giovedì 3 febbraio 2011

le Vie del Tao Complesso


Per raggiungere il punto che non conosci,
devi prendere la strada che non conosci.

In assenza di paradigmi per la complessità, con conseguente impossibilità di definire metodologie per definirla, descriverla e calcolarla/computarla in sostituzione/integrazione di quelle precedenti utilizzate dalla scienza classica, Edgar Morin ha proposto alcune vie alla complessità, o meglio alle complessità, dato che - naturalmente - la stessa complessità è complessa.
Morin afferma che la complessità si presenta come difficoltà e incertezza e non come chiarezza e risposta tipiche dei paradigmi della scienza classica. Il problema è quindi quello di rendersi conto se sia possibile rispondere alla sfida dell’incertezza e della complessità.
Oggi le scienze biologiche e fisiche sono caratterizzate da una crisi della spiegazione semplice e quindi quelli che sembravano i residui delle scienze umane come l'incertezza e il disordine fanno parte della problematica della conoscenza scientifica.
La complessità è un ostacolo, una sfida. Essa sembra negativa o regressiva perché implica la reintegrazione dell’incertezza in una conoscenza che stava andando verso la conquista della certezza assoluta, assoluto che non è più possibile.

Morin introduce alcune caratteristiche proprie della complessità:
  • il problema della contraddizione
Morin indica in Niels Bohr l'autore della maggior rottura logica della scienza. Formulando il principio di complementarietà nell'Interpretazione di Copenaghen della dualità quantistica onda di probabilità/particella per la prima vota nella storia della scienza ha rotto la logica classica aristoteliana del o/o introducendo con spettacolari risultati teorici e sperimentali la logica del e/e, passando da una logica singola ad una dialogica, ovvero accettando che due logiche indipendenti e duali coesistessero allo stesso tempo.
  • la limitazione della logica
Dopo la dimostrazione dei teoremi di incompletezza di Gödel e lo sviluppo della logica di Tarski è diventato evidente che nessun sistema di spiegazione può spiegarsi completamente da se.
  • il meta-complexus
Non è possibile accostarsi alla complessità tramite una definizione unica e preliminare ma è necessario seguire diverse vie, tanto diverse al punto che ci si può chiedere se ci siano molte e diverse complessità. Tutte le varie complessità si intrecciano insieme come fili per formare l’unità del la trama del tessuto della complessità. Si arriva così al complexus del complexus, ossia quel nucleo della complessità in cui le varie complessità si incontrano.
  • il pensiero multi-dimensionale
L’aspetto positivo che scaturisce dalla complessità, è la necessità di un pensiero multidimensionale e dialogico, dove in quest'ultimo due logiche, due nature sono connesse in un'unità senza che con ciò la dualità si dissolva in unità. La nozione di dialogica non è una nozione che permette di evitare i vincoli logici ed empirici ma tende ad affrontare la difficoltà, a combattere con il reale.
La sfida della complessità ci fa rinunciare per sempre al mito della chiarificazione totale dell'universo incoraggiandoci a continuare l'avventura della conoscenza che è un dialogo con l'universo.
Il fine della nostra conoscenza non è quello di chiudere ma è quello di aprire il dialogo con l'universo. Il Metodo della complessità ci chiede di pensare senza mai chiudere i concetti. La complessità è proprio la congiunzione di concetti che si combattono reciprocamente, convivere con la complessità e conflittualità cercando di non sprofondarvi dentro.
La complessità porta anche a pensare in forma organizzazionale ossia a capire come l’organizzazione non si risolva in poche leggi ma, al contrario, abbia bisogno di un pensiero complesso estremamente elaborato.

Le vie indicate da Morin che conducono verso la sfida della complessità sono:

LA VIA DELL’IRRIDUCIBILITA’ DEL CASO E DEL DISORDINE
caso e disordine sono presenti per forza di cose nell’universo e svolgono un ruolo attivo nella sua evoluzione, non siamo però in grado di risolvere l'incertezza arrecata dalle nozioni di disordine e caso. Lo stesso caso non è sicuro di essere un caso, ovvero un avvenimento accidentale di cui non si sanno spegare le cause.

