenza era appunto gettar sabbia negli occhi. Il più grande imbecille del mondo può dire che il sole brilla e non per questo il sole si oscurerà. Socrate, quell'antico nemico della retorica, avrebbe annientato l'argomentazione di Fedro dicendogli: «Bene, accetto la tua premessa: io sono incompetente in materia di Qualità. E adesso, per piacere, spiega a un vecchio incompetente cos'è la Qualità. Altrimenti, come faccio a migliorare?».
Si può tentare di addormentare il toro con una ninna nanna. Fedro avrebbe potuto dire ai suoi interlocutori che la soluzione di questo dilemma era al di là delle sue umili capacità, ma che la sua incapacità di trovare una risposta non costituiva logicamente una prova che la soluzione non esistesse affatto. Perché non lo aiutavano loro a trovare la risposta, visto che erano tanto più esperti di lui? Ma ormai era troppo tardi. Rischiava solo di sentirsi rispondere: «No, siamo troppo square. Però tu, finché non avrai trovato una risposta, attieniti ai programmi dei corsi in modo che non ci tocchi bocciare i tuoi confusissimi studenti quando passeranno a noi il prossimo trimestre».
La terza alternativa retorica al dilemma, a mio avviso la migliore, era quella di rifiutarsi di scendere nell'arena. Fedro avrebbe potuto dire semplicemente: «Il tentativo di classificare la Qualità come soggettiva o oggettiva è un tentativo di definirla. E io ho già detto che è indefinibile» , e chiudere lì la questione.
Perché Fedro abbia disatteso questo consiglio decidendo di rispondere al dilemma in modo logico e dialettico invece che infilare la facile uscita del misticismo, non lo so proprio. Però posso immaginarmelo. Penso che prima di tutto egli abbia intuito che tutta la Chiesa della Ragione era irreversibilmente dentro all'arena della logica, e che rifiutando di usare le armi della logica si esclude la possibilità di essere presi in considerazione nel mondo accademico. Il misticismo filosofico, l'idea che la verità sia indefinibile e possa essere appresa soltanto con strumenti non razionali, ci ha accompagnato fin dall'inizio della storia. È alla base della pratica Zen. Ma non è un tema accademico. L'accademia, la Chiesa della Ragione, si occupa esclusivamente delle cose che possono essere definite, e se uno vuole fare il mistico, il suo posto è in un monastero, non in un'Università. Credo inoltre che, nella sua decisione di scendere in campo, abbia giocato anche un pizzico di narcisismo. Fedro era consapevole delle sue capacità logiche e dialettiche, anzi, ne andava orgoglioso, e il dilemma che gli veniva posto rappresentava una sfida alla sua abilità. Ora sono convinto che quel filo di narcisismo sia stato all'origine di tutti i suoi mali.

Il primo corno del dilemma di Fedro era il seguente: se la Qualità esiste nell'oggetto, come mai gli strumenti scientifici non riescono ad osservarla?
Questo era il corno più acuto. Le difficoltà che presentava erano mortali fin dall'inizio. Se Fedro avesse preteso di essere una specie di super-scienziato in grado di vedere negli oggetti quella Qualità che nessuno scienziato riusciva a individuare, avrebbe fatto la figura del pazzo o dell'imbecille. Al giorno d'oggi, le idee incompatibili con la conoscenza scientifica non hanno una vita facile.
Gli venne in mente l'affermazione di Locke secondo la quale nessun oggetto, scientifico o no, è conoscibile se non in base alle sue qualità. Questa verità irrefutabile sembrava suggerire che gli scienziati non riescono a individuare la Qualità negli oggetti perché la Qualità è l'unica cosa che riescono a individuare. L'«oggetto» è un costrutto intellettuale dedotto dalle qualità. Se questa risposta si dimostrava valida, spezzava di sicuro il primo corno del dilemma, e per un po' Fedro ne fu entusiasta.
Ma alla fine la risposta si rivelò falsa. La Qualità che Fedro e i suoi studenti avevano esaminato in classe era completamente diversa dalle qualità fisiche di colore, calore o durezza che si possono osservare in laboratorio. Quelle proprietà fisiche erano tutte misurabili con degli strumenti. La Qualità, così come la intendeva Fedro, in termini di «eccellenza» , «valore» , «bontà» , non era una proprietà fisica e non era misurabile. Si era lasciato ingannare da un'ambiguità del termine 'Qualità'. Fedro si chiese come mai esistesse quell'ambiguità, si propose di fare delle ricerche sull'etimologia del termine, e accantonò momentaneamente il problema.
