TOWARD A THEORY OF SCHIZOPHRENIA
by Gregory Bateson, Don D. Jackson, Jay Haley, and John Weakland,
Veterans Administration Hospital, Palo Alto, California; and Stanford University
Veterans Administration Hospital, Palo Alto, California; and Stanford University
Schizophrenia-its nature, etiology, and the kind of therapy to use for it-remains one of the most puzzling of the mental illnesses. The theory of schizophrenia presented here is based on communications analysis, and specifically on the Theory of Logical Types. From this theory and from observations of schizophrenic patients is derived a description, and the necessary conditions for, a situation called the "double bind"--a situation in which no matter what a person does, he "can't win." It is hypothesized that a person caught in the double bind may develop schizophrenic symptoms. How and why the double bind may arise in a family situation is discussed, together with illustrations from clinical and experimental data.
Nel 1956 il "Bateson Project on Schizophrenia" pubblicò su Behavioral Science i risultati della sua ricerca in un articolo divenuto un classico della prospettiva sistemico-relazionale del comportamento umano. Il lavoro si fonda sull'applicazione della teoria dei tipi logici di Russell e Whitehead ad una delle patologie mentali più gravi e difficili da spiegare e curare, la schizofrenia, proponendone una teoria interattiva-comunicazionale basata sul concetto di Double Bind (doppio legame o doppio vincolo). Diversi lavori precedenti di Bateson avevano preparato questo articolo, in particolare "A Theory of Play and Fantasy" del 1954 e "Epidemiology of Schizophrenia" del 1955.
Il termine schizofrenia, definito da Eugen Bleuer all’inizio del ’900, deriva dal greco “mente divisa” e rappresenta la più comune delle psicosi. I sintomi della schizofrenia possono interessare tutte le funzioni che caratterizzano il comportamento, la cognizione e le emozioni della persona: la percezione, il pensiero, il linguaggio, la volontà, la creatività. Generalmente vengono identificate due principali classi di sintomi: Sintomi positivi o produttivi quali deliri, allucinazioni (perlopiù uditive) e disturbi del pensiero e Sintomi negativi quali disturbi dell'affettività, anedonia (mancanza di emozioni, abulia, isolamento e apatia) e- disturbi catatonici (completo immobilismo e mutismo, catalepsia - la possibilità di posizionare le membra del paziente in qualsiasi posizione).
Secondo il DSM IV-R è possibile formulare una diagnosi di schizofrenia quando sono presenti due (o più) dei seguenti sintomi caratteristici, ciascuno presente per un periodo di tempo significativo durante un periodo di un mese (o meno se trattati con successo): deliri, allucinazioni, eloquio disorganizzato, comportamento grossolanamente disorganizzato o catatonico, bizzarrie comportamentali, manierismi, posture e sintomi negativi, cioè appiattimento dell'affettività.
La schizofrenia genericamente si differenzia in quattro sindromi: forma paranoide-allucinatoria: con una marcata prevalenza di deliri ed allucinazioni; forma catatonica: i sintomi catatonici sono molto marcati; forma ebefrenica e schizofrenia semplice.
La cura comune è di tipo farmacologico basata su neurolettici. L'articolo di Bateson pose le basi anche per una cura psicoterapeutica, del singolo o del gruppo familiare. Nell'eziologia la componente genetica non è da escludere in quanto si è osservata una familiarità, ma è molto difficile da individuare dato che in una famiglia schizofrenogenica la componente genetica e quella relazionale possono essere entrambe presenti.
La psicoterapia ad indirizzo sistemico-relazionale, fondata da questo articolo, considera la persona portatrice del sintomo "paziente designato". Il termine stà ad indicare che il paziente rappresenta il membro del sistema famiglia (nucleare o allargata), che esprime o segnala attraverso il sintomo il funzionamento disfunzionale di uno o più dei sistemi di cui egli è uno degli elemento. Tale membro è "designato" dal sistema stesso attraverso la storia delle sue modalità interattive, denominate "gioco" - "gioco familiare" - "gioco della famiglia", un metaprocesso di cui, comunemente, nessuno dei membri partecipanti si rende conto. La situazione tipica è quella di una madre che lega un figlio in modo paradossale, del tipo "Tu mi devi amare. Se mi ami allora non mi ami e se non mi ami allora mi ami", e di un padre assente ma celatamente subordinato e alleato della madre. In una situazione del genere lo sviluppo del sintomo diventa la risposta più appropriata ad un contesto vitale ed a un gioco familiare che porta ad una situazione esistenziale "impossibile" in cui il paziente designato, la vittima, come sottolineato da Bateson, "qualunque cosa faccia - o non faccia - comunque sbaglia e non può vincere".
