Definiti i fondamenti, gli assiomi e la struttura dell'interazione, la Scuola di Palo Alto di Watzlawick si è occupata in dettaglio della comunicazione patologica, sia per la sua importanza terapeutica, sia come esempio di analisi di strutture comunicative sia come contro-esempio della comunicazione ben-formata. L'analisi assume che gli assiomi della comunicazione umana implicano come corollari diverse patologie che hanno conseguenza pragmatica lo sviluppo di comportamenti individuali o di gruppo disturbati. Nello svolgere l'analisi gli autori definiscono una serie di strumenti descrittivi che sono alla base del modello sistemico-relazionale.
- Inesistenza della non-comunicazione
E’ lecito supporre che tentativi di non-comunicare si avranno in ogni contesto in cui si vuole, o si deve, evitare l’impegno inerente a ogni comunicazione. In questo senso una situazione tipica è l’incontro tra due estranei di cui uno vuole conversare mentre l’altro non lo vuole, ad esempio due passeggeri d’aereo seduti di fianco. Mettiamo che il passeggero A sia quello che non vuole parlare. Sono due le cose che non può fare: non può andarsene e non può non comunicare. La pragmatica di questo contesto di comunicazione sono evidentemente ristrette e consistono in:
“Rifiuto” della comunicazione
Con maniere più o meno brusche il passeggero A può far capire al passeggero B che non ha voglia di conversare. Ma per le regole della buona educazione questo è un modo d’agire riprovevole che richiede un certo coraggio e che provocherà un silenzio imbarazzato e piuttosto teso; in questo modo, inoltre, A non è certo riuscito a evitare, come voleva, una relazione con B.
Accettazione della comunicazione
Il passeggero A si rassegna a conversare. L’aspetto importante della decisione del passeggero A è che presto si renderà contro della saggezza di una regola militare secondo la quale “in caso di cattura dare soltanto il nome, il grado e il numero di matricola”; è infatti possibile che il passeggero B non sia affatto disposto a fermarsi a metà strada e voglia scoprire tutto su A, compresi i pensieri, i sentimenti, le convinzioni. E una volta che A ha cominciato a rispondere, troverà sempre più difficile fermarsi, come sa bene chi pratica il lavaggio del cervello.
Squalificazione della comunicazione
La squalificazione è una tecnica importante a cui A può ricorrere per difendersi: egli può comunicare in modo da invalidare le proprie comunicazioni o quelle dell’altro. Rientra in questa tecnica una vasta gamma di fenomeni della comunicazione: contraddirsi, cambiare argomento o sfiorarlo, dire frasi incoerenti o incomplete, ricorrere ad uno stile oscuro o usare manierismi, fraintendere, dare un’interpretazione letterale delle metafore e un’interpretazione metaforica di osservazioni letterali, etc...
Se da tutti i possibili punti di vista da cui si può considerare il comportamento scegliamo quello clinico, ci sia consentito di far rivelare che la comunicazione (comportamento) “folle” non è necessariamente la manifestazione di una mente malata, ma può essere l’unica reazione possibile a un contesto di comunicazione assurdo ed insostenibile.
Sintomo come comunicazione
Il passeggero A può ricorrere per difendersi alla loquacità di B anche facendo finta di aver sonno, di essere sordo o ubriaco, di non conoscere la lingua, o simulando qualsiasi altro stato di incapacità o qualunque difetto che giustifichino l’impossibilità di comunicare. Questa “strategia” diventa perfetta una volta che il soggetto ha convinto se stesso di essere alla mercè di forze che non può controllare, liberandosi così sia dalle fitte della propria coscienza sia dal biasimo delle altre persone che contano in quella situazione.
La teoria della comunicazione giudica un sintomo come un messaggio non verbale del tipo: "non sono io che non voglio (o che voglio) far questo, è qualcosa che non posso controllare, per esempio i nervi, la malattia, l’ansia, un difetto della vista, l'alcool, l'educazione che ho ricevuto, i comunisti, o mia moglie."