IL SUPERAMENTO DEI LIMITI CHE ELIMINAVANO LA SINGOLARITA’, LA LOCALITA’ E LA TEMPORALITA’
non è possibile eliminare il singolare ed il locale ricorrendo all’universale. Anzi, è necessario connettere queste nozioni, ad esempio nella biologia contemporanea non  si considera  più la specie come un contesto generale entro il quale l’individuo è un caso singolare. Al contrario, si considera ogni specie vivente come una singolarità che produce singolarità all’interno delle più diverse organizzazioni fisico-chimiche che esistono. Bisogna connettere il singolare, il locale e l'universale.

LA VIA DELLA COMPLICAZIONE
questo problema è emerso nel momento in cui ci si è resi conto che i fenomeni biologici e sociali presentavano un numero infinito di interazioni e inter-retroazioni.

COMPLEMENTARITA’ TRA ORDINE, DISORDINE E ORGANIZZAZIONE
entra in gioco il concetto messo in atto da Von Foerster “Order fron Noise”: da un’agitazione disordinata possono nascere fenomeni organizzati.

LA VIA DELL’ORGANIZZAZIONE
l’organizzazione determina un sistema a partire da elementi differenti. Costituisce un unità e nello stesso tempo una molteplicità unitas multiplex: non bisogna dissolvere il molteplice nell’uno ne l’uno nel molteplice. Un sistema è qualcosa in più e qualcosa in  meno della somma delle sue parti. Qualcosa in più perché fa emergere delle qualità che senza l’organizzazione non esisterebbero; qualcosa in meno perché quest’organizzazione impone dei  vincoli che limitano alcune potenzialità che si trovano nelle singole parti. Le qualità che emergono, esercitano delle retroazioni sulle singole parti e possono stimolarle  e esprimere le loro potenzialità. Per esempio, la cultura, il linguaggio o l’educazione sono proprietà che possono esistere solo a livello della totalità sociale e, retroagendo sulle singole parti della società, consentono lo sviluppo della mente e dell’intelligenza degli individui.

PRINCIPIO OLOGRAMMATICO E ORGANIZZAZIONE RICURSIVA
nel campo della complessità emerge il principio ologrammatico: non solo la parte è nel tutto ma il tutto è nella parte. Per cercare di comprendere il fenomeno  si deve andare dalle parti al tutto e dal tutto alle parti adottando una spiegazione circolare e non lineare. L’ologramma è un immagine fisica che ha la qualità secondo la quale ogni suo punto contiene quasi tutta l’informazione della totalità; ad esempio la legislazione penale, il fatto che ogni cellula di un organismo contiene l'informazione genetica di tutto l'organismo.
Il principio ologrammatico va connesso al principio dell’organizzazione ricorsiva: un processo ricorsivo è un processo in cui i prodotti e gli effetti sono contemporaneamente cause e produttori di ciò che li produce. L’idea del ricorso è dunque un’idea di rottura con l’idea lineare di causa/effetto, di prodotto/produttore, di struttura/sovrastruttura; ad esempio la riproduzione produce individui che producono il ciclo di riproduzione.

LA CRISI DELLA CHIAREZZA E DELLA SEPARAZIONE NELLA SPIEGAZIONE
c’è una rottura con l’idea che la verità è data dalla chiarezza delle idee. La verità si manifesta anche nell’ambiguità e nell’apparente confusione. Non è più possibile effettuare una delimitazione tra scienza e non scienza, tra oggetto e soggetto, tra organismo e ambiente come avveniva in precedenza per la scienza sperimentale: essa prendeva un soggetto, lo estraeva dal suo contesto e lo collocava in un ambiente artificiale, lo modificava e poi controllava le sue modificazioni.
Oltre a non isolare un sistema auto-organizzato dal suo ambiente, bisogna connettere questo sistema al suo ambiente, ovvero ottenere una auto-eco-organizzazione. Il concetto di autonomia implica che un sistema sia allo stesso tempo aperto e chiuso (il risultato di un’operazione del sistema cade ancora entro i confini del sistema stesso). Questo tipo di sistema deve mantenere la propria individualità e originalità.