Rivolse allora la sua attenzione all'altro corno del dilemma, che sembrava più facile da confutare. Ma come? La Qualità non è nient'altro che «quel che piace»? Trovava quest'idea esasperante. I grandi artisti della storia — Raffaello, Beethoven, Michelangelo — si erano quindi limitati a produrre opere che rispondessero ai gusti del tempo, senza altro scopo che quello di titillare i sensi in grande stile?
Fedro studiò la proposizione con estrema attenzione, con tutta la concentrazione che usava ogni volta che partiva all'attacco. E finalmente capì. Estrasse il coltello ed estirpò la locuzione che conferiva alla frase quel che di esasperante. Era «nient'altro che». Perché mai la Qualità dovrebbe essere nient'altro che quel che piace e perché «quel che piace» dovrebbe essere «nient'altro che» ? Era un termine puramente peggiorativo il cui contributo logico alla frase era nullo. Ora, con la sua eliminazione, la frase diventava: «La Qualità è quel che piace» , e il suo significato cambiava totalmente: diventava un'innocua banalità.
Fedro si chiese allora perché quella frase lo avesse esasperato. Gli era parsa così naturale. Come mai ci aveva messo tanto a capire che in realtà il suo significato era: «quello che piace non ha valore, o comunque non ha nessuna importanza». Cosa c'era dietro a questa gretta premessa? Sembrava la quintessenza di quella squareness che Fedro stava combattendo. I bambini venivano educati a non fare soltanto «quello che piaceva a loro», ma... ma cosa?... Ma certo! Quello che piaceva agli altri. E chi erano, gli altri? Genitori, insegnanti, direttori, poliziotti, giudici, ufficiali, re, dittatori. Cosi diventi uno schiavo molto più obbediente — un buono schiavo.
Ma supponiamo che tu non faccia altro che quello che piace a te. Significa forse che andrai a bucarti, a rapinare una banca o a stuprare vecchie signore? Bella idea davvero di quello che può piacere alla gente. Non si tiene conto che la gente potrebbe anche non rapinare le banche perché ne ha preso in considerazione le conseguenze. Le banche esistono innanzitutto perché «non sono altro che quel che piace alla gente» e, precisamente, delle fonti di credito. Fedro incominciò allora a domandarsi come mai questa condanna di «quel che piace» potesse sembrare tanto naturale. Ma ben presto si rese conto che quando la gente diceva: «Non fare soltanto quello che ti piace» non voleva dire: «Obbedisci all'autorità» e basta. Voleva dire anche qualcos'altro, qualcosa che rientrava nella concezione generale della scienza classica secondo la quale «quello che piace» è di scarsa importanza perché non è fatto che di emozioni irrazionali, del tutto personali. Fedro studiò a lungo quest'argomentazione, e la spezzò in due parti che definì materialismo scientifico e formalismo classico. Disse che queste due parti sono spesso associate nella Stessa persona ma che sul piano logico sono distinte.
Il materialismo scientifico, più comune tra i seguaci profani della scienza che tra gli scienziati veri e propri, sostiene che ciò che è composto di materia o di energia ed è misurabile con degli strumenti scientifici è reale, mentre tutto il resto è irreale, o quanto meno di scarsa importanza. «Quello che piace» non è misurabile, e pertanto non è reale. «Quello che piace» può essere indifferentemente un fatto o un'allucinazione. L'obiettivo fondamentale del metodo scientifico è quello di operare distinzioni valide tra il vero e il falso in natura, eliminare gli elementi soggettivi, irreali, e immaginari dell'attività umana in modo da ottenere un quadro oggettivo, vero, della realtà. Fedro, dicendo che la Qualità era soggettiva, per questo tipo di materialisti non faceva che affermare che la Qualità è immaginaria e che pertanto, in qualsiasi studio serio della realtà, essa può essere trascurata.
Dall'altra parte c'è il formalismo classico, che si picca d'affermare che quanto non viene compreso intellettualmente non viene compreso affatto, e in questo caso la Qualità diventa di scarsa importanza perché rappresenta una comprensione emotiva scissa dagli elementi intellettuali della ragione.
Di queste due fonti principali della locuzione «nient'altro che» , Fedro intuì che la prima era di gran lunga la più facile da demolire. Sapeva trattarsi di una concezione scientifica ingenua, e la attaccò per prima, valendosi della reductio ad absurdum. Questa forma di confutazione si basa sul fatto che se le conclusioni logiche che derivano da un insieme di premesse sono assurde, ne segue logicamente che almeno una delle premesse è assurda. Esaminiamo dunque, egli disse, che cosa segue da questa premessa: «qualsiasi cosa che non sia composta di massa-energia è irreale o di scarsa importanza».