- Struttura di livello della comunicazione (contenuto e relazione)
Durante una seduta di terapia familiare congiunta una coppia raccontò questo episodio:
il marito, mentre era a casa da solo, aveva ricevuto una telefonata da un amico che doveva venire da quelle parti, e così si offrì di ospitarlo, sapendo che anche la moglie avrebbe fatto lo stesso. Nella seduta terapeutica di questa coppia fu esaminato il problema: sia il marito che la moglie erano d’accordo nell’ammettere che invitare l’amico fosse la cosa più giusta, e naturale da farsi. La loro perplessità sorgeva quando dovevano prendere atto che da un lato erano d’accordo, ma poi “chissà perché” non erano d’accordo su quello che sembrava essere lo stesso punto.
il marito, mentre era a casa da solo, aveva ricevuto una telefonata da un amico che doveva venire da quelle parti, e così si offrì di ospitarlo, sapendo che anche la moglie avrebbe fatto lo stesso. Nella seduta terapeutica di questa coppia fu esaminato il problema: sia il marito che la moglie erano d’accordo nell’ammettere che invitare l’amico fosse la cosa più giusta, e naturale da farsi. La loro perplessità sorgeva quando dovevano prendere atto che da un lato erano d’accordo, ma poi “chissà perché” non erano d’accordo su quello che sembrava essere lo stesso punto.
In verità i punti in questione erano due:
1. azione nella situazione (invito);
2. relazione tra i comunicanti (chi doveva prendere l’iniziativa senza consultare l’altro).
Il secondo punto era quello che non era facile risolvere con il modulo numerico perché presupponeva che il marito e la moglie fossero in grado di parlare sulla loro relazione, ovvero di metacomunicare.
Il disaccordo può manifestarsi a livello di contenuto o a livello di relazione; è chiaro però che le due forme dipendono l’una dall’altra.
A dispetto del loro disaccordo, due individui debbono finire la loro relazione che può essere o complementare o simmetrica.
Definizione del sé e dell’altro
La persona P dà la definizione di sé ad O. P può farlo in diversi modi, ma qualunque cosa comunichi e comunque la comunichi a livello di contenuto, il prototipo della sua comunicazione sarà: “Ecco come mi vedo”.
La comunicazione umana consente tre possibili reazioni da parte di O alla definizione che P ha dato di sé; e tutte e tre sono di grande importanza per la pragmatica della comunicazione umana:
La comunicazione umana consente tre possibili reazioni da parte di O alla definizione che P ha dato di sé; e tutte e tre sono di grande importanza per la pragmatica della comunicazione umana:
Conferma
O può accettare la definizione che P ha dato di sé. Per quanto sorprendente possa sembrare, senza l’effetto che produce la conferma del sé è difficile che la comunicazione avrebbe potuto svilupparsi oltre i confini assai limitati degli scambi indispensabili per la difesa e la sopravvivenza. L’uomo deve comunicare con gli altri per avere la consapevolezza di sé. La verifica sperimentale di questa ipotesi intuitiva ci viene sempre più fornita dalle ricerche sulla privazione sensoriale che mostrano come l’uomo non riesca a mantenere la propria stabilità emotiva per periodi prolungati comunicando solo con se stesso;
Rifiuto
O può rifiutare la definizione che P ha dato di sé. Ma il rifiuto presuppone il riconoscimento, sia pure limitato, di quanto si rifiuta e quindi esso non nega necessariamente la realtà del giudizio di P su di sé;
Disconferma
O può disconfermare la definizione che P ha dato di sé. La disconferma non si occupa della verità o della falsità della definizione che P ha dato di sé, ma piuttosto nega la realtà di P come emittente di tale definizione. Se paragonassimo la conferma e il rifiuto del sé ai concetti di verità e falsità, la disconferma dovrebbe corrispondere al concetto di indecidibilità che è di un ordine logico diverso. W. James scrisse: “Se fosse realizzabile, non ci sarebbe pena più diabolica di quella di concedere ad un individuo la libertà assoluta dei suoi atti in una società in cui nessuno si accorga mai di lui” .