(R.D. Laing, Nodi)
La stessa teoria del doppio legame porta allo sviluppo di metodi di intervento, quale un contro-doppio legame terapeutico utilizzato per ristrutturare il significato del gioco familiare, e molte altre tecniche sviluppate in seguito. In questa ottica, le tecniche che si utilizzano hanno per obbiettivo la modificazione delle regole del sistema, ovvero la modificazione delle modalità di comunicazione e di interazione tra i membri.
I brani seguenti tratti dall'articolo illustrano le basi della teoria, gli ingredienti necessari, la definizione e gli effetti del Doppio Vincolo e alcune considerazioni ed esempi:
La cura comune è di tipo farmacologico basata su neurolettici. L'articolo di Bateson pose le basi anche per una cura psicoterapeutica, del singolo o del gruppo familiare. Nell'eziologia la componente genetica non è da escludere in quanto si è osservata una familiarità, ma è molto difficile da individuare dato che in una famiglia schizofrenogenica la componente genetica e quella relazionale possono essere entrambe presenti.
La psicoterapia ad indirizzo sistemico-relazionale, fondata da questo articolo, considera la persona portatrice del sintomo "paziente designato". Il termine stà ad indicare che il paziente rappresenta il membro del sistema famiglia (nucleare o allargata), che esprime o segnala attraverso il sintomo il funzionamento disfunzionale di uno o più dei sistemi di cui egli è uno degli elemento. Tale membro è "designato" dal sistema stesso attraverso la storia delle sue modalità interattive, denominate "gioco" - "gioco familiare" - "gioco della famiglia", un metaprocesso di cui, comunemente, nessuno dei membri partecipanti si rende conto. La situazione tipica è quella di una madre che lega un figlio in modo paradossale, del tipo "Tu mi devi amare. Se mi ami allora non mi ami e se non mi ami allora mi ami", e di un padre assente ma celatamente subordinato e alleato della madre. In una situazione del genere lo sviluppo del sintomo diventa la risposta più appropriata ad un contesto vitale ed a un gioco familiare che porta ad una situazione esistenziale "impossibile" in cui il paziente designato, la vittima, come sottolineato da Bateson, "qualunque cosa faccia - o non faccia - comunque sbaglia e non può vincere".
Stanno giocando a un gioco.
Stanno giocando a nongiocare a un gioco.
Se mostro loro che li vedo giocare,
infrangerò le regole e mi puniranno.
Devo giocare al loro gioco, di non vedere che vedo il gioco.
(R.D. Laing, Nodi)
La stessa teoria del doppio legame porta allo sviluppo di metodi di intervento, quale un contro-doppio legame terapeutico utilizzato per ristrutturare il significato del gioco familiare, e molte altre tecniche sviluppate in seguito. In questa ottica, le tecniche che si utilizzano hanno per obbiettivo la modificazione delle regole del sistema, ovvero la modificazione delle modalità di comunicazione e di interazione tra i membri.
I brani seguenti tratti dall'articolo illustrano le basi della teoria, gli ingredienti necessari, la definizione e gli effetti del Doppio Vincolo e alcune considerazioni ed esempi:
- Il fondamento nella teoria della comunicazione
1. L'uso di diverse modalità comunicative nella comunicazione umana.
Esempi sono il gioco, il non-gioco, la fantasia, il sacramento, la metafora, etc. Anche tra i mammiferi inferiori compare una scambio di segnali che identificano certi comportamenti significativi come "gioco" etc. Questi segnali sono evidentemente di Tipo Logico superiore rispetto ai messaggi che classificano.