non è possibile eliminare l’osservatore dalle osservazioni che si fanno. Sempre tenendo in considerazione il principio ologrammatico, l’osservatore è nella società ma anche la società è nell’osservatore. Quindi l’osservatore deve integrarsi nella sua osservazione e nella sua concezione e deve cercare di intendere il proprio hic et nunc socioculturale. Principle of the integration of the observer: qualunque sia la teoria e di qualunque cosa essa tratti, deve rendere conto che l’osservatore ne fa parte: 

"... qualunque sia la teoria, e di qualunque cosa essa tratti, essa deve rendere conto di ciò che rende possibile la produzione della teoria stessa. Se in ogni modo non è in grado di rendere conto di ciò, deve pur sapere che il problema rimane posto."



mercoledì 2 febbraio 2011

Dialoghi Immortali del Tao: Ha mai preso in considerazione ... Willard ... delle vere libertà?


Willard: "Puzzava di morte lenta lì, di malaria, di incubi. Era sicuramente la fine del fiume"


Kurtz: Lei di dov'è Willard?
Willard: Sono dell'Ohio signore
Kurtz: È nato lì?
Willard: Si signore
Kurtz: Dove esattamente?
Willard: A Toledo signore
Kurtz: Quant'è distante dal fiume?
Willard: Dal fiume Ohio signore?
Kurtz: Uh uh...
Willard: Circa 200 miglia
Kurtz: Ho disceso il fiume una volta, quando ero ragazzo. C’è un posto, lungo il fiume, non ricordo più...deve essere stata una piantagione di gardenie, o forse di altri fiori un tempo ... è selvaggio, invaso da erbacce, ora. Ma per circa cinque miglia si sarebbe detto che il paradiso fosse caduto sulla terra sottoforma di gardenie ...
Ha mai preso in considerazione ... Willard ... delle vere libertà? ... libertà dalle opinioni altrui... perfino dalle proprie opinioni?
[non risponde]
Kurtz: Le hanno detto il perché, Willard, perché vogliono porre fine al mio comando?
Willard: Mi hanno inviato in missione segreta, signore
Kurtz: Non è più segreta ormai, non crede? Cosa le hanno detto?
Willard: Mi hanno detto che lei era completamente impazzito, e che i suoi metodi erano malsani
Kurtz: I miei metodi sono malsani?
Willard: Io non vedo alcun metodo, signore
Kurtz: Mi aspettavo qualcuno come lei. Lei cosa si aspettava?
[non risponde]
Kurtz: Lei è un assassino?
Willard: Sono un soldato
Kurtz: Né l’uno né l’altro. Lei è un garzone di bottega che è stato mandato dal droghiere a incassare i sospesi



quantità e struttura del Tao


LA QUANTITA' NON DETERMINA LA STRUTTURA.

In linea di principio è impossibile spiegare una qualunque struttura invocando un'unica quantità. Si osservi però che un "rapporto tra due quantità" è già l'inizio della struttura formale. In altre parole, quantità e struttura sono di tipo logico diverso e non armonizzano bene entro la stessa operazione di pensiero.
Ciò che appare come generazione di struttura da parte della quantità si manifesta là dove la struttura formale era latente prima che la quantità esercitasse i suoi effetti sul sistema. Un esempio noto è quello della tensione che spezza la catena nel suo anello più debole. Al variare di una quantità, la tensione, una differenza latente viene resa manifesta o, come direbbero i fotografi, viene sviluppata. Lo sviluppo di un negativo fotografico è appunto un rendere manifeste differenze latenti introdotte nell'emulsione fotografica da una precedente esposizione differenziale alla luce.
Immaginiamo un'isola con due montagne: una variazione quantitativa, un aumento, del livello del mare può trasformare quest'isola in due isole. Ciò accade nel momento in cui il livello del mare supera quello della sella tra le due montagne. Anche qui la struttura qualitativa era latente prima che la quantità vi esercitasse un effetto; e quando la forma è cambiata, il cambiamento è stato improvviso e discontinuo.
Vi è una forte tendenza, nelle spiegazioni, ad invocare quantità di tensione, di energia e altro per spiegare la genesi della struttura. Sono convinto che tutte queste spiegazioni siano improprie o errate. Dal punto di vista dell'agente qualsivoglia che impone un cambiamento quantitativo, qualunque cambiamento di struttura che potrà verificarsi sarà imprevedibile o divergente.