Livelli di percezione interpersonale
Nel discorso a livello di metacomunicazione abbiamo dunque un messaggio di P ad O: “Ecco come ti vedo” che è seguito da un messaggio di O a P: “Ecco come ti vedo”. A questo messaggio P risponderà con un messaggio che asserisce tra l’altro: “Ecco come vedo che mi vedi” e O con il messaggio: “Ecco come vedo che mi vedi che ti vedo”. Questa catena regredente in teoria è infinita, anche se in pratica ci limitiamo ad occuparci di messaggi che non sono di un ordine più elevato di astrazione di quello citato.
Impenetrabilità
La disconferma del sé da parte dell’altro è soprattutto la conseguenza di una particolare mancanza di consapevolezza delle percezioni interpersonali a cui A. R. Lee dà il nome di “impenetrabilità” (imperviousness) e la definisce così: “Dato che la percezione interpersonale si ha a molti livelli, anche l’impenetrabilità può presentarsi a vari livelli; e ad ogni livello di percezione è possibile che corrisponda un analogo livello di non-percezione o impenetrabilità. Ogni volta che viene meno una precisa consapevolezza (cioè quando si ha impenetrabilità), sono sempre pseudo-problemi quelli su cui riferiscono le parti di una diade [...] E’ un’armonia presunta, priva di ogni fondamento reale, quella che le parti raggiungono, come sono presunti e senza alcuna base concreta i disaccordi su cui si accendono le loro dispute” .
A. R. Lee prosegue dimostrando che l’impenetrabilità può aversi al primo livello della gerarchia: al messaggio di P “Ecco come ti vedo” O risponde “Ecco come ti vedo”, in un modo cioè che non concorda con la definizione che P dà di sé. E’ possibile allora che P concluda che O non lo capisce mentre O da parte sua può presumere che P si senta capito da lui. In questo caso O non è in disaccordo con P, ma ignora o fraintende il messaggio di P (situazione di disconferma). Si può dire che si abbia un secondo livello di impenetrabilità quando P non si accorge che il suo messaggio non è giunto ad O; cioè P non trasmette con precisione “Ecco come ti vedo che tu vedi me”. A questo livello, dunque, accade che all’impenetrabilità si reagisca con l’impenetrabilità.
- Punteggiatura della sequenza
Se non si risolvono le discrepanze relative alla punteggiatura delle sequenze di comunicazione l’interazione a cui inevitabilmente si giunge è un vicolo cieco dove alla fine vengono lanciate accuse reciproche di cattiveria e di follia.
E’ naturale che le discrepanze, relative alla punteggiatura della sequenza di eventi, si presentino in tutti quei casi in cui almeno uno dei comunicanti non ha lo stesso grado di informazione dell’altro tuttavia senza saperlo (Es. Una lettera spedita ma mai arrivata).
Alla radice dei conflitti di punteggiatura è probabile che ci sia la convinzione che esista soltanto una realtà, il mondo come lo vedo io, e che ogni opinione diversa dalla mia dipenda necessariamente dalla irrazionalità dell’altro o dalla sua mancanza di buona volontà. I casi di comunicazione patologica sono circoli viziosi che non si possono infrangere a meno che (e finché) la comunicazione stessa non diventi l’oggetto della comunicazione, ovvero finché i comunicanti non siano in grado di metacomunicare. Ma per esserne capaci devono uscire fuori dal circolo.
Causa ed effetto
Per la pragmatica della comunicazione la differenza tra l’interazione delle nazioni o quella degli individui è minima o nulla una volta che le discrepanze di punteggiatura hanno portato a visioni diverse dalla realtà (in cui va esclusa la natura della relazione) e quindi al conflitto internazionale o interpersonale.
Profezia che si autodetermina
Il concetto di “profezia che si autodetermina” (self-fulfilling prophecy), dal punto di vista dell’interazione è forse il fenomeno più interessante nel settore della punteggiatura. Nella comunicazione, il “dare la cosa per scontata”, si può considerare l’equivalente della “profezia che si autodetermina”.