2. Humor.
Questo sembra eesere un metodo di esplorare i temi impliciti nel pensiero o nella relazione. Il metodo esplorativo coinvolge l'uso di messaggi che sono caratterizzati da una condensazione di Tipi Logici o di modalità comunicazionali.
3. La falsificazione delle modalità di identificazione dei segnali.
Tra gli esseri umani le modalità di identificazione possono essere falsificate, e abbiamo il riso artificiale, la simulazione manipolativa dell'amicizia, il trucco della fiducia, gli scherzi e simili. Falsificazioni simili sono state riscontrate tra i mammiferi. Tra gli esseri umani incontriamo uno strano fenomeno — la falsificazione inconscia di questi segnali. Questo può avvenire entro il sé — il soggeto può nascondere a se stesso la sua propria reale ostilità sotto le mentite spoglie di un gioco metaforico — oppure può accadere come una falsificazione inconscia della comprensione del soggetto delle modalità di identificazione dell'altra persona. Può confondere la timidezza per disprezzo, etc. In effetti la maggior parte degli errori di autoreferenza rientrano in questo caso.
4. Apprendimento.
Il livello più semplice di questo fenomeno è esemplificato da una situazione in cui un soggetto riceve un messaggio e agisce appropriatamente ad esso: "Ho sentito l'orologio battere e seppi che era ora di pranzo. Così mi recai al tavolo." In esperimenti sull'apprendimento l'analogo di questa sequenza di eventi è osservata dallo sperimentatore e comunemente trattata come un singolo messaggio di un tipo più alto. Quando il cane saliva tra il suono di un cicalino e la carne, questa sequenza è accettata dallo sperimentatore come un messaggio indicante che "Il cane ha imparato che il suono del cicalino significa carne." Ma questa non è la fine della gerarchia di tipi coinvolti. Il soggetto sperimentale può diventare più abile nell'apprendere. Può imparare ad imparare, e non è inconcepibile che più alti ordini di apprendimento possano accadere agli esseri umani. [Nota: si riferisce ai classici esperimenti di Pavlov sul riflesso condizionato]
5. Livelli multipli di apprendimento e la categorizzazione logica dei segnali.
Ci sono due inseparabili insiemi di fenomeni - inseparabili perchè l'abilità di maneggiare tipi multipli di messaggio è essa stessa una capacità appresa e quindi una funzione dei livelli multipli di apprendimento.
In accordo con questa ipotesi, il termine "funzione dell'ego" (come questo termine è utilizzato quando uno schizofrenico è descritto come avente "una debole funzione dell'ego") è precisamente il processo di discriminare delle modalità comunicazionali sia entro il sé sia tra il sé e gli altri. Lo schizofrenico The schizophrenic mostra debolezza in tre aree di questa funzione: (a) Ha difficoltà nell'assegnare la corretta modalità comunicazionale ai messaggi che riceve dalle altre persone. (b) Ha difficoltà nell'assegnare la corretta modalità comunicazionale a quei messaggi che egli stesso pronuncia o emette non verbalmente. (c) Ha difficoltà nell'assegnare la corretta modalità comunicazionale ai suoi propri pensieri, sensazioni e percezioni.
- Il Doppio Vincolo
1. Due o più persone.
Di queste ne designiamo una, a scopo di descrizione, come "la vittima". Non assumiamo che il doppio legame sia inflitto dalla sola madre, ma può essere effettuato sia dalla sola madre sia da una combinazione di madre, padre e/o fratelli.
2. Esperienza ripetuta.
Assumiamo che il doppio legame sia un tema ricorrente nell'esperienza della vittima. La nostra ipotesi non coinvolge una singola espeienza traumatica, ma quelle esperienze ripetute tali che la struttura del doppio legame diventa un'aspettativa abituale
3. Una ingiunzione (ordine - comando) primaria negativa.
Questa può essere di due forme: (a) "Non fare così o così, altrimenti ti punisco" oppure (b) "Se non fai così e così ti punirò". Qui selezioniamo un contesto di apprendimento basato sulla punizione piuttosto che sulla ricerca di una ricompensa. Forse non vi è nessuna ragione formale per questa selezione. Assumiamo che la punizione possa essere sia una recova dell'amore oppure l'espressione di odio e rabbia oppure - più devastante - queli tipo di abbandono che risulta quando un genitore assume un'espressione di estrema impotenza.