Tao Imperiale


http://www.glenngould.com/

il Te del Tao: XIII - RESPINGERE LA VERGOGNA


XIII - RESPINGERE LA VERGOGNA

Favore e sfavore fanno paura,
pregiar la propria persona è gran sventura.
Che significa
favore e sfavore fan paura?
Il favore è un abbassarsi:
nell'ottenerlo s'ha paura,
di perderlo s'ha paura.
Questo significa
favore e sfavore fan paura.
Che significa
pregiar la propria persona è gran sventura?
La ragione per cui ho gran sventura
è che tengo alla mia persona,
se non tenessi alla mia persona
quale sventura avrei?
Per questo
a chi di sé fa pregio a pro del mondo
si può affidare il mondo,
a chi di sé ha cura a pro del mondo
si può confidare il mondo.

divieto di affissione di Tao

martedì 1 febbraio 2011

metodo del Tao inscatolato nero

Metalogo: "Che cos'è un istinto?"

Figlia: Papà, che cosa è una scatola nera?
Padre: una "scatola nera" è un accordo convenzionale tra gli scienziati per smettere di cercare di spiegare le cose a un certo punto. Credo che di solito è un accordo temporaneo.
F: Ma questo non suona come una scatola nera.
P: No, ma è così che si chiama. Le cose spesso non suonano come i loro nomi.
F: No.
P: E una parola che viene dagli ingegneri. Quando disegnano un diagramma di una macchina complicata, usano una specie di stenografia. Invece di disegnare tutti i dettagli, mettono una scatola per tutta una serie di pezzi e etichettano la scatola con quello che quel gruppo di pezzi dovrebbe fare.
F: Quindi una "scatola nera" è un'etichetta per quello che un sacco di cose dovrebbero fare ....
P: Esatto. Ma non è una spiegazione di come il sacco di cose funziona.
F: E la gravità?
P: è un'etichetta per quello che la gravità dovrebbe fare. Non è una spiegazione di come lo fa.
F: Oh.













Due sono i metodi che la scienza classica ha utilizzato con enorme successo per i sistemi semplici e complicati. Ci si chiede se queste metodologie possano essere utilizzate anche per i sistemi complessi.
Il primo, il riduzionismo e il suo inverso, il costruzionismo, è stato valutato inadeguato dal lavoro di Anderson.
Il secondo è il metodo della scatola nera, storicamente derivato dalla teoria dei sistemi in elettronica, ma ampiamente studiato e generalizzato nella prima cibernetica, in particolare da Ross Ashby.

Nell'approccio della scatola nera non conosciamo nulla dell'interno del sistema, possiamo accedervi unicamente attraverso degli ingressi dove introdurre degli in-put e osservare delle uscite per raccogliere degli out-put. Questa è una situazione molto comune in fisica, elettronica, teoria dei sistemi ma anche in biologia, medicina e psicologia, dove si sottopone al sistema una causa e si osservano gli effetti, uno stimolo e le relative reazioni etc. Ad esempio un'intero approccio della psicologia, il comportamentismo, è interamente basato sulla scatola nera, così come intere procedure di test farmacologici in medicina.

x
f
y
input
operazione
output
variabile indipendente
funzione
variabile dipendente
causa
legge naturale
effetto
premessa minore
premessa maggiore
conclusione
stimolo
organismo
reazione
motivo
carattere
azione
obbiettivo
sistema
comportamento

Un sistema a scatola nera è caratterizzato da una relazione tra gli input e gli output tramite un operatore f che ad ogni input x fornisce l'output y: y=f(x).