E’ il comportamento che provoca negli altri una reazione alla quale quel dato comportamento sarebbe la risposta adeguata. Per esempio, una persona che agisce in base alla premessa “non piaccio a nessuno”, si comporterà in modo sospettoso, difensivo o aggressivo, ed è probabile che gli altri reagiscano con antipatia al suo comportamento, confermando la premessa da cui il soggetto era partito.
- Errori nella “traduzione” del materiale analogico in numerico
Il materiale del messaggio analogico manca di molti elementi che invece ha il linguaggio numerico, tra cui la morfologia e la sintassi. Quando traduce messaggi analogici in numerici, il traduttore deve necessariamente aggiungere e inserire gli elementi mancanti; analogamente, per interpretare i sogni è necessario introdurre la struttura numerica nel caleidoscopio delle immagini oniriche.
Il materiale del messaggio analogico ha molti aspetti contradditori; si presta ad interpretazioni numeriche assai diverse e spesso del tutto incompatibili. Non si tratta soltanto della difficoltà che il trasmettitore incontra per dare una veste verbale alle proprie comunicazioni analogiche, ma se sorge una controversia interpersonale sul significato di un particolare dettaglio della comunicazione analogica, è probabile che uno dei partner introduca il tipo di numerazione che gli consente di mantenere l’opinione che egli ha della natura della relazione.
Anche quando la traduzione sembra adeguata, la comunicazione numerica a livello di relazione può restare curiosamente poco persuasiva:
Bateson sostiene che uno degli errori fondamentali che si compiono quando si traduce da un modulo di comunicazione in un altro sia quello di supporre che un messaggio analogico sia per natura assertivo o denotativo, proprio come lo sono i messaggi numerici.
Bateson sostiene che uno degli errori fondamentali che si compiono quando si traduce da un modulo di comunicazione in un altro sia quello di supporre che un messaggio analogico sia per natura assertivo o denotativo, proprio come lo sono i messaggi numerici.
Tutti i messaggi analogici sono invocazioni di relazione e sono quindi proposte che riguardano le regole future della relazione. L’argomento di G. Bateson è che con il mio comportamento posso accennare o proporre che voglio amare, odiare, combattere, etc..., ma tocca a voi attribuire alle mie proposte il futuro valore di verità positivo o negativo.
Nel tradurre il materiale analogico in numerico, bisogna introdurre funzioni di verità logiche che mancano al modulo analogico. Tale assenza si nota maggiormente quando si deve negare. E’ semplice trasmettere il messaggio analogico “Ti aggredirò”, ma è estremamente difficile segnalare “Non ti aggredirò”, come è difficile se non impossibile introdurre negazioni nei calcolatori analogici.
La disperazione di essere respinto e di non poter dimostrare di non aver l’intenzione di far del male porta alla violenza, anche se l’intenzione è assolutamente benevola (Es. Cercare di accarezzare un gatto che scappa da noi sempre).
Se si osserva come si comportano gli animali in tali circostanze, si giunge alla conclusione che l’unico modo di risolvere il problema (“come segnalare la negazione”) sia anzitutto quello di mostrare e proporre l’azione che si vuol negare e poi di non portarla a termine. Soltanto in apparenza questo comportamento (indubbiamente interessante) è “irrazionale”; si può osservarlo comunque non solo nell’interazione tra animali ma anche a livello umano.
Il rituale può fungere da intermediario tra la comunicazione analogica e quella numerica, in quanto simula il materiale del messaggio ma in modo stilizzato e ripetitivo che è sospeso tra l’analogia e il simbolo. I materiali analogici sono spesso formalizzati nei rituali delle società umane; quando questo materiale viene canonizzato si avvicina molto alla comunicazione simbolica o numerica e curiosamente mostra quasi di coincidere con essa.
Nell’isteria si ha una ritraduzione dal materiale del messaggio già numericizzato nel modulo analogico.