Fedro usò come punto di partenza il numero zero. Lo zero, originariamente un numero indù, fu introdotto in occidente dagli arabi durante il Medio Evo, ed era sconosciuto agli antichi greci e ai romani. Come mai? si chiese Fedro. La natura aveva dunque nascosto lo zero con tanta abilità? Eppure si direbbe che lo zero sia proprio lì sotto il nostro naso. Fedro dimostrò che cercare di derivare lo zero da qualsiasi forma di massa-energia era assurdo, e poi fece la seguente domanda retorica: «Dobbiamo dunque concludere che lo zero non ha valore scientifico?». In questo caso i calcolatori, che funzionano esclusivamente in termini di uno e di zero, dovrebbero essere limitati solo agli uno? Era palesemente assurdo. … Se la soggettività viene eliminata come cosa di scarsa importanza, egli disse, allora con essa dev'essere eliminato tutto il corpo della scienza.
Comunque, questa confutazione del materialismo scientifico aveva lo svantaggio di situare Fedro nel campo dell'idealismo filosofico — Berkeley, Hume, Kant, Fichte, Schelling, Hegel, Bradley, Bosanquet —; buona compagnia, tutti logici fino all'ultima virgola, ma talmente difficili da difendere nel linguaggio del «senso comune» da rappresentare più un fardello che non un aiuto per la sua difesa della Qualità. L'affermazione che il mondo era tutto mente poteva anche essere una posizione sana da un punto di vista logico, ma certamente non lo era da un punto di vista retorico. Era troppo noiosa e difficile per degli studenti del primo anno. Troppo “azzardata”.
A questo punto, il corno soggettivo del dilemma gli parve altrettanto scialbo di quanto non fosse quello oggettivo, e un esame delle argomentazioni molto consistenti del formalismo classico non fece che peggiorare la situazione. Da esse si deduceva che non bisogna reagire ai propri impulsi emotivi ed immediati senza prendere in considerazione l'insieme del contesto razionale.
Ai bambini, per esempio, si dice: «non spendete tutti i soldi in gomma da masticare [impulso emotivo immediato], perché poi vi capiterà di volerli spendere per qualcos'altro [ottica più vasta]». Agli adulti si dice: «Questa cartiera può ben puzzare orribilmente anche con i migliori controlli [emozioni immediate], ma, se non ci fosse, tutta l'economia della città crollerebbe [ottica più vasta]». Se torniamo alla nostra vecchia dicotomia, questo si traduce in: «Non basate le vostre decisioni sul fascino superficiale e romantico, senza prendere in considerazione la forma classica soggiacente». E su questo Fedro era abbastanza d'accordo.
Quello che i formalisti classici intendevano dire con l'obiezione: «La Qualità non è nient'altro che quel che piace» era che questa «Qualità» soggettiva e indefinita che Fedro stava insegnando non era altro che fascino superficiale e romantico. Gli indici di popolarità stabiliti in classe potevano determinare se un componimento aveva un fascino immediato, d'accordo, ma si trattava di Qualità? La Qualità era dunque qualcosa che salta subito all'occhio, o non poteva essere qualcosa di più sottile, qualcosa di percepibile solo dopo un lungo periodo di studio?
Più Fedro esaminava quest'argomentazione più la trovava minacciosa per la sua tesi, perché essa pareva rispondere a una domanda che in classe gli era stata posta spesso: «Se tutti sanno cos'è la Qualità, come mai se ne discute tanto?».
Lui rispondeva in modo assai cavilloso che, benché la Qualità pura fosse la stessa per tutti, gli oggetti ai quali essa era inerente variavano a seconda degli individui. Fintanto che Fedro non definiva la Qualità non c'era modo di controbattere quest'affermazione, ma egli sapeva, come del resto lo sapevano gli studenti, che essa puzzava di imbroglio. Non rispondeva veramente alla domanda.
Adesso c'era un'altra spiegazione possibile: la gente non concordava sulla nozione di Qualità perché alcuni si basavano unicamente sulle loro emozioni immediate, mentre altri usavano la totalità della loro conoscenza. Fedro sapeva che questa seconda spiegazione sarebbe stata accolta all'unanimità dai professori di inglese perché rafforzava la loro autorità.
Ma era una spiegazione disastrosa. Invece di una Qualità unica e uniforme adesso pareva ce ne fossero due: una romantica, tutta sensazione, propria degli studenti; e una classica, risultato di una visione d'insieme, propria degli insegnanti. Una hip e una square. Quindi squareness non era l'assenza di Qualità; era la Qualità classica. Hipness non era semplicemente la presenza della Qualità; era la qualità romantica.
La piega che stavano prendendo le cose non gli piaceva. Il termine che doveva unificare la visione classica e quella romantica si era a sua volta spaccato in due e non poteva più unificare niente. Era finito dentro a un tritacarne analitico. Il coltello della soggettività-e-oggettività aveva tagliato la Qualità in due distruggendone il valore operativo. Se Fedro voleva salvarla, non poteva permettere al coltello di colpirla.