4. Una ingiunzione secondaria in conflitto con la prima a un livello più alto, e come la prima rinforzata da punizioni o segnali che minacciano la sopravvivenza.
Questa ingiunzione secondaria è più difficile da descrivere della primaria per due ragioni. La prima, l'ingiunzione secondaria è comunemente comunicata al bambino con mezzi nonverbali. Postura, gesti, tono di voce, azioni significative, e le implizcazioni nascoste nei commenti verbali possono tutte essere utilizzate per esprimere questo messaggio più astratto. Secondariamente, la seconda ingiunzione può violare su ogni elemento della proibizione primaria. Le verbalizzazioni di ingiunzione secondaria possono quindi includere una vasta serie di forme; per esempio, "Non vedere questo come un castigo"; "Non vedermi come l'agente punitore"; "Non sottometterti ai miei divieti"; "Non pensare a cosa non devi fare"; "Non mettere in discussione il mio amore del quale il divieto primario è (o non è) un esempio"; e così via. Altri esempi diventano possibili quando il doppio legame è inflitto non da un solo individuo ma da due. Per esempio, un genitore può negare ad un livello più astratto le ingiunzioni dell'altro.
5. Una terza ingiunzione negativa che proibisce alla vittima di lasciare il campo.
In un senso formale è forse inutile classificare questa ingiunzione separatamente dato che il rinforzo degli altri due livelli implica una minaccia alla sopravvivenza, e se i doppi legami sono imposti durante l'infanzia la fuga è, naturalmente, impossibile. Tuttavia, sembra che in alcuni casi la fuga dal campo è resa impossibile da certi trucchi che non sono puramente negativi, per esempio capricciose promesse d'amore e simili.
6. Infine,
l'insieme completo degli ingredienti non è più necessario quando la vittima ha imparato a percepire il proprio universo in una struttura a doppio legame. Quasi ogni parte della sequenza di doppio legame può essere allora sufficiente per far precipitare nel panico o nella rabbia. La struttura di ingiunzioni in conflitto tra di loro può anche essere ripresa per mezzo di voci allucinatorie.
l'insieme completo degli ingredienti non è più necessario quando la vittima ha imparato a percepire il proprio universo in una struttura a doppio legame. Quasi ogni parte della sequenza di doppio legame può essere allora sufficiente per far precipitare nel panico o nella rabbia. La struttura di ingiunzioni in conflitto tra di loro può anche essere ripresa per mezzo di voci allucinatorie.
- L'effetto del Doppio Vincolo
Nel buddismo Zen si persegue lo scopo di raggiungere l’illuminazione, che il maestro Zen tenta in vari modi di indurre nel suo discepolo. Ad esempio, il maestro alza un bastone sulla testa del discepolo, e gli dice con tono minaccioso: "Se tu dici che questo bastone è reale, ti colpisco. Se tu dici che questo bastone non è reale, ti colpisco. Se non dici nulla, ti colpisco". A noi sembra che lo schizofrenico si trovi continuamente nella stessa situazione del discepolo, ma invece di raggiungere l’illuminazione, egli raggiunge piuttosto qualcosa di simile al disorientamento. Il discepolo Zen potrebbe anche stendere il braccio e strappare il bastone al maestro (il quale potrebbe accettare questa risposta), ma allo schizofrenico questa scelta è preclusa, poiché per lui il rapporto con la madre è importante, e inoltre gli scopi e la consapevolezza della madre non assomigliano a quelli del maestro.
Noi avanziamo l’ipotesi che, ogni volta che un individuo si trova in una situazione di doppio vincolo, la sua capacità di discriminazione fra tipi logici subisca un collasso. Le caratteristiche generali di questa situazione sono le seguenti:
1. L’individuo è coinvolto in un rapporto intenso, cioè un rapporto in cui egli sente che è d’importanza vitale saper distinguere con precisione il genere del messaggio che gli viene comunicato, in modo da poter rispondere in modo appropriato.