macchina determinata banale
Se l'operatore f è conosciuto, tramite forma di funzione o di relazione output/input per tutti gli input di interesse, allora il sistema è completamente determinato. Viceversa, se f è sconosciuto, e questo vale nella quasi totalità dei casi,  il modo per determinarlo è quello di introdurre dei valori di input agli ingressi e osservare i corrispondenti valori di output in uscita.
Von Foerster chiama la scatola nera "macchina" e divide le macchine in due categorie, quelle senza stati interni e quelle con stati interni, definendo le prime macchine banali e le seconde macchine non-banali.
Nelle macchine banali si introducono un certo numero di valori di input x1 x2 x3 ... e si raccolgono i corrispondenti valori di output y1 y2 y3... Se ad un valore di input xn corrisponde sempre e solo un valore di output yn allora la macchina è indipendente dalla storia (è un sistema senza memoria), è determinata in maniera sintetica, ovvero quella macchina è stata costruita per funzionare in quel modo specifico e solo in quello, è determinabile analiticamente, ovvero dato un certo numero di valori di input la macchina è completamente conosciuta e descrivibile, ed infine è prevedibile; per questo Von Foerster la definisce banale. Nell'esempio della figura se forniamo un input otterremo un output B, se forniamo B otteniamo C e così via, se riforniamo A al primo ingresso otteremo nuovamente B etc. In generale la macchina viene descritte tramite tabelle che associano ad ogni xi di interesse il corrispondente yi.
Se la macchina ha un solo ingresso ed una sola uscita, allora dato un valore x1 in ingresso con il corrispondente valore y1=f(x1) la macchina è completamente descritta per quel valore. Se abbiamo due ingressi e due valori di input x1 e x2 per descrivere completamente la macchina è necessario osservare le uscite con le permutazioni x1x1, x1x2, x2x1, x2x2. In generale se N è il numero degli ingressi (supposto uguale a quello delle uscite) il numero di configurazione degli ingressi da calcolare per descrivere completamente la macchina è NN. Per un macchina a 4 input e 4 output vi sono 44=256 configurazioni differenti da calcolare, per una con 10 input e 10 output vi sono 1010=10 miliardi di configurazioni; ammesso che per calcolarne una sia necessario un microsecondo, un milionesimo di secondo, ovvero che ogni configurazione sia calcolabile ad ogni MIPS, un computer degli anni 70 a 1 MIPS impiegava 10000 secondi, ovvero poco meno di tre ore per calcolare tutte le configurazioni possibili, uno degli anni 80 a 10 MIPS circa 16 minuti, un Pentium III meno di due minuti e un Pentium 4 circa 1 secondo. La macchina banale sembra quindi confermare l'affermazione di Atlan che per un sistema complicato, disponendo di sufficienti risorse di tempo e denaro, si possa giungere ad averne una conoscenza completa.

Come racconta Von Foerster quando compriamo una macchina qualsiasi - un'auto, un frullatore, una lavatrice - ci aspettiamo, e il venditore è pronto a confermarcelo, che sia una macchina banale; poi un giorno si gira la chiave e non succede niente, o si preme un bottone e si allaga la casa, allora andiamo dal meccanico o dal tecnico e gli chiediamo di rendere di nuovo la macchina banale.

Il modello della scatola nera con macchine banali è ed è stato uno strumento di grande successo nell'analisi di sistemi semplici e complicati; la sua naturale estrapolazione è quella di aggiungere degli stati interni alla macchina per cercare di utilizzarla anche per sistemi complessi. La presenza di stati interni al sistema (con un solo stato interno si ha la macchina banale) è uno degli aspetti che caratterizza i sistemi complessi.

macchina a stati interni non-banale
In questo caso il sistema a scatola nera è caratterizzato non più da uno ma da due operatori di ingresso/uscita: il primo y=f(x,z) fornisce il valore dell'output in funzione dell'input x e dello stato interno z, il secondo z=g(x,z1) fornisce il nuovo stato interno della macchina in funzione dell'input x e del precedente stato interno z1.
Procedendo come in precedenza con la macchina banale, fornendo un input x1 non è detto che l'output sia sempre y1, ma può essere un output y1z qualsiasi a seconda dello stato interno z che ha in quel momento la macchina, stato che può essere modificato da uno qualsiasi degli input.
Il numero di configurazioni che si devono calcolare per conoscere completamente la macchina con stati interni non è grande come nelle macchine banali, e neanche astronomico, è meta-astronomico. Nel caso di 2 input, 2 output e 2 stati interni le possibili configurazioni sono 216=65536, un numero facilmente calcolabile, ma al passo successivo con 4 input, 4 output e 2 stati interni le configurazioni diventano 28192=102466; per cercare di valutare questo numero considerando che l'età dell'universo (circa 13 miliardi di anni) espressa in secondi è circa 1017 secondi e che al 2010 il più potente supercomputer a multi-processori paralleli (Tianhe-1A con 186368 processori core Intel EM64T Xeon X56xx a 2930 MHz e memoria di 229376 GB) aveva una velocità di calcolo di circa 2500 petaFLOPS, ovvero circa 1018 operazioni in virgola mobile al secondo e supponendo che una configurazione di input possa essere calcolata con 10 FLOPS si ha che per calcolare il numero totale di 102466 configurazioni è richiesto un tempo 102432 volte l'età dell'universo.
Come dice Von Foerster: "...vi raccomando caldamente di non intraprendere una simile impresa...perdereste tempo, soldi...tutto".
La macchina non-banale è determinata in maniera sintetica come le banali, è dipendente dalla storia a causa dei suoi stati interni, è indeterminabile analiticamente, come evidente dall'esempio, ed infine è imprevedibile, come tutti i sistemi complessi.

