Anni fa, prima che tanti treni su linee secondarie venissero soppressi, una donna dalla fronte alta e lentigginosa e una matassa crespa di capelli rossi, si presentò in stazione per informarsi riguardo alla spedizione di certi mobili.
L'impiegato faceva sempre un po' lo spiritoso con le donne, specie con quelle bruttine, che sembravano apprezzare.
- Mobili? - disse, come se nessuno avesse mai avuto prima un'idea simile. - Dunque, vediamo. Di che genere di mobili stiamo parlando?
- Un tavolo da pranzo con sei sedie. Una camera da letto completa, un divano, un tavolo basso, alcuni tavolini, una lampada a stelo. E anche una cristalliera e una credenza.
- Accidenti. Una casa intera.
- Non direi proprio, - ribatté lei. - Mancano le cose di cucina e ci sono mobili per una sola camera da letto.
Aveva tutti i denti ammucchiati davanti, come se fossero pronti a litigare.
- Le servirà il furgone, - fece lui.
- No, voglio spedirli per ferrovia. Vanno a ovest, nel Saskatchewan.
Gli si rivolgeva a voce alta, come se fosse sordo o scemo, e c'era qualcosa di strano nel modo in cui pronunciava le parole. Un accento. Olandese, pensò lui - c'era parecchio movimento di olandesi in quella zona -, anche se, delle donne olandesi, a questa mancava la stazza o la bella carnagione rosea o i capelli biondi. Poteva essere sotto i quaranta, ma che importanza aveva? Miss bellezza non doveva esserlo stata mai.
L'uomo si fece molto professionale.
- Prima di tutto le ci vorrà il furgone per trasferire la roba qui da dovunque si trovi. E poi, sarà meglio controllare che in questo posto nel Saskatchewan ci passi il treno. Se no, dovrò farla venire a prendere, che so, a Regina.
- E’ Gdynia, - disse. - Il treno ci passa.
Lui prese una guida cincischiata che stava appesa a un chiodo, e le chiese come si scriveva. Lei si servì della matita a sua volta legata a una corda e scrisse su un pezzo di carta estratto dalla borsetta: GDYNIA.
- E che razza di nome sarebbe?
Disse che non lo sapeva.
Le prese la matita per scorrere rigo a rigo.
- Un sacco di posti da quelle parti sono pieni di cechi, di ungheresi e di ucraini, - commentò. Mentre lo diceva gli venne in mente che la donna poteva essere una di loro. Be', e allora? Stava solo esprimendo un dato di fatto.
- Eccola qui. Tutto a posto. C'è la ferrovia.
- Sì, - disse lei. - Voglio spedire la roba venerdì. E’ possibile?
- Possiamo spedirla, ma non posso prometterle che arriverà in un certo giorno, - fece lui. - Tutto dipende dalle priorità. Ci sarà qualcuno a occuparsene quando arriva?
- Sì.
- E’ un treno misto, merci e passeggeri, quello di venerdì, delle quattordici e diciotto. Il furgone passa a ritirare la roba venerdì mattina. Lei abita qui in paese?
Annuì, mentre scriveva il suo indirizzo: 106, Exhibition Road.
Era da poco che in comune avevano distribuito i numeri civici, perciò lui non riusciva a immaginare il punto esatto, pur sapendo dove si trovava Exhibition Road. Se lei avesse fatto il nome di McCauley, in quel momento, l'uomo avrebbe forse mostrato maggior interesse, e le cose avrebbero magari preso una piega diversa. C'erano abitazioni nuove in quella zona, costruite dopo il conflitto, anche se la gente le chiamava le «case del tempo di guerra». Immaginò che si trattasse di una di quelle.
- Pagamento alla spedizione, - le disse.
- Voglio anche un biglietto per me sullo stesso treno. Venerdì pomeriggio.
- Stessa destinazione?
- Sì.
- Può viaggiare sullo stesso treno fino a Toronto, ma poi dovrà aspettare il transcontinentale che parte alle dieci e mezza di sera. Vuole un vagone letto o regolare? Nel vagone letto avrà la cuccetta, in quello regolare dovrà stare seduta.
Disse che seduta andava bene.
- A Sudbury dovrà aspettare il Montreal, ma senza scendere: smistano solo le carrozze, e le attaccano alla motrice del Montreal. Lo stesso a Port Arthur, e poi a Kenora. Lei resta sul treno fino a Regina; lì invece cambia, e prende il locale.
Annuì, come per dirgli di non farla lunga e di darle il biglietto.
Rallentando, lui disse: - Ma non le assicuro che i mobili arriveranno insieme a lei, anzi, credo che ci metteranno un paio di giorni in più. E’ questione di precedenze. Qualcuno viene a prenderla?
- Sì.
- Bene. Perché è probabile che non sia granché, come stazione. Da quelle parti, i paesi non sono come qui. Sono posti abbastanza rudimentali.
Pagò il suo biglietto, sfilando il denaro da un rotolo di banconote in un sacchetto di tela che teneva in borsa.
Come una vecchietta. Contò anche il resto. Ma non come avrebbe fatto una vecchia. Passò in rassegna rapidamente gli spiccioli sulla mano, ma era chiaro che non le stava sfuggendo un centesimo. Poi girò sui tacchi e se ne andò senza salutare.
- A venerdì, - le disse lui.
In quella tiepida giornata di settembre, la donna indossava un soprabito lungo e semplice, su scarpe sfondate coi lacci, e calzini alla caviglia.
L'impiegato si stava versando del caffè dal thermos quando lei tornò indietro e batté sul vetro dello sportello.
- I mobili che spedisco, - disse. - E tutta roba buona, come nuova. Non vorrei che si graffiassero, o si ammaccassero, che si danneggiassero, insomma. E non vorrei neppure che arrivassero puzzolenti di carro bestiame.
- Be', senta, - disse lui. - Qui in ferrovia siamo piuttosto esperti in fatto di spedizioni. Tendiamo a non usare gli stessi vagoni per mobili e maiali, ad esempio.
Marc Chagall, Io e il mio paese, 1911, MoMa, NYC |
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