Tutta l’opera di C. G. Jung dimostra che il simbolo si manifesta laddove ciò che chiamiamo “numerizzazione” non è ancora possibile. Ma si ricorre ai simboli anche quando non è più possibile usare il modulo numerico - e questo si verifica tipicamente quando una relazione minaccia di evolversi in zone socialmente e moralmente tabù come l’incesto.
- Patologie potenziali dell’interazione simmetrica e complementare
Nella comunicazione la simmetria e la complementarità non sono in se stesse e da sole “buone” o “cattive”, “normali” o “anormali”, etc... I due concetti si riferiscono semplicemente alle due categorie fondamentali in cui si possono dividere tutti gli scambi di comunicazione.
Escalation simmetrica
In una relazione simmetrica è sempre presente il pericolo della competitività. Sia negli individui che nelle nazioni, l’uguaglianza sembra più rassicurante se si riesce ad essere un po’ “più uguali” degli altri. E’ una tendenza a cui si deve la qualità tipica di escalation dell’interazione simmetrica una volta che abbia perduto la stabilità e sia sopraggiunta una cosiddetta runaway (Es. dispute, litigi, guerre...). E’ facile osservare, ad esempio, nei conflitti coniugali l’escalation di un modello di frustrazione che i coniugi perseguono finché alla fine si fermano solo perché spossati fisicamente ed emotivamente; mantengono poi una tregua inquieta finché non si sono successivamente ristabiliti per affrontare lo scontro successivo. La patologia dell’interazione simmetrica è quindi caratterizzata da uno stato di guerra più o meno aperta o scisma.
In una relazione simmetrica sana i partner sono in grado di accettarsi a vicenda “come sono”, il che li porta alla fiducia e al rispetto reciproci ed equivale ad una conferma dei rispettivi sé davvero realistica. Quando i partner di una relazione simmetrica arrivano alla rottura, di solito si osserva che l’altro rifiuta piuttosto che disconfermare il sé dell’altro.
Complementarità rigida
Nelle relazioni complementari ci può essere la stessa conferma reciproca, sana e positiva. Le patologie delle relazioni complementari presentano invece caratteri del tutto diversi e tendenzialmente equivalgono a disconferme piuttosto che a rifiuti del sé dell’altro. Da un punto di vista psicopatologico sono quindi più importanti dei conflitti, più o meno aperti, dei rapporti simmetrici.
Nella relazione complementare un problema tipico è quello che P pone quando chiede che O confermi la definizione che P dà di sé e che è in contrasto col modo con cui O vede P. questo pone O in un dilemma assai singolare: deve cambiare la propria definizione del sé in una che faccia da complemento e quindi sostenga quella di P, perché è nella natura delle relazioni complementari che una definizione del sé si possa mantenere soltanto se il partner assume uno specifico ruolo complementare. Lo stesso modello di relazione può costituire in un certo periodo una conferma del sé e una disconferma in un periodo successivo (o prematuro) della storia naturale di una relazione. In psicoanalisi si parla di sadomasochismo, che si considera come il legame più o meno fortuito di due individui le cui formazioni del rispettivo carattere deviante si amalgamano a vicenda. In queste relazioni si osserva un crescente senso di frustrazione e di disperazione in uno o in entrambi i partner.
I modelli di relazione simmetrica e complementare si possono stabilizzare a vicenda e i cambiamenti da un modello all’altro sono importanti meccanismi omeostatici.
In molte relazioni il problema principale non è il contenuto della comunicazione, ciò che è accaduto, ma l’aspetto di relazione nelle regole del gioco.
L’importanza del contenuto diminuisce quando emergono i modelli di comunicazione. Nessuna asserzione, presa isolatamente, può essere one-up complementare, simmetrica, o qualsiasi altra cosa. Naturalmente, occorre la “risposta” del partner per “classificare” un dato messaggio. Non è dunque la natura delle asserzioni (considerate come entità individuali) ma il rapporto tra due o più “risposte” a definire quelle che sono le funzioni di comunicazione.