2. E, inoltre, l’individuo si trova prigioniero di una situazione in cui l’altra persona che partecipa al rapporto emette allo stesso tempo messaggi di due ordini, uno dei quali nega l’altro.
3. E, infine, l’individuo è incapace di analizzare i messaggi che vengono emessi, al fine di migliorare la sua capacità di discriminare a quale ordine di messaggio debba rispondere; cioè egli non è in grado di produrre un enunciato metacomunicativo.
Abbiamo avanzato l’ipotesi che questo sia il genere di situazione esistente tra il pre-schizofrenico e sua madre; tuttavia è una situazione che si presenta anche nei rapporti normali. Quando una persona resta intrappolata in una situazione di doppio vincolo, avrà reazioni di tipo difensivo, simili a quelle dello schizofrenico. Un individuo prenderà per letterale un’asserzione metaforica, qualora si trovi in una situazione che lo costringe a rispondere, quando si trovi di fronte a messaggi contraddittori e quando non sia in grado di analizzare le contraddizioni. Ad esempio, un giorno un impiegato se ne andò a casa durante l’orario d’ufficio, e a un amico che gli aveva telefonato, chiedendogli in tono scherzoso: “Be’, che stai facendo li?” rispose: “Sto parlando con te”. La risposta fu letterale, perché l’impiegato si trovava di fronte a un messaggio con cui gli si chiedeva che cosa facesse a casa quando si sarebbe dovuto trovare in ufficio, ma che allo stesso tempo negava questa domanda per il modo in cui era formulato (poiché il collega capiva che in fondo non erano affari suoi, aveva parlato metaforicamente). Il rapporto era abbastanza intenso da rendere la vittima incerta sul modo in cui l’informazione sarebbe stata usata, e perciò la risposta fu letterale. Ciò rappresenta una caratteristica di chiunque si senta al centro dell’attenzione, come dimostrano le risposte accuratamente letterali dei testimoni interrogati in tribunale; lo schizofrenico si sente sempre così acutamente esposto all’attenzione altrui, da dare abitualmente risposte letterali, con insistenza difensiva, quando ciò è affatto fuori posto, per esempio quando qualcuno sta scherzando.
Inoltre gli schizofrenici confondono il letterale e il metaforico nei loro stessi messaggi, qualora si sentano presi in un doppio vincolo. Ad esempio, un paziente può desiderare di criticare il medico, che è giunto tardi a un appuntamento, ma allo stesso tempo può avere dei dubbi sul significato di questo ritardo, specialmente se il medico ha prevenuto la reazione del paziente e si è scusato per l’accaduto. Il paziente non può dire: “Perché questo ritardo? Forse perché oggi non voleva vedermi?”, poiché questa sarebbe un’accusa; e quindi ricorre a un enunciato metaforico. Allora, magari, dice: “Conoscevo un tizio che un giorno perse il battello; si chiamava Sam, e il battello quasi affondò..., ecc. “. Così egli elabora un racconto metaforico, in cui il medico può cogliere oppure no un commento sul suo ritardo. La comodità di usare una metafora è che si lascia al medico (o alla madre) la decisione di vedere nell’enunciato un’accusa, oppure di ignorarla.
L’ambito psicoterapeutico e l’ambiente ospedaliero creano al loro interno situazioni di doppio vincolo. Dal punto di vista di questa ipotesi, ci chiediamo quale possa essere l’effetto della ‘benevolenza’ dei medici sul paziente schizofrenico. Poiché gli ospedali sono fatti a beneficio del personale, oltre (se non più) che a beneficio dei pazienti, sorgeranno talvolta contraddizioni, qualora certe azioni, compiute ‘benevolmente’ a favore del paziente, siano in realtà compiute per la maggior comodità del personale. Penseremmo che in tutti i casi in cui il sistema è organizzato a beneficio del personale, e al paziente viene annunciato che si agisce a suo vantaggio, si perpetua una situazione schizofrenogenica. Questo genere d’inganno indurrà il paziente a reagire come in una situazione di doppio vincolo e la sua reazione sarà ‘schizofrenica’, nel senso che sarà indiretta e il paziente sarà incapace di analizzare il fatto di sentirsi vittima di un inganno. Un raccontino, per fortuna divertente, illustra una reazione di questo tipo. Sulla porta dello studio di un capo-reparto pieno di abnegazione e ‘benevolenza’, c’era un avviso che diceva: "Ufficio del Dottore. Si prega di bussare". Il dottore rimase dapprima molto sconcertato e poi dovette arrendersi di fronte a un paziente che, obbediente, bussava coscienziosamente ogni volta che passava davanti alla porta.