MACCHINA BANALE
MACCHINA NON BANALE
input-output
stimolo-risposta
Possiede uno stato interno che influenza ciò che farà. Quando si agisce su di essa, può modificare il suo stato interno. Se do lo stesso imput di prima, non è necessario che si comporterà nello stesso modo.
È determinata in maniera sintetica: quando è stata costruita, si è determinato il modo in cui doveva funzionare.
Determinata in maniera sintetica: possiamo costruirla come vogliamo
Determinabile analiticamente: se la si analizza, essa produce un risultato determinabile.
Indeterminabile analiticamente
Indipendente dalla storia: qualunque si l’input che le si da, non lo ricorderà seguendo le stesse leggi della volta prima.
Dipendente  dalla storia
Prevedibile: quando le si da un certo input, si sa ciò che farà la macchina.
Imprevedibile.

Come racconta Von Foerster Ross Ashby aveva costruito una macchina di questo tipo e se ne serviva per valutare gli studenti che chiedevano di lavorare con lui. Era una macchina con due input, due output e quattro stati interni e si presentava come una innocua scatolina di metallo con due interruttori (gli input), due lampadine (gli output) ed era alimentata a pile.
Durante il colloquio Ashby proponeva allo studente in modo noncurante: "Perchè non vedi di capire come funziona questa scatolina?". Lo studente non era molto impressionato - due interruttori, due luci - e incominciava a trafficare e a buttare giù tabelle di input/output. Mettiamo che questo avveniva alle tre del pomeriggio. Ashby tornava a casa verso le sei e ritornava in ufficio la mattina dopo alle sette. Se non trovava lo studente gli chiedeva poi "Com'è finita con quel problema?" e se lo studente gli diceva che era stato fino a mezzanotte a lavorarci, non aveva capito nulla e se n'era andato annoiato Ashby pensava "Non è il mio uomo!".  Se invece trovava lo studente sfinito, insonne, con un colorito verdastro circondato da centinaia di tabelle gli diceva "Sei tenace, interessato, ma lascia che ti dia un consiglio: non riuscirai mai a risolvere questo problema".


La semplice macchina di Ashby è forse l'oggetto fisico concreto che più può rappresentare il concetto matematico astratto di infinito. In genere la definizione di infinito è rappresentabile attraverso la nozione di limite, ma nella realtà fisica, anche considerando numeri astronomici quali, ad esempio la stima (incerta) del numero totale di atomi nell'universo visibile, pari a  1079 - 1085 , oppure la stima della capacità computazionale dell'intero universo calcolata da Lloyd in 10120 operazioni logiche elementari con un accumulo di informazione pari a 1090 bits, non si arriva ai numeri meta-astronomici di una semplice macchina non-banale di Ashby.

Computational capacity of the universe
Seth Lloyd
Phys.Rev.Lett. 88 (2002)
Merely by existing, all physical systems register information. And by evolving dynamically in time, they transform and process that information.The laws of physics determine the amount of information that a physical system can register (number of bits) and the number of elementary logic operations that a system can perform (number of ops). The universe is a physical system. This paper quantifies the amount of information that the universe can register and the number of elementary operations that it can have performed over its history. The universe can have performed no more than 10^120 ops on 10^90 bits

The Heinz von Foerster Page


The W. Ross Ashby Digital Archive