In realtà, la Qualità a cui si riferiva Fedro non era né la Qualità classica né la Qualità romantica, ma qualcosa che andava al di là sia dell'una che dell'altra. E per Dio, non era neanche soggettiva o oggettiva, trascendeva anche queste due categorie. In realtà, sottoporre la Qualità a questa dicotomia tra soggettività e oggettività, tra mente e materia non era giusto; il rapporto mente-materia ha costituito un impiccio intellettuale per secoli, e adesso lo stavano applicando alla Qualità per renderla inoperante. Come poteva Fedro dire se la Qualità era mente o materia quando non c'era alcuna chiarezza logica sulla natura di queste due entità?
Così Fedro respinse il corno sinistro. La Qualità non è oggettiva, disse. Non risiede nel mondo materiale.
E respinse anche il corno destro. La Qualità non è soggettiva, disse. Non risiede solo nella mente.
E per concludere, Fedro, seguendo una via che, per quanto ne sapeva, non era mai stata imboccata nella storia del pensiero occidentale, si gettò tra le corna del dilemma soggettività-oggettività e affermò che la Qualità non è né parte della mente, né parte della materia. È una terza entità, indipendente dalle altre due.
Lungo i corridoi e su e giù per le scale del College lo si sentiva cantare dolcemente tra sé e sé, quasi in un sussurro: «Santa, santa, santa... benedetta Trinità».

Il mondo, secondo Fedro, era dunque composto di tre elementi: mente, materia, e Qualità. Sulle prime, il fatto di non aver stabilito tra questi elementi alcun rapporto non lo turbò affatto. Se il rapporto tra mente e materia era oggetto di discussione da secoli e il problema non era ancora stato risolto, perché doveva essere proprio lui a dire, nel giro di poche settimane, qualcosa di conclusivo sulla Qualità? Sapeva benissimo che prima o poi la trinità metafisica di soggetto, oggetto e Qualità avrebbe dovuto essere interrelata, ma non aveva nessuna fretta. Era una tale soddisfazione essere riuscito a superare il pericolo di quelle corna, che Fedro si rilassò e se la godette il più a lungo possibile.
Alla fine, comunque, esaminò il problema più da vicino. Benché non ci sia alcuna obiezione logica all'ipotesi di una trinità metafisica, una realtà a tre teste, trinità del genere non sono né comuni né popolari. Il metafisico normalmente cerca o un principio monistico, come Dio, che spieghi la natura del mondo quale manifestazione di una singola entità, o un principio dualistico, come quello di mente-materia, o si affida al pluralismo, che considera la realtà come la manifestazione di un numero imprecisato di principi. Ma tre è un numero scomodo. Vien subito da chiedersi: «Perché tre principi, e in che rapporto sono tra loro?». Domanda che cominciò a incuriosire anche Fedro, non appena ebbe recuperato le forze.
Egli notò che, benché normalmente la Qualità sia associata agli oggetti, talvolta le sensazioni di Qualità si verificano senza la loro presenza. Questo, sulle prime, lo aveva indotto a pensare che forse la Qualità era soggettiva, ma d'altra parte il piacere soggettivo non era quello che lui intendeva per Qualità. La Qualità fa diminuire la soggettività. La Qualità fa uscire da se stessi, rende consapevoli del mondo circostante. La Qualità è l'opposto della soggettività.
Alla fine Fedro si rese conto che la Qualità non poteva essere collegata singolarmente né al soggetto né all'oggetto: la si riscontrava solo nel loro rapporto reciproco. La Qualità è il punto in cui soggetto e oggetto s'incontrano.
Fuochino.
La Qualità non è una cosa. È un evento.
Fuochetto.
È l'evento che vede il soggetto prendere coscienza dell'oggetto.
E dato che senza oggetto non ci può essere soggetto — sono gli oggetti che creano nel soggetto la coscienza di sé — la Qualità è l'evento che rende possibile la coscienza sia dell'uno che degli altri.
Fuoco!
Questo vuoi dire che la Qualità non è solo conseguenza di una collisione tra soggetto e oggetto. L'esistenza stessa di soggetto e oggetto è dedotta dall'evento Qualità. L'evento Qualità è causa del soggetto e dell'oggetto, erroneamente considerati causa della Qualità! E adesso finalmente aveva preso quel dannato dilemma per la gola.
«Il sole della Qualità» scrisse «non gira intorno ai soggetti e agli oggetti della nostra esistenza. Non si limita a illuminarli passivamente. Non è loro subordinato in nessun modo. È lui che li ha creati. Ed è a lui che essi sono subordinati!».
E nel momento in cui lo scrisse, seppe di aver raggiunto una sorta di culmine intellettuale al quale aspirava inconsciamente da molto, molto tempo.

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