La comprensione del doppio vincolo e dei suoi aspetti comunicativi può condurre a innovazioni nella tecnica terapeutica. È difficile dire in che cosa potrebbero consistere tali innovazioni, ma, sulla base della nostra indagine, riteniamo che situazioni di doppio vincolo si presentino continuamente in psicoterapia. A volte esse sono inavvertite, nel senso che lo psichiatra impone una situazione di doppio vincolo simile a quella già esistente nella storia del paziente, o è il paziente che impone una situazione di doppio vincolo allo psichiatra. In altri casi sembra che i medici creino, deliberatamente o d’intuito, doppi vincoli, che costringono il paziente a reagire in modo diverso che per il passato.
Un episodio che accadde a una valente psichiatra illustra come si possa comprendere intuitivamente una sequenza comunicativa di doppio vincolo. La dottoressa Frieda Fromm-Reichmann curava una ragazza che fin dall’età di sette anni si era costruita una sua religione, pullulante di potenti dèi. Era profondamente schizofrenica e assai riluttante ad abbandonarsi alla terapia; all’inizio della cura la paziente disse: « Il dio R dice che io non devo parlare con lei »; la Fromm-Reichmann replicò: Senti, mettiamo nero su bianco. Per me il dio R non esiste, anzi, tutto il tuo mondo non esiste. Per te invece esiste, e lungi da me l’idea di potertene allontanare; non me lo sogno nemmeno. Perciò io ti parlerò in termini di quel mondo solo se tu capirai che lo faccio allo scopo di mettere bene in chiaro che per me non esiste. Ora va’ dal dio R e digli che noi due dobbiamo parlarci, e che ti dia il permesso. Digli anche che io sono un medico e che tu sei vissuta con lui nel suo regno dai sette ai sedici anni, cioè per nove anni, e che lui non ti ha dato nessun aiuto. Quindi ora deve lasciare che provi io, per vedere se tu e io insieme riusciamo a farcela. Digli che io sono un medico e che questo è ciò che voglio tentare.
La psichiatra ha posto la sua paziente in un doppio vincolo terapeutico. Se la sua paziente comincia a dubitare della sua fede nel dio, allora comincia anche a trovarsi d’accordo con la dottoressa e ammette di essersi impegnata nella terapia. Se viceversa insiste nell’affermare la realtà del dio R, allora è obbligata a dirgli che la dottoressa è ‘più potente’ di lui, e, anche per questa via, ammette il suo impegno con la terapeuta.
Mia madre mi vuole bene.
Mi sento bene.
Mi sento bene perché lei mi vuol bene.
Sono bravo perché mi sento bene
mi sento bene perché sono bravo
mia madre mi vuol bene perché sono bravo.
Mia madre non mi vuol bene.
Mi sento male.
Mi sento male perché lei non mi vuol bene
sono cattivo perché mi sento male
mi sento male perché sono cattivo
sono cattivo perché lei non mi vuol bene
lei non mi vuol bene perché sono cattivo.
Mi sento bene.
Mi sento bene perché lei mi vuol bene.
Sono bravo perché mi sento bene
mi sento bene perché sono bravo
mia madre mi vuol bene perché sono bravo.
Mia madre non mi vuol bene.
Mi sento male.
Mi sento male perché lei non mi vuol bene
sono cattivo perché mi sento male
mi sento male perché sono cattivo
sono cattivo perché lei non mi vuol bene
lei non mi vuol bene perché sono cattivo.
(R.D. Laing, Nodi)